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Teoria del federalismo Parte prima

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Presentazione sul tema: "Teoria del federalismo Parte prima"— Transcript della presentazione:

1 Teoria del federalismo Parte prima

2 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
Non sono principalmente economiche, ma soprattutto politiche e ideologiche Le opinioni sono mutevoli nel corso del tempo Per questo le considerazioni che faremo mescolano aspettic economici, politici ed organizzativi Opinioni mutevoli: basti pensare all’impostazione delle riforma fiscale del con quelle degli anni ‘90

3 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
La spiegazioni dell’intervento pubblico studiate nel corso di Scienza delle Finanze erano solo una prima approssimazione ai problemi Oltretutto molto condizionata dal punto di vista economico assunto

4 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
La schema del ragionamento Teoria del fallimento del mercato. Beni pubblici e altre cause Free riding Meccanismi di rivelazione delle preferenze per i beni pubblici I meccanismi di votazione. I meccanismi di votazione: Richiamare i punti pricipali. IlL teorema di Arrow I meccanismi di vota Cenni sui limiti del principio della maggioranza

5 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
Si fonda su ipotesi I beni pubblici sono “nazionali” e non “locali” Non esistono differenziazioni territoriali delle preferenze dei cittadini I meccanismi politici sono uno strumento adeguato di rivelazione delle preferenze

6 ALCUNI CONCETTI DI BASE
BENE PUBBLICO PURO E’ un bene con le caratteristiche di non rivalità e non escludibilità Pochi rispondono a questo requisito Più spesso si tratta di beni misti Beni misti: o perché posseggono solo uno dei caratteri di escludibilità e rivalità o perché sono locali

7 ALCUNI CONCETTI DI BASE
BENE PUBBLICO LOCALE E’ un bene le cui caratteristiche di non rivalità e non escludibilità sono limitate territorialmente (es. benefici di una diga, trasmettitore televisivo, servizio di illuminazione stradale, servizi antincendio)

8 BENE PUBBLICO LOCALE E’ un bene le cui caratteristiche di non rivalità e non escludibilità sono limitate territorialmente (es. benefici di una diga, trasmettitore televisivo, servizio di illuminazione stradale, servizi antincendio)

9 Rinvio alla Teoria della dimensione ottimale del governo locale
BENE PUBBLICO LOCALE In questo caso il meccanismo allocativo andrebbe differenziato luogo per luogo Rinvio alla Teoria della dimensione ottimale del governo locale (la teoria dei club di Buchanan)

10 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
I meccanismi politici non sono uno strumento adeguato di rivelazione delle preferenze (la dittatura della maggioranza) Per questo sono necessari meccanismi compensativi (bilanciamento dei poteri: ad es. esecutivo, legislativo, magistratura) Ma anche presenza di più classi di governo (centrale e locale) Sottolineare che è l’imperfezione dei meccanismi di rappresentanza politica che è alla abse delle problematiche duscusse in questo Corso.

11 SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO
Storicamente non esistono stati con un solo livello di governo Anche se i modelli di decentramento sono molto diversi e mutevoli nel tempo

12 PRINCIPI CONTRAPPOSTI
A favore dell’accentramento Esigenza di uniformità nella prestazione dei servizi pubblici A favore del decentramento Responsabilizzazione delle amministrazioni locali Rispetto delle diversità nelle preferenze dei cittadini

13 MODELLI DI DECENTRAMENTO
CRITERIO FUNZIONALE Articolazione territoriale di enti che svolgono una sola funzione su tutto il territorio, organizzati secondo una struttura gerarchica CRITERIO TERRITORIALE Separazione delle competenze tra diversi livelli di governo che hanno responsabilità di governo all’interno di una data area territoriale

14 MODELLI DI DECENTRAMENTO
Modello della torta a starti Separazione delle funzioni tra diversi livelli Modello della marmor-torte Interrelazione tra le funzioni Il modello a strati è forse più efficace per delineare chiare responsabilità. Di fatto è assai difficile perseguirlo e quasi sempre esistono interrelazioni tra i di versi livelli che sono spesso fonte di rivendicazioni sulle risorse molto dannose per l’efficienza dei processi decisionali (esempio molto rilevante è la sanità)

15 MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE
Centralista Regionalista Federale

16 MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE
Centralista Funzioni dei livelli inferiori delegate e limitate. Stretto controllo sulle modalità di offerta dei servizi e delle forme di finanziamento.

17 MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE
Regionalista L’attribuzione delle funzioni ai diversi livelli di governo ha un supporto costituzionale Autonomia fiscale, che solitamente non include la potestà di imporre a livello decentrato nuovi tributi.

18 MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE
Federale Il governo centrale è emanazione degli stati o regioni federate. Piena autonomia tributaria degli stati o regioni La modificazione dei rapporti interstatuali richiede l’assenso degli stati

19 LA TEORIA ECONOMICA DEL DECENTRAMENTO
Quale è il ruolo degli enti decentrati rispetto alle tre grandi funzioni dello stato di Musgrave: Stabilizzazione, Distribuzione, Allocazione?

20 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
Esistono ragioni per attribuire, in modo separato, le tre grandi funzioni dello stato a diversi livelli di governo? (modello della “torta a strati”)

21 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
STABILIZZAZIONE Funzione centrale o addirittura sovranazionale Scarsa efficacia delle politiche di stabilizzazione a livello locale a causa dell’elevato grado di apertura delle economie locali

22 Richiamo del concetto di moltiplicatore in economia aperta
Y = C+ I + G + X – M C = cY M = mY 1 Y = (I+G+X) 1- c +m Il valore del moltiplicatore è tanto più basso, e quindi la politica fiscale è tanto più inefficace, quanto più aperta è l’economia (misurata dell’elevatezza di m)

23 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
Ad esclusione dei beni pubblici puri, quasi tutti i servizi pubblici possono essere offerti efficientemente a livello decentrato ALLOCAZIONE E’ la funzione privilegiata per i livelli decentrati.

24 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO E’ di solito preferibile una gestione al livello di governo centrale che può offrire maggiori garanzie di solvibilità.

25 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO La costituzione (Titolo V) consente l’emissione di debito solo per le spese di investimento Per le Regioni (DLgs.76/2000) gli oneri di ammortamento (quota capitale e interessi ) non devono superare il 25% delle entrate tributarie non vincolate delle stesse Per i Comuni la legge impone limiti all’indebitamento: spese per interessi entro l 25% dei primi tre titoli delle entrate (tributi, trasferimenti, entarte extar tributarie)

26 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
REDISTRIBUZIONE La tesi tradizionale attribuisce questa funzione al governo centrale

27 Motivazioni tesi tradizionale
REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale 1) Uniformità dei criteri di equità distributiva rappresentati dal parametro, nazionale, dell’avversione sociale alla disuguaglianza. Per evitare conflitti tra diversi livelli, si toglie l’obiettivo al livello locale

28 REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale
2) Il modello di Tiebout (v.oltre) prevede un meccanismo allocativo in cui si formano comunità di individui simili. Ciò rende non necessarie politiche distributive a livello locale. Resta un’esigenza di redsitribuzione nazionale tra le comunità

29 REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale
3) Inefficienza da selezione avversa nelle politiche distributive locali. Attrazione dei poveri nelle comunità ricche. I ricchi se ne vanno. Effetti esterni sulle altre comunità. (Analogia con i temi della competizione fiscale Rischi di “race to bottom”)

30 Critiche alla tesi tradizionale
REDISTRIBUZIONE Critiche alla tesi tradizionale 1) La tesi spiega “troppo” in quanto presuppone perfetta informazione del governo centrale. Se così fosse verrebbe meno anche il teorema del decentramento di Oates (v.oltre) Si suggerisce quindi di ammettere l’esistenza di funzioni del benessere sociale regionali, sovraordinate alla funzione del benessere sociale nazionale.

31 Critiche alla tesi tradizionale
REDISTRIBUZIONE Critiche alla tesi tradizionale 2) Tesi di Pauly. Se gli individui sono immobili e i ricchi sono interessati al benessere dei poveri loro vicini, la redistribuzione a livello locale è efficiente perché le preferenze altruistiche dei ricchi possono essere differenziate territorialmente (redistribuzione come local public good)

32 GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO
Conclusione E’ molto difficile vedere realizzato il modello della torta a strati Anche se sembrerebbe a prima vista la soluzione più trasparente ed efficiente

33 TEOREMA DEL DECENTRAMENTO
DI OATES Fiscal federalism (1972) In presenza di preferenze territorialmente differenziate è sempre preferibile il decentramento dell’offerta

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35 TEOREMA DEL DECENTRAMENTO DI OATES
Un richiamo del concetto di elettore mediano Si immagini l’offerta di un solo servizio. Si deve decidere la quantità da produrre del servizio. Si ordinino i membri della comunità in senso crescente per grado di valutazione del servizio. Si sottoponga a votazione a maggioranza la decisione. La quantità prodotto sarà quella desiderata dal soggetto che si trova nella posizione mediana, perché è quello che consente di realizzare una maggioranza.

36 p Tre comunità Nord Centro Sud, con omogenee distribuzioni delle preferenze per il prezzo che sono disposti a pagare per il servizio, ma con diverse preferenze: la 3 preferisce avere più servizi della 2 e della 1. In un governo unitario il governo che tenga conto della probabilità di essere eletto produrrà la quantità desiderata dalla comunità 2, che rappresenta l’elettore mediano. Q1 Q2 Q3 Q

37 Teorema del decentramento di Oates
p F DC DB DA G E H D C Da e Db sono le domande del servizio delle due comunità I costi marginali sono supposti costanti. Si deriva la quantità ottimale desiderata dalle due comunità Qa e Qb. Si valutano invece gli effetti di un’offerta “media” (nels enso che è quella desidearta dall’elettore mediano della comunità intesa in mood unitario. Sia tale quantità paria Q* La comunita A è costretta è consumare una quantità Q* maggiore di Qa.Il beneficio cge trae da questo maggiore consumo è GCQ*Qa, il costo è GDQ*Qa ( si suppone che essa pghi per il consumo che fa). Quindi c’è un eeccesso di costo pari all’area GDC. La comunità B è costretta a consumare meno di quanto desidera. Deve cioè rinunciare a un beneficio FEQbQ*, a cui avrebbe corrisposto con un pagamento pari a DEQbQ*. Ha quindi un minor vantaggio opportunità pari a FDE. Le due aree definiscono quindi la perdita derivante dall’offerta “mediana” QC QB=Q* QA Q

38 TEOREMA DEL DECENTRAMENTO DI OATES
Ipotesi Lo stato non è in grado di offrire quantità differenziate Costo marginale costante, assenza di economie di scala Assenza di effetti di traboccamento Preferenze identiche all’interno di ciascuna comunità Se lo stato è in grado di differenziare può ottenere lo stesso risultato del decentramento. Qui però valgono considerazioni relative all’asimmetria informativa, di cui non abbiamo ancora parlato ( e non affronteremo qui). E’ ragionevole pensare che lo stato abbia meno informazioni dei governi locali. economie di scala. Se ci sono economie di scala può essere meglio prendere decisioni a livello centrale anche se si danneggiano le preferenze locali. Spillover. In caso di spillover possono vale considerazioni analoghe alle economie di scala. preferenze identiche: è un serio limite del teorema. Ma è anche un aspetto di difficoltà generale della teoria del decentramento e dei suoi nessi con le preferenze individuali. C’è sempre l’ambiguità tra andare incontro alle preferenze individuali con una logica territoriale.

39 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI
Due aspetti da ricordare: Le economie di scala La teoria dei club di Buchanan

40 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI
Le economie di scala Si pone attenzione ai costi di produzione dei servizi locali Si calcolano il costo pro-capite di un servizio al variare della dimensione degli enti locali, misurata dalla popolazione Si individuano generalmente curve ad U.

41 Dimensione ottima per S1
Costo pro capite del servizio i-esimo S1 La figura identifica la dimensione ottimale per l’offerta dei servizio S1. Però… Dimensione ottima per S1 Dimensione del comune

42 Costo pro capite del servizio i-esimo S1 S2 Dimensione ottima per S2 Dimensione ottima per S1 Dimensione del comune

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44 dimensione n. comuni cum.n.comuni %cum. %pop.(sc.dx) Popolazione 0,5 845 10,43 1 1.127 1.972 24,35 2 1.649 3.621 44,70 4 3 1.007 4.628 57,14 698 5.326 65,75 5 466 5.792 71,51 10 1.175 6.967 86,01 14 15 454 7.421 91,62 20 198 7.619 94,06 6 30 181 7.800 96,30 7 40 116 7.916 97,73 50 44 7.960 98,27 65 52 8.012 98,91 80 23 8.035 99,20 100 22 8.057 99,47 250 31 8.088 99,85 8 500 8.094 99,93 >500 8.100 12 totale

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46 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI
La teoria dei club di Buchanan E’ una teoria più articolata che fa riferimento all’analogia tra l’economia di un Club e un ente locale (esempio: tennis club, ospedale)

47 Variabili spiegate dal modello Quantità del servizio prodotta
LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan Variabili spiegate dal modello Popolazione del club Quantità del servizio prodotta Numero dei membri del club o popolazione ottimale di una città Quantità: ad es. numero dei campi da tennis, o numero degli ospedali per comune.

48 Massimizzare il beneficio pro-capite netto Pari alla differenza tra
LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan Obiettivo Massimizzare il beneficio pro-capite netto Bn = B – C Pari alla differenza tra B, beneficio pro-capite C, costo pro-capite Numero dei membri del club o popolazione ottimale di una città Quantità: ad es. numero dei campi da tennis, o numero degli ospedali per comune.

49 B, beneficio pro-capite B = B(N,Q) BN < 0 BQ > 0 BQQ < 0
LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan B, beneficio pro-capite B = B(N,Q) BN < 0 BQ > BQQ < 0 Aumenta N, maggiore congestione Aumenta Q maggiore benessere, ma con saturazione Il beneficio pro-capite è inversamente legato al numero di membri del club, perché, per un dato livello di quantità, si generano fenomeni di congestione (code..) Il beneficio aumenta all’aumentare della quantità, ma incontra limiti di saturazione dei bisogni.

50 In assenza di economie di scale C = aQ/N
LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan C, costo pro-capite In assenza di economie di scale C = aQ/N Aumenta N, minore costo pro-capite Aumenta Q maggiori costi Il costo procapite è proporzionale a Q e inversamente proporzionale a N (suddivisione dei costi)

51 B,C Benefici Costi N

52 B,C Benefici Costi a Q

53 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan
Max Bn = B(N,Q) – C(N,Q) Q,N Si determinano i valori ottimali di N e Q Numero dei membri del club o popolazione ottimale di una città Quantità: ad es. numero dei campi da tennis, o numero degli ospedali per comune.

54 Esiste un trade-off tra Vantaggi (al margine): Svantaggi (al margine):
LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan Esiste un trade-off tra Vantaggi (al margine): Maggiore Q (decrescente per saturazione) Maggiore N [condivisione dei costi] (decrescente iperbole) Svantaggi (al margine): Maggiore Q (costante a) Maggiore N [congestione] (crescente) Per spiegare. Supponiamo che la quantità sia fissa. Allora l’unica incognita è N. La soluzione è semplice. Si massimizza il beneficio netto. La soluzione è che il beneficio marginale che deriva dal minore costo pro-capite derivante da un membro in più deve essere al margine uguale al costo marginale derivante dalla congestione prodotta da tale membro. Nel modello c’è però anche la possibilità di variare la quantità. Più complicato (forse inutilmente). A parità di N, se aumenta la quantità c’è un beneficio marginale positivo (anche se decrescente per la saturazione dei bisogni) e un costo marginale costante (se non ci sono economie di scala). Le scelte di N e Q non sono indipendenti a causa della forma delle funzioni (non sono separabili, per l’esattezza) Bn = f(N) + g(Q), ma sono del tipo Bn=F(Q,N).

55 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI Alcune conclusioni
La teoria dei club fornisce indicazioni molto generali di cui non è facile trarre implicazioni operative Le curve a U dei costi, in presenza di molteplici servizi, portano a concludere che non esista una dimensione ottima in assoluto. Vi saranno necessariamente spill-over di benefici Numero dei membri del club o popolazione ottimale di una città Quantità: ad es. numero dei campi da tennis, o numero degli ospedali per comune.

56 LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI Alcune conclusioni
Con riferimento all’Italia, si comprende la inadeguatezza della dimensione dei comuni in Italia rispetto a queste indicazioni teoriche Le Unioni tra comuni (art. 32 del TU enti locali del 2000) sono uno strumento. Forma associativa con personalità giuridica, sono “enti locali” Alternativa alla più impegnativa fusione di comuni. In grado di cogliere economie di scopo (più che di scala) L.131/03 di attuazione del Titolo V art.7 in applicazione dell’art.118 Numero dei membri del club o popolazione ottimale di una città Quantità: ad es. numero dei campi da tennis, o numero degli ospedali per comune.

57 IL MECCANISMO ALLOCATIVO DI TIEBOUT
Un meccanismo di rivelazione delle preferenze per i beni pubblici “Votare con i piedi” Un saggio importante e fortunato quello di Tiebout dell’inizio degli anni 50. E’ stato scritto non come contributo alla teoria del federalismo, ma come contributo alla nascente teroia dei beni pubblici elaborata in quegli anni da Samuelson. Il problema del free rider avvea infatti stimolato a cercare meccanismi che consentissero di indurre i cittadini a rivelare le loor preferenze per i beni poubblici in modo corretto. Come sappiamo un esempio di questi meccanismi è la Clarke tax… Ma alla fine ci si è dovuti rivolgere alle teroie del voto. Tiebout ebvbe invece l’idea che la mobiliutà poitesse essere il criterio in base al quale realizzare la rivelazione delle rpeferenze: votare con i pieid

58 IL MECCANISMO ALLOCATIVO DI TIEBOUT
Ipotesi implicite numero ampio di autorità locali con un uno specifico mix di servizi Non ci sono economie di scala Si adotta esclusivamente il principio del beneficio Informazione completa Non ci sono costi di mobilità La teoria di Tiebout è però soggetta a molte limitazioni che si comprendono metendo in luce le ipotresi implicite su cui essa si fonda. Soprattutto quella relativa alla mobilità e all’informazione sono molto rilevanti.

59 IL MECCANISMO ALLOCATIVO DI TIEBOUT Implicazioni poco soddisfacenti
Tendenza crearsi comunità locali con autoselezione rispetto al reddito (i ricchi con i ricchi, i poveri con i poveri) Tendenze alla migrazione dei poveri nelle comunità dei ricchi Costi di transazione Aspetti equitativi perversi Negli USA esistono ormai esempi di quartieri bunker dei ricchi..Così come è noto che vi sono slums Ci sono studi che mostrano le variazioni dei costi delle aree edificabili e degli immobili “quando arrivano i negri….”

60 HARD BUDGET CONSTRAINT
L’efficienza politico-amministrativa si realizza pienamente solo se esiste una corrispondenza tra funzioni da svolgere e risorse disponibili Questo è forse il principio più importante, per un paese poco disciplinato come l’Italia. Ma è anche il più difficile da<realizzare per quanto detto sul modello a strati e la marmor-torte Come vedremo la legislazione recente non è sempre molto attenta questi aspetti (Bassanini e riforma della Costituzione

61 ALTRE RAGIONI DEL DECENTRAMENTO
Ideologiche Politiche Organizzative

62 Il Principio di sussidiarietà
RAGIONI IDEOLOGICHE Il Principio di sussidiarietà Art.3 b del Trattato dell’Unione del Parlamento Europeo Quadragesimo Anno (1931) Grundgesetz tedesca (art.71 e 72)

63 Il Principio di sussidiarietà
RAGIONI IDEOLOGICHE Il Principio di sussidiarietà La Comunità interviene ..soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi..non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della dimensioni o degli effetti dell’azione.., essere realizzati meglio a livello comunitario.

64 Il Principio di sussidiarietà
RAGIONI IDEOLOGICHE Il Principio di sussidiarietà Verticale Orizzontale

65 Il Principio di sussidiarietà Orizzontale
RAGIONI IDEOLOGICHE Il Principio di sussidiarietà Orizzontale Valorizzare le istituzioni non statali Terzo settore, Quango, le comunità spontanee, ecc. che operano allo stesso livello

66 RAGIONI POLITICHE Il decentramento favorisce la partecipazione politica dei cittadini consente un controllo più stretto degli amministratori da parte dei cittadini permette di tenere conto delle differenze nella composizione sociale (differenze linguistiche, etniche, ecc.)

67 RAGIONI ORGANIZZATIVE
Vantaggi delle strutture poco burocratiche Possibilità di maggiori sperimentazioni ed innovazioni nell’offerta dei servizi pubblici Burocrazia: ma anche rischi di duplicazione delle burocrazie Innovazioni: è questo il punto forse più importante. Concorrenza delle istituzioni Studiate da Breton e altri… E’ un’idea che trova sempre maggiore diffusione in Europa. Si pensi alle best practices.. Incentivi e premi..


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