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Fratelli di Gesù.

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Presentazione sul tema: "Fratelli di Gesù."— Transcript della presentazione:

1 Fratelli di Gesù

2 IL VANGELO DELLA FELICITA’
LE BEATITUDINI IL VANGELO DELLA FELICITA’

3 Siamo alla conclusione della serie delle beatitudini secondo Matteo; l’ottava, come dicevamo già la volta scorsa nell’introduzione, conclude la serie. In genere, nel linguaggio biblico, il numero sette è determinante e quindi noi potremmo, a livello teorico, immaginare che la serie sia composta da sette beatitudini.

4 Nel Vangelo di Luca ci sono quattro beatitudini più quattro «guai» ravvicinati. Matteo invece ha raccolto le beatitudini all’inizio del primo discorso e i guai all’inizio dell’ultimo discorso nel capitolo 23, quindi li ha separati, all’inizio ed alla fine, mantenendoli però strettamente paralleli.

5 L’ultima beatitudine è diversa dalla altre; innanzitutto notiamo che la causa è ripetuta e corrisponde alla prima: «Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli». L’annuncio che a loro appartiene il regno dei cieli è uguale a quello della prima beatitudine: questo ci dice un intento di «inclusione». Si chiama così un fenomeno letterario per cui, all’inizio ed alla fine di un testo, ritorna qualche elemento affine: è chiaramente un ritocco redazionale di Matteo, che ha composto questo insieme e lo ha «incorniciato» con il richiamo al regno dei cieli. Ciò costituisce un indizio che ci dice come l’ottava beatitudine sia la cornice di chiusura.

6 Tuttavia, ricaviamo la convinzione che si tratta di cosa diversa dalle altre beatitudini dalla realtà stessa delle persone che vengono evocate: i «perseguitati a causa della giustizia» non sono persone che hanno un atteggiamento, ma persone che subiscono.

7 Le altre sette beatitudini presentano elementi attivi; questa è l’unica che presenta una caratteristica passiva. I «poveri», gli «afflitti», i «miti», quelli «che hanno fame e sete», i «misericordiosi», i «puri di cuore», gli «operatori di pace» corrispondono a sette caratteristiche attive. Potrebbe venirci il dubbio per gli «afflitti»: un fine grammatico ci coglierebbe una sfumatura passiva, che è interpretabile come tale in italiano, ma non nell’originale greco dove è invece un participio attivo. Infatti, ricorderete che avevamo detto «coloro che si affliggono», «coloro che hanno il coraggio di affrontare la sofferenza», e si tratta di cosa diversa dalla persecuzione.

8 Quindi le sette beatitudini sottolineano un atteggiamento attivo, non un fare: i «puri di cuore» non indicano un’azione, bensì una caratteristica, un modo di essere, un atteggiamento attivo.

9 La persecuzione e la sua causa
La formula dell’ottava beatitudine è chiaramente passiva: i «perseguitati sono «coloro che vengono perseguitati». Questa caratteristica mette tale formula a parte rispetto alle altre, nel senso che diventa un elemento riassuntivo di tutte e sette. Prendendo di nuovo la motivazione dall’inizio e sottolineando la situazione passiva, l’evangelista vuole evidenziare la conseguenza inevitabile per una persona che effettivamente voglia vivere in quello stile evangelico.

10 Dunque noi possiamo immaginare che l’ottava beatitudine, in quanto compimento e complemento, sia legata a ciascuna delle altre. Difatti, l’importanza di quel termine «giustizia» non è da sottovalutare: non si dice «beati i perseguitati», non «beati gli umiliati e gli offesi», non «beate le vittime», bensì «i perseguitati a causa della giustizia».

11 Certe volte, un’interpretazione semplicista, ad orecchio, potrebbe prendere l’idea come la giustizia che perseguita; la giustizia, nel linguaggio di Gesù, è invece la causa per cui certe persone vengono perseguitate. Che cosa intende per «giustizia»? Abbiamo già considerato ampiamente l’interpretazione di questo termine a proposito della beatitudine degli «affamati della giustizia», ed avevamo concluso che la giustizia è la volontà di Dio, è compiere ciò che a Dio piace, è il suo progetto, è il suo modo di vedere, è la volontà stessa di Gesù, è il suo modo di essere, la comunione con lui.

12 Chi è «giusto» nel linguaggio del Nuovo Testamento
Chi è «giusto» nel linguaggio del Nuovo Testamento? Colui che è «giustificato», che è reso giusto, che è riconciliato con il Padre, colui che diventa figlio grazie alla comunione con Gesù Cristo, l’unico Figlio. Dunque, la «giustizia», nel linguaggio evangelico, corrisponde alla volontà di Dio.

13 Noi potremmo dire che dietro alla parola «giustizia» stanno le sette beatitudini, per cui, parafrasando, potrei dire: «Chi vive lo stile di vita proposto da Gesù finisce perseguitato». La «giustizia» è la «povertà in spirito»; è l’atteggiamento di chi lega rapporti forti, tali da poter portare afflizione, di chi si compromette; «giustizia» è mitezza; «giustizia» è il desiderio forte con cui si aderisce a Dio; «giustizia» è la misericordia, come misericordia è giustizia; «giustizia» è la purezza, la limpidezza, la sincerità del cuore; «giustizia» è sinonimo di pace. Allora, le persone che vivono quello stile di vita hanno come conseguenza la persecuzione: i «perseguitati a causa della giustizia» sono coloro che ci rimettono per il fatto di vivere come ha proposto Gesù.

14 Qui dovremmo riprendere tutto il discorso perché l’ottava beatitudine è decisamente la più paradossale, ci troviamo di fronte ad un autentico paradosso. Gesù dice: «Beati quelli che sono perseguitati facendo quello che io ho proposto».

15 Ma ribaltiamo ancora una volta il discorso: abbiamo detto molte volte che nelle beatitudini l’elemento più importante è l’ultimo, la motivazione, è la garanzia. Gesù dice: «È vostro il regno dei cieli», cioè «Dio, Signore onnipotente del cielo e della terra, è dalla vostra parte, siete fortunati, potete vivere la giustizia - lì, sostituite tutte le sette caratteristiche, quei sette atteggiamenti di cui abbiamo già parlato - ma, ve lo dico, troverete difficoltà. Potete affrontare queste difficoltà, perché Dio onnipotente è dalla vostra parte. La vostra fortuna, la vostra felicità stanno nel fatto che Dio è dalla vostra parte. Potete affrontare anche le persecuzioni che derivano da una scelta di vita autenticamente evangelica».

16 Gesù ha coscienza chiara che ciò che sta proponendo non sarà facilmente accettato dal mondo. Gesù si rende conto che la sua proposta si scontra con la mentalità del mondo, sta provando sulla propria pelle questo scontro, si sta rendendo conto che la sua scelta di vita e la posizione religiosa della sua predicazione lo portano ad una brutta fine. Ne è cosciente, non è arrivato per caso alla croce come per un incidente di percorso, e l’ha detto ripetutamente agli apostoli che, una volta arrivato a Gerusalemme, sarebbe stato messo a morte.

17 Gli apostoli un po’ avevano paura, un po’ cercavano di scongiurare questa evenienza e cercavano di non parlarne, un po’ facevano propositi di cercare di difendersi e di far di tutto affinché ciò non accadesse e, in altre parole, non volevano crederci; ma Gesù lo dice loro con certezza, si rende conto che quella è la strada, ma anche che l’unico modo che egli ha di dimostrare fino in fondo l’amore di Dio per l’umanità è quello di affrontare anche la sofferenza e la morte pur di rimanere fedele a Dio Padre.

18 E non è una fedeltà astratta, ma un’autentica relazione personale, di amore. L’obbedienza di Gesù al Padre è il legame con la sua persona, è la testimonianza di chi è Dio: ecco perché, all’inizio, abbiamo detto che le beatitudini ci raffigurano il volto di Gesù e, contemporaneamente, ci dipingono il volto di Dio, ci dicono chi è Dio Padre, è uguale al Figlio Gesù. Gesù è il povero, è l’afflitto, è il mite, è l’affamato di giustizia, è il misericordioso, è il puro di cuore, è l’operatore di pace, è lui, e il Padre ugualmente.

19 Quell’atteggiamento che abbiamo cercato di scavare - dove Gesù dice: «Potete essere ...» - riproduce i lineamenti di Dio Padre, è quello stile di vita che Dio ha pensato per l’umanità, è la vita autenticamente umana. Pensate a ciò che sarebbe poter essere miti, senza dover combattere, mentre invece la vita è un combattimento, dobbiamo difenderci e conquistare. Certe volte, lasciandoci prendere dal sogno, pensiamo a come sarebbe bello se non si dovesse combattere, se si potesse essere miti, se si potesse fare del bene tranquillamente: questo è il sogno di Dio, ma i sogni di Dio si realizzano, sono progetti che a lunga scadenza, prima o poi, diventano realtà.

20 Gesù è la prova concreta, la testimonianza, la garanzia che il progetto di Dio per una vita autenticamente umana si può realizzare. Dio è pronto a dare la propria vita per realizzare questa vita autenticamente umana: è lui il primo che accetta la persecuzione a causa della giustizia, e lo dice ai suoi discepoli, lo dice apertamente: «Andrete incontro a delle difficoltà, ve lo anticipo, è inevitabile, come è inevitabile che io vada incontro alla morte». Perché è inevitabile? Perché la struttura del male domina il mondo - è ciò che chiamiamo il peccato originale - è una struttura di male che ha preso perfino le radici di tutto l’insieme umano, è «il mondo» secondo il linguaggio giovanneo.

21 Questa struttura di male crede di avere il sopravvento, e Gesù si rende conto che, presentandosi in un certo modo, diventerà vittima di questa struttura di male. Ma qui è il nucleo del Vangelo: la scelta di Gesù di un dono generoso di sé è l’alternativa alla proposta diabolica di rispondere al mondo con i metodi del mondo, di rispondere al male con il male, di rispondere con la potenza, con la magia, con la forza, con la ricchezza. Sono le tentazioni che il diavolo propone a Gesù, sono le vie alternative, sono le vie del mondo.

22 Gesù avrebbe avuto successo, ma non avrebbe salvato il mondo, si sarebbe inserito nella macchina del mondo. Proprio perché egli ne è esente, ha avuto il coraggio di non lasciarsi prendere nell’ingranaggio malevolo del mondo, con la lucida consapevolezza che contestare questo meccanismo perverso gli costa la vita - egli stesso verrà stritolato - ma sa anche che, nella logica di Dio, quella sua offerta generosa è la forza che rompe il meccanismo: la morte di Gesù diventa il principio della nostra salvezza.

23 La liberazione portata da Gesù
L’abbiamo sempre detto: il segno della croce è il nostro segno. Con ciò si vuole dire che teorizziamo con tutte le nostre forze che nella morte di Gesù sta la nostra vita, sta la nostra salvezza, sta il principio della nostra liberazione. Liberazione da che cosa? Proprio da quel meccanismo perverso del mondo, di cui abbiamo paura.

24 C’è una frase nella lettera agli Ebrei, tremenda e lucidissima, che dice che «Gesù ha liberato dalla paura della morte quelli che erano soggetti al diavolo per tutta la vita, per paura della morte». La nostra paura più profonda è proprio quella del morire, non tanto per l’ultimo respiro con cui termina la vita, quanto per l’idea di perdere la vita, di perdere quello che ci sta a cuore, per l’idea di morte come di una situazione esistenziale. Per paura di morire, ci difendiamo; per paura di perdere la vita, ci aggrappiamo e combattiamo. Se siamo onesti, riconosciamo dentro di noi questa continua tentazione di salvarci con le nostre forze per paura di morire, per paura di perdere.

25 È quella che l’autore della lettera agli Ebrei chiama la «soggezione diabolica», è l’essere sottomessi al diavolo, è lo strumento diabolico per eccellenza: mettere la paura della morte. E «diabolico» significa «ostacolatore», è l’atteggiamento che ci allontana da Dio, è il principio dell’autoconservazione, della difesa di noi stessi a tutti i costi.

26 Gesù ci libera da questa paura, da questo attaccamento al nostro io, dalla presunzione di salvarci da soli con le nostre forze, di difenderci, di metterci al sicuro, di mettere le spalle al muro. L’offerta generosa di sé, il dono che Gesù fa della propria vita, è quella forza che rende possibili le beatitudini: è lì che Gesù rivela chi è il Figlio e chi è il Padre, con una capacità di amore oblativo eccezionale, impensabile fra noi uomini. Amore oblativo come amore che dona, che perde tutto se stesso, che non ha paura di perdersi. San Marco lo nota quando dice che il centurione ai piedi della croce, avendo visto Gesù morire in quel modo, esclama «Veramente costui era Figlio di Dio»: è la morte di Gesù in un atteggiamento di dono generoso che rivela la sua divinità, è il modo di morire che rivela la divinità di Gesù, come dono, come offerta, come generoso ed eccezionale regalo di sé.

27 Tutto questo è la forza che rende possibile una vita secondo le beatitudini, è la grazia che ci salva, è quella forza divina che ci rende figli di Dio, che ci rende simili a Gesù Cristo, che ci rende capaci di vivere come lui.

28 Allora, se è possibile una vita come la sua, il rischio è anche quello di una fine come la sua: se noi saremo davvero come Gesù, finiremo male come lui. Si dirà «che belle prospettive, allora è meglio non esserlo» Finché hai paura della morte, sei prigioniero e ritieni che sia meglio non essere come lui, sei in prigione e non ti rendi conto di esserlo. Nel momento in cui ti lasci veramente liberare, hai anche la capacità di affrontare quella situazione e scopri che in quell’atteggiamento sta la felicità, la liberazione da tutti quei blocchi, da tutti quegli impedimenti, da tutti quei problemi che erano una zavorra per la tua vita, che tu consideravi un elemento importante per vivere ed invece erano il peso e la rovina della tua esistenza.

29 È quello che intende dire Gesù: «Beati se siete perseguitati a causa della giustizia». È un discorso che ritorna in diverse altre parti del Nuovo Testamento e vorrei citare due versetti particolarmente interessanti. Il primo di questi, tratto dalla prima lettera di Pietro, è uno scritto nato proprio in un contesto di incipiente persecuzione; sono infatti i momenti della difficoltà che la comunità cristiana, all’epoca di Nerone, ha cominciato a subire: «E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi!» - Questa è la beatitudine del Vangelo, ripresa in altro modo dalla predicazione di San Pietro. - «Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi la ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene piuttosto che fare il male» (1 Pt 3, 14).

30 Poco più avanti riprende la stessa idea: «Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome» (1 Pt 4, ).

31 L’apostolo Pietro sta riprendendo, come esortazione alle comunità cristiane primitive, proprio questo discorso fatto da Gesù molti anni prima sulle sponde del lago di Galilea, ma gli apostoli forse non prevedevano dove sarebbero arrivati. Trenta anni dopo, Pietro scrive queste parole quando ormai sta per lasciarci la pelle anche lui e si rende conto benissimo di quanto gli sia costato andare dietro a Gesù, ma non ha nessuna intenzione di tornare indietro: è contentissimo di averlo seguito, anche se gli è costato, si rende conto che la sua autentica e piena gioia si realizza proprio lì. Sta dicendo ai cristiani di allora - ma continua a valere anche per noi cristiani di oggi - che, se siamo autenticamente cristiani, andiamo incontro alla persecuzione.

32 I cristiani e il mondo Certe volte si dice che il mondo ci ignora perché non siamo impegnati, il mondo non crede perché noi diamo poca testimonianza e talvolta viene da dire che se noi cristiani fossimo più seri e coerenti, se vivessimo davvero lo spirito del Vangelo, il mondo crederebbe. La conclusione, secondo il Vangelo, è sbagliata: se noi fossimo più coerenti e vivessimo veramente il Vangelo, il mondo ci perseguiterebbe, la struttura della potenza terrena ammazzerebbe di nuovo i cristiani.

33 Senza voler assumere un tono drammatico, facciamo qualche esempio semplice, tratto dalla nostra vita quotidiana, e proviamo ad immaginare la situazione di un ufficio dove ci siano parecchi impiegati, fra i quali uno cristiano, coerente, serio, onesto, che fa bene il suo lavoro fino in fondo. Il fatto che sia perfettamente onesto e che dia ottima testimonianza, che sia preciso nel lavoro, puntuale, disposto a fare anche di più, convince i colleghi di lavoro?

34 Se arriva una serie di oggetti che appartengono all’ente pubblico, e gli altri decidono di appropriarsene perché tanto non sono registrati e nessuno si accorge che mancano, e lui si oppone perché l’onestà glielo vieta, anzi, non solo non si associa ai colleghi in questo atto, ma fa loro presente che stanno facendo un’azione scorretta e disonesta, pensate che quelli si convertano? Molto probabilmente lo vedono malvolentieri perché non sta al gioco e potrebbe addirittura diventare pericoloso.

35 Se quel «cretino» fa il lavoro fino in fondo, costringe anche me a fare altrettanto, altrimenti salterebbe all’occhio la differenza. Se battesse un po’ più la fiacca, io ci guadagnerei. Ho usato volutamente la parola «cretino» per assonanza con il francese «chrétien», che significa «cristiano». Noi non ci accorgiamo che «cretino» è sinonimo di «cristiano», ma in una certa ottica, in una certa mentalità del mondo, è realmente così. Certamente dare la vita generosamente è considerato un atteggiamento folle.

36 E l’atteggiamento della castità convince il lussurioso
E l’atteggiamento della castità convince il lussurioso? Neanche per sogno! Le soluzioni sono o negare il fatto, o giustificarlo con patologie varie o sentirlo come uno schiaffo morale; il celibato del clero e dei religiosi è presentato a livello teologico come segno di una realtà di castità possibile, ma la mentalità del mondo o nega che sia vero - cominciando così a demonizzare e ad esorcizzare - oppure lo giustifica patologicamente come un’incapacità al matrimonio o altrimenti, se viene percepito come autentico, è giudicato quasi come offesa che quindi deve essere combattuta. La virtù, quando è eroica ed è autentica, non convince il peccatore semplicemente perché è virtù, ma lo infastidisce, lo esaspera. Di fronte al bene, il male non si converte ma si offende, si arrabbia, s’incattivisce, esattamente come è successo con Gesù: di fronte alla sua testimonianza autentica, profonda, virtuosa, la struttura politica del potere mondano si è incattivita e ha fatto di tutto per eliminarlo.

37 Capite così che il nostro discorso, in un certo senso un po’ da illusi, sulla conversione del mondo in seguito alla nostra buona testimonianza fallisce miseramente se applicato a Gesù: come mai Caifa non si è convertito vedendo Gesù? Come mai la testimonianza di coerenza, di amore, di generosità, di disponibilità di Gesù non ha toccato il cuore di Caifa, che invece ha mantenuto il suo pregiudizio nei confronti dello stesso Gesù? L’esempio ottimo di Gesù non ha convertito i suoi avversari, anzi li ha fatti addirittura arrabbiare. «Ma come, sei pesantemente accusato e neppure rispondi? Ti prendiamo a sberle, ti sputiamo in faccia e tu neppure reagisci male? Indisponi sempre di più!».

38 La somiglianza con Gesù è causa di persecuzione e fonte di gioia Il cristiano che accoglie veramente lo stile di Cristo diventa una «spina nella carne» per questo mondo. Eppure, proprio in quella situazione, Gesù ci garantisce la possibilità della gioia, è il grande finale, l’ampliamento delle beatitudini: «Beati voi quando vi perseguiteranno, vi insulteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male di voi per causa mia» (Mt 5, 11).

39 È importante sottolineare quel «mentendo», perché se dicono male di voi e hanno ragione non c’è la beatitudine. Il fatto è che, nella nostra logica, se mi accusano sarebbe quasi meglio che avessero ragione: accusarmi da innocente è troppo! Eppure l’idea che Gesù sia morto per il peccato degli altri non ci è mica ancora andata giù, non l’abbiamo ancora digerita o assimilata. Pensate un po’ se qualcuno facesse del male e altri se la prendessero con me: reagirei immediatamente dicendo chi è il colpevole - sarebbe del resto un’istintiva reazione secondo la logica umana.

40 L’atteggiamento di Gesù è stato esattamente il contrario: «Visto che sono innocente, prendetevela con me». Non c’è logica, non è la nostra logica; Aristotele qui non diventa cristiano, ma si ferma e contesta, non funziona! Ed è strano appunto proprio questo: «Beati voi quando vi perseguitano e dicono male di voi, mentendo», «per causa mia» - attenzione: «per causa mia», non per altri motivi - perché in tal caso siete talmente simili a Gesù che fate quello che faceva lui, che dite quello che diceva lui e quindi date fastidio.

41 Allora, Gesù dice: «Se dicono male di voi perché assomigliate a me, siete beati, rallegratevi e gioite perché la vostra ricompensa è grande nei cieli». Questa frase può essere pericolosa, perché è interpretabile erroneamente come un invito alla sopportazione passiva rimandando tutta la gioia alla vita futura: se impostata in questi termini è un autentico oppio per i popoli. Questo significherebbe davvero dare manforte al potere del mondo. Gesù non ci ha fatto la promessa di un risarcimento danni, la ricompensa non è una paga che ci verrà data di là, ma il fatto di essere con Gesù Cristo. In fondo, che cos’è il gaudium, la gioia? Oggi è la festa di San Tommaso d’Aquino e allora cerco di spiegarmi con le sue parole, una grande spiegazione che non è facile dare, ma i grandi teologi ci riescono con tre parole: «Praesentia boni amati», «La presenza del bene amato». La gioia è la presenza del bene che si ama: un bene amato, quando è presente, produce la gioia.

42 Allora, la nostra gioia qual è. È la presenza del bene amato
Allora, la nostra gioia qual è? È la presenza del bene amato. E qual è il nostro bene amato? Nel momento in cui Gesù Cristo diventa per noi il bene amato, il sommo bene, sommamente amato, il fatto che lui ci sia e che sia con noi è il gaudium: è questa la grande ricompensa, che è nei cieli, cioè che va al di là della struttura di questo mondo, che è divina. «È grande la vostra ricompensa»: la ricompensa è Gesù Cristo stesso, è la comunione di vita con lui. Il fatto di essere con lui è la nostra gioia qualunque cosa possa succedere.

43 La gioia non sta nella sofferenza o nella persecuzione in se stesse, non siamo masochisti. La gioia sta nell’essere con Cristo, qualunque cosa succeda, costi quello che costi.

44 Di fronte alla grandezza ed al valore di questo amore, di questa presenza del bene amato, le difficoltà del mondo non sono niente. E proprio dalla vita di cristiani che aderiscono in questo modo a Gesù Cristo il mondo viene salvato. Proprio da parte di cristiani che vengono macinati dal mondo il potere del male viene distrutto; non da persone che combattono il male con il male, ma da persone che aderiscono autenticamente a Gesù Cristo, pronti anche a pagare di persona. Sono loro che collaborano alla salvezza del mondo, siamo noi che collaboriamo a questa salvezza. Rallegriamoci e gioiamo, perché la nostra ricompensa è grande, e allora aderiamo a Gesù Cristo sul serio, costi quello che costi.

45 GRAZIE e alla prossima


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