Paula Benevene Università LUMSA, Roma Il coping Paula Benevene Università LUMSA, Roma 1
La valutazione cognitiva degli stressor (Lazarus &Folkman, 2004) 1) valutazione primaria: gravità dell’evento; 2) valutazione secondaria: risorse a disposizione e strategie da mettere in atto per fronteggiare l’evento; 3) valutazione terziaria: efficacia della propria azione. 3 3
La capacità di reazione dell’individuo dipendono da la vigoria psicologica (forza interiore) le strategie di coping adottate Il coping a sua volta interagisce con l’ autoefficacia e il locus of control 4 4
Vigoria psicologica Committment (impegno): la capacità di ognuno di credere in se stesso e nelle proprie possibilità; Control (controllo): la capacità di ognuno di assumersi piena responsabilità degli eventi della propria vita, piuttosto che attribuirli a cause esterne come il destino o il caso; Challenge (sfida): la tendenza al cambiamento piuttosto che alla stabilità, vedendo nell’evento stressante una possibilità di sviluppo personale, piuttosto che una minaccia alla propria tranquillità. 5 5
Il Coping (rielaborato da: Isfol) Non esiste un’unica definizione di coping: a) Sforzo consapevole e volontario per regolare l’emozione, il pensiero, il comportamento, la fisiologia e il contesto, in risposta a eventi o circostanze stressanti (Compas, 1998); b) Risposte (pensieri, sentimenti, azioni) che un individuo utilizza per far fronte alle situazioni problematiche, risolvendo il problema o adattandosi ad esso (Frydenberg, 1997).
Il Coping (rielaborato da: Isfol) Non esiste un’unica definizione di coping: a) Sforzo consapevole e volontario per regolare l’emozione, il pensiero, il comportamento, la fisiologia e il contesto, in risposta a eventi o circostanze stressanti (Compas, 1998); b) Risposte (pensieri, sentimenti, azioni) che un individuo utilizza per far fronte alle situazioni problematiche, risolvendo il problema o adattandosi ad esso (Frydenberg, 1997).
Il Coping (rielaborato da: Isfol) Non esiste un’unica definizione di coping: a) Sforzo consapevole e volontario per regolare l’emozione, il pensiero, il comportamento, la fisiologia e il contesto, in risposta a eventi o circostanze stressanti (Compas, 1998); b) Risposte (pensieri, sentimenti, azioni) che un individuo utilizza per far fronte alle situazioni problematiche, risolvendo il problema o adattandosi ad esso (Frydenberg, 1997).
Il Coping (rielaborato da: Isfol) c) L’insieme degli sforzi comportamentali e cognitivi, volti alla gestione delle specifiche richieste interne e/o esterne, valutate come situazioni che mettono alla prova o che in ogni caso eccedono le richieste di una persona; tali sforzi sono finalizzati a ridurre, minimizzare, e gestire tali richieste (Lazarus e Folkman, 1984) d) Regolazione dello stress, in termini di risposte volontarie, involontarie e automatiche. Include processi di information seeking e problem solving (Skinner e Wellborne, 1994).
Il coping I meccanismi di coping sono le strategie che ciascuno di noi adotta per affrontare i problemi, regolare lo stress e gestire le sue cause. Il coping ha molte funzioni, tra cui la regolazione dello stress e la gestione delle sue cause (Parker, Endler, 1996); serve a innalzare il benessere personale (Hobfoll, 1998), anche se non sempre le strategie adottate sono efficaci nel breve o nel lungo periodo (Zeidner e Saklofske, 1996).
Il coping La percezione di poter fronteggiare una situazione problematica è influenzata dalla valutazione del contesto stressante e dalla sua controllabilità (Baum, Fleming, Singer, 1983); Ogni individuo elabora le proprie strategie di coping: Il coping è influenzato dalle disposizioni personali (Carver, Scheier, 1999; Hewitt, Flett, 1996) (tra le quali, in particolare, l’ottimismo, il nevroticismo) e l’estroversione e alle esperienze precedenti (dai successi e dagli insuccessi vissuti dal soggetto in questo senso e da come questi sono stati percepiti e rappresentati)i;
Il coping Il coping non è un tratto stabile della personalità, La scelta delle strategie di coping adottate differiscono a livello individuale e dipendono da come viene percepito l’evento stressante; La percezione di poter fronteggiare una situazione problematica è influenzata dalla valutazione del contesto stressante e dalla sua controllabilità (Baum, Fleming, Singer, 1983); Il coping non è un tratto stabile della personalità,
Strategie di coping - 1 Attivazione, pianificazione. Il soggetto si focalizza sul problema, lo definisce e vi interviene in modo attivo; il problema è preso in carico dalla persona: affronta in modo diretto la causa o la situazione che genera stress, oppure pianifica una strategie compie azioni per ridrre, eliminare o gestire la casa dello stress; Ristrutturazione cognitiva, accettazione. Il soggetto prende consapevolezza del propria situazione e esprime emozioni e sentimenti; modifica la percezione e il proprio atteggiamento verso la situazione stressante; accettazione; attribuisce significati positivi agli eventi stressanti; vede la situazione stressante come una sfida:
Ulteriori strategie di coping - 2 Autocolpevolizzazione/autocritica. Il soggetto si sente colpevole e tende a non affrontare la situazione, sentendosi inadeguato o incapace. Ricerca del supporto sociale. Il soggetto chiede aiuto agli amici o alla famiglia o a persone esperte, per risolverlo. L’aiuto può essere richiesto sia in forma concreta sia sotto forma di sostegno affettivo. Ricerca di informazioni (internet, libri, eventi, etc) per trovare soluzione al problema
Ulteriori strategie di coping - 3 Evasione/evitamento. Il soggetto rifiuta di vedere oppure di affrontare il problema che appare impossibile da risolvere. In alternativa, si concentra su un’attività piacevole, fisica o intellettuale: non rifiuta il problema ma avvia un’azione sostitutiva e piacevole; Humor. Il soggetto sa sorridere di fronte alle avversità
Il coping Non esiste una strategia di coping migliore rispetto alle altre. Le strategie evitanti, ad esempio, funzionano bene nella fase immediatamente successiva all’evento stressante, soprattutto quando questo è molto intenso. Servono per dare la possibiità di recuperare energia e di affrontare gradualmente la rielaborazione. Se protratte per un tempo eccessivamente lungo, tuttavia, possono essere disfunzionali
Il coping Lazaruss & Folkman , 1984) distinguono tra coping centrato sulle emozioni e coping centrato sul problema; il coping centrato sul problema è più frequente quando il soggetto pensa di riuscire a modificare l’evento o la condizione stressante attraverso la sua azione diretta; Il coping centrato sulle emozioni avviene più frequentemente nelle situazioni in cui il soggetto ritiene di non poter intervenire sul problema, modificandolo, rimuovendolo o diminuendolo o eliminandolo. E’ una strategia mirata a modificare la risposta emotiva del soggetto all’evento stressante;
Il coping Il coping centrato sulle emozioni avviene più frequentemente nelle situazioni in cui il soggetto ritiene di non poter intervenire sul problema, modificandolo, rimuovendolo o diminuendolo o eliminandolo. E’ una strategia mirata a modificare la risposta emotiva del soggetto all’evento stressante; Nelle forze dell’ordine il coping focalizzato sulla soluzione del problema può in molti casi essere inefficace, se si considera che il lavoro nelle forze di Polizia è caratterizzato da numerose situazioni ed eventi stressanti che non hanno una vera e propria «soluzione».
Coping rivolto alla risoluzione del problema Coping centrato sul problema Coping centrato sulle emozioni Coping rivolto alla risoluzione del problema Pianificazione Attivazione Ricerca di aiuto specifico da parte di specialisti ed esperti, oppure ricerca di informazioni Ristrutturazione cognitiva Accettazione Attribuzione significati positivi (religiosità) Ricerca sostegno emotivo Humor Coping rivolto all’evitamento del problema Evitamento del problema Disimpegno comportamentale Negazione Distanziamento emotivo Disimpegno mentale I resilienti tendenzialmente adottano un coping rivolto alla risoluzione dei problemi centrao sia sul problema sia sulle emozioni. Nello specifico metton in atto strategie quali : (leggere da slide). Questo tipo di strategie sono correlate a un buon adattamento alle situazioni stressanti e quindi associati a un maggior benessere personale. Le strategie di coping rivolte all’evitamento del problema, sia quelle centrate sul problema, sia quelle centrate sulle emozioni sono invece correlate con un peggior adattamento.
Come gestire lo stress da lavoro? (da www.psiconline.it) Modificare la valutazione cognitiva dell’ambiente. DIstinguere tra le cose che possiamo controllare e quelle che non possiamo controllare. Chiediamoci se esistono modi alternativi di affrontare la nostra situazione. Se riteniamo alcuni aspetti della nostra realtà lavorativa immodificabile, cerchiamo di dare minore importanza agli eventi che ci accadono quotidianamente. Pianificare le attività di lavoro ed extralavorative. Se lo stress è dovuto alla quantità di lavoro, delegare tutto ciò che è delegabile.
Come gestire lo stress da lavoro? (da www.psiconline.it) Parlare del proprio vissuto a chi è vicino affettivamente ed emotivamente (persone e gruppi); Anche scrivere ciò che si è vissuto è utile; Prendersi cura del proprio corpo. Dedicarsi ad una attività fisica regolare, curare l’ alimentazione, limitare il consumo di alcol e il fumo, prevedere degli adeguati periodi di riposo; Mantenere vivi i contatti sociali, con amici e parenti; stare a contatto con persone da cui ci si sente sorretti ed amati o con cui, più in generale, si hanno rapporti positivi e significativi;
Come gestire lo stress da lavoro? (da www.psiconline.it) Pensare positivo. Riconoscere i pensieri disfunzionali. Prendere nota del lavoro fatto bene e dei propri successi. Porsi degli obiettivi a breve termine; Saper utilizzare il senso dell’humor, essere ironici su se stessi, scherzare con gli altri e sorridere agli altri; Rivedere la propria scala di valori. Rivedere il ruolo assegnato a ciò che esiste al di fuori del lavoro: la famiglia, gli amici, gli interessi e, più in generale, tutti gli ambiti in cui le soddisfazioni possono compensare lo stress da lavoro.
Come gestire lo stress da lavoro? (da www.psiconline.it) Impegnarsi in attività esterne di gruppo. Gruppi di sport, di volontariato, associazioni culturali, possono fornire gratificazioni. Ricorrere all’aiuto di un professionista esterno, se necessario. Il counseling, il coaching e la psicoterapia sono gli strumenti più utili per la risoluzione delle tensioni interne che danno origine allo stress. intervenire sugli obiettivi e le priorità della propria vita, cambiare le proprie assunzioni rispetto alla propria vita)
Come gestire lo stress da lavoro? (da www.psiconline.it) Ottimizzare la gestione del tempo. Distinguere tra cose importanti e cose urgenti. Faremo quindi prima le cose importanti e urgenti, poi quelle urgenti e non importanti, quelle importanti e non urgenti, e infine quelle non importanti e non urgenti. Prendersi delle pause. Fare delle interruzioni nel corso della giornata.
La resilienza E’ la capacità di un materiale di resistere a un urto improvviso e di sopportare sollecitazioni esterne senza spezzarsi e senza incrinatursi. In psicologia il termine identifica un processo di: adattamento efficace; sviluppo della persona anche in contesti di vita altamente stressanti 25 25
La resilienza Il processo di resilienza è caratterizzato da una prontezza nel recupero delle normali condizioni psicofisiche e dalla capacità di trasformare una esperienza stressante in una occasione di apprendimenti, e di gestire le proprie emozioni in senso positivo. E’ la capacità di evolversi anche in situazioni di rischio 26 26
La resilienza I fattori individuali I fattori relazionali Autoefficacia, autonomia, autostima Consapevolezza emotiva Ottimismo Capacità di problem solving Causalità interna Humor Empatia Strategie di coping, Vigoria (hardnes) Qualità dei rapporti familiari Qualità dei rapporti amicali Sostegno sociale Abbiamo visto all’inizio che la resiliena inizia a svilupparsi durante l’infanzia, la presenza di genitori attenti, in grado di soddisfare i bisogni dei figli è fondamentale per favorire lo sviluppo della resilienza, così come la
La resilienza Il processo di resilienza è caratterizzato da: Intervento del soggetto o del gruppo in una situazione situaione estremamente stressante o addirittura traumatizzante; Evoluzione positiva in termini di benessere psico-sociale: gestione delle emozioni e generazione di emozioni positive, così come capacità di sviluppare esperienze generative, di crescita personale. La resilienza le strategie di coping adottate Il coping a sua volta interagisce con l’ autoefficacia e il locus of control 28 28
La resilienza La resilienza è un processo; Si caratterizza per una forte capacità di resistenza e la capacità di rielaborare gli eventi vissuti, trasformandoli in termini emotivi e cognitivi; Questa rielaborazione consente di sviluppare una nuova condizione, più funzionale. 29 29
Come sviluppare la nostra resilienza? Creare e sviluppare rapporti interpersonali positivi; Non affrontare le crisi come problemi insormontabili:, Accettare i cambiamenti come fatti inerenti alla vita; Adottare obiettivi realistici; Trasformare i momenti difficili in occasioni di apprendimento o di crescita; imparare dalle proprie esperienze passate Mantenere gli eventi stressanti in una prospettiva a lungo termine; Visualizzare ciò che si è raggiunto o che si desidera raggiungere e non ciò che si ha fallito o ciò che si teme;
Molti studi hanno messo in relazione coping, autoefficacia e locus of control Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) L’auto-efficacia è la convinzione della propria capacità di raggiungere un certo livello di prestazione. Deriva dalla convinzione che la persona possiede a proposito delle proprie capacità di produrre quelle azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni, in modo da raggiungere risultati prefissati e desiderabili.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) L’auto-efficacia è legata alle credenze personali: ognuno di noi ha una rete molto articolata di convinzioni che vengono regolate continuamente tenendo conto della qualità e del livello delle prestazioni proprie e altrui: Credenze nutrite dalla persona a proposito delle proprie capacità di attuare i comportamenti necessari per raggiungere i determinati risultati e obiettivi (Bandura, 1977); Credenze delle persone a proposito delle proprie capacità di esercitare un controllo sugli eventi che riguardano la vita (Bandura, 1989); Credenze nei confronti delle proprie capacità di aumentare i livelli di motivazione, di attivare risorse cognitive e di eseguire le azioni necessarie per esercitare un controllo sulle risorse di un compito (Bandura, 1990).
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) L’auto-efficacia non è una caratteristica stabile e generale della personalità, ma è un forte predittore del comportamento e della performance. Infatti, le aspettative di auto efficacia fanno riferimento al compito e si distingue dai costrutti di autostima e dalle credenze relative a sé stessi, che sono invece valutazioni globali che il soggetto formula su di sé.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) Bandura, nel definire il concetto di auto-efficacia, individua tre dimensioni: AMPIEZZA: intesa come numero di compiti che una persona ritiene di poter affrontare per gestire le situazioni problematiche; GENERALITA’: ovvero il grado di estendibilità delle aspettative ad altri contesti; fa riferimento a quanto l’ autovalutazione di efficacia rispetto a prestazioni specifiche sono in grado di influenzare le credenze di autoefficacia in altri compiti, azioni e situazioni, simili ai precedenti. FORZA: ossia il livello di fiducia nelle propria capacità di raggiungere con successi un determinato obiettivo, nonostante le difficoltà. Aspettative forti sopravviveranno più a lungo a feed-back negativi e aspettative deboli porteranno l’individuo a desistere in un compito o in un’attività.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) L’auto-efficacia, così come viene percepita dal soggetto, influenza in primo luogo la scelta delle situazioni e degli obiettivi. Le persone decidono di intraprendere attività che, in base alla loro autovalutazione, giudicano capaci di poter fronteggiare; in caso contrario si sentono intimorite e tendono ad abbandonare la situazione ritenuta eccessivamente sfidante.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) L’autoefficacia influenza il livello di motivazione con cui si affrontano compiti e obiettivi: il soggetto che si percepisce capace di affrontare un obiettivo impegnativo: a) investe maggiore energia nel suo raggiungimento; b) intensifica gli sforzi che si impiegano nella messa in atto di comportamenti appropriati al conseguimento di un risultato; c) Mantiene nel tempo le risorse impegnate per raggiungere i suoi obiettivi, a dispetto degli ostacoli e delle esperienze negative che gli si presentano.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) Il fattore principale della formazione dell’auto- efficacia è costituito dal conseguimento di un esito positivo nelle attività intraprese. Per Bandura l’autoefficacia si sviluppa quando il soggetto è convinto che tale esito dipenda dalle sue abilità, in particolare dalle abilità che ha saputo organizzare in vista di finalità specifiche e non dalle abilità che costituiscono degli attributi fissi; Ogni individuo presenta livelli differenti di auto- efficacia in relazione ad aspetti diversi dalla propria vita.
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) Le aspettative di autoefficacia possono modificarsi attraverso 4 diverse fonti: esperienze dirette dell’individuo; esperienze indirette (esperienze vicarie); a seguito di input verbali; stati emotivi (come l’ansia o la paura) o fisiologici (come la stanchezza).
Bandura e la teoria dell’AUTO-EFFICACIA (rielaborato, da Nota e Soresi, 2000) Le relazione tra autoefficacia e risultato della prestazione è moderata da due fattori: la complessità del compito la complessità dell’ambiente In particolare, la complessità del compito può essere influenzata da una valutazione erronea della prestazione, correlata a una scarsa conoscenza di tutti gli aspetti del compito richiesto; una valutazione di autoefficacia basata su competenze diverse da quelle richieste dal compito richiesto; una stima incompleta di tutti i molteplici aspetti con un compito complesso
Persone con basso senso di auto-efficacia: Sono intimidite da attività difficili e se ne allontanano sentendosi minacciate; Hanno basse aspirazioni e scarso impegno nel raggiungere gli obiettivi scelti; Di fronte agli ostacoli riducono il proprio impegno e rinunciano facilmente; Si sentono incapaci e dopo pochi insuccessi perdono fiducia nella possibilità di raggiungere l’obiettivo; Sono facili preda dello stress e della depressione.
Persone con alto senso di auto- efficacia: Affrontano compiti difficili come sfide, sono motivate e partecipi di ciò che fanno; Nelle difficoltà intensificano il loro impegno appoggiandosi alle difficoltà superate positivamente in passato; Recuperano velocemente la propria auto-efficacia dopo gli insuccessi; Attribuiscono l’insuccesso all’impegno insufficiente o alla mancanza di conoscenze; Hanno maggiori successi personali che riducono lo stress e la vulnerabilità.
Un circolo vizioso Bassa autoefficacia Bassa autostima Aspettative negative Senso di colpa Fallimento Scarso impegno, ansia elevata
Il locus of control Rotter negli anni '50 ha messo a punto il costrutto del locus of control: una variabile psicologica, che fa riferimento a quanto l’individuo ritenga di esercitare il controllo sul proprio futuro e sugli eventi. Un soggetto con locus of control "esterno" attribuisce prevalentemente le cause di quanto accade al destino o agli altri o comunque a forze esterne a sé. Un soggetto con locus of control "interno" invece è orientato a considerare il futuro come un effetto delle proprie azioni e quindi una variabile su cui è possibile intervenire per modificare il corso degli eventi.
Il locus of control La persona che non si sente artefice della propria vita sviluppa un atteggiamento passivo, influenzato dalle proprie attribuzioni casuali, sviluppate a fronte delle esperienze pregresse e dei risultati precedentemente ottenuti, e non piuttosto su una valutazione oggettiva delle possibilità di successo nella risoluzione di un problema; un locus of control interno, porta a conseguire sia migliori risultati oggettivi sia una maggiore soddisfazione personale e professionale.
Effetti del locus of control esterno Percezione di imprevedibilità degli eventi; scarsa autonomia, dipendenza dagli altri o da forze esterne nella ricerca delle soluzioni ai problemi incontrati; percezione che le variabili esterne da controllare siano al di fuori delle proprie capacità; sensazione di una forte o totale impotenza rispetto agli eventi; attribuzione dei propri esiti negativi al destino o agli altri; rapida perdita della motivazione.
Effetti del locus of control interno Proattiività nella ricerca di soluzioni ai problemi; fiducia nella possibilità di affrontare e risolvere le difficoltà; sostanziale fiducia nella possibilità di raggiungere obiettivi impegnativi e ambiziosi; fiducia nelle proprie capacità e nella possibilità di accrescere le proprie competenze; costanza e tenacia nel perseguire i propri obiettivi; capacità di individuare strategicamente ulteriori possibili alternative nell’affrontare un problema difficile.