TEORIA DELLO SVILUPPO Corso di Politica Economica (5 cfu)

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Transcript della presentazione:

TEORIA DELLO SVILUPPO Corso di Politica Economica (5 cfu) Corso di laurea in Sviluppo e Cooperazione Internazionale Prof.ssa Cristina Brasili Anno Accademico 2016-2017 TEORIA DELLO SVILUPPO 1

Teoria dello sviluppo (frammenti) CRESCITA E SVILUPPO (Growth and Development) Circoli viziosi della povertà Poli di sviluppo Dualismo Mutamenti settoriali Disoccupazione nascosta Sviluppo tardivo

CIRCOLI VIZIOSI DELLA POVERTA’ a) dal lato della domanda (bassa domanda) b) dal lato dell’accumulazione (bassi risparmi)

CIRCOLI VIZIOSI DELLA POVERTA’ c) dal lato delle infrastrutture sociali d) dal lato del capitale umano e) dal lato della popolazione (produttiva)

POLI DI SVILUPPO: Benefici Altri eventuali effetti creazione di nuova imprenditorialità (ad esempio addetti dell’impresa A che acquisiscono una elevata professionalità e si mettono in proprio)

POLI DI SVILUPPO: Possibili problemi Altri eventuali effetti DISTRUZIONE di imprenditorialità, se prevalgono gli effetti negativi “Big push” - Rosertein Rodan, “Poli di sviluppo” - Perroux

DUALISMO ECONOMICO Dualismo territoriale Dualismo nel mercato del lavoro Dualismo industriale Il combinarsi di questi dualismi ha creato un “mosaico” di situazioni che caratterizzano lo sviluppo economico italiano.

MUTAMENTI SETTORIALI Agricoltura Industria Servizi Cambiamenti dell’importanza relativa dei principali settori Agricoltura Industria Servizi I sentieri di sviluppo non sono omogenei (Colin Clark, Kutzets, Chenery)

SVILUPPO SETTORIALE Deindustrializzazione Paesi quote elevate servizi Anni ‘50-’60 USA-UK Anni ‘70 ITALIA Paesi quote elevate servizi Sud Italia: quota elevata servizi ma poca industria I rapporti fra servizi e industria non sono semplici da analizzare Il problema è analizzare i servizi in funzione dell’apparato industriale (Pasinetti L., “Mutamenti strutturali del sistema produttivo: integrazione fra industria e settore terziario”, il Mulino 1986)

SVILUPPO TARDIVO (INDUSTRIALIZZAZIONE) VANTAGGI Acquistare e imitare tecnologie SVANTAGGI Divario tecnologico Concorrenza paesi industrializzati Accentuato dualismo Problemi occupazionali (Fuà, “Problemi dello sviluppo tardivo in Europa” , il Mulino 1980)

DISOCCUPAZIONE NASCOSTA Nell’agricoltura italiana non c’è stato un esodo graduale come auspicato fattore di sviluppo industriale grande esodo e migrazioni ‘50 - ‘60 sviluppo italiano (nord del paese), sviluppo EUROPEO (Germania) L’aumento della PLV: 2-3% annuo negli anni ‘ 50 - ‘60 Aumento dei mezzi tecnici del 4 - 5 % annuo - (Mottura, Pugliese, “Mezzogiorno, agricoltura, mercato del lavoro”, Il Mulino, 1970) - (Barbero, Marotta., “Il mercato del lavoro agricolo”, il Mulino 1987) - Fanfani R. L’agricoltura in Italia, dalla riforma agraria alla Parmalat, Il Mulino, Bologna 2004

POLITICHE DI AGGIUSTAMENTO Più successo sul lato del contenimento della domanda (contraendo consumi, investimenti e importazioni) Più difficile sviluppo dell’offerta (diversa allocazione delle risorse fra settori produttivi, interventi di “riforma strutturale” duratura) Effetti indesiderati su ampi strati di popolazione, portando alla ribalta i problemi sociali e distributivi

ASCESA E DECLINO DELL’ECONOMIA DELLO SVILUPPO (Rosemberg & Sellier) Nei paesi in via di sviluppo spesso esistono: riserve occulte di lavoro (sottoccupazione agricola) ma anche riserve occulte di: risparmi energie imprenditoriali altre risorse Occorre però mettere in atto “strategie di sviluppo non equilibrato” (Cfr. Hirschman 1983)

PROGRESSO TECNICO –INVESTIMENTI Gli investimenti agiscono direttamente sul ritmo dello sviluppo Il progresso tecnico è agevolato da investimenti in : Capitale fisso : impianti > capacità produttiva > economie di scala Capitale di esercizio : macchinari più produttivi Ricerca e sviluppo di capitale umano http://www.lavoce.info/

Distribuzione del reddito e benessere sociale (1) Soglia di povertà assoluta: rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. M Soglia di povertà relativa: per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ovvero alla spesa pro capite e si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti). Nel 2015 questa spesa è risultata pari a 1.050,95 euro mensili.i inseriti nel paniere di povertà assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. Soglia di povertà relativa: per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ovvero alla spesa pro capite e si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti). Nel 2015 questa spesa è risultata pari a 1.050,95 euro mensili.

Distribuzione del reddito e benessere sociale (2) Paniere di povertà assoluta: rappresenta l’insieme dei beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali per una determinata famiglia per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. Scala di equivalenza: insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà se le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.713,05 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte (2.270,05 euro). assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. Soglia di povertà relativa: per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ovvero alla spesa pro capite e si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti). Nel 2015 questa spesa è risultata pari a 1.050,95 euro mensili.

La povertà in Italia nel 2013 Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila). Tra il 2012 e il 2013, l'incidenza di povertà relativa tra le famiglie è stabile (dal 12,7 al 12,6%) in tutte le ripartizioni territoriali; la soglia di povertà relativa, pari a 972,52 euro per una famiglia di due componenti, è di circa 18 euro inferiore (-1,9%) al valore della soglia del 2012. L'incidenza di povertà assoluta è aumentata dal 6,8% al 7,9% (per effetto dell'aumento nel Mezzogiorno, dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all'anno precedente. La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre (dal 6,6 all'8,3%), quattro (dall'8,3 all'11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%). Peggiora la condizione delle coppie con figli: dal 5,9 al 7,5% se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9% se sono due e dal 16,2 al 21,3% se i figli sono tre o più, soprattutto se almeno un figlio è minore. Nel 2013, 1 milione 434 mila minori sono poveri in termini assoluti (erano 1 milione 58 mila nel 2012). L'incidenza della povertà assoluta cresce tra le famiglie con persona di riferimento con titolo di studio medio-basso (dal 9,3 all'11,1% se con licenza media inferiore, dal 10 al 12,1% se con al massimo la licenza elementare), operaia (dal 9,4 all'11,8%) o in cerca di occupazione (dal 23,6 al 28%); aumenta anche tra le coppie di anziani (dal 4 al 6,1%) e tra le famiglie con almeno due anziani (dal 5,1 al 7,4%): i poveri assoluti tra gli ultrasessantacinquenni sono 888 mila (erano 728 mila nel 2012). Nel Mezzogiorno, all'aumento dell'incidenza della povertà assoluta (circa 725 mila poveri in più, arrivando a 3 milioni 72 mila persone), si accompagna un aumento dell'intensità della povertà relativa, dal 21,4 al 23,5%.

La povertà in Italia - Rapporto Istat 2015 (14/07/2016)

Il contributo di Amartya Sen alla teoria dello sviluppo premio Nobel per l’Economia 1998 “Lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani” (Introduzione pag.9 ) Questa definizione dello sviluppo si contrappone ad altre visioni più limitative Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000

La crescita del PNL e del reddito individuale sono solo gli strumenti per espandere le libertà Il punto fondamentale del ragionamento di Sen è costituito dalle capabilities (o tradotto dalle capacitazioni) Povertà come INCAPACITAZIONE Il reddito basso è significativo solo sul piano strumentale La relazione tra basso reddito e basse capacitazioni varia da una comunità all’altra: la relazione risente fortemente dell’età del soggetto, dei ruoli sessuali e sociali, della località, o di altri fattori di cui la persona non controlla le variazioni.

Il contributo di Amartya Sen alla teoria dello sviluppo premio Nobel per l’Economia 1998 Povertà come INCAPACITAZIONE Anche la valutazione della disuguaglianza assume quindi connotati diversi La disuguaglianza dei redditi può differire anche in modo sostanziale dalle disuguaglianze in diversi spazi (mancanze di libertà) L’esempio importante è la disuguaglianza nei livelli di disoccupazione Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000

Il contributo di Amartya Sen alla teoria dello sviluppo premio Nobel per l’Economia 1998 DISOCCUPAZIONE E INCAPACITAZIONE Nelle economie europee l’alto livello di disoccupazione rappresenta un problema di disuguaglianza altrettanto importante di quello della distribuzione del reddito Negli Stati Uniti c’è una situazione molto diversa maggiore, disuguaglianza dei redditi ma minore disoccupazione Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000

Perché il PIL pro capite non è un indicatore sufficiente per analizzare lo “sviluppo” di un Paese?

Indicatori utilizzati nell’economia dello sviluppo FONTI PIL pro capite in ppa Statistiche nazionali (ISTAT per l’Italia), EUROSTAT, ONU, WB, PWT, OECD HDI indice di sviluppo umano UNDP (Human Development Report) Indice di Gini Statistiche nazionali, EUROSTAT, ONU, WB, PWT, OECD Indici di povertà Tasso d’occupazione Tasso d’attività Statistiche nazionali, ONU, WB, EUROSTAT, PWT, OECD Tasso di disoccupazione Struttura del sistema produttivo Statistiche nazionali, WB EUROSTAT, ONU, OECD Grado di apertura Statistiche nazionali, WB EUROSTAT,

Indicatori utilizzati nell’economia dello sviluppo (continua) FONTI Indicatori sugli IDE Statistiche nazionali Indicatori sulla formazione Statistiche nazionali, ONU, WB, EUROSTAT, UNESCO OECD Indicatori sulla R&S e la creatività economica Statistiche nazionali, ONU, WB, EUROSTAT, OECD Indicatori sul risparmio Statistiche nazionali, WB Indicatori sugli investimenti Indicatori ambientali ONU, WB, UNDP, HDU, OECD Indicatori sulla sanità OMS, ONU, WB Indicatori demografici OMS, OIL, WB Indicatori istituzionali ONU, WB, Trasparency International ecc. OLTRE IL PIL: PER UN NUOVO INDICE DEL BENESSERE Rapporto “Stiglitz-Sen-Fitoussi”, Bologna, Dicembre 2009

Riferimenti bibliografici: TEORIA DELLO SVILUPPO Riferimenti bibliografici: Da studiare V. Valli, Politica Economica Carocci Ed. 2005; cap.1 e cap.4, esclusi i paragrafi 4.10 e seguenti. Da leggere ISTAT, La povertà in Italia, Anno 2015, pubblicato il 14 luglio 2016 (http://www.istat.it/it/archivio/164869) Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000; Introduzione e primo capitolo.