PENSIONE Prestazione pecuniaria vitalizia prevista a fronte dei rischi di vecchiaia nonché a fronte di rischi di invalidità (invalidità previdenziale/invalidità civile) o pre-morienza (pensione indiretta/pensione di reversibilità per i coniugi) IL FOCUS DELLA NOSTRA RIFLESSIONE E’ LA PRESTAZIONE A TUTELA DEL RISCHIO DI VECCHIAIA
PRESTAZIONI A TUTELA DELLA VECCHIAIA PENSIONE PREVIDENZIALE DI VECCHIAIA Ritiro dal lavoro in età pensionabile / prestazione di natura previdenziale /mira al mantenimento del reddito /è condizionata dal pagamento dei contributi per un periodo minimo PENSIONE PREVIDENZIALE DI ANZIANITA’ Ritiro dal lavoro / non è richiesto il superamento della soglia di età anagrafica PENSIONE SOCIALE Trattamento a carattere assistenziale a garanzia di un livello minimo di reddito per soggetti che non hanno requisiti contributivi validi / “prova dei mezzi” che accerta la situazione di bisogno PENSIONE DI BASE (nazioni nordiche) somma fissa per tutti i cittadini superata una certa soglia d’età non collegata al reddito da lavoro
SISTEMA PENSIONISTICO COMPLESSO DI REGOLE E ISTITUZIONI PREPOSTE AD EROGARE PRESTAZIONI VITALIZIE IN DENARO AL TERMINE DELLA CARRIERA LAVORATIVA A GARANZIA ECONOMICA NEL PERIODO DI QUIESCENZA (A CAPITALIZZAZIONE/A RIPARTIZIONE) NEI SISTEMI PENSIONISTICI EUROPEI ATTORI DI TALE SISTEMI SONO IL SISTEMA PUBBLICO E QUELLO PRIVATO. ESISTE INTERAZIONE FRA I DUE (ENTI PUBBLICI: INPS, ECC. VERSUS ISTITUTI PRIVATI: BANCHE, ASSICURAZIONI,FONDI, ECC. NELLA MAGGIOR PARTE DEGLI STATI EUROPEI IL SISTEMA E’ AFFIDATO PRINCIPALMENTE A SCHEMI PUBBLICI (PRIMO PILASTRO) AL QUALE SI AFFIANCANO SCHEMI PRIVATI A CAPITALIZZAZIONE DI TIPO OCCUPAZIONALE (SECONDO PILASTRO) O INDIVIDUALE (TERZO PILASTRO)
I TRE SISTEMI DI PRESTAZIONE SISTEMI A SOMMA FISSA Trattamenti forfetari ove non sono collegati importi e contributi versati SISTEMI RETRIBUTIVI Prestazioni collegate al reddito e calcolate in percentuale sulla media delle retribuzioni di n anni di carriera SISTEMI CONTRIBUTIVI Importi prettamente connessi all’ammontare dei contributi versati più normalmente un altro parametro (es. rendimento degli investimenti nei sistemi a capitalizzazione)
Prestazioni collegate a retribuzione Sistema retributivo SISTEMI RETRIBUTIVI E SISTEMI CONTRIBUTIVI SI COMBINANO CON I CRITERI DI GESTIONE DELLE RISORSE (RIPARTIZIONE E CAPITALIZZAZIONE) E CREANO 4 SCHEMI PENSIONISTICI Ripartizione Capitalizzazione Prestazioni collegate a retribuzione Sistema retributivo Sistema a prestazione definita Prestazioni collegate ai contributi Sistema contributivo Sistema a contribuzione definita
SISTEMA A PRESTAZIONE DEFINITA: il livello della pensione si stabilisce su una retribuzione di riferimento, o quella percepita nell’ultimo anno lavorativo, o quella “media” degli ultimi n anni SISTEMA A CONTRIBUZIONE DEFINITA: viene fissato il tasso di contribuzione del lavoratore per cui il valore della prestazione varia in relazione sia al montante accumulato sia in relazione al rendimento di quest’ultimo sui mercati finanziari
Il sistema pensionistico italiano Importanza del primo pilastro gestito a ripartizione a partire dagli anni sessanta Esistenza di uno schema peculiare: trattamento di fine rapporto (TFR) Secondo e terzo pilastro decisamente sottosviluppati IL PRIMO PILASTRO SI STRUTTURA SU DUE LIVELLI: Prestazioni assistenziali (assegno sociale) Schemi di natura previdenziale a ripartizione
TFR PRESTAZIONE DI FINE SERVIZIO CHE LE AZIENDE OBBLIGATORIAMENTE CORRISPONDONO IN OGNI CASO DI RISOLUZIONE DI RAPPORTO: PENSIONAMENTO, LICENZIAMENTO, ECC. E’ FINANZIATO DAI CONTRIBUTI SOCIALI E OPERA COME SCHEMA PREVIDENZIALE A PRESTAZIONE DEFINITA E’ UNA FORMA DI “SALARIO DIFFERITO” PER TUTTI I DIPENDENTI PRIVATI (Pubblici: indennità di buonuscita) E’ EROGATO IN UN’UNICA SOLUZIONE: una retribuzione lorda annua per ogni anno di lavoro NON E’ PERMESSA LA SUA “PORTABILITA’”
CARATTERISTICHE DEL PRIMO PILASTRO ITALIANO ELEVATA FRAMMENTAZIONE: NUMEROSE CASSE PENSIONISTICHE PER DIVERSE CATEGORIE PROFESSIONALI / RAGIONI STORICHE ESISTENZA DI DUE ENTI PRINCIPALI: INPS / 20 MILIONI DI LAVORATORI PER 8 MILIONI DI PRESTAZIONI; INPDAP / 3 MILIONI DI LAVORATORI PER DUE MILIONI DI PRESTAZIONI ENTRAMBI SONO ARTICOLATI AL LORO INTERNO IN DIVERSE GESTIONI O CASSE: CASSE PREVIDENZIALI AUTONOME PER CATEGORIE DI DIPENDENTI O CASSE PRIVATIZZATE PER LIBERI PROFESSIONISTI LE PRIME SONO ASSOGETTATE AL REGIME INPS, LE SECONDE POSSONO DEFINIRE LIBERAMENTE I PROPRI REGOLAMENTI LE CASSE DEL PRIMO PILASTRO TUTELANO ANCHE DAI RISCHI DI PREMORIENZA ED INVALIDITA’
I PILASTRI COMPLEMENTARI IL SECONDO PILASTRO, CHE PREVEDE FORME PENSIONISTICHE A CAPITALIZZAZIONE IN FORME DI ADESIONE COLLETTIVA SI ARTICOLA IN FONDI CHIUSI O APERTI (attualmente vi sono 42 fondi chiusi e 96 aperti aggiuntisi ai più di 500 fondi pre-esistenti) – ruolo fondamentale dei sindacati - IL TERZO PILASTRO RICHIEDE UNA CAPITALIZZAZIONE INDIVIDUALE CHE SI ESPLICA IN POLIZZE PENSIONISTICHE (2000) O ASSICURATIVE
Aspetti quantitativi del sistema pensionistico italiano La spesa pubblica per vecchiaia e previdenza sul PIL è molto superiore alla media UE (12,7% vecchiaia /16,7% previdenza) L’Italia, come molti paesi dell’Europa meridionale, è iperprotettiva verso il rischio di vecchiaia: 51,6% della spesa sociale complessiva L’INPS eroga l’80% delle pensioni, l’INPDAP il 15% casse autonome e privatizzate, nel loro insieme, solo l’1,8% delle pensioni Il prelievo, differenziato per categorie, in virtù della frammentazione del primo pilastro, è così suddiviso: per i lavoratori dipendenti i 2/3 è a carico del datore di lavoro e il restante a carico del lavoratore, per gli autonomi il prelievo grava interamente sui lavoratori
Evoluzione storica della tutela della vecchiaia Modello bismarkiano e modello beveridgeano: il primo ha come scopo il mantenimento del tenore di vita e la copertura è di tipo occupazionale, il secondo ha come obbiettivo la prevenzione della povertà ed eroga prestazioni a somma fissa. In Italia, l’impostazione bismarkiana si è rafforzata durante il periodo fascista. PRIMA RIFORMA (1939): Viene introdotta la pensione di reversibilità Si abbassa l’età pensionabile per gli uomini (60) e si differenzia il trattamento per le donne(55) Si accolla l’onere contributivo per i 2/3 ai datori di lavoro
CONCLUSIONE: I DUE MODELLI VIVONO UN PROCESSO DI IBRIDAZIONE Nel trentennio post-bellico – nel periodo così detto “espansionistico” - si verifica una “convergenza” di intenzioni di alcuni paesi europei che assumono una configurazione simile Avviene un “rafforzamento della protezione di base”: nei paesi bismarckiani si introducono reti di protezione in relazione a “prove di mezzi”, in quelli beveridgeani viene introdotta la pensione di base o di cittadinanza affianco a quella sociale Il ceto medio avanza la richiesta di nuove prestazioni pensionistiche, o di prestazioni più generose: nei paesi beveridgeani alle prestazioni a somma fissa (non sufficiente al mantenimento di reddito delle classi medie) si aggiungono schemi integrativi con prestazioni collegate al reddito, in quelli bismarckiani si estende la copertura a più categorie, si passa a sistemi a ripartizione e si riduce l’età pensionabile CONCLUSIONE: I DUE MODELLI VIVONO UN PROCESSO DI IBRIDAZIONE
EMERGE IN TUTTI I PAESI UN SISTEMA PENSIONISTICO “DUALE”: Un primo livello di prestazione teso a prevenire povertà Un secondo livello che mantiene differenziali di reddito e di status NASCE IN QUESTO CONTESTO UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI PENSIONISTICI NAZIONALI: -Sistemi monopilastro (Italia, Svezia, ecc..) Sistemi multipilastro (Olanda,ecc.)
L’espansione delle pensioni in Italia 1945: creazione del Fondo d’integrazione per le assicurazioni (Fias) con contributi aggiuntivi sulle retribuzioni. Tale fondo serve all’introduzione del livello minimo di pensione. Si verifica la prima ibridazione: tale fondo – gestito a ripartizione – si innesta nel sistema pensionistico a capitalizzazione 1956: si introduce la possibilità per i lavoratori pubblici di ritirarsi dal lavoro prima del raggiungimento dell’età pensionabile. Possibile pensione di anzianità dopo soli 20 anni di contribuzioni. Poco dopo si estese tale possibilità di pensionamento ai dipendenti privati e a quelli autonomi. In questo caso servivano 35 anni di lavoro regolare Legge 153/1969: passaggio del sistema a ripartizione con metodo di calcolo di tipo retributivo. Ipotizzando una carriera lavorativa di 40 anni la prestazione pensionistica corrisponde all’80% della retribuzione pensionabile. LE RIFORME PENSIONISTICHE COMPORTARONO UN INGENTE AUMENTO DELLE SPESE SUL PIL: TRA IL 1950 E IL 1980 IN ITALIA SI VERIFICANO TUTTE QUELLE DINAMICHE PROPRIE DELLO “SCIVOLAMENTO DISTRIBUTIVO” SI SVILUPPA UN SISTEMA PENSIONISTICO GENEROSO, COSTOSO E FRAMMENTATO FORTEMENTE LUNGO LE TRACCE OCCUPAZIONALI
Anni ’70: la crisi FATTORI ESOGENI Risorse a disposizione: rallentamento della crescita economica, aumento del tasso di disoccupazione, mutamento della struttura demografica, contrazione del numero di lavoratori Uscite: invecchiamento, calo del tasso di natalità, allungamento della vita media OCCORRONO SCELTE DI POLITICA PUBBLICA A FRONTE DI FATTORI ENDOGENI CHE HANNO IMPLICATO UN’EVOLUZIONE DEGLI SCHEMI PREVIDENZIALI ISTITUZIONALE E CONSEGUENTI SCELTE DI POLITICA SOCIALE DI TIPO ESPANSIVO
La crisi citata è comune a molti paesi europei che si caratterizzano per costi crescenti e grande divario fra contributi e prestazioni POSSIBILI INTERVENTI SUL PRELIEVO CONTRIBUTIVO: la globalizzazione lo stoppa causa la “possibilità di uscita” delle imprese dai contesti produttivi UNICA SOLUZIONE: CONTENIMENTO/RIDUZIONE DELLA SPESA (mantenimento dei “parametri di convergenza” previsti nel trattato di Maastricht)
ANNI ‘90 SI RITROVANO DUE PERCORSI DI RIFORMA 1 INTERVENTO STRUTTURALE – Mira a modificare la struttura del sistema – si opta per una riarticolazione su più pilastri – Soluzione difficile da realizzare principalmente causa il “problema del doppio pagamento” 2 INTERVENTI PARAMETRICI – Tali perché mantengono inalterata la struttura del sistema – Consistono essenzialmente in: possibile innalzamento dell’età pensionabile, diminuzione dell’importo delle prestazioni, passaggio da sistema retributivo a sistema contributivo, estensione del periodo contributivo minimo per avere diritto alle pensioni TUTTE LE RIFORME DEL GOVERNO ITALIANO – SECONDO DIFFERENTI MODALITA’ – HANNO OPTATO FINO AD OGGI PER INTERVENTI DEL SECONDO TIPO IN DIFFERENTI COMBINAZIONI E FORMULE