Livia Cadei, Rosita deluigi, Jean-pierre pourtois

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Livia Cadei, Rosita deluigi, Jean-pierre pourtois FARE PER, FARE CON, FARE INSIEME. Progetti di cittadinanza tra scuole e famiglie Livia Cadei, Rosita deluigi, Jean-pierre pourtois

Itinerario di approfondimento Il volume intende articolare riflessioni e descrivere metodi in merito alla cultura della partecipazione che chiamano in causa stili e strategie cooperative dell’azione educativa. A partire dagli orientamenti della carta delle città educative (RICE- «Réseau International de Cités de l’Education» - Università di Mons-Hainault, Belgio), il lavoro svilupperà gli approcci della progettazione partecipata e della co-costruzione dei saperi, rintracciando fondamenti teorico-concettuali e opzioni metodologiche all’interno di pratiche ed esperienze progettuali attuate. I progetti realizzati saranno presentati e disarticolati allo scopo di rileggere le categorie cardine della cultura della partecipazione e far risaltare così la categoria dell'intenzionalità educativa.

Itinerario di approfondimento Riflettere sulla progettazione condivisa e sulla realizzazione di proposte che vedono coinvolte lungo tutto il processo diverse agenzie educative e formative, impegna a mettere in questione i temi della partecipazione, della democrazia e della legittimità. Nella sperimentazione delle esperienze il focus della cittadinanza attiva diventa, allo stesso tempo, sfondo-obiettivo e strategia di conduzione dell'esperienza medesima. Le proposte e le analisi di progetti realizzati con scuole, famiglie, amministrazioni comunali e università potranno costituire un significativo contributo per individuare e delineare, da un lato, piste di ricerca in divenire, dall’altro, strumenti e metodi attuati per avviare, supportare e accompagnare la presenza attiva dei bambini, delle famiglie, degli insegnanti, degli amministratori, dei ricercatori che hanno intenzionalmente agito nella strutturazione e realizzazione del dei percorsi presentati. Da qui anche il titolo che si orienta su preposizioni partecipative dell’educare: il per e il con che possono costruire e in seguito consolidare il fare insieme, tra progettualità pedagogica ed esperienza educativa.

La struttura del volume I FONDAMENTI La cultura della partecipazione: forme, modi e valutazione

La struttura del volume I FONDAMENTI 2. Le categorie per progettare: dalle ipotesi alle realizzazioni condivise

La struttura del volume I FONDAMENTI 3. La Rete Internazionale delle Città dell’Educazione (RICE): dall’origine alla sua implementazione

La struttura del volume I PROGETTI Mappe per integrare: l’educazione alla cittadinanza partecipativa Avventure e scoperte nel verde Herstal, Cité de l’Education L’alleanza tra università e territorio per la formazione in servizio degli educatori e degli insegnanti: l’esperienza del progetto “La Parola al Centro»

La cultura della partecipazione: forme, modi e valutazione - Livia Cadei IDEA DI PARTECIPAZIONE: La partecipazione è associata ai temi dell’emancipazione, al riconoscimento, al potere d’agire e al benessere, insomma all’idea di un mondo più solidale ed equo, un mondo in cui si attenuerà la costituzione di rapporti gerarchici. Con un contenuto molto plastico, la partecipazione è sempre esposta al rischio di un impegno superficiale; da qui l’esigenza di approfondirne alcune dimensioni. Si tratta di un rischio per nulla trascurabile, dal momento in cui lo scarto tra le ambizioni e gli intenti dichiarati e la debolezza delle realizzazioni concrete può condurre a una progressiva rimozione del contenuto di partecipazione

IL CONCETTO Sulla base delle considerazioni condotte da L. Blondiaux e J.-M. Fourniau, possiamo identificare due fasi successive che contrassegnano lo sviluppo delle ricerche sulla partecipazione: «un momento normativo e un momento descrittivo» (2011, p. 15). IL MOMENTO NORMATIVO: In un primo tempo, i fenomeni di partecipazione sono stati accompagnati da posizioni contrapposte spesso più legate a discorsi ideologici piuttosto che pragmatici. Nel momento normativo, infatti, per un certo verso vengono evidenziati gli aspetti positivi delle pratiche partecipative, per l’altro verso si indicano alcuni effetti perversi. «Tra idealizzazione e stigmatizzazione, l’oggetto partecipativo resta a questo livello misconosciuto in se stesso. Interessa meno esplorarlo e più caratterizzarlo in bene o in male» (ibidem). IL MOMENTO DESCRITTIVO: In un secondo tempo, si è affermata l’esigenza di studi di caso e descrizioni di buone pratiche. Questo momento descrittivo ha prodotto un’accumulazione di conoscenze e un’estrema ricchezza, che occorre concettualizzare attraverso un lavoro di analisi dei processi e di osservazione concreta, in grado di superare l’impasse delle affermazioni generali dell’ideale democratico.

LE SFIDE La sfida politica risponde alla crisi della legittimità della democrazia rappresentativa, che sembra non trovare forme di risoluzione utili ad avvicinare gli eletti agli elettori. Sempre più urgente diventa l’esigenza di favorire una cultura civica e di rintracciare nuovi spazi pubblici e di rilegittimare il sistema politico. La sfida sociale mira a trasformare le relazioni interpersonali attraverso la partecipazione. “Vivere insieme”, come intento di ampio respiro, si misura attraverso le concrete possibilità di ciascuno di prendere parte alla vita comune. Una nuova articolazione delle priorità promuove il capitale sociale degli “esclusi” e il loro empowerment. La sfida manageriale e gestionale risponde alla critica dell’inefficacia dell’azione amministrativa tradizionale facendo appello al sapere degli utenti, ma anche alla pressione di controllo che essi possono esercitare. Questo può sfociare in forme di interazione che si delineano come codecisione, corealizzazione e delega. La sfida ecologica si fonda sull’approccio integrato che deve avvalersi dell’apporto di tutti i soggetti implicati per vincere la sfida della sostenibilità. Un vero approccio ecologico genera un dibattito scientifico e sociale ampio che promuove un’attitudine responsabile.

LE SFIDE Trasversale a tutte queste sfide è la posizione epistemologica che difende la tesi secondo cui un confronto tra una pluralità di saperi diventa vantaggioso ai fi ni dell’individuazione della soluzione migliore, per la quale giocano un ruolo importante i “saperi degli attori”. Ragionare in chiave pedagogica di partecipazione significa adottare lo specifico sguardo prospettico, che interroga circa l’impegno attivo nella realtà. Il coinvolgimento dinamico delle persone nei processi raccoglie la sfida educativa e si misura nell’agire trasformativo.

CAPABILITY APPROACH “approccio delle capacità” (capability approach), Sen e Nussbaum (1993) il grado di libertà effettiva di “poter essere” e di “poter agire” di cui un soggetto realmente dispone, e che esprime in funzionamenti acquisiti e capacità, determinerebbe il benessere reale di un individuo. L’approccio per capacità intreccia due motivi fondamentali per l’argomentazione pedagogica: «il tema dell’educabilità umana e il tema dello sviluppo e della crescita come autorealizzazione» (Alessandrini, 2014, p. 9). L’elemento centrale è costituito dalle domande relative al come valorizzare il potenziale delle persone ovvero le capabilities e perché queste azioni di sostegno possano esibire maggiori garanzie di giustizia, equità e solidarietà.

LE INSIDIE Attenzione alla «retorica della partecipazione» (Blondiaux, 2001). Attenzione quando il processo viene avviato “dall’alto”. Il caso della partecipazione dei BAMBINI: Senza un coinvolgimento iniziale, sin dalle fasi di ideazione, momento in cui c’è spazio per idee e creatività, ma pure per la possibilità di fare emergere vincoli e difficoltà, il contributo che i bambini e i ragazzi possono apportare è marginale. Il rischio per i più piccoli è quello di essere coinvolti nelle attività di partecipazione solo su un piano ludico. Quale ruolo attribuiamo ai bambini? Quale immagine/rappresentazione abbiamo di loro? La costruiamo sul campo o facciamo ipotesi generali?

LA SCALA DI PARTECIPAZIONE S. Arnstein (1969) Primo livello. Non partecipazione: si riferisce a processi che attribuiscono un ruolo del tutto passivo alle persone, con l’intento di ottenere il consenso per scelte e progetti già deliberati. Manipolazione e Terapia (primo e secondo stadio) descrivono un livello di non partecipazione. I primi due gradini presuppongono un pubblico passivo al quale vengono fornite informazioni parziali e di parte. Il lavoro della partecipazione mira a ottenere il sostegno pubblico attraverso le pubbliche relazioni. Si tratta di una distorsione della partecipazione.

LA SCALA DI PARTECIPAZIONE Secondo livello. Cooperazione e cambiamenti simbolici: designa processi orientati al miglioramento dei progetti e delle scelte da compiere, ma che non assegnano reali poteri alle persone, poiché la fase decisionale resta di esclusiva competenza di quanti governano tali processi. Informazione (terzo stadio): il pubblico è informato in merito a ciò che si verificherà, su ciò che si sta verificando e ciò che si è già verificato; si tratta di un primo importante passo verso la legittimazione. Troppo spesso però l’enfasi viene posta su un flusso unidirezionale di informazioni che consiste nella trasmissione di nozioni e indicazioni senza nessun canale per il feedback.

LA SCALA DI PARTECIPAZIONE Consultazione (quarto stadio): il pubblico ha il diritto di parola, ma non il potere di fare pesare il proprio punto di vista; anche in questo caso si avvia un movimento legittimo, attraverso l’espressione delle proprie ragioni e opinioni in merito a tematiche individuate. Tuttavia, il limite della consultazione è che essa «non costituisce un vincolo per l’assunzione di determinate decisioni» (Mortari, 2008, p. 153). Pacificazione (quinto stadio): a questo livello le persone iniziano ad avere un certo grado di influenza. Si tratta di un primo concreto passo verso la strutturazione dei rapporti di interazione effettiva tra gli attori detentori di diversi gradi di potere decisionale.

LA SCALA DI PARTECIPAZIONE Terzo livello. Potere effettivo dei cittadini segnala il coinvolgimento diretto delle persone nei processi decisionali. Partenariato (sesto stadio): il pubblico inizia a negoziare con i decisori, a partire da un accordo sui ruoli, sulle responsività e sui livelli di controllo per l’elaborazione e gestione di specifici programmi d’intervento. La partnership si basa sull’esistenza di un «accordo esplicito e vincolante fra attori pubblici e privati che si impegnano a realizzare attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi comuni» (ivi, p. 153).

LA SCALA DI PARTECIPAZIONE Delega dei poteri (settimo stadio): si tratta di una delega parziale, ma reale, di poteri. A questo livello, la scala è stata ridotta fino al punto in cui i cittadini svolgono un ruolo significativo e assumono la responsabilità delle azioni da compiere. Attraverso la delega, le istituzioni trasferiscono una quota del loro potere decisionale. Controllo da parte dei cittadini (ottavo stadio): delega totale nella presa di decisioni e nelle azioni. «Nella delega di potere i cittadini rappresentano la maggioranza all’interno di commissioni nominate ad hoc per rispondere a particolari tipologie di problemi, e le istituzioni forniscono garanzie specifiche sul fatto che le decisioni assunte all’interno di tali organizzazioni verranno prese in adeguata considerazione» (ivi, p. 154).

VISIONE CRITICA Nei processi di partecipazione i temi dell’inclusione e dell’esclusione assumono particolare pertinenza. Il dibattito è fortemente articolato intorno alle possibilità, ma pure alle criticità che sono strettamente connesse alle esperienze di partecipazione. Il rischio paventato è sempre quello di una messa in discussione dei ruoli responsabili, di non saper governare le richieste e le attese, di vedere allungarsi i tempi di lavoro e ancora, di non riuscire ad andare al di là delle dichiarazioni di principio che rimangono su un piano astratto, una sorta di ‘rito’ della consultazione che non trova ricadute concrete. INDIVIDUARE E TENERE IN CONSIDERAZIONE PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA!!!

La cultura della partecipazione: forme, modi e valutazione RICERCARE LA PARTECIPAZIONE: QUALI PROCESSI??? Il problema La raccolta L’analisi e l’interpretazione La conclusione, diffusione e valorizzazione N.B. tipi e gradi della ricerca e della partecipazione

La ricerca-azione La ricerca-azione che si afferma a seguito della diffusione del pensiero di Dewey mira a umanizzare la scienza per porla al servizio della pratica. A partire da una situazione problematica concreta, la ricerca rappresenta il dispositivo utile al cambiamento. La ricerca-azione poggia sull’ipotesi che la risoluzione dei problemi e l’individuazione di nuove pratiche collettive sono promosse dal diretto intervento degli attori, dall’urgenza che essi avvertono e dalla motivazione che li sostiene ad impegnarsi in un simile percorso. Il processo che si delinea è di elaborazione teorico-pratica in costante evoluzione.

La ricerca collaborativa la ricerca collaborativa viene definita da Heron e Reason (1997), come «una delle formule più promettenti della ricerca partecipativa» e consiste in una riflessione in azione sull’azione che si negozia con gli altri. La doppia finalità della promozione sia della ricerca sia dell’azione muta qui in sviluppo della ricerca e della formazione poiché, riflettendo su di sé, si avvia un processo di autocritica e di autoformazione. Intesa come ricerca partecipativa, la ricerca collaborativa si avvale di una relazione reciproca nella quale ciascuno si avvantaggia dell’altro interlocutore che possiede un expertise di cui si è sprovvisti.

La ricerca partecipativa La ricerca partecipativa può definirsi come una ricerca il cui obiettivo è sia di produrre conoscenze che muovono da un reale interesse scientifico del ricercatore sia di rispondere a bisogni concreti e reali dei soggetti coinvolti. Le finalità trasformative della PAR postulano una nuova visione di pratica e di azione che promuove un’immagine di soggetto da «pratico/tecnico» a «investigatore creativo e risolutore di problemi» (Stringer, 1999, p. 3). La ricerca partecipativa muove dalla convinzione che il sapere non è mai un oggetto separato dalla persona, ma al contrario si inscrive nella sua relazione con la persona e la sua esperienza immediata e le circostanze in cui questa relazione intercorre.

Le categorie per progettare: dalle ipotesi alle realizzazioni condivise - Rosita Deluigi Per, Con, Insieme. Queste le tre particelle che connotano il titolo del volume e che vogliono costituire un orientamento di lavoro condiviso, in cui l’attenzione è posta sui processi di partecipazione e di attivazione delle persone impegnate in riflessioni e azioni comuni.

PER per: un approccio pedagogico che lavora per le persone è volto a comprendere la complessità della situazione in cui ci si trova, rilevandone bisogni, interessi e capacità, e orientandosi verso la costruzione di percorsi di crescita e di benessere comune dei soggetti. Significa lavorare e progettare avendo ben presente le persone a cui ci si rivolge, nella loro singolarità e nelle loro interazioni, mettendosi alla ricerca di una comprensione sempre più approfondita, che possa tracciare scenari progettuali in grado di cogliere il valore della presenza e della compresenza di soggetti, essi stessi progettuali.

PER Lavorare per le persone significa anche mettersi al servizio della comunità, dimensione molto presente e poco riconosciuta nelle professioni educative, dedicando la giusta attenzione agli spazi di partecipazione, autonomia e responsabilità che si possono generare e, allo stesso tempo, rilevando e valorizzando quelli già esistenti nei contesti d’intervento (Caldarini, 2008; Garzi, Moroni, Federici, 2011; Martini, Torti, 2003; Siza, 2002; Tramma, 2009). Lavorare per raggiungere degli obiettivi significa pro-gettare ipotesi in cui l’agire educativo è orientato da una forte progettualità declinata nei contesti specifici dell’esperienza, in cui l’elemento umano diventa alimento primario di un’idea educativa.

PER È una prospettiva che volge al futuro, che fa compiere scelte e tracciare itinerari non sempre certi e predefiniti, ma che considera di primaria importanza lo sviluppo dell’idea e dell’azione, come elementi cardine di una progettazione con svariati attori sociali attivi (Amirian, 2012; Brandani, Tomisich, 2005). È una questione di sguardi e di cura, innanzitutto. Intendiamo dire che le premesse progettuali dipendono molto da come chi opera nel sociale, come insegnanti e educatori, guarda il contesto rilevandone e rivelandone le peculiarità e intercettandone il potenziale creativo tra rappresentazioni e significati plurali (Palmieri, 2011).

CON Il con sottolinea l’asse della partecipazione attiva, dell’esperienza condivisa, delle attività pensate e/o realizzate con i partecipanti (Salvatore, 2011). Non c’è una rigida distinzione tra una parte pensante e una parte esecutiva; questo non significa però che non ci siano dei ruoli, degli ambiti di competenza, delle dinamiche da gestire tra il pensiero e l’agire intenzionale. Fare con aiuta a calarsi nella dimensione della realizzazione di esperienze, attività, proposte vissute insieme, creando spazi e tempi in cui dialogare, dibattere, mediare, concertare. Tutte prospettive che richiedono impegno e cura e che rimandano alla possibilità di accompagnare e sostenere processi riflessivi e percorsi di azione congiunti.

CON Si rimette in movimento una relazionalità tra le parti che dilata l’orizzonte verso la dimensione del noi agente e pensante: in questo modo possono nascere dinamiche sociali che si fondano sull’aver transitato e attraversato esperienze in cui sperimentare: lo spazio vissuto – tra prossimità e distanza degli aspetti intrapersonali e interpersonali il tempo vissuto – tra presente/passato/futuro il corpo vissuto – tra processi di cambiamento e riconoscimento dell’identità (Iori, 2006).

INSIEME È qui che si genera l’insieme, nel transitare attraverso esperienze comuni che, da una parte, diventano elemento di memoria – di un percorso costruito, fatto, vissuto in modo significativo – a cui fare riferimento, su cui costruire un patrimonio comune e, dall’altra, un’ipotesi di nuova progettazione – fondata sull’incontro di persone che portano capacità, attitudini, competenze – da riformulare in futuro (Baschiera, Luppi, Deluigi, 2014). Il fare insieme non esclude il pensare insieme ma, come abbiamo visto nel primo capitolo, possono essere molti i livelli di partecipazione ed è per questo che è fondamentale porsi in modo plastico di fronte alle realtà con cui interagiamo, per meglio delineare le strategie di attivazione delle risorse umane.

INSIEME La dimensione dell’insieme evidenzia la pluralità della comunità locale, dei territori, dei contesti urbani che possono interrogarsi e avviare soluzioni attive a questioni che riguardano la popolazione. Quest’ultima diventa partecipe in modo cooperativo, nella messa a punto di ipotesi e soluzioni in cui la presenza attiva conti davvero e faccia la differenza (Brunod, 2007; Maton, 2000) e assumendo una funzione incisiva e trasformativa.

CO-PROGETTARE La progettazione partecipata diventa co-progettazione e costruisce campi di pensiero/azione di un soggetto unitario e complesso. La co-progettazione è un vero e proprio paradigma culturale, orientato allo sviluppo di un sistema di welfare locale in cui la cittadinanza attiva e attivata possa trovare strategie e mettere a punto un insieme di azioni volte a dare risposta ai bisogni e alle necessità della popolazione, favorendo lo sviluppo del protagonismo collettivo e ricostruendo un patto sociale tra cittadini e istituzioni (Brunod, 2007). VALENZA TRASFORMATVA DELL’APPROCCIO

WELFARE E DEMOCRAZIA: il valore e il potere della cittadinanza la vera forza dell’approccio comunitario è di sviluppare forme di cittadinanza cooperativa che sappiano interpretare e ipotizzare modalità d’azione che necessitino dell’impegno di tutti gli organi presenti sul territorio. Diventa strategico, allora, ridefinire le finalità del welfare locale, individuando criticità e potenzialità delle risorse territoriali e creando reti di relazione e di alleanza tra i diversi sistemi di riferimento e di organizzazione del sociale.

SVILUPPARE PROCESSI PARTECIPATI: Il Risveglio della cittadinanza consapevole ALCUNE LOGICHE ESSENZIALI Brunod (2007, pp. 129-130): 1. avere uno «sguardo multiprospettico e multicontestuale» per comprendere la complessità delle situazioni e per generare ipotesi concrete, legate alle specificità del reale, consente di affrontare diversi aspetti di una criticità per giungere a ipotesi condivise grazie ai differenti contributi dei presenti. 2. «contenere le paure e il senso di insicurezza» tramite degli «avvicinamenti che permettano di ridefinirne il significato, ricollocando in termini realistici gli aspetti più “spaventosi”», grazie alla conoscenza e all’incontro con le differenze e le divergenze, permette di trovare un senso e una traiettoria condivisa, ridefinendo i processi sociali.

SVILUPPARE PROCESSI PARTECIPATI: Il Risveglio della cittadinanza consapevole ALCUNE LOGICHE ESSENZIALI Brunod (2007, pp. 129-130): 3. «superare i tradizionali orientamenti assistenzialistici» richiede di focalizzarsi sui problemi e sui fenomeni relazionali, incentivano i partecipanti alla corresponsabilità. 4. «ridefinire il “patto sociale” tra cittadini e istituzioni favorisce forme di partecipazione che rimettono nelle mani dei cittadini la loro realtà», incentivando l’iniziativa e l’innovazione sociale vs l’individualizzazione e la frammentazione, divenendo co-autori del cambiamento.

SVILUPPARE PROCESSI PARTECIPATI: Il Risveglio della cittadinanza consapevole 2 elementi essenziali per avviare esperienze di co-progettazione: 1. la rilevanza dei processi di empowerment e la centralità dei legami sociali (Ripamonti, 2006). Le due traiettorie orientano le modalità di partecipazione e di attivazione dei cittadini, rendendo periferiche le deleghe e il sistema assistenzialistico e richiedendo volontà e capacità ai cittadini nell’esser parte attiva di rinnovati processi decisionali comuni.

IL CIRCOLO DELLA PROGETTAZIONE alla luce della partecipa-azione

IL CIRCOLO DELLA PROGETTAZIONE alla luce della partecipa-azione

IL CIRCOLO DELLA PROGETTAZIONE alla luce della partecipa-azione

IL CIRCOLO DELLA PROGETTAZIONE alla luce della partecipa-azione

I pro e contro della Co-PROGETTAZIONE PREGI: La coerenza tra il problema e le azioni Lo sviluppo del senso di appartenenza e di consapevolezza dei partecipanti La presenza di più competenze genera risposte originali e creative Il circolo virtuoso della valutazione partecipata La crescita del capitale sociale

I pro e contro della Co-PROGETTAZIONE RISCHI: Partecipazione di forma o di sostanza? I tempi lunghi, l’incertezza, la fatica e l’instabilità del percorso La gestione del potere Quali interessi entrano in gioco? La sostenibilità