La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Guida dei giovani del gruppo della Secessione è Otto Wagner ( ). Nato a Penzing, vicino a Vienna, ha studiato architettura prima nel Politecnico.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Guida dei giovani del gruppo della Secessione è Otto Wagner ( ). Nato a Penzing, vicino a Vienna, ha studiato architettura prima nel Politecnico."— Transcript della presentazione:

1

2 Guida dei giovani del gruppo della Secessione è Otto Wagner ( ). Nato a Penzing, vicino a Vienna, ha studiato architettura prima nel Politecnico della capitale e poi presso la prestigiosa Bauakademie di Berlino, culla del neoclassicismo. Nominato nel 1894 professore di architettura all’Accademia di belle arti, propone un messaggio esplicito di rinnovamento: l’architettura deve orientarsi verso la vita moderna, l’imitazione degli stili del passato è totalmente inadeguata e non risponde a quelle esigenze di semplicità e unità che devono essere a fondamento dell’architettura moderna. Nel suo ufficio passano i giovani talenti dell’architettura viennese, prima Olbrich e poi Hoffmann. Olbrich è fra i collaboratori di Wagner quando questi nel progetta alcune stazioni per la metropolitana viennese, di cui negli anni precedenti ha disegnato il nuovo tracciato come parte di un piano generale di espansione della città; fra esse la stazione Unter-Döbling e quella sulla centralissima Karlsplatz. Sono edifici strettamente funzionali, in cui la forma è segnata dall’uso di materiali nuovi, come il ferro, e dall’inserimento di elementi decorativi in pietra e stucco o da fasce di maiolica colorate. Nella cosiddetta Casa della maiolica ( ), una casa ad appartamenti appena fuori della Ringstrasse, Wagner fa largo uso di piastrelle in maiolica, decorate con motivi floreali, per rivestire l’intero piano di facciata. Il motivo della superficie muraria piatta, che Wagner ha indicato come una forma sintattica dello stile moderno, è recuperato in senso estetico e strumentale così da permettere l’abbandono del repertorio delle forme decorative classiche. Nell’edificio della Cassa di risparmio postale ( ) il procedimento compositivo è opposto: elementi classici fanno da supporto a un originale trattamento della superficie della facciata, costituita da sottili lastre di marmo bianco fissate con regolari chiodature in alluminio. Nella pensilina che copre l’accesso, vetro e ferro si integrano armoniosamente e suggeriscono alcuni dei motivi costruttivo-compositivi dell’interno. Gli ambienti si sviluppano intorno alla hall centrale, coperta da un soffitto vetrato, dalla inusuale sezione curva.

3 Otto Wagner: Metro Station, Vienna, c. 1900

4 Tra le stazioni disegnate da Wagner, quella sulla Karlsplatz ed merita menzione particolare. La stazione è uno scheletro rivestito di lastre di marmo. La sontuosa decorazione ornamentale, su cui cooperarono Olbrich, Fischl e Plecnik , riflette più chiaramente della altre stazioni l'influenza dell'art noveau..

5 I due edifici per appartamenti situati ai numeri 38 e 40 di Linke Wienzeile costruiti da Otto Wagner a proprie spese furono pietre miliari nello sviluppo di residenze adatte alla società borghese. La decorazione Secessionstil della facciata causò aspre reazioni ed era intesa da Wagner come elemento per un viale ufficiale che doveva correre accanto al fiume Wien.  La casa al numero 38 fu decorata da Kolo Moser con medaglioni dorati e stucco. Il numero 40 è interamente coperto di ceramiche colorate decorate con disegni floreali.

6 Il termine Art Nouveau indica usualmente una breve e vivace moda decorativa apparsa tanto in Europa quanto negli Stati Uniti nell’ultimo decennio dell’Ottocento, una moda che coinvolge pittura, grafica, design e architettura. La denominazione deriva dal nome del negozio-galleria-laboratorio aperto nel 1895 a Parigi dal mercante tedesco d’arte Samuel Bing, specializzato nella vendita e produzione di oggetti, arredi, mobili. L’insegna gli era stata suggerita dal progettista del negozio, l’architetto belga Van de Velde. Il medesimo movimento in Italia diviene noto piuttosto come stile floreale o Liberty, non a caso ancora il nome di una ditta inglese, la Liberty & Co.; negli anni ottanta essa apriva a Londra un rinomato negozio che proponeva stoffe e arredi sia orientali, sia del movimento delle Arts and Crafts. Questa connotazione “merceologica”, assegnata a quel gusto già dalla denominazione, svela che è proprio il settore dell’arte applicata, della decorazione d’interni e dell’arredamento quello in cui il movimento riscuote il suo primo e maggiore successo, per affermarsi poi anche nell’architettura. Lo stile, fortemente ornamentale, è caratterizzato dalla presenza nelle opere di linee sinuose e continue, che sprigionano un movimento vigoroso e carico di energia. L’artista tende a impadronirsi a fondo dell’oggetto e del materiale che lo costituisce, per trasformare e plasmare la materia stessa, alla ricerca di una forte caratterizzazione espressiva, che faccia risaltare sia la funzione dell’oggetto, sia la qualità puramente estetica. Grande sensibilità plastica e gusto per il movimento e l’asimmetria, ricerca di espressività della funzione attraverso la decorazione: questi i segni distintivi di un modo creativo che punta all’elevazione delle arti applicate sullo stesso piano delle arti figurative, e insieme propone una unità delle arti fra pittura, scultura, architettura, per ricostruire gli oggetti e i luoghi della vita. Alle radici dell’Art Nouveau sono le varie tendenze che si sviluppano nella seconda metà dell’Ottocento, soprattutto l’esperienza nel campo delle arti applicate che aveva compiuto il movimento preraffaellita delle Arts and Crafts. Quei semi gettati in Inghilterra avevano dato frutti però soprattutto sul continente; la moda sbocciò all’improvviso all’inizio degli anni novanta, quando Bruxelles, attraverso le opere di Victor Horta, Paul Hankar, Henri Van de Velde, s’impone come la capitale europea di questo stile.

7

8 Hôtel Tassel 6 rue Paul-Émile Janson, Brussels 1893, Victor Horta

9 Victor Horta Eetkamer in Horta huis, Brussel

10 Henri Van de Velde ( ), Il più influente fra i progettisti belgi è però Henri Van de Velde ( ), che unisce all’opera di progettista quella di instancabile teorico e propagandista del linguaggio dell’Art Nouveau. Inizia la sua carriera come pittore, poi, sulla scia dell’opera di William Morris, volta a rendere l’arte utile, si rivolge alla creazione di oggetti, in primo luogo tappeti. Dopo il matrimonio, nel 1895 decide di costruirsi una Casa a Uccle, nei pressi di Bruxelles; nelle grandi finestrature e nella pianta centrale la costruzione presenta affinità con le case private costruite in Inghilterra da Voysey e Baillie Scott, e insieme una propria originalità nell’articolazione poligonale tutta serrata intorno alla hall centrale. Nel laboratorio di Van de Velde sono realizzati tutti i mobili della casa, che negli anni seguenti riscuotono un successo sempre maggiore, essendo in grado di valorizzare a fondo i materiali componenti, con viva sensibilità costruttiva. Van de Velde si sposta poi a Berlino, dove dà lezioni, scrive sul ruolo dell’ornamento nell’arte, e continua a disegnare mobili, sempre più funzionali e astratti. Nel 1901 si trasferisce a Weimar come consigliere artistico del granduca di Sassonia: lì organizza seminari per gli apprendisti artigiani e insegna alla nuova scuola di arti e mestieri, progetta il teatro della città e il nuovo edificio dell’Accademia. Influenzato dalla scuola viennese e dai lavori dell’architetto tedesco Peter Behrens, il suo linguaggio si fa sempre più semplice e controllato, come per esempio nella villa Hohenhof nei dintorni di Hagen (1908), dove predomina il bianco nella finitura delle pareti e degli arredi e dove lastre lisce in marmo sostituiscono forme decorative.

11 Scrivania e poltrona 1900

12 Scuola d’arte Weimar

13 Hector Guimard ( In Francia la cultura dell’Art Nouveau è direttamente legata e dipendente dall’evoluzione che essa ha in Belgio. La sua espressione più viva in architettura è rappresentata dai progetti di Hector Guimard ( ), che compie i suoi studi all’École des Beaux-Arts di Parigi. Sentendosi vicino all’opera teorica di Viollet-le-Duc, coniuga nelle sue prime architetture il razionalismo neogotico di quel maestro con una forte carica espressiva. Nel 1894 Guimard riceve l’incarico di realizzare a Parigi un edificio per appartamenti in stile neogotico, il Castel Béranger. L’anno seguente il progetto, redatto appunto con quelle caratteristiche, è pronto, ma nell’estate del 1895 Guimard ha un decisivo incontro con Victor Horta a Bruxelles, che lo porta a modificare integralmente i suoi modi compositivi e a ridisegnare l’edificio già progettato, valorizzando elementi tipici dell’Art Nouveau belga come la pianta libera e aperta della casa Tassel di Horta, l’uso strutturale del ferro, l’enfasi data alle linee curve negli arredi. Il nuovo progetto del Castel Béranger presenta infatti molte novità: ognuno dei 38 appartamenti dell’edificio ha una pianta diversa, la conformazione delle stanze è irregolare e sovente presenta pareti sagomate per contenere mobili realizzati appositamente. Nella facciata, per raggiungere un effetto di grande ricchezza, l’architetto utilizza insieme una vasta gamma di materiali: mattone, pietra, ferro, bronzo, ceramica. Ma l’opera più conosciuta di Guimard sono le 141 stazioni della metropolitana parigina, molte delle quali ancora esistenti, segnate da pensiline, balaustre e lampioni in ghisa stampata, con forme desunte dal mondo naturale, a stelo di pianta, un motivo che Guimard usò spesso anche nei mobili. I principali elementi strutturali sono in ghisa dipinta in verde così da sembrare bronzo, in vetro e ceramica, prefabbricati e tali da poter essere usati con differenti accostamenti nelle diverse stazioni. L’applicazione del linguaggio Art Nouveau a un ambiente popolare come gli ingressi della metropolitana contribuì molto alla diffusione in Francia di quello stile, ironicamente ribattezzato style Métro.

14 Metropolitana di Montmartre

15 Insegna originale del Metrò

16 LE ARTI APPLICATE IN FRANCA
Un contributo di rilievo viene in Francia dal settore delle arti applicate. Personaggi di spicco sono qui Émile Gallé e René Lalique, che si dedicano soprattutto a una produzione raffinata destinata a una clientela assai ricca, con modi in questo assai lontani dall’esperienza anglosassone delle Arts and Crafts. Émile Gallé ( ) nasce a Nancy, città in cui è ancora forte la tradizione rococò, da una famiglia di produttori di raffinate ceramiche. Interessatosi egli stesso alla ceramica e al vetro, si dedica allo studio di nuove tecniche chimiche con cui fornire colorazioni inedite, riuscendo a produrre combinazioni tonali di grande fascino. Alla produzione di oggetti in vetro applica una tecnica a cammeo, ottenuta realizzando le forme in vetro con successivi strati colorati: in tal modo gli strati possono essere incisi a mano o con l’acido, così da fare emergere i diversi colori sovrapposti. Ricchi di forme floreali e orientaleggianti, i suoi oggetti ottengono un grande successo; nella sua fabbrica di Nancy lavorano nel 1900 ben trecento operai. Il parigino René Lalique ( ) è il più celebre disegnatore di gioielli, capace di sperimentare nuove forme e brillanti effetti coloristici combinando elementi preziosi come oro e perle con materiali semi-preziosi, come pietre dure e vetri colorati.

17 René Lalique ( ) VASO SERPENTE

18 René Lalique ORNAMENTO DI CORSETTO “pavone” 1898-1900

19 Émile Gallé (1846-1904) Vaso in vetro soffiato

20 Lo Jugendstil. La Germania, nell’ultimo decennio del secolo, partecipa al fenomeno della diffusione dell’Art Nouveau con lo Jugendstil. Il nome deriva da quello del periodico “Jugend” (gioventù), che inizia le pubblicazioni nel 1896 e che connota la variante tedesca, segnata da un forte carattere costruttivo e geometrico, dell’Art Nouveau. Centri irradiatori dello stile sono principalmente Monaco e Darmstadt. Monaco in particolare è il luogo di attività di una nutrita serie di artisti impegnati nelle arti applicate. Fra questi ricordiamo Hermann Obrist ( ), che crea famosi tessuti ricamati e mobili, e che è anche uno dei fondatori nella città dell’Associazione dei laboratori riuniti d’arte e artigianato (Vereinigten Werkstatten fur Kunst im Handwerk), da cui escono molte opere di qualità; August Endell ( ), noto soprattutto per la nervosa decorazione a rilievo, quasi la schiuma di un’onda, della facciata di uno studio fotografico della città, l’Atelier Elvira ( ); Peter Behrens ( ), personaggio chiave della vicenda del Deutsche Werkbund, il movimento che mira al miglioramento del progetto nel campo dell’artigianato e dell’industria. L’altro centro dello Jugendstil tedesco è Darmstadt, dove nel 1899, voluta da un grande mecenate, il granduca Ernst Ludwig Von Essen, si costituisce una colonia artistica con sede sulla collina che sovrasta la città, la Matildenhöhe. In quell’anno giungono alla colonia di Darmstadt sia Behrens, proveniente da Monaco, sia l’austriaco Josef Maria Olbrich. La breve esperienza di lavoro in comune è dominata soprattutto da quest’ultimo, autore del piano urbanistico della colonia e del centrale padiglione per mostre, con annessi laboratori, il cui ingresso, sottolineato da una profonda volta ad arco, è decorato da sculture e motivi floreali policromi. Inoltre Olbrich progetta molte delle graziose ville-studio per artisti, di chiara discendenza viennese, che punteggiano la collina. Nel lbrich progetta la Torre del matrimonio che si eleva sulla sommità della collina; l’alta struttura in mattoni rossi è coronata da un motivo che rammenta l’immagine di una mano aperta. Anche Behrens, infine, realizza nella propria casa, segnata da un frontone a ogiva, un’architettura di alta qualità; di particolare rilievo sono gli eleganti arredamenti interni.

21 Otto Wagner Casa Jugendstil Vienna.

22 Otto Wagner Casa Jugendstil Vienna.

23 Otto Wagner Casa Jugendstil Vienna.

24 Antoni Gaudí y Cornet (1853-1926),
Un fenomeno del tutto particolare e con forti dosi di autonomia è quello di Gaudí e del modernismo catalano. Antoni Gaudí y Cornet ( ), che lavorò essenzialmente nell’area di Barcellona, è l’ideatore di un’architettura fantasiosa, fortemente espressionista, dove le forme architettoniche appaiono caricate di un’inimitabile esuberanza plastica: si tratta dunque di un’architettura intesa come scultura totale. Fra le sue opere più mature la Casa Batló a Barcellona ( ) i cui piani inferiori, segnati da un trattamento plastico organicistico, sono inframmezzati da vaste aperture vetrate, mentre quelli superiori, più chiusi, sono rivestiti da una rutilante decorazione con incrostazioni di mosaici e maioliche colorate. La Casa Milá ( ), situata come il precedente edificio sul centrale Paseo de Gracia, è forse il capolavoro di Gaudí. Si tratta di un vasto edificio d’abitazione che si sviluppa su una superficie irregolare, con due cortili mistilinei all’interno. Una totale asimmetria e irregolarità domina le piante degli appartamenti, che sono l’uno diverso dall’altro sia per la forma, sia per le dimensioni e l’orientamento dei locali. Più impressionanti ancora sono le movimentate facciate esterne, che fanno assomigliare la casa a un rilievo roccioso (da cui la denominazione di “Pedrera” con cui la casa è nota) levigato dal moto di correnti marine. Ogni dettaglio è subordinato all’ottenimento di un effetto plastico: dal ruvido bugnato della parete, ai pesanti pilastri in pietra, alle balaustre in ferro che ricordano le incrostazioni prodotte da gigantesche alghe su scogli. Negli ultimi decenni della sua vita, Gaudí si applica alla realizzazione della sua opera più colossale, il tempio della Sagrada Familia, ancora oggi in gran parte incompiuto e in costruzione, originalissima commistione di influenze neogotiche, Art Nouveau e barocche. La parte completata da Gaudí comprende la cripta e la facciata della Natività, segnata da quattro torri campanarie di eccezionale altezza, uno dei motivi più singolari della silhouette urbana di Barcellona.

25 Casa Milà

26 Casa Milà o meglio conosciuta come Pedrera (cava di pietra) è l’ultimo progetto civile che Gaudì realizza nella sua Barcellona. Un paradosso: una costruzione artificiale e naturale insieme, una sintesi di tutte quelle forme architettoniche per le quali era diventato famoso. Se con Park Güell si era avvicinato alla natura creando delle costruzioni simili ad una “seconda natura” con casa Milà arriva alla perfezione di tale stile. La Pedrera si differenzia delle altre opere di Gaudì per la sua grandezza. Con i suoi 1000 metri quadrati fu una vera impresa che l’architetto catalano probabilmente accettò solo per le sue dimensioni epiche, ma rispetto ai suoi lavori precedenti risulta un po’ deludente. Non c’è più bisogno infatti di “creare spazio” attraverso accorgimenti decorativi e le splendide decorazioni ceramiche, che in casa Battlò avevano raggiunto un così alto effetto estetico, vengono abbandonate sostituite da una facciata porosa di pietra che sembra erosa dall’azione del vento di migliaia di anni. Costruita su un lotto angolare, la facciata segue il profilo delle strade diventando arrotondata un po’ ispirandosi anche a una grande torre. Innovazione importante furono i due cortili interni non più rettangolari come i tradizionali cavedi, ma ovali con le pareti che mano a mano verso l’altro si allargano per cercare di raccogliere quanta + luce possibile per i piani bassi dell’edificio.

27 In questa casa non c’è simmetria: le proiezioni orizzontali dei singoli piani si differenziano l’una dall’altra. Tale strutturazione dello spazio Gaudì riesce ad ottenerla solo grazie alla rinuncia dell’uso di muri portanti: tutto poggia su una molteplicità di pilastri e travi. All’armoniosa molteplicità della facciata, corrispondono gli interni: non vi si trovano linee rette e tutto sembra essere modellato in modo plastico, accentuato soprattutto dalle convessità e dalle inarcature che generano effetti chiaroscurali. Incredibilmente vari e numerosi i camini che sul tetto si affollano insieme alle uscite delle trombe delle scale. Garage sotterraneo. Anche per questa costruzione Gaudì dovette combattere con il Genio civile barcellonese per riuscire a mantenere la mansarda aggiunta in seguito e le sporgenze delle colonne del basamento. Non riuscì a spuntarla però con il suo committente quando nella città ci fu la “Semana Tragica.” Nel primo progetto casa Milà  infatti avrebbe dovuto avere la funzione di “basamento” per una grande gruppo scultoreo dedicato alla Santa Vergine del Rosario, tributo devoto di Gaudì alla madonna, ma questa idea non fu mai concretizzata causa dell’opposizione dei committenti dell’opera. Nel 1909, quando la Spagna stava attraversando un difficile momento di tensioni politiche ci fu la “Semana Tragica” in cui si verificarono, da parte della popolazione, violente manifestazioni anticlericali un po’ in tutta Barcellona. I committenti di Casa Milà perciò non vollero che l’edificio a causa dei suoi simbolismi fosse equivocato e considerato un edificio religioso e quindi deturpato o addirittura bruciato come era capitato ad alcuni conventi della città in quei giorni tragici. Gaudì considerò così la sua opera incompleta, “un gigante senza testa” e dopo un raffreddamento di rapporti con Milà abbandonò i lavori lasciando “incompiuta” la Pedrera.

28 Casa Milà 1905-07 (PARTICOLARE)

29 Casa Milà 1905-07 (particolare)

30

31

32 Palazzo Güell Mentre ad Aristorga il palazzo episcopale era in costruzione, Gaudì si impegnò materialmente e fisicamente nella realizzazione della seconda opera per il suo facoltoso mecenate: Palazzo Güell, residenza dell’imprenditore e della sua famiglia. Palau Güell si staccò dai progetti precedenti di Guadi sotto vari aspetti. Primo fra tutti la rinuncia alle policromie delle decorazione dell'esterno. Infatti la facciata, vagamente gotica, non presenta nessun tipo di decorazione (come si era visto nelle due case precedenti) o effetto di vivo contrasto, ma la sua forza espressiva si raccoglie unicamente attorno ai due portali parabolici d’entrata lavorati in ferro battuto nei quali le decorazioni metalliche assomigliano ad alghe plasmate dalle onde del mare. Ad un esterno relativamente "povero" fa netto contrasto un interno sfarzoso e ricolmo di ricchezze architettoniche che Gaudì progettò con maniacale precisione mescolando magistralmente stile di diverse epoche e terre come il gotico, l’arabo, l’egizio, il rococò… Così il palazzo si sviluppa su 6 piani attorno ai tre elementi importantissimi, come in una corte islamica, della sala per la musica, il balcone per l’organo e la cappella oltre che al vasto salone.

33 salone occupa l’altezza di tre piani e culmina in una doppia cupola sorretta da archi parabolici, la quale porta luce nel locale attraverso una miriade di forellini/finestre che la fanno apparire quasi come un cielo stellato. La miriade di colonne (più di cento e tutte diverse) che fanno da cornice alla grande sala, sorreggo archi parabolici di varie grandezze e soffitti costituiti spesso da lastre marmoree puntellate anche talvolta da travi in ferro a vista Tutto ciò da’ vita interessanti e complessi corridoi che formano un frammentato sfasamento di livelli senza fluidità spaziale. Accanto a questo sfarzo decorativo architettonico Eusebi Güell, in pieno stile barocco di abbondanza quasi nauseante, affianca moltissime opere d’arte, vetri colorati, mobili futuristici, tele antiche, ferri battuti… Per Gaudì Palau Güell diventa uno spazio perfetto per ogni nuovo tipo di sperimentazione decorativa strutturale, mentre agli occhi degli altri la costruzione risulta alquanto "singolare" tanto che alla fine il solo a cui piacerà sarà Eusebi Güell

34 Casa Calvet. Eretta tra il 1889 e il 1900, fu eletto miglior palazzo dal Comune di Barcellona nell’anno Di ispirazione Barocca la casa, ma soprattutto la facciata fu concepita con un prospetto settecentesco, mentre la facciata retrostante appare più razionale e basata sulla semplicità e sulla praticità. L’interno presenta un grande e vasto atrio dove ogni mobile e ogni elemento è concepito come scultura: qui Gaudì’ fa i primi esperimenti sull’uso delle aggregazioni di ossa, articolazioni, fossili come elementi di decorazione che poi riprenderà ampiamente in Casa Battlò 4 anni dopo.

35 Casa Calvet.PARTICOLARE DELL’ARREDAMENTO

36 Park Güell fu l’ennesimo progetto che Gaudì realizzò per il suo mecenate e che insieme i due concepirono non come un parco o un giardino pubblico (come suggerirebbe il nome), ma più come una città giardino, un sobborgo cittadino destinato a cambiare il modo di concepire la vita nei centri abitati integrando le case con la vegetazione e gli ambienti naturali del luogo. Purtroppo però gli abitanti di Barcellona non accolsero con molto entusiasmo l’idea di Güell tanto che solo 2 dei 60 lotti realizzati furono acquistati e così il progetto fallì miseramente. In una delle due case già costruite quindi si trasferì Gaudì con il padre e la figlia della sorella e ci rimase fino a quando si trasferì definitivamente nel cantiere della Sagrada Familia. Quindi i lavori interrotti nel 1914 ripresero nel 1922 quando la città e il comune di Barcellona decisero di destinare l’area di Park Güell a parco pubblico e di affidarne il completamento allo stesso Gaudì. Infatti bisogna dire che se l’idea di Güell di "programma sociale" fu un fallimento, non lo fu invece la parte dell’impresa di cui si occupò Gaudì. Nell’area destinata ai 60 lotti non fu costruito pressoché nulla e questa rimase allo stato naturale selvaggio, mentre le parti dedicate al tempo libero, costruite, divennero un capolavoro. Per il parco Güell acquistò la Muntanya Pelada, situata a nord ovest di Barcellona, una zona caratterizzata da pendii accentuati, assenza di fonti d’acqua e da un terreno sassoso e arido, superficie inutilizzabile per la realizzazione di un centro cittadino e di zone verdi. Ma Gaudì non curandosi di questo procedé senza esitazione nella progettazione del Parco utilizzando questi aspetti negativi a suo favore. Per le mura di cinta si limitò semplicemente a seguire il profilo sinuoso dei molteplici cambi di pendenza della montagna creando un profilo ondulato della struttura. Inoltre Gaudì ricoprì tutto il muro con frammenti di ceramica rossi e bianchi che oltre ad avere la funzione di decorazione, ebbero quella di impermeabilizzazione (il muro fu costruito con un materiale alquanto scadente) e di rafforzamento della funzione protettiva del muro nei confronti di intrusi. Il rivestimento del muro liscio e arrotondato infatti non offre appiglio per le dita ed è davvero difficile poterlo scavalcare a mani nude.

37 L’entrata principale è incorniciata da due edifici simili a due casette delle fiabe. Le loro pareti irregolari sono realizzate con lo stesso materiale del muro di cinta e culminano in un tetto altrettanto irregolare e ondoso ricoperto ancora una volta da frammenti policromi di ceramica. Tutto è perfettamente integrato nel paesaggio fatta eccezione per una torretta (molto simile a quella di villa El Capricho) che apparentemente con la sua bicromia blu e bianca sembra completamente isolata dal resto. Senza una funzione precisa il verticalismo della torretta deve essere perciò osservato da fuori l’entrata del Parco e così gli insoliti colori assumono un significato: il colore azzurro del cielo e il bianco della nuvole in movimento. Appena entrati ci si trova davanti a una grande scalinata che porta a una vasta sala ipostila realizzata come un tempio classico greco. Tributo a Güell grande estimatore dell’arte classica ellenica, la sala ipostila è costituita da 86 enormi colonne doriche che sorreggono un soffitto ondulato ricoperto ancora una volta da molteplici frammenti di ceramica policromi. A guardia dell’entrata della sala due draghi, simboli di Barcellona, in realtà, nascondono due enormi cisterne per la raccolta dell’acqua piovana con la quale viene mantenuta la verdeggiante vegetazione del Parco. Ancora una volta, come era già accaduto per il muro di cinta, gli elementi decorativi del parco hanno una doppia funzione nascosta dietro al semplice aspetto estetico-decorativo e la sala ipostila non è certo da meno. Infatti le colonne supportano il tetto che non è solo un tetto e completano una struttura completamente diversa dalle apparenze. La terrazza soprastante orlata da un sinuoso e interminabile sedile, infatti è punto centrale del parco e non è altro che la "piazza mercato", concepita come luogo d’incontro per tutti gli abitanti del borgo giardino nonché come luogo di rappresentazioni teatrali e manifestazioni culturali. Il resto del parco invece non è altro che un intreccio infinito di viadotti e viottoli che serpeggiano attraverso la folta vegetazione della montagna. Park Güell, come ogni opera di Gaudì contiene anticipazioni ed esplorazioni dei nuovi stili e correnti artistiche dell’Europa. Se si considerano le decorazioni di "ceramica frammentata" soprattutto nell’ornamento del sedile, si vedrà come il loro livello sia cresciuto rispetto i primi esperimenti risalenti a Finca Güell e si noterà come essi siano configurate come i collages dei futuri Dadaisti. Anche con uso di materiali poveri Gaudì riuscì ad anticipare intuizioni e idee dei futuri cubisti, Picasso e Mirò anche se a dire il vero questa limitatezza di mezzi creò non pochi problemi all’architetto catalano. La pietra ricavata dello scavo per i sentieri e i viottoli risultava decisamente poco resistente all’erosione dell’acqua e così Gaudì dovette ricorrere ad accorgimenti come il rivestimento delle strutture con Trencadicas, la sovrapposizione di più strati di materiale e così via... cmq il risultato fu notevole tanto che le opere di ristrutturazione fino ad oggi sono state davvero limitate.

38 Park Güell

39 Park Güell (PANCHINE)

40

41 Park Güell (SCALINATA DI ACCESSO)

42 Josep Battlò ricco commerciante di stoffe, voleva rimodernare la sua dimora tanto che chiese al comune il permesso di abbatterla e di costruirne una nuova. La concessione però non gli venne data, così Gaudì incaricato della ristrutturazione si trovò a lavorare su un edificio del 1887 edificato su un lotto stretto e lungo e su una pianta rettangolare. Nonostante queste limitazioni Gaudì raccolse con entusiasmo la sfida di realizzare un edificio completamente diverso dal precedente ottenendo davvero un effetto sorprendente. Compì il primo passo facendo apparire, con qualche accorgimento decorativo, il piano terra di dimensioni gigantesche in confronto al resto della casa, per dare l’impressione di spazio e per fare apparire il tutto + imponente. Le colonne imponenti e l’arcata sopra il portale d’ingresso furono i mezzi con cui Gaudì “ingannò”. Per queste colonne però ebbe problemi con le autorità Barcellonesi: la base di questi pilastri infatti sporgeva di circa 60 cm sul marciapiede e i passanti inciampavano letteralmente in esse. Gaudì non si curò affatto del richiamo del comune di Barcellona e continuò la costruzione di casa Battlò violando altre norme urbanistiche (costruì una mansarda e due stanze non previste nel progetto iniziale), ma solo perché il suo modo di concepire l’architettura lo spingeva a questo. Il progetto doveva evolversi anche durante la costruzione dell’opera e quindi subire inevitabili variazioni dai disegni ipotizzati inizialmente. Nella parte del primo piano e successivi mantenne la struttura originaria apportando pochi significativi cambiamenti che fecero mutare completamente l’aspetto della facciata. Ristrutturò solo la forma delle finestre e il loro rivestimento completandole con l’aggiunta di piccoli balconi di ghisa completati con muratura e intonaco leggermente arrotondati.

43 Particolare attenzione la si deve porre sulle decorazioni che ricoprono la facciata leggermente ondulata dove mancano spigoli e linee rette. Rivestita di un mosaico di una pasta vitrea la quale è sua volta ornato da dischi multicolori di diverso spessore e diametro (però dello stesso materiale di fondo) da, con l’incidenza della luce solare un particolarissimo effetto di luminosità e brillantezza. La parte bassa della facciata invece riprende i già citati “motivi ossei” di Casa Calvet che in questo caso, a differenza dell’esperimento precedente, invadono tutta la struttura facendo sembrare l’edificio un grande e enorme fossile. Lo scheletro esposto, le ossa unite da cartilagine di pietra, balconi con un profilo di teschio, richiamano anche il motivo del tetto che assume le sembianze del dorso squamoso di un antico rettile primordiale. Il tutto culmina con una torretta che in cima porta il segno distintivo di Gaudì: la croce a quattro bracci smaltati inserita in tutte le sue opere fin dalla realizzazione del collegio delle Teresiane. L’interno. L’appartamento a cui Gaudì dedica particolare attenzione non ha più la tradizionale divisione in singole stanze, ma gli interni si fondono l’uno nell’altro… come nell’esterno sono assenti linee rette o spigoli e il tutto sembra quasi la “struttura di una cellula organica”

44 Casa Battlò

45

46

47

48

49

50 Ma l’opera più importante imponente e ancora incompiuta che Gaudì ci ha lasciato è senza dubbio la chiesa della Sagrada Familia che lo ha accompagnato per tutta la sua vita nella sua realizzazione. Nel 1883 gli furono affidati i lavori e Gaudì si dichiarò ottimista affermando che in circa 10 anni la costruzione sarebbe stata ultimata a patto che avesse avuto a disposizione pesetas all’anno. Cifra inarrivabile visto che i soldi sarebbero dovuti provenire solamente dalle offerte dei fedeli. Ma il motivo per cui nel 1906 fosse stata ultimata solo una delle facciate previste non è da ricercare solo nelle difficoltà economiche, ma anche nel modo di costruire di Gaudì. Si trovò in difficoltà e vincolato dei progetti strettamente neogotici del Villar che prima di lui aveva diretto i lavori e che aveva già realizzato gli scavi della cripta e eretto alcune colonne per l’abside. Inizialmente avrebbe voluto aggiungerne altre di sua progettazione accanto ad esse, ma rinunciò alla sua idea per evitare un inutile affollamento e “guerra civile” tra colonne. Nella cripta quindi variò solo l’ampiezza delle finestre e alzò ulteriormente gli archi al suo interno per togliere l’opprimenza che nel progetto originale caratterizzava la cripta. A partire dall’abside quindi inizia il vero lavoro di Gaudì. L’ispirazione rimase orientata verso il gotico che Gaudì sfrondò di tutte le eccedenza formali. Mantenne la struttura delle finestre allegerendole tramite elementi circolari. Per l’altare, circondato da sette cappelle, optò per le poche decorazione i modo che esso non scomparisse oppresso da esse.

51 Restando fedele al suo modus operandi di progettazione dagli schizzi iniziali i cambiamenti furono continui e incessanti per tutta la realizzazione della chiesa causando qualche ritardo in più alla già lenta lavorazione. La prima pianta ad esempio prevedeva 12 campanili (4 per ogni facciata principale) che furono iniziati a sezione quadrata. Ad un certo punto però Gaudì si rese conto che sarebbero sporti troppo sopra i portali che dovevano contornare, così ne cambio la sezione facendola diventare arrotondata e strutturandole come parabole di rotazione, creando un risultato affascinante, completamente staccato dalle guglie del gotico storico. Permeata in tutte le sue parti da simbolismi profondi riguardanti la cristianità Gaudì ha realizzato la Sagrada Familia non solo come luogo di culto, ma pensando a qualcosa di più e cioè ad una “catechismo di pietra”, un “libro” dove il fedele potesse leggere. Tale simbolismo, ad esempio nelle 12 torri, rappresentanti i 12 apostoli, è anche presente nella pianta stessa dell’edificio rappresentante il corpo mistico di Cristo. Il centro è Cristo stesso rappresentato dall’altare stesso, ma è anche il capo del corpo simboleggiato della torre maggiore che terminano con una grande croce ne ricorda l’opera di redenzione. Ogni facciata è dedicata ad un aspetto dell’operato di Gesù e così la facciata est, dedicata alla Natività fu la prima ad essere iniziata, nonostante fosse l’unica delle 3 che non si rivolgesse verso la città  A Gaudì fu più volte suggerito di iniziare con la ovest di modo che i cittadini fossero + coinvolti e impressionati dalla sua esecuzione, ma l’architetto si rifiutò di partire da quella dedicata alla passione di Cristo, anche perché povera di decorazioni e con una tematica triste e pessimistica. La facciata della Natività inoltre non poteva che rivolgersi vero est, dove nasce il sole, e quella della passione verso ovest dove esso tramonta. La luce che nelle opere civili di Gaudì aveva avuto una grande importanza (soprattutto dal lato pratico) qui assume un valore puramente simbolico. Inoltre la torre maggiore sarebbe dovuta essere l’unica illuminata di notte da dodici enormi riflettori posizionati sulle torri e da essa sarebbe dovuto partire un ulteriore fascio di luce che avrebbe dovuto rischiarare la notte di Barcellona, concretizzando a pieno le parole di Cristo “Io sono la luce”.

52 A completare il tutto l’uso dei colori
A completare il tutto l’uso dei colori. Per la facciata della natività avrebbe usato dei colori chiari, mentre per quella della passione scuri e cupi o per lo meno non avrebbe lasciato la monocromia della pietra, in quanto sosteneva che niente in natura, alla quale si ispirava in continuazione e che era diventata sua maestra, non esisteva niente di un solo colore uniforme. Al di là dei molteplici contenuti simbolici comunque sono da notare le notevoli trovate architettoniche di Gaudì e del suo particolare stile. La pianta segue, nei tratti fondamentali, i grandi esempi del gotico. Si struttura a croce: 5 navate e un transetto formato da tre. La principale, compreso l’abside misura 95 metri mentre il transetto 60. Non volendo usare archi rampanti o altri accorgimenti simili per la struttura portante quindi i problemi di Gaudì furono parecchi, ma riuscì a cavarsela lo stesso. La Sagrada Familia da questo punto di vista rappresenta l’esempio migliore della scoperta di Gaudì: il collegamento di archi inclinati e colonne inclinate è in grado di sostenere volte di dimensioni anche notevoli. Come alberi di Eucalipto, ai quali effettivamente si ispirò per la realizzazione delle colonne, la navata centrale appare come una foresta di pietra. Finalmente in questo edificio Gaudì riesce ad eliminare nella struttura trilitica la divisione tra elementi verticali e quelli orizzontali dando una continuità perfetta a tutta la struttura risolvendo questo passaggio in unica linea. Inoltre nella Sagrada inserisce all’apice della loro elaborazione tutti gli elementi che nel corso della sua vita professionale aveva elaborato nei suoi lavori civili e non. Purtroppo nel 1926 quando era stata appena terminata la realizzazione della facciata est Gaudì muore in seguito ad un incidente, investito da un tram mentre si recava al cantiere dalla Sagrada. L’architetto ha lasciato modelli in gesso, disegni, schizzi e molti altri scritti che ci permettono di avere un idea di come doveva essere la costruzione, terminata nella testa di Gaudì. Anche dopo la sua morte la Sagrada Familia fu continuata dai suoi allievi di Gaudì, incontrando non poche difficoltà e ritardi nel completamento. Prima fra tutte fu la guerra civile spagnola che circa 10 anni dopo la morte del maestro sconvolse la Spagna.

53 SAGRADA FAMILIA

54

55

56

57

58

59

60

61 In Italia l’Art Nouveau viene chiamata stile Liberty
In Italia l’Art Nouveau viene chiamata stile Liberty. Esso fa la sua comparsa nel nostro paese solo a cavallo fra i due secoli, quindi relativamente tardi rispetto alla sua fortuna europea. I suoi principali centri di diffusione sono Torino, dove forti appaiono le influenze della Secessione viennese, Milano, Firenze, Bologna; qui nel 1898 un piccolo gruppo di artisti e designer fonda la Aemilia Ars, strettamente basata sul modello delle Arts and Crafts, ma in cui l’orientamento neomedievale del movimento inglese è sostituito da una sensibilità neorinascimentale. Infine a Palermo il Liberty sviluppa una scuola autonoma. Lo stile italiano è il prodotto del dibattito in corso per la ricerca di uno stile “nazionale”: in esso quindi si combinano l’ispirazione che viene dalle differenti tendenze stilistiche in cui l’Art Nouveau si è espressa e altri modelli derivati dalla storia dell’arte nazionale. Così motivi neocinquecentisti o modi formali presenti nell’artigianato o nelle architetture storiche delle singole città italiane appaiono sovente combinati con i modi del Liberty più internazionale.

62 Nel 1902 viene fondata a Torino dal milanese Alfredo Melani e dal torinese Enrico Thovez la rivista “L’arte decorativa moderna”, organo ufficiale del modernismo italiano. Appunto l’ambiente torinese prevale sugli altri centri della nuova cultura: a Torino si apre nel 1902 la grande esposizione internazionale di arti decorative. I principali padiglioni, costruzioni provvisorie cariche di decorazioni floreali e storicistiche, sono disegnati con spontaneità e vigore da Raimondo D’Aronco ( ). Nato a Udine, D’Aronco ha studiato all’Accademia di belle arti di Venezia. Fino al 1908 D’Aronco lavora in Turchia nella regione di Istanbul, dove cura alcune realizzazioni che introducono un’influenza Art Nouveau nella tradizione costruttiva islamica. Dopo l’esposizione torinese si assiste a un forte incremento dell’edilizia di stile Liberty in Italia. Nel 1903 è inaugurato il grandioso Palazzo Castiglioni di corso Venezia a Milano, clamoroso esordio dell’edilizia altoborghese Liberty, con suggestioni viennesi, opera di Giuseppe Sommaruga ( ), discepolo di Camillo Boito. Il siciliano Ernesto Basile ( ), fra i principali interpreti dello stile in Italia, assimila le tematiche Art Nouveau mescolandole allo stile locale in alcune notevoli ville palermitane e nei mobili e arredi disegnati per la ditta Golia-Ducrot. Nel 1903 realizza l’hotel Villa Igea di Palermo, parziale rifacimento di un precedente edificio: il progetto non è quindi Liberty nel suo complesso, ma il suo salone da pranzo rappresenta il vero capolavoro Basile. Egli disegna l’intero arredo, affiancato da una équipe di collaboratori di grande livello, come Ettore De Maria Bergler, autore della magnifica decorazione parietale su temi floreali. Negli anni immediatamente successivi, si avvia un riflusso decadentista e nazionalista, che determina alla lunga un ripudio del Liberty in nome del ritorno alla tradizione antica. Il processo segue comunque il più generale declino cui l’Art Nouveau va incontro in Europa dal primo decennio del secolo, quando prevalgono un po’ ovunque tendenze più razionaliste o classiciste.

63 Giuseppe Sammoruga facciata del palazzo Castiglioni 1900-03

64 "Casa Castiglioni" a Milano, di Giuseppe Sommaruga (Milano, ivi, 1917), ritenuta la realizzazione che meglio esprime il Liberty italiano, in cui, tuttavia, l'adesione al nuovo stile è riscontrata escusivamente nei particolari decorativi, mentre permane per il resto la tradizionale solidità costruttiva

65

66 Il Liberty a Napoli Il Liberty si diffonde a Napoli nel , nei quartieri nuovi che si sviluppano sulle pendici delle colline del Vomero e di Posillipo, ma anche in certi vecchi rioni demoliti e "risanati". Nel liberty si esprime la vitalità della natura protagonista dell’Art Nouveau, con un ricco intreccio di motivi floreali, elementi decorativi in ferro battuto e curve plastiche del cemento. Un classico esempio di decorazioni in stile liberty  si ha nel Teatro Sannazzaro di via Chiaia, autentica "bonbonnière napolitaine" della belle époque

67 palazzo Mannajuolo in via Filangieri n. 36

68 L'ingresso di palazzo Leonetti, in via dei Mille
Il Liberty lascia a Napoli un’impronta forte, decisa. Ha impresso un segno in diverse zone della città, ma la vera particolarità è il fatto che caratterizza un intero e articolato itinerario. Caratteristica unica nel confronto con le altre città italiane, dove non sono mai stati realizzati percorsi liberty ma solo singoli edifici …“ Renato De Fusco, L’architettura del Novecento, L'ingresso di palazzo Leonetti, in via dei Mille

69 La palazzina Paradisiello (1908) di Germano Ricciardi in via del Parco Margherita

70 Lamont Young, La grandiosa costruzione, realizzata con le caratteristiche del castello Medioevale, è in realtà un edificio sorto tra il 1902 e il Elemento di spicco nel panorama collinare visto da Via Caracciolo, il "castello" è opera dell'architetto inglese Lamont Young, tanto che all'inizio si chiamò "Castello Lamont".

71


Scaricare ppt "Guida dei giovani del gruppo della Secessione è Otto Wagner ( ). Nato a Penzing, vicino a Vienna, ha studiato architettura prima nel Politecnico."

Presentazioni simili


Annunci Google