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Intervista al presidente dell'associazione

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Presentazione sul tema: "Intervista al presidente dell'associazione"— Transcript della presentazione:

1 Intervista al presidente dell'associazione
"Trevisani nel mondo": Per avere una migliore visione dei problemi che sorgono quando una persona decide di emigrare ho pensato di intervistare il presiedente dell’associazione “ Trevisani nel mondo” presente nel mio comune (il comune di Mansuè). Il presidente è una donna e si chiama Cancian Lorella. Qui di seguito elenco le domande che Le ho posto: .Quando e dove è sorta questa associazione in Italia? .Per opera di chi? .Con quali scopi? Dove ha la sua sede principale questa organizzazione? In che modo sono stati trovati i finanziamenti per istituire questa associazione?

2 Ora in che modo viene finanziata?
Quando è sorto questa associazione anche qui a Mansuè? Da quanto tempo Lei è a capo di questa associazione? Perché ha voluto farvene parte? In che modo è riuscito a divenire presidente di questa associazione? Quante persone ve ne fanno parte nel comune di Mansuè? E’ stato anche lei un emigrato oppure ha sentito parlare di questa esperienza da parenti,amici o conoscenti? Quali servizi offrite ai trevisani emigrati in tutto il mondo? Statisticamente, che dati può darmi riguardo all’emigrazione dei trevisani? In che parti del mondo è diffuso il vostro servizio? Quanti trevisani emigrati in paesi stranieri fanno parte di questa associazione? Che requisiti occorre avere per potervene fare parte? Cosa dovrei fare se volessi farvene parte?

3 Associazione "Trevisani nel mondo":
Da questa intervista ho saputo innanzitutto che l’Associazione “Trevisani nel mondo”è sorta nel 1973 a Treviso, dove ha tuttora la sua sede principale. Uno dei fondatori è Don Canuto Toso. Attualmente il Presidente dell’Associazione con sede a Treviso è Zanini Giuseppe. Io sono andata invece ad intervistare il presidente dell’associazione presente nel mio comune (il comune di Mansuè). Il presidente si chiama Cancian Lorella ed è presidente dalla fondazione di questa associazione, che è avvenuta molto recentemente: il 26 febbraio 2002. Ha voluta far parte di questa associazione per due motivi. Primo in ricordo del padre, che è stato un emigrato in Svizzera e secondo perché essendo emigrata anche lei le piace confrontarsi e ritrovarsi con persone che hanno avuto esperienze simili. Infatti prima sono emigrati i suoi genitori in Svizzera, poi quando sono rimpatriati è nata lei e successivamente (quando aveva 18 mesi) sono ritornati in Svizzera. A quel tempo la Svizzera era divisa in tre territori (quello italiano, quello francese e quello tedesco).

4 Lei si è ritrovata nella zona francese e ne è rimasta contenta perché confrontando la sua esperienza con altre persone emigrate ha notano che ad esempio nella zona tedesca molti italiani si sono trovati male, anche a causa della difficoltà di integrazione. Quando ha compiuto venti anni è rimpatriata e vive tuttora in Italia. Si è ritrovata presidente per caso visto che riuniti in assemblea nessuno voleva prendersi questa responsabilità, allora lei ha pensato di provare questa esperienza. Attualmente nel comune di Mansuè dell’associazione fanno parte 56 persone. Questa associazione è diffusa in tutte le parti del mondo e ogni anno vengono organizzate delle “gite” e tutti gli emigranti che lo desiderano si ritrovano in una determinata nazione (quest’anno ad esempio è previsto un viaggio in Australia). All’associazione può partecipare chiunque abbia compiuto il 16° anno d’età e per farvene parte basta pagare una tessera d’iscrizione (che costa € 11,50), che sarebbe il prezzo dell’abbonamento alla rivista “Trevisani nel mondo”, che viene recapitata periodicamente. Una iniziativa promossa da questa associazione è anche il confronto tra i problemi che incontrano adesso gli immigrati stranieri in Italia e i problemi affrontati dagli emigrati italiani un tempo, anche attraverso le stesse esperienze dei soci. A Mansuè ancora non è stato eretto alcun monumento in memoria dei caduti, anche se è in progetto per il futuro, mentre a Basalghelle (paese in cui abita la presidente dell’associazione) è già presente.

5 Questa intervista mi ha fatto notare come questa associazione sia poco conosciuta e mi ha sorpreso molto per la sua vastità (è diffusa in tutto il mondo) e per il suo modo di legare le persone, infatti attraverso questa associazione (come mi raccontava la presidentessa) si ha l’opportunità di condivide la propria esperienza con altre persone e ti permette di avere collegamenti anche con persone sconosciute appartenenti ad altri comuni che magari non si sono mai viste di persona ma si sentono telefonicamente, offrendosi aiuto a vicenda. Inoltre è emerso che i trevisani all’estero sono circa famiglie, per un totale (compresi i trevisani residenti in Italia) di circa persone. I dati sono approssimativi ma c’è l’intenzione di effettuare un censimento nel 2003. E’ un’Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, infatti è presente: divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’Associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano disposti dalla legge, obbligo di devolvere il patrimonio all’emte, in caso di scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità. ONLUS

6 L’associazione è stata istituita affinché possa promuovere attività ed iniziative di aggiornamento e formazione del personale delle scuole di ogni ordine e grado, docenti, non docenti e alunni sia per una migliore conoscenza delle problematiche dei flussi migratori nel loro svolgersi e nella realtà attuale, sia per favorire un corretto inserimento ed integrazione dei figli degli ex emigranti e degli immigrati. FINALITA’ L’associazione si propone in particolare: il collegamento tra Trevisani e le loro famiglie: a tale scopo ne favorirà i più assidui e costanti contatti mediante visite, viaggi ed incontri, stampa di periodici ed altre pubblicazioni; registrazioni di cortometraggi; trasmissioni televisive, ed ogni altra attività ritenuta idonea; l’analisi dei problemi delle migrazioni specie per quanto attiene la difesa e la tutela dei diritti e degli interessi della persona e della famiglia dell’emigrato, di chi rimpatria e dell’immigrato. le attività che investono il campo formativo, culturale e informativo di coloro che intendono espatriare, dei residenti all’estero o in altre Regioni d’Italia, degli

7 Immigrati, dei rimpatri, dei loro familiari allorchè necessità o quando esigenze e particolari situazioni lo richiedano; di raccogliere la documentazione del lavoro, delle attività e di eventuali organi di stampa dei Trevisani all’estero; la costituzione in provincia, nel territorio nazionale e all’estero di associazioni locali denominate “Sezioni”; L’associazione provvede al proprio finanziamento con i seguenti mezzi: con le quote sociali; con gli eventuali ricavi netti derivanti dalle cessioni delle pubblicazioni, edite dall’Associazione; con i contributi ordinari e straordinari sotto qualsiasi forma versati da chi intenda concorrere al miglior funzionamento o potenziamento dell’Associazione; con le donazioni, i lasciti e le elargizioni che venissero fatte all’associazione. MEZZI FINANZIARI

8 SOCI FONDATORI ORDINARI Sono quelli che hanno fondato l’Associazione e come tali sono elencati nell’atto costitutivo Sono quelli che tra Enti Pubblici e Privati, Comuni, Associazioni, persone fisiche e giuridiche, vi aderiscono pagando una quota annuale Essere ex-emigranti, emigranti residenti all’estero o simpatizzanti; assenza di condanne penali per delitti dolosi ed in particolare di comminazione di pene che importino l’interdizione dai pubblici uffici, assenza di provvedimenti disciplinari nel campo sociale e civile in genere reale condivisione dello scopo sociale REQUISITI PER ESSERE SOCIO

9 Francia La seconda guerra mondiale interrompe il flusso emigratorio. Dal 1945 al 1960 riprende l’emigrazione di massa, proveniente dal Nordest dell’Italia e soprattutto dalle regioni meridionali, come risposta al nuovo sviluppo economico, alla denatalità francese e alla guerra d’Algeria ( ), che avevano ridotto la forza lavoro francese. Tra il 1946 ed il 1967 entrano in Francia 560 mila italiani: nel solo 1957 ben 87 mila unità. L’Office National d’Immigration serviva per il reclutamento all’estero dei lavoratori necessari alla ricostruzione e sviluppo francesi. Decentrato nelle regioni francesi, bisognose di manodopera e nei paesi stranieri di potenziale offerta, l’ONI ha selezionato, raggruppato e smistato milioni di lavoratori francesi. Questi emigranti, con miti pretese e grande capacità di lavoro hanno dato un contributo decisivo allo sviluppo economico della Francia. 1945: istituzione dell’ ONI

10 L’ultima ondata migratoria si è conclusa a cavallo degli anni 1960 e 1970 orientandosi verso il Nord e l’Alsazia. Negli anni 60 il miracolo economico italiano, i Trattati di Roma del 57 sulla libera circolazione dei lavoratori, la preferenza per la Svizzera e la Germania, hanno segnato la fine dei grandi flussi emigratori italiani verso la Francia. Nel 1973 il saldo fra arrivi e partenze era quasi nullo: dei quattro o cinquemila italiani emigrati in Francia, altrettanti ne ritornavano in Italia. Secondo i dati dell’INSEE (l’Istituto Nazionale Francese di Statistica) al censimento del 1982 risultavano residenti, da prima del del 1975 o nati in Francia, circa 350 mila italiani. A parere di molti studiosi i francesi di origine italiana sarebbero circa tre milioni. La politica di immigrazione francese è stata sempre una politica d’integrazione-assimilazione alla cultura, alla lingua, alla mentalità nazionale. In cambio gli immigrati potevano ricevere, almeno sul piano formale, gli stessi diritti dei cittadini francesi. Politica di immigrazione La storia del paese di accoglienza non potrà essere più concepita solamente come storia dell’assimilazione delle comunità ivi immigrate, ma come storia economica, sociale, politica scritta insieme alle comunità immigrate, nel caso degli italiani, pronti ad un rapido adattamento ed inserimento nelle nuove realtà e portatori di valori e ricchezze culturali specifiche ed inalienabili.

11 Svizzera La Svizzera nel secondo dopoguerra raggiunse uno sviluppo economico notevolissimo. La neutralità nel secondo conflitto mondiale permette alla sua economia un’espansione che dura fino al Il prodotto nazionale lordo passa dal 1946 al 1969 da 20 miliardi di franchi svizzeri a 80 miliardi. Il tasso economico di crescita si attesta attorno al 5% e al contempo l’incremento di richiesta di manodopera raggiunge circa il 9%. L’incremento di manodopera si realizza utilizzando una massiccia forza-lavoro straniera che sopperisce all’insufficiente sviluppo demografico nella nazione. La produzione industriale può crescere grazie alla manodopera straniera fino all’11% annuo. Quattro fattori fondamentali sono alla base dello sviluppo svizzero: la neutralità politica l’istituzione del segreto bancario la pace sociale tra capitale e lavoro istituzionalizzata l’immigrazione

12 I primi due fattori permettono alla Svizzera di diventare un centro mondiale di scambi di capitale. Il segreto bancario e la convertibilità degli averi in tutte le monete circolanti rappresenta una forte attrazione per i capitali stranieri. Il settore terziario (banche, assicurazioni, commercio internazionale) concorre alla formazione del prodotto nazionale lordo per il 50% e la sua notevole espansione causa un notevole spostamento di lavoratori svizzeri nel settore, permettendo quindi il massiccio inserimento di stranieri nei settori produttivi. L’immigrazione in Svizzera è un fenomeno sorto tra il 1888 e il 1914 quando il saldo migratorio è di 176 mila unità in entrata invertendo la tendenza che aveva portato tra il XV e il XIX secolo quasi un milione di soldati mercenari svizzeri a morire sui campi di battaglia di tutta Europa. Il processo immigratorio è costante e diviene una componente fondamentale del mercato del lavoro elvetico. La percentuale di stranieri è del 15,4% nel 1914, valore identico si registra nel 1960, tocca il 15,3% nel 1968 ed arriva al 16,1% della popolazione totale nel 1975. IMMIGRAZIONE

13 permesso di soggiorno a durata limitata: stagionale o annuale
Il governo svizzero attua una politica di pianificazione indiretta attraverso le regolamentazioni della manodopera straniera creando nell’interesse dell’industria una categoria di lavoratori assoggettati a statuto speciale e con diritti monchi. Questa pratica si attua con una rigida organizzazione dell’immigrazione con una classificazione in categorie ben precise e con norme severe per l’ingresso del lavoratore, per il passaggio tra le varie categorie e per il soggiorno in terra elvetica. PERMESSI DI SOGGIORNO: Il documento indispensabile per recarsi a lavorare in Svizzera è l’assicurazione per la concessione di un permesso di soggiorno e viene accordato dall’autorità senza basarsi su nessun diritto legale definito. I permessi di soggiorno sono di tre tipi: permesso di soggiorno a durata limitata: stagionale o annuale permesso di residenza: accordato su richiesta quando la durata di permanenza è di almeno dieci anni con permesso annuale statuto di frontaliere: equivale ad un permesso di lavoro sul territorio svizzero, ma non dà il permesso di soggiorno.

14 IL MERCATO DEL LAVORO: In funzione delle norme riguardanti i permessi di soggiorno degli immigranti in Svizzera si possono identificare tre mercati di lavoro: libero (svizzeri e stranieri domiciliati) controllato (stranieri annuali, stagionali e frontalieri) clandestino (lavoratori senza permesso) La legge federale sul soggiorno e il domicilio degli stranieri nel 26 marzo 1931, in vigore fino al 1978, afferma il “principio di libera decisione delle autorità”. In pratica lo straniero non ha nessun diritto acquisito. Il rigido controllo sulla popolazione straniera viene chiarito dalla legge federale dell’8 ottobre 1948 che lega il tipo di soggiorno all’apprezzamento della personalità dello straniero. Diventa del tutto intuibile quale gamma di discrezionalità e quindi di discriminazione si nasconda in tale normativa. La manodopera straniera a statuto provvisorio resta mobile e manovrabile attraverso leggi e regolamentazioni che non riguardano i lavoratori locali.

15 I LAVORATORI ITALIANI:
I lavoratori italiani immigrati in Svizzera rappresentano la componente maggiore raggiungendo i due terzi della manodopera totale straniera. L’edilizia, l’abbigliamento, il tessile sono le attività dove maggiore è la presenza in rapporto al totale dei lavoratori stranieri, rispettivamente l’86,3%, il 79,4% e il 76% nel La presenza delle attività più qualificate (tecniche, commercio e uffici, igiene e medicina) è invece scarsa a conferma del non molto elevato livello culturale e della carenza professionale dei nostri emigrati. Gli italiani rappresentano nel 1961 il 71,5% del totale dei lavoratori stranieri, il 60% nel 1970 per scendere al 40,2% nel Si ricorda infatti che dal 1974 al 1975 si assiste ad una drastica espulsione dei lavoratori stranieri in seguito alla sopraggiunta crisi economica paragonabile a quanto già avvenuto in Germania. LA COLLETTIVITA’ ITALIANA: L’andamento numerico della collettività italiana in Svizzera si attesta sul valore costante di circa mezzo milione nel periodo in quanto la diminuzione di lavoratori in assoluto viene compensata dal più accentuato ricongiungimento delle famiglie in seguito all’intesa italo-svizzera del 22 giugno 1972 che riduce il tempo di ricongiungimento per i lavoratori annuali da 18 a 15 mesi dal passaggio di lavoratori nella categoria di residenti in funzione di una scelta di politica industriale delle autorità elvetiche.

16 Belgio: Riguardo al Veneto c’è un punto dolente dell’emigrazione della sua gente nei primi anni ’50, verso le miniere del Belgio. E’ la disumana e umiliante legge varata il 19 ottobre Questa era un’intesa del governo italiano con quello belga che si impegnava a dare all’Italia 24 quintali di carbone all’anno per ogni italiano che si recava a lavorare nelle sue miniere, dove nessun belga voleva più scendere. Il governo con il successivo accordo del 23 giugno del 1946 lo ampliò e sottoscrisse l’impegno per favorire l’invio in Belgio di italiani. Il contingente necessario per questo scambio uomini-carbone, fu quasi interamente messo insieme nella popolazione veneta (in territorio vicentino ). Il reclutamento per le miniere di Marcinelle a Charleroi, affinché potessimo avere carbone per le nostre acciaierie, era pubblicizzato. “…Quando il treno si ferma, ci si ritrova tra italiani nei campi per prigionieri e la casa, naturalmente in condivisione con altre famiglie, non è altro che una vecchia baracca lasciata libera dai carcerati tedeschi circondata perfino, in alcuni casi, dal filo spinato. Non c’è neanche tempo di rendersi conto del posto nuovo perché subito, il giorno dopo l’arrivo, inizia il lavoro in un mondo sotterraneo assolutamente sconosciuto.”

17 La Federchair, la federazione belga delle imprese carbonifere, aveva appositamente scelto degli uomini in buona salute, giovani e adatti ad essere immediatamente produttivi. Ma la fretta, il caso e soprattutto la mancanza di appropriati sistemi di sicurezza provocarono il peggio. La miniera può uccidere in un secondo, sommergere con una frana, bruciare con un incendio, far morire con un getto di acqua o di gas oppure può avvelenare lentamente, soffocando i polmoni e il respiro. Accovacciati in un trabiccolo che fa le veci di uno strano ascensore incomincia per i minatori la discesa nel cuore della terra. Poi il lavoro è sempre quello, sempre identico. Con la pistola pneumatica si apre un varco e dopo ci si aiuta con le pale, con le mani, con tutto quello che si può. Si forma un cunicolo e lo si puntella, pronti a proseguire. In soli dieci anni, dal 1946 al 1956 il tributo di sangue versato dall’Italia alle miniere belghe conta più di 600 morti, una cifra impressionante e paurosa. 303 convogli partono in quegli anni trasportando lavoratori, donne e bambini, non senza numerosi interruzioni volute dal governo italiano per la reazione scandalizzata della popolazione, della stampa e dei sindacati di fronte alla frequenza con cui si succedono gli incidenti nelle miniere belghe.

18 Pubblicizzazione della richiesta di reclutamento minatori in Belgio.
Solo dopo la tremenda tragedia di Marcinelle, l’8 agosto 1956, dove morirono 262 minatori di cui 136 italiani, venne finalmente introdotta in Belgio la maschera antigas. Una tragedia agghiacciante, senza via di scampo. “Nous sommes une cinquantine. Nous fuyons ies fumées vers quatres paumes...” Traduzione: “Siamo una cinquantina. Fuggiamo dai fumi verso le quattro palme…”. Così era scritto con un gesso su di un legno. Ma alla salvezza non fecero in tempo ad arrivare. Pubblicizzazione della richiesta di reclutamento minatori in Belgio.

19 Conseguenze dell'emigrazione:
Un fenomeno tanto consistente e prolungato nel tempo quale quello rappresentato dall’emigrazione porta una serie di conseguenze alla nazione italiana positive e negative. Le principali sono sicuramente: la perdita di popolazione e di forza lavoro che allenta la pressione demografica in larghe zone del paese alterando però al contempo la configurazione demografica in quanto restano a casa gli anziani ed anche le persone meno intraprendenti e generalmente meno qualificate sul piano lavorativo una razionalizzazione forzata dal fenomeno migratorio degli insediamenti umani soprattutto dei piccoli comuni di alta collina e di montagna che in parecchi casi scompaiono l’alterazione specialmente nelle zone montane dell’equilibrio demografico-ambientale che porta purtroppo spesso a dissesti idro-geologici con conseguenze drammatiche in quanto le opere di terrazzamento e di manutenzione in generale vengono a mancare per la sempre minore presenza di uomini

20 l’acquisizione delle rimesse o dei capitali guadagnati dagli emigranti all’estero che rappresentano una fonte vitale di sostentamento per le famiglie e per le intere zone di esodo con particolare riferimento all’Italia meridionale I cambiamenti del modo di vita della popolazione rimasta in Italia sia per il controllo delle nascite, sia per gli interscambi con gli emigranti e sia infine per il ritorno temporaneo o definitivo di molti espatriati col loro bagaglio di esperienze professionali e culturali acquisite e modificate all’estero l’istituzione di rapporti politici, economici e culturali più intensi tra l’Italia e le nazioni dove sono insediate consistenti comunità di nostri emigrati. L’emigrazione italiana in vari casi e per molte zone può essere valutata favorevolmente in quanto gli effetti positivi superano quelli negativi. Tuttavia bisogna ammettere che da sola non ha risolto i problemi di arretratezza economica di tutte le aree di esodo.

21 SON PARTITO AL CHIARO DI LUNA
per cercare un po’ di fortuna, e nel partir tutto dovei lasciare: questo l’è ‘l destin di chi deve ‘migrare! Tra la neve e il vento gelato col pensiero a ciò che ho lasciato; e nel mio cuor mi vien la nostalgia dei monti e i pian della vallata mia. Son tornato di giorno a Maggio pieno quando il sole risplende sereno; e con gli amici canto in allegria: son tornato alfin alla casetta mia!

22 Un esempio di emigrazione interna viene anche dato dal romanzo “Furore” di John Steinbeck del 1939 (“The Grapes of Wrath” in inglese), composto dopo che lo stesso Steinbeck, a conclusione di un’inchiesta giornalistica sulle migrazioni contadine verso la California, aveva condiviso la vita degli emigranti lavorando accanto a loro nel raccolto della frutta e del cotone. With this novel Steinbeck won the Pulitzer award and gained a great reputation amoung the international public. THE GRAPES OF WRATH is one of the best American novels of this century. It had an immense effect on the public when it was publisched. It dealt with a contemporary social problem: the EXODUS of tens of thousands of small farmers forced by drought (that was a real ecological disaster) to move from Oklahoma into California. Steinbeck also deal with the fortunes of the Joads, three generation of a family who make the epic journey across America and from their experiences come to understand the importance of solidarity if they want to survive. The book is rich in realistic details of the problems encountered by the wandering families in their search for work. In the following passage a migrant worker, desperately poor, stops with his two boys at a roadside lunch wagon to buy some bread.

23 A 1926 Nash sedan pulled wearily off the highway
A 1926 Nash sedan pulled wearily off the highway. The back seat was piled nearly to the ceiling with sacks, with pots and pans, and on the very top, right up against the ceiling, two boys rode. On the top of the car, a mattress and a folded tent; tent poles tied along the running board. The car pulled up to the gas pumps. A dark-haired, hatched-faced man got slowly out. And the two boys slid down from the load and hit the ground. Mae walked around the counter and stood in the door. The Man was dressed in gray wool trousers and a blue shirt, dark blue with sweat on the back and under the arms. The boys in overalls and nothing else, ragged, patched overalls. Their hair was light and it stood up evenly all over their heads, for it had been roached. Their faces were streaked with dust. They went directly to the mud puddle under the hose and dug their toes into the mud. The man asked, "Can we git some water, ma'am?" A look of annoyance crossed Mae's face. "Sure, go ahead". She said softly over her shoulder. "I'll keep my eye on the hose." She watched while the man slowly unscrewed the radiator cap and ran the hose in. A woman in the car, a flaxed-haired woman, said, "See if you can't git it here". The man turned off the hose and screwed on the cap again. The little boys took the hose from him and they upended it and drank thirstily. The man took off his dark, stained hat and stood with a curious humility in front of the screen. “Could you see your way to sell us a loaf of bread, ma’am?” Mae said, “this ain’t a grocery store. E got bread to make sand’widges”. “I known ma’am”. His humility was insistent. “We need bread and there ain’t nothin’ for quite a piece, they say.” “”’F we sell bread we gonna run out.” Mae’s tone was faltering. “We’re hungry”, the man said. The Grapes of Wrath

24 The Grapes of Wrath “Whyn’t you buy a san’widges? We got nice san’widges, hamburgs”. “We’d sure admire to do that, ma’am.But we can’t. We got to make a dime all of us.” And he said embarrassedly , “We ain’t got nut a little.” Mae said, “You can’t get no loaf a bread for a dime. We only got fifteen-cent loafs.” From behind her Al growled, “God Almighty, Mae, give’em bread”. “We’ll run out ‘fore the bread truck comes.” “Run out, then, goddam it,” said Al. And he looked sullenly down at the potato salad he was mixing. Mae shrugged her plump shoulders and looked to the truck drivers to show them was she was up against. She held the screen door open and the man came in, bringing a smell of sweat with him. The boys edged in behind him and they went immediately to the candy case and stared in - not with craving or with hope or even with desire, but just with kind of wonder that such things would be. They were alike in size and their faces were alike. One scratched his dusty ankle with the toe nails of his other foot. The other whispered some soft message and then they straightened their arms so that their clenched fists in the overall pockets showed through the thin blue cloth.

25 Mae opened a drawer and took out a long waxpaper -wrapped loaf
Mae opened a drawer and took out a long waxpaper -wrapped loaf. “This here is a fifteen-cent loaf.” The man put his hat back on his head. He answered with inflexible humility, “Won’t you - can’t you see your way to cut off ten cents’ worth?” Al said snarlingly, “Goddamn it, Mae. Geive ‘em the loaf.” The man turned toward Al. “No, we want to buy ten cent’s worth of it. We got it figgered awful close , mister, to get to California.” Mae said resignedly, “You can have this for ten cents.” The Grapes of Wrath

26 Bibliografia: TESTI: Patrizia Audenino e Paola Conti, L’emigrazione italiana, Fenice 2000, 1994. Mario Bramardi, Margherita Cumino e Philippa O’Donnell, Inside Commerce, Petrini Editore, 1997. Istituto geografico De Agostini, Grande enciclopedia De Agostini, Novara, 1993. SITI INTERNET: INTERVISTE: - a parenti - alla presidentessa dell’associazione “Trevisani nel mondo”


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