L’offerta di lavoro nel ciclo di vita

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Transcript della presentazione:

L’offerta di lavoro nel ciclo di vita Consideriamo reddito e ricchezza

Dal modello statico a quello intertemporale Per comprendere com’è strutturato il modello del ciclo vitale, osservate che in tutte le situazioni analizzate sinora l’utilità di una persona, in un determinato periodo di tempo, dipendeva dalla quantità dei diversi beni consumata dalla persona stessa in quel periodo di tempo e dalla quantità di tempo libero. Il modello del ciclo vitale, invece, presuppone che l’utilità ottenuta da un individuo nel corso della sua esistenza dipenda da quanto egli riesce a consumare nei diversi periodi. Per fare un esempio, consideriamo Giovanni che prevede di vivere due periodi: quello “presente” (periodo 0) e quello “futuro” (periodo 1). Attualmente Giovanni ha un reddito pari a I0 euro e sa che in futuro percepirà un reddito di I1 euro (per esempio, il periodo presente potrebbe comprendere gli anni di lavoro, e in questo caso I0 sarebbe il suo salario, mentre il periodo futuro potrebbe comprendere gli anni della pensione e I1 sarebbe quindi la sua pensione di vecchiaia; oppure valuta la possibilità di emigrare e quindi I1 sarebbe il reddito nel paese estero, oppure ancora di studiare e I1 sarebbe il reddito collegato alla maggiore istruzione)

La DECISIONE DI RISPARMIO ovvero L’OFFERTA DI CAPITALI ALLE IMPRESE Giovanni consuma di più adesso, ceteris paribus, potrà consumare meno in futuro; il suo problema è considerare questa contrapposizione, per poi scegliere quanto consumare in ciascun periodo, l’obiettivo è quello di ottenere la massima utilità possibile nel corso dell’intera esistenza. È importante osservare che nel momento in cui Giovanni decide quanto consumare nel periodo 0, contemporaneamente decide quanto risparmiare o prendere a prestito. Se il suo consumo nel periodo 0 è superiore al suo reddito corrente, dovrà prendere a prestito del denaro, se invece è inferiore, risparmierà. La decisione di risparmiare coinvolge necessariamente un effetto intertemporale. Io risparmio oggi per: cautelarmi di fronte ad un futuro incerto (perché non acquistare una assicurazione?) potermi permettere un reddito più decente quando andrò in pensione (perché non farsi una pensione privata ?)

Il vincolo di bilancio intertemporale Come sempre, il vincolo di bilancio indica le diverse possibilità tra cui l’individuo può scegliere. In questo caso, le possibilità sono le diverse combinazioni di consumo presente e consumo futuro a disposizione di Giovanni. Poiché, in un modello del ciclo vitale, il vincolo di bilancio indica la relazione che intercorre tra i livelli di consumo relativi a periodi diversi, esso è definito vincolo di bilancio intertemporale. Immaginiamo per semplicità che esistano due soli periodi (presente e futuro). In ogni periodo esiste un paniere composito di consumo, per cui c0 indica il consumo del presente e c1 indica il consumo nel futuro. In ciascun periodo il consumatore ottiene un reddito che rappresenta il paniere delle sue dotazioni (I0 nel presente e I1 nel futuro).

Il vincolo di bilancio intertemporale Se indichiamo con s l’ammontare di risparmio nel presente, possiamo introdurlo in entrambi i vincoli di bilancio: oggi consumo meno c0 + s = I0 per consumare di più domani c1 = I1 + s Non devo per forza risparmiare, posso anche farmi prestare dei soldi: se indico con d il debito che contraggo con qualcuno oggi consumo di più c0 = I0 + d per consumare di meno domani c1 = I1 − d

Il vincolo di bilancio intertemporale Tutti sappiamo che risparmiando otteniamo una remunerazione del nostro capitale (pari a r , il tasso di interesse creditorio), mentre indebitandoci paghiamo un costo (pari a R , il tasso di interesse debitorio). Se tutti restituissero i debiti e le banche fossero enti non-profit, allora dovrebbe essere r = R . In realtà si ha sempre R > r , ma noi ci atterremo alla prima ipotesi. Osserviamo inoltre che un debito è un risparmio negativo, ovvero d = −s . Allora i due vincoli di bilancio nei due periodi diventano: presente c0 = I0 − s = I0 + d futuro c1 = I1 + s ⋅ (1+ r) = I1 − d ⋅ (1+ R)

Il vincolo di bilancio intertemporale Possiamo compattare i due vincoli di bilancio, esplicitando il vincolo del presente e sostituendo nel vincolo del futuro ⇓ s = I0 − c0 c1 = I1 + s ⋅ ( 1+ r ) = I1 + (I0 − c0) ⋅ ( 1+ r ) c0 ⋅ (1+ r)+ c1 = I1 + I0 ⋅ (1+ r)

Interpretazione Vediamo la sua interpretazione. Nella sua versione (detta capitalizzata) c0 ⋅ (1+ r)+ c1 = I1 + I0 ⋅ (1+ r) essa ci dice che 1 euro nel presente vale (1+ r) euro nel futuro. Quindi spendere 1 euro oggi ha un costo opportunità di (1+ r), dove r è il mancato guadagno (in termini di interesse) cui rinunciamo. Possiamo quindi definire (1+ r) il prezzo relativo del consumo presente rispetto al consumo futuro. Un modo alternativo di visualizzare lo stesso vincolo è rapportarlo al presente (versione attualizzata o present value), dividendo tutta l’espressione per (1+ r). 𝑐 0 + 𝑐 1 1+𝑟 = 𝐼 0 + 𝐼 1 1+𝑟 Possiamo dire che 1 euro guadagnato domani equivale ad 1 1+𝑟 < 1 euro guadagnato oggi. INTERCETTA VERTICALE INTERCETTA ORIZZONTALE

Rappresentazione grafica del vincolo di bilancio intertemporale

Presente, futuro, autarchia e «prezzo» Quando varia il tasso di interesse varia il prezzo relativo del presente rispetto al futuro. Per esempio un aumento del tasso di interesse fa ruotare il vincolo di bilancio intertemporale facendo perno sulla dotazione iniziale (detto anche punto di autarchia, perché il consumatore può sempre scegliere di spendere interamente il suo reddito in ciascun periodo). L’utilizzo del tasso d’interesse (che diventa tasso di sconto quando ragioniamo nei termini del valore presente delle dotazioni) ci permette di considerare anche la possibilità che gli individui siano diversi tra loro, infatti tassi di interessi elevati possono indicare un individuo propenso a capitalizzare oggi, mentre tassi d’interesse più bassi, un individuo che preferisce scommettere sul futuro. c1 I1 I0 c0

Le preferenze intertemporali Con questo modello riusciamo a spiegare alcune caratteristiche fondamentali del comportamento di consumo: ad esempio, perché spesso i giovani che hanno da poco finito di studiare contraggano debiti per acquistare beni come la casa o l’automobile; essi prevedono che in futuro il loro reddito sarà superiore a quello attuale e quindi prendono a prestito denaro per potersi permettere un livello di consumo più elevato. Il contrario vale per i pensionati. In quale misura gli individui facciano effettivamente ricorso ai prestiti e al risparmio per mantenere costante il loro tenore di vita dipende dalle loro preferenze. Come già abbiamo visto nel modello statico, sono le curve di indifferenza o di utilità a rappresentare i desiderata dei nostri lavoratori consumatori. In questo caso, se pensiamo a c0 e c1 come a due insiemi di beni, è naturale supporre che il saggio marginale di sostituzione tra di essi sia decrescente. Poiché un livello più elevato di consumo in entrambi i periodi è preferibile, ceteris paribus, rispetto a un livello più ridotto, alle curve d’indifferenza più lontane dall’origine corrisponde un grado di utilità maggiore. Il saggio marginale di sostituzione tra c0 e c1 indica in che misura l’individuo preferisce consumare in un periodo piuttosto che nell’altro, e per questo viene chiamato saggio marginale di preferenza intertemporale.

La rappresentazione grafica dell’impazienza nel consumo si dice che il consumatore ha preferenze intertemporali positive (chiede più di una unità di consumo futura per compensare la rinuncia ad una unità di consumo presente). Se ∆ 𝑐 1 ∆ 𝑐 0 = 𝑈 0 ′ 𝑈 1 ′ >1 si dice che il consumatore ha preferenze intertemporali neutrali: presente e futuro si equivalgono dal suo punto di vista. Se ∆ 𝑐 1 ∆ 𝑐 0 = 𝑈 0 ′ 𝑈 1 ′ =1 si dice che il consumatore ha preferenze intertemporali negative: il consumo presente soddisfa un bisogno di consumo immediato. Se ∆ 𝑐 1 ∆ 𝑐 0 = 𝑈 0 ′ 𝑈 1 ′ <1

L’ottimo intertemporale RISPARMIATORE MUTUATRIO ∆ 𝑐 1 ∆ 𝑐 0 =1+𝑟

Le situazioni di contorno e la scelta Cosa può accadere quando il tasso d’interesse cambia a causa delle condizioni economiche? Come è evidente i due individui non reagiscono allo stesso modo ad un calo del Tasso d’interesse: il primo riduce il risparmio, il secondo lo aumenta Signor A Signor B

Quali conclusioni possiamo trarre per un risparmiatore? Il signor A ridurrà sicuramente il suo prestito (=risparmio): l’aumento del prezzo del consumo presente (effetto di sostituzione) e il minor onere di restituzione del debito (effetto di reddito) fanno sì che aumenti il consumo odierno a detrimento del consumo futuro. Il signor B cambia le sue preferenze, aumentando il risparmio. Quindi possiamo dire che: 1. Effetto sostituzione. Il costo-opportunità del consumo presente diminuisce, infatti è necessario rinunciare a una quantità minore di consumo futuro per ogni euro in più di consumo presente. Ciò tende a far aumentare il consumo presente e quindi a far diminuire il risparmio. 2. Effetto reddito. Se siete risparmiatori, quando il tasso d’interesse scende diventerete più poveri, perché le persone a cui avete prestato denaro vi restituiranno una cifra minore. Dal momento che il consumo presente è un bene normale, la diminuzione del vostro reddito tende a ridurre il consumo presente e quindi fa aumentare il risparmio. Siccome per un risparmiatore l’effetto reddito e l’effetto sostituzione agiscono in direzione opposta, il risultato finale è incerto, come già osservato per il caso statico.

E per un debitore? Come nel caso del risparmiatore, l’effetto sostituzione di un calo del tasso d’interesse determina un aumento del consumo corrente (fa diminuire il risparmio). Ma, per un mutuatario, anche l’effetto reddito tende a far aumentare il consumo corrente. Perché? Se avete preso a prestito denaro e il tasso d’interesse diminuisce, dovrete restituire meno denaro ai vostri creditori e ciò vi renderà “più ricchi”. Dal momento che il consumo corrente è un bene normale, essendo più ricchi ne domanderete di più. In sintesi, nel caso di una persona che inizialmente aveva debiti, l’effetto sostituzione e l’effetto reddito di un calo del tasso d’interesse agiscono nella stessa direzione: entrambi tendono a ridurre il risparmio, cioè ad accrescere l’ammontare del debito. A priori non possiamo dire se un aumento del tasso di interesse faccia aumentare/diminuire il consumo presente, ovvero diminuire/aumentare il risparmio.

Il salario e le ore di lavoro nel ciclo di vita Più istruito

Dall’offerta di lavoro alla domanda Una digressione (riprenderemo i concetti dopo le lezioni sulle migrazioni internazionali)

L’impresa e il lavoro Il modello neoclassico prevede che il salario si formi sul mercato data la domanda di lavoro da parte delle imprese. In questo modello il capitale e il lavoro vengono offerti dalle famiglie risparmiatrici e quindi il nostro piccolo microsistema si completa. Il lavoratore, come abbiamo appena visto, risparmia parte del suo reddito per investimenti che aumentino le dotazioni di reddito future e le imprese ne fanno uso per realizzare le attività di produzione, insieme al lavoro prestato dagli stessi lavoratori. Nel breve periodo il capitale operativo è dato. L’obiettivo principale dell’imprenditore è quello di massimizzare il profitto (= valore aggiunto derivante dall’attività d’impresa al netto dei costi). Il problema può essere posto in questo modo:

La produttività: l’apporto al profitto del lavoro Totale: massima quantità di output (Y) che si può produrre utilizzando una determinata quantità di lavoro (L) e capitale (K): Funzione di produzione: Y = f (K,L), con f’>0 e f’’<0 media: rapporto tra la produttività totale e la quantità di lavoro impiegata: marginale: misura di quanto aumenta la produttività totale a seguito di un incremento unitario dell’input impiegato, ed è pari al rapporto tra la variazione della quantità totale e l’incremento (unitario) dell’input (se aumento il lavoro di 1 quanto prodotto avrò in cambio?)

MP MP AP Nel breve periodo il fattore K è fissato Funzione di produzione (dato il livello di capitale) e produttività del lavoro media (AP) e marginale (MP) MP MP AP BREVE PERIODO

Concetto importante della teoria dell’impresa: Legge della produttività marginale decrescente Se si combinano quantità crescenti di un fattore produttivo variabile con un dato ammontare di un fattore produttivo fisso, ad un certo punto ogni unità aggiuntiva di fattore produttivo variabile, produrrà una minore quantità aggiuntiva di output rispetto all’unità precedente: Sarà a questo punto che inizio a valutare quanto lavoro in più impiegare.

Il profitto e il suo significato Come si individua il livello di occupazione? L’impresa massimizza il profitto, dato il salario: max  = PY-(WL + rK) sotto il vincolo Y = Risolvendo si ottiene:

Dalla Funzione di produzione alla Domanda di lavoro, dato K

MP MP AP Funzione di produzione (dato il livello di capitale) e produttività del lavoro media (AP) e marginale (MP) È il tratto discendente del prodotto marginale MP MP AP BREVE PERIODO

La funzione di domanda di lavoro di breve periodo Nel breve periodo si assume K costante. L’impresa domanda lavoro finchè il ricavo derivante da un’ora aggiuntiva di lavoro (ricavo marginale) è uguale al suo costo (costo marginale): W=PxƒL La funzione di domanda di lavoro di breve periodo, risulta pertanto: che, dato K, individua l’ammontare di lavoro, L, che ad ogni livello salariale (reale), W/P, consente all’impresa di ottenere il massimo profitto. La curva di domanda di lavoro è negativamente inclinata e decresce al crescere del salario reale La domanda di lavoro incorpora le caratteristiche della funzione di produzione (domanda “derivata”)

Perché la domanda di lavoro è inclinata negativamente L’obiettivo delle imprese è la massimizzazione del profitto La produzione è caratterizzata dalla legge della produttività marginale decrescente: se aumento un solo fattore produttivo lasciando immutati gli altri, la produzione aumenterà meno che proporzionalmente Produttività marginale: contributo dell’ultimo lavoratore (o ora lavorata) al prodotto totale Oppure differenza tra produzione di N lavoratori e di N+1 Lavoratori Ogni lavoratore che costa meno di quanto permette di ricavare viene assunto Ad un livello di salario più basso converrà all’impresa assumere un maggior numero di lavoratori

Di quanto varia la domanda in seguito a variazioni del prezzo Di quanto varia la domanda in seguito a variazioni del prezzo? (qui il prezzo è il salario) Elasticità della domanda rispetto al prezzo rappresenta la variazione percentuale della domanda per una variazione dell’1% del prezzo Misura la sensibilità della domanda a variazioni del prezzo

Elasticità della domanda (ripasso) In seguito all’aumento del prezzo (diminuzione del salario reale): → l’aumento di quantità è maggiore sulla curva D2 (quella con pendenza minore) che sulla curva D1 → la D2 è più sensibile a variazioni del prezzo → è più elastica W/P W/P1 W/P2 D2 D1 L L3 L1 L2

Misura dell’elasticità della domanda di lavoro (nel discreto) è data dal rapporto tra variazione percentuale della quantità di lavoro domandata e la variazione percentuale del salario reale w=W/P o riscritto:

Perché variazioni percentuali? Consentono confronti tra grandezze qualitativamente diverse Permettono di valutare la consistenza delle variazioni di prezzo/salario

Il segno e il valore dell’elasticità della domanda L’elasticità della domanda al salario ha valore negativo: Le variazioni di salario e quantità vanno in direzioni opposte Il valore dell’elasticità (considerato in valore assoluto) ci dice se la domanda è elastica o meno – se || > 1 → la domanda è elastica – se 0 < || < 1 → la domanda è anelastica – se || = 1 → la domanda è a elasticità unitaria

Elasticità della domanda di lavoro: consideriamo due curve di offerta W/P S1 S2 a W/P1 c W/P3 D2 W/P2 b D1 L L1 L2 L3

L'elasticità della domanda del lavoro al salario (analisi empirica) Una indicazione sintetica della relazione tra costo del lavoro e numero di occupati è offerta dal valore dell'elasticità. L'elasticità della domanda del lavoro al salario ci segnala gli effetti procurati sulla domanda di lavoro dall'incremento dell'1% del salario dei lavoratori (il valore è negativo, nella tabella è riportato il valore assoluto). elastica anelastica

L’incontro tra domanda e offerta statica di breve periodo Vi sarà un salario che rende le quantità domandate uguali a quelle offerte: questo livello di salario sarà quello di equilibrio La curva di domanda è quindi: W/P=α –β*L W/P α Domanda di lavoro nel Lungo periodo β' β L

Equilibrio di concorrenza perfetta FF W SS A W1 B E We Disoccupati volontari w0 DD Lo LE LS LD Lf L Offerta di lavoro W/P =w0 + β*L Domanda di lavoro W/P=α –β*L

Legge della domanda e dell’offerta e mercato del lavoro (1) Nel modello base, il salario raggiungerà in ogni caso il livello di equilibrio in corrispondenza del quale domanda e offerta si incontrano Se vi è eccesso di offerta di lavoro (salari più elevati di quello di equilibrio), la concorrenza tra lavoratori farà scendere il prezzo (salario) fino a raggiungere il salario We, in corrispondenza del quale la quantità domandata sarà uguale a quella offerta Analogamente, se vi è eccesso di domanda (il salario è più basso di quello di equilibrio), la concorrenza tra compratori (imprese) che cercano di “accaparrarsi” i lavoratori farà salire il salario sino a quando la quantità domandata sarà uguale a quella offerta Il salario tenderà spontaneamente al suo livello di equilibrio in assenza di interventi

Legge della domanda e dell’offerta e mercato del lavoro (2) La discesa del salario implica una diminuzione (fino alla scomparsa) della disoccupazione (in We): tutti coloro che vogliono lavorare al salario di mercato saranno impiegati dalle imprese Esiste pertanto, in un mercato perfettamente concorrenziale, un salario dettato dal mercato We nel quale non esiste disoccupazione involontaria (tutta la disoccupazione è volontaria) Disoccupati volontari sono coloro che sono disposti a lavorare unicamente ad un salario superiore a quello di mercato

Legge della domanda e dell’offerta e mercato del lavoro: Conclusioni Il meccanismo di mercato fa si che il sistema sia in grado di raggiungere, senza interventi esterni, la “piena occupazione” Per situazione di equilibrio di piena occupazione si intende un equilibrio per il quale la domanda è uguale all’offerta e tutta la disoccupazione è volontaria La disoccupazione involontaria sarebbe presente se il salario fosse più elevato di quello di equilibrio We: essa è pertanto causata da salari “troppo” elevati (disoccupazione classica)

Una prima conclusione: Disequilibrio=Disoccupazione Il salario W0 è quello di riserva (al di sotto del quale l’offerta di lavoro è nulla) L’offerta di lavoro si interrompe quando la curva SS giunge in corrispondenza della retta FF (Forze di lavoro). Se il salario di mercato è W1, i lavoratori occupati sono dati dall’ascissa del punto A (al livello LD). Al salario W1 quelli che lavorano sono coloro che si trovano in corrispondenza del punto A, mentre coloro che desidererebbero lavorare al livello di salario W1 sono dati dall’ascissa del punto B

Equilibrio in presenza di rigidità FF W Disoccupazione involontaria SS A W1 B E Disoccupazione volontaria We w0 DD Lo LE LS LF LD L

Disoccupazione volontaria e involontaria Dato il salario di mercato (nel nostro esempio W1), i disoccupati sono divisi in due gruppi: Coloro che sono disponibili a lavorare al salario W1: (LS-LD) sono i disoccupati involontari perché non trovano imprese disposte ad assumerli e sono disoccupati solo perché la domanda è inferiore all’offerta Coloro che non sono disponibili a lavorare al salario W1, LF-LS sono disoccupati volontari Al diminuire del salario e fino a We l’occupazione aumenta: L’aumento è il risultato: Di un aumento della disoccupazione volontaria Di una diminuzione della disoccupazione involontaria