IL SUO NOME E LE SUE ORIGINI

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IL SUO NOME E LE SUE ORIGINI Introduzione a MECENATE a cura di Tarcisio Muratore (2007) IL SUO NOME E LE SUE ORIGINI LE SUE IDEE LE SUE IMPRESE LA SUA VITA PRIVATA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

SILIO ITALICO (nei Punica) nomina già un Cilnius (praenomen) SILIO ITALICO (nei Punica) nomina già un Cilnius (praenomen). Quindi il praenomen sarebbe bimembre: Caio Cilnio, appunto. Per parte di madre, discendente dai CILNI: GENS DI AREZZO, una delle più potenti famiglie lucumoniche dell’Etruria (ipotesi di Bornmann). Anche se nessuno, fra tutti i Lidi che vennero in Etruria, è piú nobile di te, Mecenate, anche se gli avi tuoi, materni o paterni che fossero, ebbero un tempo il comando di grandi eserciti, non per questo tu, come fanno quasi tutti, arricci il naso di fronte agli sconosciuti, vedi me, nato da un padre liberto. Caio Cilnio Mecenate Orazio (sat. I,6) Un’iscrizione datata II-I sec. a.C. ce li presenta già a Roma. Il nonno paterno era un illustre eques romano, avversario del tribuno della plebe M.Livio Druso, nel 91 a.C. Il padre, invece, si chiamava Lucio Mecenate e fu, probabilmente, amico e consigliere di Ottaviano. Il vero nome è MAECENAS: vi è concordanza tra fonti documentarie ed epigrafiche. I Maecenates – grande famiglia patrizia – erano di origine etrusco-umbra, probabilmente di Perugia.

Mecenate, quasi sicuramente, nacque a Roma dal matrimonio tra i membri di due famiglie di grande importanza nell’Etruria del I secolo a.C.: i Cilni di Arezzo; e i Mecenate, già presenti nell’Urbe da almeno due generazioni. Con molta probabilità, sua madre si trasferì a Roma proprio in occasione del matrimonio. Tuttavia “Mecenate non dimenticò mai la sua origine etrusca, anzi ne fece un elemento centrale della sua immagine politica e sociale” (Paturzo) Conosciamo da Orazio (Sat. IV, 11, 13-20) il giorno di nascita di Mecenate: il 13 aprile. Incerto è, invece, l’anno: uno tra il 74 e il 70 a.C. “Quando morì, nell’8 a.C., e di questo siamo certi, viene detto ormai vecchio” (Paturzo). Si sa, comunque, che era più grande di Ottaviano, nato nel 63.

È una risposta difficile! Epicuro (IV sec. a.C), sostiene: fisica democritea (materialismo): anche l’anima è composta da particelle materiali, più sottili degli atomi; - etica basata sulla ricerca del piacere come imperturbabilità e assenza di dolore(atarassia e aponìa): non è perciò la ricerca di un piacere immediato e passeggero, ma stabile (edonè katastematichè) = “… un sobrio calcolo che ricerchi le cause di ogni scelta e bandisca le vane opinioni” (Ep. a Meneceo, X, 132). La gioia e la letizia, poiché sono piaceri in movimento, vengono respinti allo stesso modo dei dolori; - negazione del fato; convinzione che gli dei, pur esistendo, siano indifferenti al cosmo e all’uomo; sospensiome di ogni attività politica e indifferenza tra “giusto” e “ingiusto” (la giustizia e il diritto hanno un fondamento “contrattuale”); - disprezzo di tutte le arti, salvo l’ascolto di musica o di componimenti poetici. Mecenate epicureo? Ben presto, però, a causa della grande diffusione della dottrina, si venne a creare un epicureismo di tipo edonistico e sensuale: “Un frammento dell’Autodidaskalos dell’Alesside rappresenta il saggio epicureo inneggiante al bere e al mangiare: e questi giudizi greci erano prontamente recepiti in ambito romano” (Paturzo). È una risposta difficile! Partendo dal concetto di philia (o ‘affetto’) verso i propri confratelli, tipico della dottrina originaria (che predicava la pace e il ritiro da ogni attività politica, il làthe biòsas) – l’epicureismo divenne, a Roma un potente strumento ideologico, in cui alla “virtus” si sostituì l’utile. Secondo Giuffrida, tuttavia, Epicuro non condannerebbe tutta la poesia, ma quella poesia “non corrispondente all’aspettazione utilitaristico-morale” della sua scuola.

la religione della gioia e il senso della vita; SENECA DIFFAMA MECENATE E LO DEFINISCE UN EPICUREO MARCIO ponendo volutamente l’accento sul suo presunto edonismo volgare e insaziabile. Nella Lettera CI egli definisce turpissimum votum il disperato bisogno di Mecenate di sopravvivere, anche al prezzo di un’esistenza mutila! Mecenate frequentò, probabilmente a Napoli, la scuola di Filodemo ; e, inoltre, il circolo epicureo che si era raccolto a Ercolano nella villa di Calpurnio Pisone. Secondo Livia Storoni Mazzolani: L’epicureismo di Mecenate consisterebbe in “un’impronta spirituale, una sensibilità squisita, un atteggiamento, non un’adesione rigorosa alla dottrina. Epicuro insegnava a raggiungere la pace dello spirito attraverso un graduale distacco dalle passioni, dai desideri, dal dolore”. Secondo André: Le “tracce epicuree” di Mecenate possono essere rinvenute nei seguenti punti: la religione della gioia e il senso della vita; l’angoscia della morte; il culto dell’amicizia; il naturalismo campestre.

La religione della gioia e il senso della vita IL CENACOLO EPICUREO CAMPANO – in cui si era formato Mecenate – “COLTIVAVA LA GIOIA TOTALE FINO ALL’EDONISMO: AVEVA SUBÌTO L’INFLUSSO DELL’EPICUREISMO ‘ORIENTALE’. I SUOI SEGUACI SPESSO OLTREPASSAVANO L’ESIGUO CONFINE TRA LE GIOIE LECITE E IL ‘MATERIALISMO SORDIDO’ ” (André). NELL’EPICUREISMO CAMPANO “L’AMORE PER IL LUSSO, LA MOLLEZZA E L’EROTISMO VANNO DI PARI PASSO CON IL SENSO DELLA FRAGILITÀ DELL’ESISTENZA UMANA” (André). Nessun rapporto è invece possibile stabilire tra l’epicureismo di Lucrezio (De rerum natura) e quello di Mecenate.

L’ANGOSCIA DELLA MORTE E IL CULTO DELL’AMICIZIA Un epicureo che vacilla di fronte alla morte? Sarebbe l’antitesi dell’Epicureismo! In realtà “Epicuro ha voluto condannare allo stesso modo coloro che temono la morte e coloro che la bramano; ha ammesso il suicidio nei casi-limite; ma ha condannato la follia del suicidio provocato dalla paura della morte; ha chiesto un rifiuto ragionevole della vita e un’accettazione ragionevole della morte” (André). Mecenate temeva più che altro il funebre, di cui però subiva il fascino. La sua immaginazione ricercava la sopravvivenza “nei miti consolatori dell’eterna giovinezza” e – in accordo con la dottrina epicurea – “nella memoria dei vivi” (religione della memoria) (André). Non quindi la celebrazione dei defunti attraverso monumenti, ma il ricordo degli amici negli anniversari. Al riguardo, si vedano le Elegiae in Maecenatem (inserite nella cosiddetta Appendix Vergiliana) dedicate alla morte e alla personalità di Mecenate. In particolare, si leggano i versi: … ma se vorrai ricordarmi, vivrò sempre laggiù nei tuoi discorsi, sempre se vorrai ricordarmi. Ed è giusto e sicuro che io viva sempre con te [nell’amore …

Il naturalismo campestre MECENATE RIPROPONE, NELLA SUA VILLA SULL’ESQUILINO, IL “GIARDINO” DI EPICURO Si tratta di riprodurre, nei mollibus hortis, (dolci giardini) un “paesaggio riposante e rassicurante” e “il genere di vita campestre e naturale che esso sollecita” (André). “Ma il sentimento della natura è epicureo nella misura in cui gli oggetti inanimati hanno funzione pacificatrice e il paesaggio immobile della campagna, in opposizione all’agitazione incessante della città, riflette uno stato ideale dell’anima. Non vi si deve mescolare alcuna contemplazione, alcuna ammirazione entusiasta…” (André). EPICURO STESSO, INFATTI, RICERCAVA UNA NATURA LIMITATA, RACCHIUSA NEI CONFINI CITTADINI

Valoroso uomo d’azione, scaltro politico e fido consigliere… e non solo amante dell’otium! Lo dice presente alla battaglia di Modena (21 aprile 43 a.C.) Nel 36 a.C. si trova accanto a Ottaviano nello scontro finale con Sesto Pompeo, nel mare di Sicilia. Secondo lo storico Cassio Dione, da quest’anno e fino al 16 a.C., Mecenate non sarà soltanto il fido consigliere di Augusto, ma governerà Roma e l’Italia. Sembra addirittura che egli sarà determinante, dopo Azio, nella scelta di Ottaviano di mantenere l’imperium, piuttosto che riconfermare le (deboli) cariche repubblicane, come invece vorrebbe Agrippa. Nel 42 a.C. partecipa con grande valore alla battaglia di Filippi, in Tracia, contro Bruto e Cassio. Nel 40 a.C. viene utilizzato da Ottaviano, per la prima volta, come uomo politico nelle “manovre” di alleanza che il futuro imperatore cerca di stabilire con Sesto Pompeo, chiedendogli in sposa la sorella Scribonia. La trattativa va a buon fine. Sempre nel 40. a.C. si distingue nella stesura del foedus brundisinum, con cui fu sancita la (temporanea) alleanza fra Antonio e Ottaviano. Nel corso dell’anno seguente, la sua azione e quella di Agrippa sono fondamentali negli accordi politici con lo stesso Antonio. In realtà, probabilmente, l’attività politica di Mecenate si conclude nel 30 o 29 a.C., dopo una grave malattia di cui ci racconta Orazio (Odi, I, 20).

Vita privata… o quasi! LA MOGLIE IL CIRCOLO Terenzia, donna incantevole e irresistibile, ma frivola e bizzarra, quasi sicuramente infedele, era la sorella adottiva di Licinio Murena, poi coinvolto – nel 23 a.C. – in una congiura contro il principe. Antonio la chiamò “Tertulla” e “Terentilla” e rinfacciò a Ottaviano (che a sua volta lo accusava di “frequentare” Cleopatra) di avere con lei una relazione adulterina. Di certo si sa che Mecenate, tra il 35 e il 30, prima di sposarla, ne fu furiosamente innamorato (Orazio, Ep. XIV); e che arse d’amore per lei fino alla fine: divorziò numerose volte, ma sempre la risposò! Terenzia fu tra le cause “della grave malattia nervosa che colpì Mecenate negli ultimi tre anni della sua vita” (Paturzo). D’altro canto, non si hanno notizie altrettanto precise sulla sua presunta omosessualità e sulla sua passione per il giovane pantomimo Batillo. IL CIRCOLO Uomo di vasta e raffinata cultura, egli stesso poeta, Mecenate si circondò di amici colti: poeti e altri artisti. Un cenacolo che proprio da lui prese il nome (il cosiddetto “circolo di Mecenate”) e che lo trasformò, nei secoli, nel “protettore delle arti” per antonomasia (mecenatismo). Un gruppo che, al di là dei rapporti personali, fu spesso invitato da Mecenate stesso a creare un consenso intorno alla figura di Ottaviano Augusto. ORAZIO L’amico più imtimo, lo Immortalò in numerose opere. VIRGILIO Gli dedicò le “Georgiche”. PROPERZIO Per Mecenate, abbandonò il lirismo callimacheo, per orientarsi verso il lirismo trionfale romano. VALGIO RUFO, QUINTILIO VARO , VARIO RUFO, ARISTIO FUSCO E ALTRI…

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Franco Paturzo, Mecenate.Il ministro d’Augusto, Calosci Editore, 1999. Jean Marie André, Mecenate. Un tentativo di biografia spirituale, Casa Editrice Le Lettere, 1991. Antonio Spinosa, Augusto il grande baro, Mondadori, 1996. QUESTO LAVORO È DISPONIBILE ANCHE NEL SITO: www.cyberlatinus.it