Appunti (da Basilea 1 a Basilea 3)

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L’accordo di Basilea 3.
Transcript della presentazione:

Appunti (da Basilea 1 a Basilea 3) Marzo 2018 Federica Miglietta

Basilea 1 (1988) L’accordo sul capitale denominato Basilea 1 nasce per rispondere alla necessità di uno schema normativo uniforme in tema di adeguatezza patrimoniale delle banche. L’imposizione di coefficienti patrimoniali ponderati per il rischio favorisce condizioni di solvibilità delle banche e limita l’assunzione di rischio da parte delle stesse L’adozione di rapporti di capitalizzazione uniformi consente di superare le distorsioni competitive e favorisce la creazione di un “international level playing field” Federica Miglietta - Università di Bari

Lo schema del coefficiente patrimoniale di basilea 1 PV= patrimonio di vigilanza Ai= attività i-esima Pi= ponderazione per il rischio dell’attività i-esima Cosa è inserito nel patrimonio di vigilanza? Patrimonio di base (Tier 1 capital- es. capitale azionario versato, riserve palesi) Patrimonio supplementare (Tier 2 capital- es. riserve di rivalutazione, strumenti ibridi di capitale) Federica Miglietta - Università di Bari

Lo schema del coefficiente patrimoniale di basilea 1 (2) Fattori di ponderazione (Pi) Vengono distinte quattro categorie Rischio nullo (ponderazione 0) Rischio basso (ponderazione 20%) Rischio medio (ponderazione 50%) Rischio pieno (ponderazione 100%) Federica Miglietta - Università di Bari Pond. 0% Pond. 20% Pond. 50% Pond. 100% cassa Crediti vs banche multilaterali Mutui assistiti da garanzie reali Crediti vs imprese private Crediti vs BC Ocse Crediti vs banche OCSE Partecipazioni in imprese private Debito Sovr. OCSE Crediti vs enti pubblici Crediti vs banche e governi non OCSE

Limiti di basilea 1 Concentrazione sul rischio di credito Scarsa differenziazione del rischio di credito : lo schema adottato per la ponderazione delle diverse attività in bilancio considera come una unica categoria di rischio (100%) i crediti verso imprese private commerciali ed industriali. L’ipotesi implicita è che tutte le imprese commerciali ed industriali abbiano uguale capacità di credito Scarsa differenziazione rischio di credito: Paese non OCSE più rischioso (es. Cina – A3) di Paese OCSE (es. Turchia – B1) Federica Miglietta - Università di Bari

Conseguenze di basilea 1 L’impatto dei requisiti patrimoniali è stato rilevante sulle politiche di ALM Ristrutturazione del bilancio attraverso ricorso a strumenti quali la cessione di parte dell’attivo (loan sales e securitization) Sostituzione di attivo caratterizzato da una elevata ponderazione del rischio con forme di impiego a ponderazione minore. Per esempio preferenza per i mutui casa rispetto a crediti a imprese private→ risparmio di capitale regolamentare (cd “arbitraggio regolamentare”). Federica Miglietta - Università di Bari

La necessità di un nuovo accordo sul capitale (Basilea 2) Il principale dei limiti di Basilea 1 era riferito alla sola concentrazione sul rischio di credito e, dunque, sull’esclusione dei rischi di mercato, in particolare il rischio di tasso di interesse ed il rischio di tasso di cambio. Tale limite assumeva sempre maggiore evidenza in risposta alla sempre maggiore presenza delle banche sui mercati mobiliari internazionali ed alla negoziazione di strumenti derivati In risposta a questi problemi, il nuovo accordo, oltre a specificare in modo più preciso i requisiti per il rischio di credito, include dei requisiti sui rischi di mercato Federica Miglietta - Università di Bari

Criteri metodologici di basilea 2 Il rischio di mercato viene definito come “il rischio di perdite nelle posizioni in bilancio e fuori bilancio a seguito di variazioni sfavorevoli dei prezzi di mercato”. Prezzi di mercato: Tassi di interesse (posizioni in titoli di debito) Prezzi azionari (posizioni in titoli di capitale) Tassi di cambio (posizioni in valuta) AD OGNUNA DI QUESTE TRE CATEGORIE DI RISCHI DI MERCATO VIENE IMPOSTO UN REQUISITO PATRIMONIALE Federica Miglietta - Università di Bari

I tre pilastri La riforma complessiva dell’Accordo sul Capitale, denominata Basilea 2, si basa sulla previsione di “tre pilastri”. Un nuovo sistema di requisiti patrimoniali (come riassunto poc’anzi), che includa rischio di credito, rischio di mercato. In più, vi è un requisito per il rischio operativo Un ruolo più importante assegnato alle autorità di vigilanza nazionali che devono validare i sistemi di controllo dei rischi adottati dalle banche (le autorità possono, se lo ritengono, imporre requisiti patrimoniali più stringenti) La cd “market discipline”, ovvero l’attribuzione al mercato di un ruolo importante, capace di imporre alle banche un grado di patrimonializzazione coerente con il relativo profilo di rischio Federica Miglietta - Università di Bari

Il primo pilastro e il rischio di credito L’approccio del Comitato di Basilea si basa sul riconoscimento di due alternative che le banche possono utilizzare per la stima del rischio di credito: Approccio standardizzato, fondato sull’utilizzo di rating esterni assegnati da società riconosciute a livello internazionale Approccio dei rating interni (IRB), in modo da tenere conto dell’esperienza delle aziende di credito nella stima e nella valutazione del rischio di controparte. L’approccio dei rating interni prevede la presenza, a sua volta, di: un sistema detto “FOUNDATION” un sistema detto “ADVANCED” Federica Miglietta - Università di Bari

L’approccio standardizzato Questo approccio mira a fornire maggiore sensibilità al rischio delle esposizioni. Vi sono alcune importanti innovazioni: Sparisce, per il Paesi sovrani, il criterio dell’appartenenza all’OCSE. La ponderazione dipende dal rating del Paese Per le controparti bancarie, si può decidere che: Alle controparti bancarie venga assegnato un rating meno favorevole rispetto a quello assegnato al paese sovrano d’origine La banca venga affidata in base al rating che le assegnano le agenzie riconosciute Federica Miglietta - Università di Bari

L’approccio standardizzato (2) 3. Per le aziende private vengono introdotti rilevanti cambiamenti. Le ponderazioni sono del 20%, 50%, 100%, 150%, a seconda del rating (se le aziende ne hanno uno). Per le aziende che non hanno un rating, si usa una ponderazione del 100% (ma è un limite inferiore che può essere aumentato in base alle richieste delle autorità di vigilanza) Per le operazioni di cartolarizzazione vengono proposte delle ponderazione di rischio specifiche Federica Miglietta - Università di Bari

L’approccio internal rating based-irb Nel caso dei rating interni l’ammontare di capitale necessario a supportare i rischi economici delle attività bancarie viene valutato con riferimento ai sistemi interni di rating (relativi al rischio di credito delle banche). Questi sistemi raggruppano le poste del BB (ovvero quelle poste illiquide prive di un mercato secondario di negoziazione, es. i prestiti) in classe di rischio omogenee alle quali si associa un determinato requisito di capitale regolamentare Per poter utilizzare l’approccio dei rating interni le banche devono essere in grado di stimare, come requisito minimo, la probabilità di default ad un anno relativa a ciascuna classe di rischio del sistema di rating Federica Miglietta - Università di Bari

L’approccio internal rating based-irb Gli input richiesti dai sistemi IRB, sia nella versione “foundation” che “advanced”, sono: PD: probability of default (ad un anno) LGD: perdita in caso di default EAD: esposizione debitoria al momento del default M: durata residua Federica Miglietta - Università di Bari Requisiti minimi PD LGD EAD M Foundation: forniti dalle autorità vigilanza Advanced: forniti direttamente dalle banche Sempre fornita dalla banca

Crisi finanziaria internazionale e il suo rapporto con basilea 2 I punti nodali per comprendere la genesi della crisi finanziaria internazionale, esplosa nell’autunno 2007 vanno ricercati in (Cfr: Resti e Sironi, 2010): Tassi di interesse applicati alle imprese molto bassi Una crescita economica sostenuta, in particolare per le “tigri asiatiche” Tassi di insolvenza- su obbligazioni e sui prestiti bancari- ai minimi storici Spread creditizi (tassi sui prestiti-tasso risk free) a livelli ridotti Federica Miglietta - Università di Bari

Crisi finanziaria internazionale e il suo rapporto con basilea 2 (2) In pratica, si era creata una situazione nella quale i tassi di interessi ridotti favorivano investimenti e crescita economica e sui mercati vi era molta liquidità (anche grazie alle politiche monetarie espansive) Queste condizioni avevano favorito alcuni elementi di fragilità del sistema: Una elevata leva finanziaria (denaro costava poco ; le imprese e le famiglie si erano molto indebitate) Numerose banche avevano aumentato le loro esposizioni sui mercati mobiliari; avevano aumentato l’offerta di credito. Avevano cioè ceduto asset immobilizzati attraverso la titolarizzazione dell’attivo ottenendo ulteriore liquidità Federica Miglietta - Università di Bari

….ma poi dal 2006 E’ cambiato il contesto macroeconomico Il prezzo delle materie prime è cresciuto In conseguenza del rialzo dei prezzi l’inflazione è salita determinando la necessità di politiche monetarie restrittive. L’aumento dei tassi ha avuto un impatto negativo sul mercato immobiliare e i prezzi sono diminuiti….questo ha creato una situazione paradossale nella quale il debito era superiore al valore dell’immobile→ NEGATIVE EQUITY → STRATEGIC DEFAULT, cioè smettere di pagare per convenienza economica. Federica Miglietta - Università di Bari

I punti deboli di basilea 2 La crisi finanziaria ha messo in luce alcune criticità di Basilea 2. Qualità e livello del capitale: troppi strumenti ibridi di capitale, anche a fronte di livello di capitale adeguato. Questi titoli non si sono rivelati utili per assorbire le perdite delle banche. Es: Strumenti ibridi di patrimonializzazione: strumenti finanziari che possono essere emessi dalle banche sotto forma di obbligazioni, certificati di deposito e, buoni fruttiferi o altri titoli e sono rimborsati ai sottoscrittori su richiesta dell’emittente con il preventivo consenso della Banca d’Italia. Prociclicità: non sbagliata a livello microprudenziale Aumento incontrollato della leva finanziaria: in situazione di crisi le banche hanno dismesso molti attivi per rientrare da debiti e questo ha accentuato l’instabilità dei mercati (deleveraging) Liquidità e crisi di liquidità Banche sistemiche: interconnessione che favorisce il propagarsi degli shock Perdite consistenti sul trading book Federica Miglietta - Università di Bari

Basilea 3: alcuni punti rilevanti Per evitare o attenuare: Problemi relativi alla qualità del capitale→ aumento del “common equity”, ovvero il core tier 1 nel patrimonio di vigilanza (capitale sociale versato e riserve da utili non distribuiti) Prociclicità → requisiti addizionali di capitale anticiclici in ottica di counter-cyclical buffer. Ciò significa accantonare di più quando c’è più liquidità Incremento della leva finanziaria → previsione di un limite minimo del 3% al rapporto tra patrimonio di base (Tier 1 capital) e totale dell’attivo. Questo criterio ha l’obiettivo attenuare i rischi legati ad un brusco deleveraging Federica Miglietta - Università di Bari

Basilea 3: alcuni punti rilevanti (2) Basilea 2 non dimenticava il rischio di liquidità ma lo affrontava con il secondo pilastro, basato sulla moral suasion da parte delle autorità centrali di vigilanza. Basilea 3 ha introdotto dei coefficienti minimi di liquidità a partire dal 2015. Per le banche sistemiche, quelle cioè che possono ingenerare un effetto domino, il Comitato di Basilea ha introdotto dei requisiti patrimoniali e di liquidità addizionali. In più queste banche devono emettere contingent capital, cioè capitale di debito che si trasforma automaticamente in capitale azionario nel momento in cui la dotazione patrimoniale della banca dovesse scendere sotto una soglia prestabilita. In ultimo, Basilea 3 introduce delle misure, come lo stressed VaR che pone rimedio ai limiti dei modelli VaR precedenti. Federica Miglietta - Università di Bari

Basilea 3: una sintesi Maggiore qualità del capitale (ovvero una maggiore capacità di assorbimento delle perdite) perseguita attraverso: Un maggiore quantità di common equity (sale al 4,5% dal 2%) (2015) L’introduzione del capital conservation buffer del 2,5% a partire dal 2016 per assicurare che le banche abbiano un cuscinetto di liquidità per le fasi di turbolenza finanziaria L’introduzione del counter-cyclical buffer sino al 2,5% (a discrezione delle Aut Vigilanza) Tetto massimo alla leva finanziaria Coefficienti di liquidità Federica Miglietta - Università di Bari