Chimica Forense Piano Lauree Scientifiche Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Piano Lauree Scientifiche Chimica Forense Prof. Raimondo Germani
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Scienza Forense Il termine Forense deriva dalla parala latina “forum”, che era il luogo dove i Romani esercitavano la giustizia. La scienza Forense è l’applicazione dei principi, delle conoscenze, dei metodi e delle tecniche, delle normali scienze, necessari per ricostruire gli eventi avvenuti sulla scena di un crimine e fornire informazioni per rispondere a questioni di natura legale. La Scienza Forense è, quindi, l’applicazione della scienza al sistema giudiziario. Essa è di supporto alle decisioni legali sia di natura civile che criminale. La sua funzione è quella di individuare, evidenziare, raccogliere e preservare ogni evidenza fisica connessa con la scena dell’accaduto. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Che fa lo Scienziato Forense? Applica i concetti e le tecniche della scienza per l’analisi delle prove fisiche. (metodo scientifico) Il metodo scientifico è l’insieme sistematico dei passaggi che servono per individuare un’ipotesi e verificarne la validità oggettiva, sulla base dell’osservazione e sperimentazione. Approccio Induttivo Partire dalle osservazioni, dai dati quindi formulare una ipotesi, una teoria. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Evidenze Fisiche Le prove fisiche possono essere tracce di materiali dalla natura più diversa come per esempio: Capelli Residui di vetro Residui di polvere da sparo Acceleranti Residui di esplosivi Fluidi biologici Impronte digitali Impronte di pneumatici Ecc. Sangue Documenti Alcool Droghe Farmaci Semi Suolo Fibre varie Ecc. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Chimica Forense Per Chimica Forense si intende lo studio dell’insieme delle conoscenze e dei metodi di analisi chimica, quali- e quantitativi applicati all’investigazione delle impronte e degli indizi, per la risoluzione di problemi di carattere legale. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Chimica Forense Si occupa di: Droghe e medicinali Tracce fisiche Armi da fuoco Esplosivi Veleni Impronte digitali Incendi dolosi Documenti Ecc. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Spot Test o Screening Test In chimica forense, per ottenere risposte rapide, si fa largo uso degli Spot o Screening Test. Queste analisi rapide, sono sempre seguite da analisi di laboratorio più approfondite di tipo strumentale. Spot e screening test devono essere: Sensibili Rapidi Realizzabili in maniera semplice Realizzabili sul campo Generalmente questi test sono basati su rapide variazioni cromatiche Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Test Preliminari & Confermativi I test preliminari sono strumenti di screening. Sono spesso di tipo colorimetrico (test legati alla variazione di colore) che identificano la possibile presenza di una sostanza di interesse nella scena del crimine (sangue, saliva, ecc.). Essi sono basati su un caratteristico costituente o comportamento. Sono in genere molto sensibili ma poco specifici. I test confermativi servono per confermare la presenza di una particolare sostanza. Sono basati sul riconoscimento di una unica sostanza. Sono, quindi, altamente specifici, ma non sempre molto sensibili. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Spot Tests Gli “Spot test” sono semplici procedure chimiche che permettono di identificare una sostanza. Essi possono essere eseguiti su quantità microscopiche di sostanza anche senza una separazione preliminare. In un tipico spot-test, l’aggiunta di un opportuno reagente chimico alla miscela determina una reazione con la sostanza in questione se presente. La reazione è quindi accompagnata da una variazione delle proprietà organolettiche del sistema: sviluppo di gas; variazione di colore; sviluppo di odore; formazione di un precipitato; ecc.. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie I Set Esperimenti Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Impronte Digitali Cosa sono le impronte digitali? Sono la riproduzione dell’attrito delle creste cutanee delle dita della mano o dei piedi su una superficie. L’impronta digitale è una caratteristica anatomica individuale Le papille cutanee sono formate nello stadio fetale, evolvono fino a circa 6 mesi, poi rimangono sempre le stesse negli anni successivi. Le impronte digitali hanno un “ridge pattern” ben definito che permette una classificazione sistematica delle impronte. Abrasioni, bruciature superficiali non alterano le papille dermali, il pattern originale è duplicato al ricrescere della nuova pelle. Isole Punti Biforcazioni Cresta finale Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Tipi di Impronte Digitali La scoperta che non ci sono due persone con le identiche impronte digitali fu una delle maggiori scoperte nella storia della scienza forense. I depositi delle impronte digitali sono dovute essenzialmente ai prodotti delle secrezioni cutanee, che fuoriescono dai pori di tali creste. Si possono avere tre tipi di impronte: - Impronte plastiche - Impronte visibili - Impronte latenti Costituenti Quantità per 1mm2 Cloruri (Cl-) > 10 μg Amminoacidi 10-100 μg Urea ~ 1 μg Ammoniaca < 0.5 μg Sebo 5-100 μg Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Tecniche di Rivelazione Chimica Metodo ai vapori di Iodio Metodo della Ninidrina Metodo al Nitrato di Argento Metodo della Fumigazione (Super glue fuming) Ed altri Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Lo Iodio I2 Lo Iodio appartiene al 7° gruppo della tavola periodica degli elementi, quello degli alogeni (F, Cl, Br, I). Si presenta allo stato di elemento come un solido nero (p.f. 114 °C) a forma di scaglie con una leggera lucentezza metallica, costituito da molecole biatomiche I2 debolmente legate (solido molecolare). Essendo un solido molecolare, ha un basso punto di fusione e quindi presenta una elevata tensione di vapore. É un solido che sublima con estrema facilità, e si sfrutta questa caratteristica per purificarlo. Il nome dell'elemento Iodio deriva dalla parola greca che significa viola, proprio per ricordare il colore dei suoi vapori. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Metodo dei vapori di I2 Quando le impronte sono presenti su materiali porosi come carta o legno, il metodo tradizionale della polvere non permette la loro evidenziazione. Si sfrutta in questo caso, per esempio, l’azione ossidante dello iodio (I2). Le sostanze grasse, (sebo) presenti sulla pelle, che vanno a formare l’impronta sono soggette all’ossidazione. Il test si basa quindi sull’ossidazione dei residui grassi lasciati dall’impronta sugli oggetti da parte di vapori di iodio (I2). I vapori di iodio ossidano i grassi presenti nell’impronta a composti colorati in giallo-marrone, permettendo di visualizzare l’impronta digitale. Il colore tende a sparire col tempo quando il reperto non è più in atmosfera di iodio. Tale metodo è efficiente solamente su impronte digitali fresche, per cui esso è utile agli investigatori per stabilire da quanto le impronte sono state lasciate sulla scena di un crimine (cronologia dell’evento). Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura In un barattolo di vetro, (200- 300 mL) a chiusura ermetica, introdurre alcuni cristalli di iodio ed aspettare che si saturi di vapori di iodio. Nel frattempo passare il proprio pollice lungo il lato esterno del naso. (è la parte del viso in cui si accumula maggiormente il grasso della pelle). Premere il dito sulla carta per lasciare l’impronta. Prendere il pezzo di carta con le pinze, senza toccarla con le mani, ed introdurla nel recipiente di vetro, quindi, chiudere ermeticamente la bottiglia. Se si usa della normale carta da stampante, per la presenza di amido, il pezzo di carta prenderà una colorazione viola mentre le impronte saranno giallo-marroni. Se, invece, si utilizza carta da filtro (assenza di amido) la carta rimarrà quasi incolore. Dopo alcuni minuti inizia a manifestarsi l’impronta. Se l’impronta non si manifesta, in tempi rapidi, si può scaldare il contenitore (immergendolo in un bagno di acqua calda o ponendo il barattolo sul termosifone) per aumentare la quantità di vapori di I2. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
-Amminoacidi Composti bifunzionali Le Proteine sono i costituenti essenziali degli organismi viventi. Sono composti le cui molecole sono formate da sequenze lineari dei 20 -amminoacidi legati uno all'altro attraverso il legame ammidico. Sono dei biopolimeri (copolimeri) ottenuti per policondensazione. Composti bifunzionali gruppo amminico (NH2) gruppo carbossilico (COOH) Sono i blocchi costitutivi (i mattoni) dei peptidi e proteine Allo stato solido esistono nella forma zwitterionica R = H, glicina Amminoacidi in acqua: Forma anionica Forma cationica Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Metodo della Ninidrina È largamente utilizzato per evidenziare impronte su superfici porose (carta, legno). La ninidrina reagisce con gli -amminoacidi, presenti nelle secrezioni cutanee. Questi sono ben assorbiti dalla carta e vi permangono per lunghi periodi di tempo (30 anni). Ninidrina Equilibrio di idratazione Reagendo con gli -amminoacidi si ottiene un prodotto di color blu-porpora. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Reazione con la Ninidrina Decarbossila (-CO2) ed idrolizza Blu-porpora Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Dopo aver messo i guanti, disporre il foglio di carta bianca, su cui sono state lasciate delle impronte latenti, su una superficie piana all’interno di un sacchetto di plastica (il sacchetto serve per evitare che durante la nebulizzazione la ninidrina si spanda nell’ambiente circostante). Se si ha una cappa aspirante, appendere il foglio su di un supporto all’interno della cappa e tenerla accesa. Spargere con uno nebulizzatore la soluzione di ninidrina sulla superficie della carta, dove è stata fatta un’impronta latente. Spruzzare in maniera delicata per non distruggere l’impronta. Ripetere l’operazione alcune volte. Quindi aspettare alcuni minuti, in maniera che il solvente evapori. Per accelerare la reazione, si scalda a circa 80°C (si può mettere l’oggetto in una stufa oppure si può usare un phon). Dopo pochi minuti comparirà l’impronta di color blu-porpora. Se non si può scaldare, la reazione è lenta a temperatura ambiente, il colore compare dopo 24-48 h. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie II Set Esperimenti Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Alcuni Esplosivi Acido Picrico TNT Ottanitrocubano Potente esplosivo Nitropentaeritrite C8(NO2)8 8CO2 + 4N2 GAS Nitroglcerina Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Residui di Polvere da Sparo Differenti tipi di polvere: Polvere Senza fumo Singolo componente – (es. nitrocellulosa) Doppio componente – (nitrocellulosa + nitroglicerina) Polvere nera Composta da carbone (C), Potassio Nitrato (KNO3) e Zolfo (S) nel rapporto 10:75:15 Quando la polvere nera brucia liberamente (spazio aperto) si ha la seguente reazione: 2KNO3 + 3C + S 3CO2 + K2S + N2 gas Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Residui di Polvere da Sparo Combustione in condizioni libere C12H14O4(NO3)6 9CO + 7H2O +3CO2 + 3N2 nitrocellulosa 4C3H5(NO3)3 12CO2 + 10H2O + O2 + 6N2 nitroglicerina In condizioni non libere (spazio chiuso) le varie polveri esplosive producono, come sotto prodotti nitrati (NO3-) e nitriti (NO2-). La determinazione del nitrato (NO3-) e del nitrito (NO2-) è quindi una buona indicazione sull’uso recente di un’arma da fuoco. Il cosi detto “dermo-nitrato-test” consiste nel prelevare particelle di residui di polvere da sparo sulla pelle, tramite l’utilizzo di paraffina fusa. Il calore della paraffina fusa dilata i pori della pelle facilitando la raccolta dei residui. Le particelle di nitrato e di nitrito intrappolate nella paraffina, sono poi identificate con test opportuni. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologie e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Nitrati L’anione nitrato NO3- entra a far parte di molte formulazioni per esplosivi, soprattutto come ammonio nitrato (NH4NO3) o come potassio nitrato (KNO3). NO3- I vari nitrati sono sostanze molto stabili, che per detonare hanno bisogno di inneschi. Una particolarità dell’ammonio nitrato è che la sua dissoluzione in acqua è un processo endotermico. KNO3 Il nitrato di ammonio (NH4NO3) trova largo impiego soprattutto come fertilizzante nell’agricoltura per l’alto contenuto di azoto. Nella forma nitrato (NO3-) è immediatamente utilizzabile dai vegetali, nella forma ammonio (NH4+) l’assorbimento è, invece, più lento. KNO3 granulare Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Nitrati La presenza del nitrato (NO3-) negli esplosivi e nei residui viene determinata sfruttando una reazione di ossidazione da parte dell’acido nitrico (HNO3) su un composto organico quale è la difenil ammina. Dalla ossidazione si forma un composto intensamente colorato in blu. KNO3 + eccesso H2SO4 HNO3 + KHSO4 HNO3 + Difenilammina intenso colore blu In ambiente fortemente acido per acido solforico (H2SO4) i nitrati presenti si trasformano in acido nitrico (HNO3). Questo, a sua volta, essendo un forte ossidante ossida la difenilammina ad un composto intensamente colorato in blu. Altri anioni con proprietà ossidanti come per esempio Perclorato (ClO4-), Clorato (ClO3-), Permaganato (MnO4-), Periodato (IO4-), Perossidisolfato, (S2O8-2), ecc.) danno il test positivo. Per eliminare la loro interferenza si sfrutta il fatto che questi si decompongono alte temperature (400-500°C). A queste temperature i nitrati (nitriti), invece, rimangono inalterati. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Prelevare 2-3 gocce di soluzione acquosa da testare contenete gli ioni nitrato, e metterli o in un vetrino di orologio, appoggiato su un foglio di carta bianco, o in una depressione dello spot-plate di porcellana bianca. A queste gocce addizionare 1 goccia di soluzione di difenilammina in H2SO4 conc.. La presenza di nitrati è evidenziata dalla comparsa immediata di una intensa colorazione blu. In alternativa introdurre 2-3 gocce di soluzione acquosa contenete gli ioni nitrato in una piccola provetta aggiungere 0,5 mL di acqua, quindi più gocce di soluzione di difenilammina in H2SO4 conc.. La presenza di nitrati è evidenziata dalla comparsa di una intensa colorazione blu sul fondo della provetta. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Test per i Nitrati Reazione chimica su cui si basa il test: Difenilammina N,N’ difenilbenzidina Ione imminio colorato in blu Molecola con un alto grado di delocalizzazione degli elettroni π Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Test per i Nitriti I nitriti ed i nitrati trovano largo impiego anche nel settore degli additivi alimentari. I nitriti (E 249-250), ed i nitrati (E 251-252) sono utilizzati in particolare per la conservazione della carne fresca, di quella in scatola e degli insaccati. I nitriti prevengono lo sviluppo del botulino. NO2- Un test molto semplice si basa sulla liberazione di Iodio per reazione di ossidazione, in ambiente acido, dello ioduro (I-) da parte del nitrito. Lo iodio formatosi viene evidenziato tramite la formazione del classico complesso colorato con l’amilosio contenuto nell’amido. 2 NO2- + 2 I- + 4 H+ I2 + 2 NO + 2 H2O amido Colorazione blu Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Procedura Della carta da filtro viene precedentemente impregnata con una soluzione di amido e lasciata asciugare. Su di essa si depongono in successione 1 goccia di soluzione di acido acetico (2 M), 1 goccia di soluzione da testare, contenente ioni nitrito, e 1 goccia di soluzione di ioduro di potassio (0,1 M). In presenza di ioni nitrito (NO2-) nella soluzione testata comparirà, in funzione della loro quantità, o una macchia o un anello di color blu intenso. In alternativa alla carta da filtro, ed in assenza della soluzione di amido, si può utilizzare della semplice carta per stampante. Questa carta già contiene amido per facilitare la stampa. Si opera come sopra. In presenza di ioni nitrito (NO2-) nella soluzione testata comparirà, in funzione della loro quantità, o una macchia o un anello di color blu più o meno intenso in funzione anche dell’amido contenuto nella carta utilizzata. Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Perclorati I Perclorati (KClO4) sono costituenti di molte polveri esplosive, (polveri pirotecniche, esplosivi casalinghi) la loro funzione è quella di agenti ossidanti (forniscono ossigeno per la combustione). Dopo l’esplosione il perclorato (ClO4-) non è più determinabile come tale poiché è convertito in cloruro (Cl-) ed ossidi. Il potassio perclorato (KClO4) è un sale poco solubile in acqua fredda Un test piuttosto selettivo per individuare la presenza dell’anione perclorato ClO4- si basa sulla sua precipitazione con il catione blu di metilene. Il precipitato che si ottiene ha un colore violetto intenso. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Blu di Metilene Il blu di metilene è un colorante ampiamente utilizzato nella colorazione dei tessuti biologici. Per il suo alto coefficiente di estinzione molare () bastano pochi granellini di blu di metilene per colorare una soluzione acquosa di un intenso colore blu. Blu di metilene Scambio di anione ClO4- L’anione perclorato ClO4- molto voluminoso (a bassa densità di carica) scambia l’anione cloruro Cl-, e la coppia ionica risultante perclorato-blu di metilene è poco solubile in acqua e precipita. + Cl- Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Mettere sopra ad un foglio di carta bianca due piccoli vetrini di orologio. In uno di essi deporre alcuni granelli di Perclorato o una soluzione contenente lo ione perclorato. Con una pipetta o contagocce far cadere nei due vetrini di orologio lo stesso numero di gocce (1-2) di soluzione di blu di metilene (0,05%). Nel vetrino contenente il solido si formerà una sospensione con del solido viola, nell’altro si avrà una soluzione blu, il colore della soluzione del Blu di metilene. Blu di metilene Blu di metilene + ClO4- In alternativa si può operare come segue: si deposita una goccia di soluzione acquosa contenente il perclorato su un pezzo di carta da filtro e si asciuga. Poi con un contagocce si addiziona la soluzione di Blu di metilene; in corrispondenza dello spot si osserverà la colorazione viola. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie III Set Esperimenti Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Sedativi Sedativi: rallentano, deprimono l’attività del sistema nervoso centrale (CNS), riducono l’ansietà e l’irascibilità e possono indurre sonno. Esempio: Alcool Barbiturici Tranquillanti, Anti-Ansietà: Benzodiazepine (Valium (Diazepan), Librium, Miltown) Etanolo Alcool etilico Valium (Diazepan) Acido barbiturico Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Etanolo L’alcol etilico (etanolo) è un liquido incolore che bolle a 78 °C (1 atm) e fonde a -115 °C, è solubile in acqua in ogni proporzione. È il più comune e legale deprimente del CNS. CH3-CH2-OH Nelle diverse parti del mondo a secondo dei background sociali e culturali l’alcool è tollerato o aspramente combattuto. Questo porta a differenti definizione per quanto riguarda l’intossicazione da etanolo. I sintomi di intossicazione da alcool sono simili a quelli di altri deprimenti del CNS quali: atassia, linguaggio alterato, percezione alterata, coma e difficoltà respiratoria. Se il livello di etanolo nel sangue raggiunge il valore di 0.35 g/100 mL si può morire. Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Contenuto Alcolico nel Sangue La concentrazione di etanolo nel sangue (BAC) può essere stimata ammettendo che l’alcool assorbito non è metabolizzato. Dose di alcool Peso corporeo Volume di distribuzione: 0.7 per l’uomo (0.62 – 0.90) 0.6 per la donna (0.46 – 0.86) Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Esempio Maschio adulto di 82 kg ha bevuto circa 500 mL di birra al 4%. Quale è il suo BAC appena dopo aver bevuto? Quale sarà il contenuto di alcool dopo 1 h? 0,5 L = 500 g (considerando la densità = acqua 1 g/mL) Alcool ingerito totale = 500 0,04 = 20,0 g BAC = 20,0 / (077 82) = 0,35 g/L = 0,035 g/100 mL di sangue Massima Velocità di eliminazione dell’alcool (Vmax): 21 – 39 mg/100 mL di sangue/h per etilisti 11 – 19 mg/100 mL di sangue/h per persone normali 8 – 16 mg/100 mL di sangue/h per astemi Vmax = 23 mg/dL/h Dopo 1h BAC = 0.035 – 0.023 = 0.012 g/100 mL di sangue Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Analisi del Respiro Nel 1847, Bouchardt dimostra la presenza di alcool etilico nel respiro dell’uomo dopo l’assunzione di liquidi alcolici. Nel 1954, Dr. Robert Borkenstein (Indiana State Police) inventa il primo dispositivo per rilevare il livello di alcool nel sangue, basandosi sull’analisi del respiro. Dr. Robert Borkenstein (1912 – 2002) L’etanolo assorbito dalla circolazione sanguigna non è immediatamente metabolizzato, esso può diffondere nello spazio alveolare. Il flusso di diffusione è proporzionale al livello di alcool nel sangue. Il rapporto di ripartizione è 2100/1 (cioè 2100 mL di aria alveolare contengono la stessa quantità di 1 mL di sangue). Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Livello Alcolico Il metodo più rapido per determinare il livello alcolico nel sangue è quello di analizzare un campione di respiro del sospetto. I metodi più utilizzati per analizzare l’etanolo nel campione di respiro sono: Elettrochimico (fuel-cell) Spettroscopico (IR) Gas Cromatografico (GC) Chimico Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Ossidazione Alcoli Cr3+ Un’importante reazione degli alcoli (R-OH) è la loro ossidazione a composti carbonilici. La velocità di ossidazione e la natura del composto carbonilico finale dipende dal tipo di alcool. Gli alcoli primari sono ossidati ad aldeidi quindi ad acidi carbossilici. Gli alcoli secondari forniscono chetoni. Gli alcoli terziari non reagiscono nelle stesse condizioni di reazione degli altri due. Se come agente ossidante si usa una soluzione acida di bicromato Cr2O72- color (gialla-arancio) il processo di ossidazione è evidenziabile dal cambiamento di colore dovuto alla riduzione del cromo Cr6+ a Cr3+ con ottenimento di una soluzione di color verde-blu secondo la reazione: Cr3+ 2 Cr2O72- + 3 C2H5OH + 16 H+ AgNO3 cat. 4 Cr3+ + 3 CH3COOH + 11 H2O Cr2O7-2, di colore giallo-arancio Cr+3 di colore verde-blu Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Procedura In due provette introdurre 1 mL di soluzione di potassio dicromato, le due provette saranno colorate in giallo-arancio. In una delle due aggiungere, tramite una pipetta Pasteur, alcune gocce di alcool etilico. Durante le aggiunte la soluzione cambierà di colore fino ad arrivare ad un colore verde. (Qualora il cambiamento di colore non è rapido si può scaldare la provetta con il phon). Cr6+ Cr3+ EtOH Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Salicilati Le proprietà terapeutiche del salice e dei pioppi sono note da secoli. Nell’antica Grecia, Ippocrate utilizzava gli estratti della corteccia del salice per alleviare il dolore e combattere la febbre. La molecola, dal sapore amaro, che è responsabile di queste proprietà è la salicina: un glucoside. La molecola veramente attiva è l’acido salicilico (struttura fenolica) idrolisi ossidazione Salicina Alcool salicilico Acido salicilico Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Aspirina Nel 1893 il chimico Felix Hoffmann, che lavorava presso la Bayer, utilizzò per curare suo padre un derivato dell’acido salicilico, che manteneva le stesse proprietà antidolorifiche ma riduceva notevolmente le proprietà irritanti verso la mucosa dello stomaco. Vista l’efficacia della nuova molecola, la Bayer mise in commercio nel 1899 confezioni in polvere di “Aspirina” come farmaco antidolorifico e antipiretico. L’aspirina è oggi il farmaco più diffuso e venduto al mondo. Felix Hoffmann Aspirina Acido acetilsalicilico Acido salicilico Anidride Acetica Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura In due provette introdurre rispettivamente alcuni mg di acido salicilico e di aspirina commerciale ben triturata. Aggiungere alle due provette 1-2 mL di acqua distillata e qualche goccia di etanolo. Alle due provette addizionare quindi 1-2 gocce di soluzione acquosa di cloruro ferrico, tramite una pipetta. Nella provetta contenente acido salicilico si osserverà la comparsa di un colore blu-viola, nella provetta contente aspirina non si osserverà variazione di colore. Soluzione contenente acido salicilico Il diverso comportamento è dovuto alla presenza o all’assenza del gruppo –OH sull’anello benzenico (fenolico), se c’è si può formare un complesso colorato con gli ioni Fe+3. FeCl3 Molecole di natura fenolica danno origine, in presenza di ioni ferrici (Fe+3) alla formazione di complessi variamente colorati. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Saliva La saliva è un liquido prodotto dalla secrezione di alcune ghiandole come: le parotidi, submaxillari, sublinguali e boccali. Per la sua funzione e per dove è prodotta e conservata, la saliva contiene enzimi, come la amilasi salivare (ptialina o diastasi) e sali inorganici tra cui l’anione tiocianato (SCN-) e il nitrato (NO3-) (saliva fresca). Tracce di saliva possono ritrovarsi su diversi aggetti e materiali: fazzoletti, tamponi da morso, contenitori di bevande, filtri delle sigarette, francobolli e buste, rossetti, airbag di veicoli, bordi dei bicchieri, caschi, ecc. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Spot Test per la Saliva Reazione Iodio-Sodio Azide Il spot test sfrutta l’effetto catalitico dello ione tiocianato (SCN-) sulla reazione di ossido-riduzione dello iodio (I2) con sodio azide (NaN3) in cui si sviluppa azoto, e lo iodio si riduce a ioduro: A seguito della reazione si osserverà la formazione di bollicine di azoto e la progressiva decolorazione della soluzione. Soluzione I2-NaN3: Si sciolgono 3 g di sodio azide in 100 mL di soluzione acquosa di I2. La soluzione (rosso-marrone) ottenuta è stabile e si può conservare in una bottiglia di vetro scuro. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Utilizzando un bicchierino di carta, sorseggiare alcuni mL di acqua, risciacquare la bocca e risputare nel bicchierino. Versare alcune gocce di questa acqua in un vetrino d’orologio o nell’incavo di un spot plate di porcellana bianca, quindi addizionare una goccia del reattivo I2-NaN3: in presenza di saliva, quindi in presenza di tiocianato, si ha una rapida decolorazione della soluzione (inizialmente rosso-marrone) e sviluppo di bollicine di azoto. Il test può essere eseguito anche utilizzando una provettina di vetro. In assenza di saliva (quindi di tiocianato) la reazione non avviene. Altri composti dello zolfo catalizzano la reazione come solfuri S-2, o tiosolfati S2O3-2, ma questi non sono presenti nella saliva. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Analisi Macchie di Sangue Sequenza analisi macchie di sangue: Esame visivo delle evidenze Screening test presuntivi (la macchia è sangue?) Test confermativi (è vero sangue) Di quale specie è il sangue (umano o animale?) Identificazione del sangue (se umano di che tipo?) Sesso, età e razza Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Screening Test Gli screening test sono associati a: Reazioni cromatiche Emissione di luce (Chemiluminescenza e Fluorescenza). La rapida variazione di colore o l’emissione di luce indica la positività del test; la macchia sotto esame è sangue. Sostanze non presenti nel sangue possono anche catalizzare le reazioni e dare quindi un falso test positivo: ossidanti chimici, materiali vegetali ioni metallici. Test negativo significa che la macchia in questione non è sangue. Test positivo significa che la macchia può essere sangue. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Catalizzatore Screening Test Tutti i test sfruttano le proprietà catalitiche del sangue: Forma Ossidata Ossidante Forma Ridotta Emoglobina Catalizzatore Variazione di colore o Chemioluminescenza A tuttora non esiste un test specifico al 100 % per il sangue. Il test di screening deve sempre essere seguito da test di conferma. Un test positivo non distingue se il sangue è umano o animale. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Sangue Il sangue è costituito da cellule, plasma, proteine e composti inorganici Cellule: globuli rossi (eritrociti) e bianchi (leucociti) e frammenti di cellule. Plasma: rappresenta ~55% in volume del sangue, è costituito per il 90% da H2O e contiene sali, proteine, anticorpi, ormoni e fattori di coagulazione. I globuli rossi contengono l’emoglobina, responsabile del trasporto dell’ossigeno, una proteina globulare con attività di perossidasi. Le perossidasi sono enzimi che catalizzano l’ossidazione di certi composti organici (somma di ossigeno o rimozione di atomi di idrogeno). I globuli rossi non contengono DNA I globuli bianchi contengono DNA Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Sangue Il sangue ha un pH leggermente alcalino L’emoglobina contiene 4 complessi del ferro Gli ioni metallici (Fe+3) catalizzano la reazione di ossidazione Eme Catene a: porpora Catene b: giallo Gruppi eme: rosso Ferro: bianco Tracce di sangue (anche non visibili ad occhio nudo) possono essere evidenziate sfruttando l’emissione di luce del processo di ossidazione catalizzato dall’eme presente nell’emoglobina. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Test Cromatici Si basano tutti su processi ossidativi di composti organici colorati catalizzati dal gruppo eme dell’emoglobina presente nel sangue. Cosa serve? Un cromogeno Un agente ossidante (H2O2) Un catalizzatore (l’eme dell’emoglobina) Procedura generale: Sfregare la macchia con un tampone di cotone Aggiungere alcune gocce del cromogeno Aggiungere quindi alcune gocce di H2O2 Invece del batuffolo si può raccogliere il residuo da esaminare in un spot plate di porcellana bianca. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Fenolftaleina La fenolftaleina è un tipico indicatore acido-base utilizzato per le titolazioni. Una titolazione acido-base ha lo scopo di determinare il titolo, cioè la concentrazione di una soluzione di un acido (o di una base), misurando la quantità in volume di una base (o di un acido) a titolo noto che reagisce in modo completo con un volume noto della soluzione da titolare. Il raggiungimento dell'equivalenza stechiometrica si evidenzia con il viraggio di un opportuno indicatore. L’intervallo di viraggio è l'intervallo dei valori di pH in cui avviene il cambiamento di colore (viraggio) di un indicatore pH = 8,0-9,8 Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Sangue Il test di Kastle-Meyer per la possibile presenza di macchie di sangue si basa sulla ossidazione della Fenolftalina incolore, che può essere ossidata a Fenolftaleina, che in soluzione basica ha una colorazione rosa intenso. Fenolftalina (forma ridotta incolore) Se si mette a contatto una macchia sospetta con una soluzione di fenolftalina e acqua ossigenata (H2O2) in ambiente basico, l’emoglobina presente catalizza la reazione di ossidazione e la miscela diventerà quasi immediatamente rosa intenso. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Si bagna un cotton fiok con 1-2 gocce di etanolo, (non quello denaturato) quindi si passa il cotton fiok sulla macchia ipotizzata essere sangue. Si strofina alcune volte (4-5), quindi si addizionano 1-2 gocce di soluzione di Fenolftalina (la soluzione deve essere perfettamente incolore) ed infine rapidamente 1-2 gocce di acqua ossigenata (3%) sono applicate sul cotone. Se compare il colore rosa, entro 10 secondi, il test è positivo. Inizialmente la reazione coinvolge H2O2 e l’emoglobina del sangue. In questa reazione, a seguito della scissione omolitica del legame perossidico di H2O2, si formano delle specie altamente ossidanti: HO-OH + Fe3+[eme] → Fe4+=O[eme] + OH· + H+ I prodotti della reazione sono il radicale idrossile (OH۰) e una specie osso-ferro(VI) che ossideranno la forma ridotta della fenolftaleina formando il colore tipico della fenolftaleina in ambiente basico. Poiché la reazione dell’eme con H2O2 è catalitica, il test è sensibile alla presenza di piccolissime quantità di sangue. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Test di Kastle-Meyer Fenolftalina incolore Forma ridotta Fenolftaleina Rosa intenso Forma ossidata Il test non è distruttivo, il campione può essere successivamente riusato per ulteriori analisi. Il test di Kastle-Meyer non è specifico per il sangue: ci sono molte altre sostanze che possono dare il test positivo. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Test con Emissione di Luce Chemiluminescenza – emissione di luce da parte di una reazione chimica. Luce fredda senza sviluppo di calore. Fluorescenza – emissione di luce da parte di una sostanza quando questa ultima è esposta a radiazione ultravioletta. Più sensibili dei test cromatici Possono danneggiare le macchie di sangue Soprattutto usati per localizzare e definire le aree dove è presente il sangue nella scena del crimine. macchie di sangue vecchie superfici pulite Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Chemiluminescenza Il fenomeno della Chemiluminescenza si manifesta quando il prodotto di una reazione chimica è formato in uno stato elettronico eccitato (alto contenuto di energia). Il composto per ritornare allo stato elettronico fondamentale emette l’energia in eccesso sotto forma di radiazione luminosa. Quando il fenomeno coinvolge esseri viventi si parla di Bioluminescenza. Esempi di bioluminescenza sono dati dal flash della lucciola maschio o da diversi organismi marini come: spugne, coralli, meduse, stelle marine e pesci In questi organismi, un composto chiamato luciferina reagisce con l’enzima luciferasi, La reazione può coinvolgere diversi stadi ma il risultato finale è la produzione di una molecola eccitata, che successivamente emette luce. È importante notare che i nomi luceferina e luciferasi sono termini generici per indicare le sostanze attive negli organismi bioluminescenti e che le strutture molecolari possono, in realtà, differire significativamente da organismo ad organismo. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Luminol Sintetizzato nel 1853, ha la proprietà di emettere luce (chemiluminescenza) quando ossidato in ambiente basico in presenza di metalli di transizione come catalizzatori (Albrecht 1928). Luminol 3-Aminoftalidrazide Il primo esperimento, condotto con un approccio forense, è del 1937 (Specht). Il kit è costituito da una soluzione acquosa basica (NaOH o K2CO3) di luminol in presenza di H2O2 diluito. La chemiluminescenza si manifesta, se sono presenti residui di sangue, immediatamente ma dura pochi secondi, per cui è necessario documentare la scena del crimine fotografando al buio o filmando con una telecamera a visione notturna. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Test del Luminol L’emissione di luce da parte del luminol è ancora una volta una reazione catalizzata dal gruppo eme presente nell’emoglobina del sangue. Il test con il Luminol permette agli investigatori di poter stabilire se sulla scena di un crimine ci possono essere tracce di sangue. La presenza di residui vegetali (presenza di clorofilla e di enzimi con proprietà di perossidasi), di particolari metalli, di prodotti per la pulizia e di pitture possono dare il test positivo. Il test con il luminol può distruggere altri indizi presenti sulla scena di un crimine, per questa ragione tale test viene eseguito come ultima opzione. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Procedura Precedentemente (anche diversi giorni prima) macchiare pezzi di carta, di stoffa o altri oggetti con una soluzione acquosa di emoglobina bovina o con del sangue animale. Fare in modo che quando le macchie si asciugano non risultano molto evidenti. Caricare una o due provette, munite di tappo a vite, con alcuni pezzettini di carta macchiati di sangue ed aggiungere alcune gocce di etanolo, quindi 1-2 mL di soluzione di luminol. Dopo che si è oscurata la stanza, aggiungere alcune gocce di acqua ossigenata utilizzando il dispenser di plastica. All’aggiunta di H2O2 si osserverà che tutta la soluzione contenuta nella provetta emetterà una luce bluastra. In alternativa la soluzione di luminol, può essere nebulizzata. Prendere l’oggetto (pezzo di carta o di stoffa) su cui sono presenti macchie di sangue, disporlo su una superficie ed oscurare la stanza, e spruzzare tramite un nebulizzatore sulla superficie sospetta, quindi spruzzare la soluzione di acqua ossigenata. Se sono presenti macchie di sangue si osserverà in corrispondenza di esse l’emissione di luce, che durerà per circa 20-40 secondi. Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie Luminol Reazione globale: Equilibrio acido-base luce h Ossidazione Prof. R. Germani Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie
Dipartimento di Chimica, Università di Perugia Prof. R. Germani, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia