Lo sviluppo della relazione e della comunicazione

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Transcript della presentazione:

Lo sviluppo della relazione e della comunicazione

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita A partire dagli anni settanta, gli studi sullo sviluppo del bambino hanno focalizzato la loro attenzione sulla relazione madre bambino E’ all’interno degli scambi interattivi madre-bambino che si sviluppano le abilità sociali, cognitive, linguistiche del bambino.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Gli studi sull’interazione madre-bambino hanno evidenziato che Alla nascita il bambino possiede una predispozione innata al comportamento sociale Tale predisposizione puo essere Strutturale: meccanismi di origine endogena con cui entrare in rapporto con la persona che si prende cura del bambino (es: apparato orale per la suzione) Funzionale: presenza di un comportamento spontaneo e attivo, pre-programmato secondo una struttura ritmica endogena che si modula su eventi esterni (organizzazione temporale dei ritmi di suzione)

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita La madre compie una serie di gesti e attività che costituiscono una “cornice” in cui il piccolo si sviluppa, un contesto all’interno del quale avvengono gli scambi con il bambino in maniera più o meno sistematica Il piccolo progressivamente emerge da uno stato di apparente passività e assume un ruolo sempre più attivo nella relazione Es: allattamento E stato definito come “origine del dialogo” tra madre bambino in quanto l’alternanza attività-pausa che lo caratterizza è alla base della comunicazione

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Il comportamento materno con il suo fluire continuo, con il rispetto dei ritmi attività-pausa, con l’alternanza del turno nelle vocalizzazione fornisce la prima esperienza della struttura di base della comunicazione. Attraverso questi primi dialoghi il bambino acquisisce le nozioni di intenzionalità e reciprocità

Le prime interazioni comunicative hanno una forte caratteristica di schematicità. Una delle conseguenze di tale schematicità è quella di produrre una prevedibilità nelle interazioni, introducendo il concetto di attesa, che permette al bambino di cominciare a rappresentarsi come separato dell’altro. Un altro atteggiamento tipico delle prime interazioni madre-bambino che contribuisce a questa funzione è l’imitazione delle espressioni del bambino compiuta dalla mamma. Attraverso questo tipo di imitazione la madre rimanda al piccolo il riflesso del suo comportamento modificando qualche particolare.

Tutte queste attività si svolgono all’interno della cornice . La cornice è una modalità interattiva che segnala qualcosa a proposito di un’altra modalità interattiva. La cornice è una precondizione perché lo schema si svolga. Ad esempio se il genitore vuole usare un orsacchiotto per giocare con il suo bambino bisognerà prima di tutto che riesca ad incontrare il suo sguardo e mantenere il contatto visivo, poi che riesca ad attirare la sua attenzione verso l’orsacchiotto e finalmente il gioco può avere inizio. E’ come se la madre dicesse al bambino “ecco, ora noi siamo impegnati in un’attività visiva congiunta”. In questo senso la cornice funge da contenitore dell’interazione.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita La conquista dell’intenzionalità avviene in modo graduale. Nei primi mesi è la mamma che dà significato ai comportamenti del bambino considerandoli come “segnali” del suo stato di bisogno (ad es: il pianto, le smorfie) La madre tratta il bambino “come se” fosse in grado di comunicare intenzionalmente Successivamente il bambino si rende conto che il suo comportamento ha valore comunicativo e può essere usato per influenzare gli altri. L’intenzionalità è acquisita alla fine del primo anno di vita e matura negli scambi interattivi.

Attraverso la cornice e lo schema e poi anche costruendo giorno dopo giorno continue situazioni di interazione interpretate dal genitore “come se” fossero realmente un dialogo, viene costruita una sorta di impalcatura (scaffolding) con cui il bambino comincia ad orientarsi e sostenersi in quel caos che è il mondo sociale. Scaffording: consente al bambino di creare una “nozione di normalità” che gli permette di limitare il caos con dei punti fermi. Ciò è particolarmente evidente quando tale normalità viene violata Per esempio immaginiamo che il genitore rimanga a guardare il suo bambino per qualche minuto con la faccia immobile oppure che distolga lo sguardo ogni volta che il bambino guarda verso di lui. Come ha evidenziato Schaffer (1996) se il bambino è intorno ai 2 o 3 mesi si dimostrerà spaventato o addirittura atterrito da questo comportamento insolito del genitore. Per uscire da questa situazione un bambino con un normale sviluppo emotivo cercherà di restaurare la comunicazione col genitore

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Con Reciprocità si intende il ruolo degli interlocutori in una sequenza interattiva. E’ acquisita quando il bambino è in grado di sostenere all’interno della comunicazione un ruolo pari a quello dell’adulto. All’inizio i dialoghi sono unidirezionali ma alla fine del primo anno, quando il bambino assume un ruolo attivo, diventano bidirezionali.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Intenzionalità e reciprocità sono i pre-requisiti della comunicazione linguistica in quanto per essere tale deve essere intenzionale e deve avvenire sotto forma di dialogo e di scambio tra due interlocutori Il bambino comunica intenzionalmente quando inizia ad utilizzare il gesto dell’indicare: è in grado di attribuire all’altro la capacità di comprendere la sua intenzione e la volontà di soddisfarla

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Le esperienze di interazione devono avere regolarità, stabilità e continuità Il bambino per sviluppare le sue abilità mentali necessita della mente della madre (o di altro adulto che si prende cura) che condivida con lui le esperienze, attribuendo significati e ordine

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Esperienze di interazione discontinue, frettolose, in cui la madre è poco disponibile, impediscono al bambino di sperimentare il piacere del contatto fisico, vocale, visivo. Il bambino entra in contatto con stimolazioni improvvise, non organizzate, troppo differenti e ha difficoltà ad organizzarle, a dare un senso, e a costruirsi una trama di esperienze piacevoli da cui partire per stabilire un contatto positivo con il mondo.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita La Responsiveness (comprensività, sensibilità, empatia) comprende le risposte contingenti e pronte dei genitori ai comportamenti del bambino Influenza lo sviluppo mentale e sociale del bambino Si manifesta in seguito ai segnali infantili: vocalizzazioni non di disagio, esplorazione visiva, vocalizzazione di disagio La madre risponde con comportamenti imitativi iniziando un affettuoso gioco sociale

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita l’intersoggettività A partire dai rigorosi studi naturalistici e biologici, Trevarthen è giunto ad individuare il ruolo delle emozioni nello sviluppo della mente infantile. La reciproca regolazione emotiva di bambini e nel corso della comunicazione rende possibile lo sviluppo della funzioni psicologiche. Ha compiuto studi sullo sviluppo dell’Intersoggettività nell’ambito della relazione madre-bambino

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita L’intersoggettività è il processo di condivisione dell’attività mentale tra soggetti durante un qualsiasi atto comunicativo Si manifesta come immediata e naturale consapevolezza della presenza dell’altro Dipende dalla produzione e dal riconoscimento di movimenti del corpo, del viso, del tratto vocale, delle mani predisposti per la funzione comunicative È una capacità innata, non richiede abilità cognitive astratte e non dipende dall’apprendimento culturale Lo sviluppo dell’intersoggettività avviene per sequenze di fasi geneticamente prederminate da successive organizzazione del sistema nervoso

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Prima fase: Intersoggettività primaria Dalla nascita fino al secondo mese di vita Progressivo aumento di interesse per la mamma

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Indicatori Imitazione neonatale Ampio repertorio di comportamenti espressivi Protoconversazioni Interazioni spontanee a carattere affettivo positivo tra madre e bambino in cui entrambi collaborano nella creazione di scambi gestuali, vocali ed espressivi caratterizzati da una certa alternanza del turno

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Nella fase dell’intersoggettività primaria Si attivano le predisposizioni strutturali e funzionali del bambino Si attivano i comportamenti istintivi della madre Il bambino necessita di uno stretto contatto fisico con la madre per acquisire sicurezza emotiva, per sentire la presenza di chi lo tranquillizza e lo protegge se le stimolazioni diventano eccessive

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Fase dei Giochi Primo periodo: da 2 a 6 mesi Emerge l’interesse per gli oggetti Lo sguardo del bambino e la sua attenzione si sposta dall’oggetto alla mamma Cominciano i giochi interpersonali basati sulla presenza e manipolazione di aspettative reciproche. L’intersoggettività è molto forte nei giochi interpersonali senza oggetti caratterizzati da ritmi veloci, scherzi, aspettativa impaurita, eccitazione, canzoni

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Fase dei Giochi Secondo periodo: fino ai 9 mesi I giochi interpersonali crescono per intensità, quantità e durata : imitazioni reciproche, batti batti le manine,, gioco del cucu’ Il bambino diviene esperto a giocare con le intenzioni altrui.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Fase dei Giochi Primo periodo: fino ai 9 mesi Appaiono: I protosegni o protosimboli: il bambino utilizza comportamenti per interagire con altri che non hanno valore di simbolo convenzionale L’attenzione condivisa: capacità di focalizzare l’attenzione sull’oggetto dell’attenzione altrui La referenzialità emotiva: il riconoscimento della reazione emotiva di un adulto come commento a un oggetto o una persona

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Ultima fase: Intersoggettività secondaria Periodo: dai nove mesi ai 14 mesi Si verifica: Sviluppo di una grande quantità di relazioni triadiche, con oggetti e con altri Compaiono comportamenti di segnali più convenzionali: indicare (richiestivo e dichiarativo)

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Il contatto fisico diviene meno importante e la relazione viene mantenuta grazie allo sguardo e alla voce: il bambino può in questo modo allontanarsi per esplorare l’ambiente, conoscerlo e padroneggiarlo. Nella relazione la mamma guarda il bambino che gioca, che esplora che manipola gli oggetti, condividono l’attenzione Con il gesto dell’indicare il bambino approda alla comunicazione intenzionale e diventa partner attivo nella comunicazione Può indicare per chiedere un oggetto (indicare richiestivo, “voglio”) o per dirigire l’attenzione dell’altro sull’oggetto (indicare dichiarativo, “guarda”)

Tre tappe per lo sviluppo comunicativo e intenzionale Il bambino usa l’adulto (=mezzo) oggetto (scopo). Il bambino usa l’adulto come strumento e mostra di avere delle intenzioni cioè ha degli scopi e seleziona dei mezzi per raggiungerli Il bambino usa l’adulto (=agente) oggetto (=scopo). Il bambino tratta l’adulto come un agente autonomo capace di fargli raggiungere i suoi scopi. Il bambino ha delle aspettative circa l’efficacia degli strumenti e in particolare degli agenti umani Il bambino usa l’oggetto (=mezzo) adulto (=scopo). Il bambino usa l’oggetto come mezzo per ottenere l’attenzione dell’adulto. La novità fondamentale è lo spostamento dell’adulto dalla collocazione mezzo alla collocazione scopo. In questo tipo di interazione il bambino ha intenzioni comunicative e intende influenzare lo stato interno dell’adulto.

Lo sviluppo della relazione nei primi anni di vita Il bambino “da lontano” legge lo sguardo della madre, capisce le sue intenzioni e il messaggio che gli sta inviando (di incoraggiamento o di divieto) E l’inizio della Teoria della mente: la capacità di capire ciò che gli altri vogliono dire, attribuire agli altri stati mentali, intenzioni, pensieri.

Precursori della teoria della mente: Gesto deittico. I gesti riflettono la capacità di segnalare consapevolmente le proprie intenzioni. E’ caratterizzato da segnali comunicativi usati con l’intenzione di richiedere o di richiamare l’attenzione dell’adulto. Ad esempio indicare un oggetto per dirigere verso l’oggetto l’attenzione di un adulto, è un gesto deittico. I gesti deittici non hanno un significato stabile e autonomo dal contesto.

Attenzione condivisa Gioco simbolico Nei bambini normali abbiamo 3 livelli di gioco: sensomotorio, in cui il bambino esplora l’oggetto e il gioco per scoprirne le caratteristiche fisiche; funzionale, in cui il bambino organizza il gioco, usa l’oggetto per lo scopo per cui è stato costruito; di finzione, in cui il bambino introduce qualcosa di fantasioso, di suo. Il gioco di finzione, o gioco simbolico è considerato un precursore della teoria della mente perché implica un fare finta che, quindi un calarsi in una realtà che non è reale, tenendo ben distinti i due piani

Avere una teoria della mente comprende: La capacità di riconoscere se stessi e gli altri come entità che pensano; La capacità di riconoscere stati mentali (intenzioni, desideri, credenze) in se stessi e negli altri come una capacità diversa dal semplice esperire tali stati La capacità di riferirsi esplicitamente alla mente propria ed altrui e di utilizzare tali concetti per spiegare e predire ciò che se stessi o gli altri possono fare o dire. Tali conquiste richiedono necessariamente l’abilità di formare meta-rappresentazioni, cioè rappresentazioni di rappresentazioni, o rappresentazioni di secondo ordine.

Le meta-rappresentazioni Secondo Leslie (1987) il bambino deve disconnettere o distaccare le rappresentazioni primarie della realtà esterna dalla loro normali relazioni di input e output. Queste rappresentazioni distaccate sono referenzialmente opache, possono quindi violare le normali implicazioni di referenza, verità ed esistenza delle rappresentazioni primarie.

E’stato raggiunto un certo accordo sul fatto che tra i 2 e i 5 anni di età i bambini normali non soltanto cominciano a dar prova di una nuova abilità di operare sulle proprie rappresentazioni (come suggerito dal gioco di far finta) ma cominciano anche a riferirsi ai propri stati mentali, come si evidenzia dalla loro capacità di parlarne. Bretherton e coll. (1981) hanno evidenziato che a 2 anni i termini che denotano stati percettivi sono i più utilizzati, poi ci sono i riferimenti agli stati cognitivi e poi i riferimenti agli stati emotivi. Shatz e coll (1983) in uno studio longitudinale hanno osservato che tra i 2 anni e 8 mesi e i 3 anni i bambini erano in grado di utilizzare iin modo appropriato 7 termini riferiti a stati mentali (pensare, conoscere, credere, ricordare, far finta, sognare, stupirsi).

Un’abilità più complessa sembra essere implicata nel comprendere le conseguenze dell’ignoranza e della false credenze. Tale abilità richiede una corretta rappresentazione della relazione tra gli stati epistemici di due o più persone e viene raggiunta all’età di 4-5 anni

I bambini normali di 4 anni di età riconoscono facilmente che Sally penserà di trovare la biglia lì dove l’ha lasciata. Sulla base di queste risposte Baron-Cohen et al., (1985) concludono che i bambini di 4 anni sono in gradi di attribuire credenze ad altre persone e di apprezzare la differenza tra la propria conoscenza e la falsa credenza dell’altro. I bambini di 3 anni trovano molta difficoltà a risolvere il compito e l’80% dei bambini autistici falliscono. Secondo Leslie (1987) potrebbe essere difficile per questi bambini rendersi conto che le false credenze sono potenti quanto le vere nel causare il comportamento, o meglio che le credenze in quanto stati mentali astratti hanno la possibilità di generare comportamenti concreti.

Età scolare I ( 5-6 anni): maturazione “falsa credenza” Età scolare I ( 5-6 anni): maturazione “falsa credenza”.I bambini comprendono che le informazioni possedute da un soggetto ne influenzano le conoscenze. • Età scolare II ( oltre 6 anni): dopo i 6 anni lo sviluppo della mente non è completo. Tra i 6-8 anni: falsa credenza di secondo ordine e solo verso i 9 anni comprendono appieno le conseguenze di una promessa o di una bugia. Già a 3 anni i bambini sono in grado di mentire, ma quello che varia con l’età è la capacità di mantenere nel tempo la bugia e quella di comprendere le conseguenze di una bugia.