Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Economia (DEC) Fabrizio Ferrari e Marina Fuschi La geografia del lavoro in Abruzzo alla luce delle più recenti ipotesi di regionalizzazione funzionale e amministrativa.
La geografia del lavoro La geografia del lavoro è fortemente influenzata da diversi fattori, di natura oggettiva e soggettiva, che ne condizionano le scelte anche dal punto di vista territoriale. Il lavoro per sua tipologia e per sua disponibilità dipende da fattori strutturali di lungo termine (Ric, I, P) che dettano anche la velocità di ripresa rispetto ai momenti di crisi La Produttività del lavoro (FK, I) è uno dei motori più potenti della crescita regionale: infatti, le regioni con una grande disponibilità di forza lavoro qualificata generalmente registrano livelli più alti di PIL pro capite. Ancora, secondo le stime, un incremento del 10 % nella quota di persone con un'istruzione superiore produrrebbe un aumento medio del PIL pro capite di 0,6 punti percentuali annui Incremento del PIL: produttività del L, tassi occupazionali, % della P in età lavorativa sul totale Alzare il tasso di occupazione al 75 % significherebbe aumentare il PIL pro capite15 nell'UE di oltre il 6 % (strategia Europa 2020)
Aumento dell’età media della forza lavoro, aumenta il tempo di permanenza nel mercato del lavoro, cresce la domanda di formazione e qualificazione della forza lavoro e potrebbe crescere la richiesta di un’organizzazione del lavoro più flessibile Modernizzare il mercato del L: nell'UE15, nel 2008 circa l'1,4 % della popolazione in età lavorativa si è spostato da una regione a un'altra, quasi quattro volte di più rispetto agli Stati membri dell'Europa centro-orientale. In media, oltre l'85 % della mobilità occupazionale nell'UE era costituita da spostamenti tra regioni dello stesso paese
Focus su : lavoro e processi di territorializzazione Tinacci Mossello secondo cui «il lavoro non è riconducibile in modo significativo alla regolazione del mercato proprio perché esso è il principale veicolo di organizzazione dello spazio in territorio e, soprattutto, dal territorio è orientato e qualificato» (Tinacci Mossello, 1990, 201)
I movimenti pendolari In particolare, la geografia economica trova nei movimenti pendolari per motivo di lavoro un potente strumento di regionalizzazione dei territori La regione funzionale è quella che meglio traduce la narrazione della geografia del lavoro che costruisce aree di centralità e di perifericità valutate sulla base delle disponibilità occupazionali. Certamente, la mobilità del mercato del lavoro se da una parte tende sostanzialmente a confermare e a consolidare nel tempo aree gravitazionali e poli di attrazione di persone e beni, dall’altra mette in evidenza l’alta fluidità della regione funzionale chiamata a ridisegnare i suoi confini alla luce delle continue sollecitazioni proprie del contesto socioeconomico globalizzato.
Verso i Sistemi Locali del Lavoro Operativamente, la necessità di identificare territori delimitati funzionalmente intorno ad un polo è stata avvertita nel nostro Paese fin dai primi anni Settanta. Tali territori assumono nella letteratura italiana il termine di “sistemi locali del lavoro”, ovverosia nell’accezione proposta dall’Istat fin dal 1981, «rappresentano dei luoghi (precisamente identificati e simultaneamente delimitati su tutto il territorio nazionale) dove la popolazione risiede e lavora e dove quindi indirettamente tende a esercitare la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche»
L’evoluzione del sistema economico abruzzese Il sistema economico abruzzese, dopo essere rimasto per molti secoli sostanzialmente immutato, legato a «una vera egemonia economica e culturale del sistema-montagna» (Landini, Fuschi, Massimi, 2011, 117), a partire dagli anni Sessanta ha mostrato caratteri evolutivi del tutto peculiari tanto da presentare «condizioni geografico-fisiche, antropiche ed economiche tanto diversificate da non potersi adattare a nessuna definizione univoca» (Landini, 1999, 9). L’attuale struttura socio-economica della Regione – territorialmente – risulta incardinata su: aree montane; area polarizzata Pescara-Chieti; sistema reticolare teramano; sistemi binari della provincia di Chieti
Fonte: elaborazione su dati ISTAT Le polarizzazioni del manifatturiero e del terziario in Abruzzo al censimento del 2011 Fonte: elaborazione su dati ISTAT
La specializzazione degli occupati in Abruzzo al censimento del 2011 Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Fonte: elaborazione su dati ISTAT Variazione percentuale delle forze di lavoro fra i censimenti 1981 e 2011. Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Il fenomeno del pendolarismo in Abruzzo Il pendolarismo in Abruzzo è stato da sempre condizionato dalla difficile orografia regionale e dalla carenza di infrastrutture Aree montane interne: bacini di mobilità sostanzialmente indipendenti e non legati fra loro con situazioni di isolamento di centri minori, oggigiorno cristallizzatisi per spopolamento e insenilimento dei residenti Area costiera-collinare: comunicazioni più agevoli lungo le direttrici di fondovalle Collegamento costa-montagna (ed extraregionale): centralizzato sull’asse autostradale A24-A25
La mobilità per lavoro in Abruzzo L’incremento del fenomeno della mobilità è evidente in tutti i settori. L’autocontenimento, per converso, ha visto ovviamente la propria riduzione nel corso del tempo In Abruzzo al 1981 il tasso di autocontenimento era di circa il 73% sceso a poco più del 54% nel 2011, valori peraltro in linea con quelli nazionali.
Fonte: elaborazione su dati ISTAT Percentuale di autocontenimento dei flussi pendolari per lavoro al censimento 2011 nei comuni abruzzesi. Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Saldo del pendolarismo per motivi di lavoro al censimento del 2011. Fonte: elaborazione su dati ISTAT
I Sistemi Locali del Lavoro in Abruzzo A partire dai dati sul pendolarismo sono stati perimetrati in Abruzzo i Sistemi Locali del Lavoro a partire dal 1981 La regionalizzazione funzionale prodotta dall’ISTAT riflette una frammentazione A partire dalla prima formulazione si denota una decisa riduzione del numero degli SLL nei diversi censimenti della popolazione: in effetti, si è passati dai 29 SLL insistenti in tutto o in parte del territorio abruzzese nel 1981, ai 27 del 1991, ai 23 del 2001, fino ad arrivare ai 21 del 2011.
I Sistemi Locali del Lavoro in Abruzzo al 1981, 1991, 2001 e 2011. Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Ipotesi di regionalizzazione a partire dai SLL I Sistemi Locali del Lavoro dovrebbero essere rivalutati come potenziali produttori di territorio funzionale Tale ipotesi prende nuovo vigore considerando la questione dell’organizzazione giuridica delle funzioni territoriali in Italia, in particolare l’esigenza di trovare soggetti intermedi fra i comuni, spesso troppo fragili e frammentati per poter esprimere con forza le esigenze dei territori (in Abruzzo la polverizzazione territoriale amministrativa è fenomeno sempre più cogente di necessaria riflessione), e le Regioni, sempre più chiamate a svolgere funzioni disparate con progressiva perdita di efficacia delle stesse.
Ipotesi di regionalizzazione in Abruzzo Recentemente è stata proposta dagli autori (Fuschi e Ferrari, 2015, 92-95) una nuova ripartizione di regionalizzazione che suddivide il territorio abruzzese in otto ambiti: - L’Aquila; - Avezzano; - Sulmona; - Teramo; - Costa Settentrionale; - Pescara-Chieti; - Atessa; - Vasto-San Salvo. Gli 8 ambiti subregionali proposti dagli autori sono stati definiti a partire dalla esigenza di produrre una ipotesi di zonizzazione in grado di contemperare la logica funzionale, quella storico-identitaria e quella ecosistemica.
Ipotesi di regionalizzazione in Abruzzo e confronto con gli SLL Tale tentativo di regionalizzazione ha lo scopo di trovare una sintesi fra l’esigenza di ricercare: da un lato, aree omogenee e tendenzialmente autocontenute dal punto di vista economico-funzionale; dall’altra, di esprimere una propria capacità amministrativa, coordinando in modo unitario le diverse istanze ed esigenze precipue espresse dai diversi territori.
A tale scopo, si è sovrapposto il disegno amministrativo ricavato con quello degli SLL abruzzesi; da tale immagine si può evidenziare come i confini degli ambiti ipotizzati siano piuttosto coerenti con quelli tracciati per gli SLL, e ciò si può evidenziare calcolando l’indice di autocontenimento dei flussi pendolari in uscita. Negli ambiti proposti, pertanto, si può intravedere una tendenza alla sovrapposizione fra identità territoriale, amministrativa e funzionale, che rafforza il quadro di omogeneità e coesione fra i diversi elementi che li compongono, necessitando solo di un percorso di ulteriore consolidamento degli stessi e di mitigazione degli elementi di debolezza che, come detto, comunque si ravvisano.
L’analisi di dettaglio evidenzia come vi siano, in alcuni casi, comuni compresi in aree di transizione ai confini fra due ambiti potenzialmente da riperimetrare. si potrebbero avere mutamenti fra gli ambiti di L’Aquila e Sulmona (a comprendere Goriano Sicoli nella seconda), fra Teramo e Giulianova (Ancarano e Sant’Egidio alla Vibrata), fra Teramo e Pescara-Chieti (Castilenti), fra Vasto-San Salvo e Atessa (Carpineto Sinello, Casalbordino, Castiglione Messer Marino, Guilmi, Roccaspinalveti e Villalfonsina). Negli ambiti proposti, pertanto, si può intravedere una tendenza alla sovrapposizione fra identità territoriale, amministrativa e funzionale, che rafforza il quadro di omogeneità e coesione fra i diversi elementi che li compongono, necessitando solo di un percorso di ulteriore consolidamento degli stessi e di mitigazione degli elementi di debolezza che, come detto, comunque si ravvisano.
I Sistemi Locali del Lavoro in Abruzzo al 2011 e le subregioni individuate.
Polarizzazione e polverizzazione territoriale - progressiva riduzione del numero dei Sistemi Locali del Lavoro; - razionalizzazione del sistema territoriale abruzzese; - contrazione delle capacità polarizzanti dei centri intermedi, primo motore del quadro di vivacità produttiva locale della regione; - fragilità e scarsa resilienza di alcune realtà territoriali, nell’affrontare gli scenari economici anche internazionali, specie nei periodi di crisi; - debolezza anche dei principali nodi urbani regionali, incapaci di imprimere una territorializzazione in grado di riassorbire le vulnerabilità del tessuto di prossimità; - numero elevato di centri di piccole e medie dimensioni che risulta estremamente polverizzato e deprivato.
La proposta di regionalizzazione in chiave sistemica - Individuazione di otto ambiti omogenei, individuati come elementi amministrativi potenziali a livello subregionale; - Coerenza e rilevanza dal punto di vista economico-produttivo dello schema proposto; - Caratteristiche di autocontenimento dei flussi di pendolarismo e di specializzazione occupazionale (seppure gli autori ritengano di svolgere ulteriori approfondimenti su tali tematiche); - Elasticità del concetto di regione funzionale, fortemente condizionato da fattori congiunturali; - Necessità della progettazione territoriale in termini complementari e non conflttuali; - Lettura e progettazione in chiave sistemica ragionando su: agglomerazione e polverizzazione, grandi città e microcomuni, aree urbane vaste e associazionismo comunale.