Alcune riflessioni sulla relazione educativa

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Transcript della presentazione:

Alcune riflessioni sulla relazione educativa Da “Il vecchio e il mare”, una metafora sull’educazione

Educare = “pescare” ?

Una prima distinzione: “educare” rimanda etimologicamente al “tirare fuori da”, mentre “pescare” indica un vero e proprio “tirare fuori l’altro del tutto”

Per pescare ci vuole l’ “inganno” adatto (l’esca Per pescare ci vuole l’ “inganno” adatto (l’esca!) e la relazione tra sé e l’altro, gli altri si connota immediatamente prima di tutto come una sfida.

Il “pescatore” spesso si autogiustifica, convincendosi (e autoingannandosi!) di essere nel vero per paura di affrontare dubbi e domande

Il “pescatore” è solo: la solitudine di chi è convinto di essere l’unico depositario della ”missione educativa” porta spesso a preoccuparsi più di “tirare fuori” l’altro dalle sue acque che ad occuparsi della sua dignità, dei suoi diritti e delle sue legittime esigenze

Educare come ?

Come libertà di presentarsi per quello che si è, senza sotterfugi, non come “navigatori solitari” ma come soggetti bisognosi di altri nel proprio lavoro educativo

Come riconoscimento del diritto dell’altro - qualunque sia la sua condizione - di essere accompagnato, ma mai portato; del suo dovere di portare a galla il proprio protagonismo, le motivazioni e il senso del proprio esistere a partire dal proprio vissuto personale e non dalle attese di qualche figura esterna

Come tensione politica (per migliorare la qualità della polis), progetto ampio e progettualità corale (e non solo fare in modo che gli altri cambino!)

L’educatore che accompagna non salva nessuno, non cambia e non pilota trasformazioni, consapevole che solo in alleanze educative (e mai da soli!) si riesce in quell’offrire opportunità a chi ha il diritto di incontrarle

Le fatiche dello “stare nella relazione educativa”

Difronte alle domande (spesso “tradotte” mediante provocazioni) dei giovani non si tratta di dare subito una risposta affermativa o negativa: spesso, anche se inconsapevolmente, esse tendono a sondare se l’interlocutore adulto è persona sufficientemente libera per cogliere dinamiche tortuose e poco trasparenti

Restare significa accogliere le persone e le loro storie, rompendo così meccanismi di chiusura ed isolamento, proponendo nuove relazioni, possibilità di incontro e di parola, senza l’euforia ipocrita di chi scimmiotta l’altro e senza l’inutile moralismo di chi si irrigidisce in chiusure controproducenti

Trasformare i bisogni in desideri è la grande responsabilità dell’essere ”adulto tra pari” che insegna ad “abitare insieme” territori, strutture e servizi, rompendo steccati, stereotipi e pregiudizi nocivi per tutti.