Relazione Avv. Santo Durelli

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Relazione Avv. Santo Durelli Giornata di studio «A quiet place – Un posto tranquillo»: Disturbo e tollerabilità del rumore nelle case e nelle città La responsabilità nella non conformità acustica degli edifici. Esegesi degli articoli 1490 e 1667-1669 c.c. Firenze, 14 Marzo 2019 Relazione Avv. Santo Durelli www.avvocatodurelli.it

I requisiti acustici passivi La normativa di riferimento per i RAP è il D.P.C.M. 5.12.1997 . La norma prescrive che le varie componenti dell’edificio tra un appartamento e l’altro posseggano una capacità di fono-isolamento non inferiore a determinati valori a seconda della tipologia di edificio (abitazione, scuola, albergo ecc). Le capacità di isolamento richieste dal DPCM 5.12.97 sono tra le più basse in Europa; trattasi di requisiti minimi, sotto i quali lo standard acustico dell’ambiente abitativo non è accettabile. La carenza dei requisiti acustici passivi può integrare: -- vizio dell’opera realizzata e quindi comportare la responsabilità in base alla norme sull’appalto, art. 1667 e 1669 c.c. -- vizio o mancanza di qualità della cosa venduta in base alla norme sulla vendita, art. 1490 e segg. c.c.

Nel rapporto tra privati il DPCM 5.12.1997 è ancora vigente ? Il dubbio è lecito alla luce della L. 88/2009, della L. 96/2010 e della sentenza della Corte Costituzionale 103/2013. La L. n. 88 del 7.7.2009 art. 11 comma 5 prevedeva «In attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai RAP ….. non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». L. 96/2010, il cui art. 15 c. 1, lett. c sostituì l’art. 11 della L. 88/2009 «In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi….l’articolo 3, comma 1, lettera e), della L. 447/1995(termine di emanazione che era stato prorogato ad un anno n.d.r..) si interpreta nel senso che la disciplina relativa ai RAP non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, …….

Sentenza Corte Costituzionale 103-2013 Sulla vigenza del D. P. C. M. 5 Sentenza Corte Costituzionale 103-2013 Sulla vigenza del D.P.C.M. 5.12.1997 dopo la sentenza della Corte Costituzionale Dopo che la sentenza ha sancito la incostituzionalità dell’art. 15 della 96 del 2010, quid juris? La giurisprudenza ha ritenuto : -per i rapporti e/o alloggi sorti anteriormente all’entrata in vigore della L. 88/2009 si continua ad applicare nel rapporto tra costruttori e venditori il DPCM -per i rapporti e/o alloggi sorti dopo l’entrata in vigore della L.88/2009, la sentenza della Corte ha avuto come effetto la reviviscenza della norma previgente, ossia la L. n. 88/09, con “sospensione” della applicazione del DPCM

Sulla piena applicabilità del DPCM personale opinione La personale opinione del sottoscritto è più radicale; ritengo non vi siano valide ragioni ostative alla applicazione del DPCM 5.12.1997 o quantomeno al suo sostanziale contenuto tecnico. a) Anche a voler seguire la tesi della reviviscenza della norma dall’art. 11 L. 88/2009 a seguito dell’incostituzionalità dell’art. 15 L. 96 che lo aveva sostituito per le seguenti ragioni: la sospensione del DPCM ex art. 11 L. 88 per i rapporti sorti successivamente alla sua entrata in vigore) era meramente temporanea -nel termine fissato dalla legge delega (termine che era stato prorogato fino al 29.7.10) nessun decreto legislativo è stato emanato - non è ammissibile una sospensione sine die Deve ritenersi che sia venuta necessariamente meno detta sospensione, con applicazione del DPCM 5.12.1997 anche ai rapporti o alloggi sorti successivamente all’entrata in vigore della L. 88/2009.

Il DPCM 5.12.1997 come regola dell’arte Ma se anche così fosse, il DPCM potrà essere comunque applicato in forza di una considerazione fondata sui principi generali del nostro ordinamento. La carenza di un immobile sotto l’aspetto acustico rimane pur sempre un vizio della cosa, Se anche ammettessimo come operante tutt’ora la sospensione ciò significherebbe che per stabilire la presenza o meno del vizio acustico non sarebbe più possibile basarsi sul citato D.P.C.M. ma, dall’altro, che quei vizi debbano pur sempre essere valutati alla stregua di altre norme. Quali sono? Quelle dell’arte, vigenti al momento in cui la prestazione è resa. Compito del Giudice, sarà quello di individuare quali siano queste norme ed in ciò egli ha margine di discrezionalità in quanto le regole dell'arte non vanno intese in modo assoluto, e con portata invariabile; esse devono invece adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l'opera è destinata secondo la sua funzione tipica, ed a quegli altri risultati che siano stati menzionati o siano impliciti nel contratto come elementi rilevanti (in tal senso v. Cass. n. 5694/1979).

segue Le regole dell’arte per la insonorizzazione degli edifici ben possono essere le stesse regole del D.P.C.M. 5.12.97, o meglio il suo contenuto tecnico. Se un edificio non possiede neppure le capacità di isolamento acustico minime previste dal DPCM allora è da ritenersi che chi lo ha progettato/costruito/ristrutturato non abbia rispettato queste regole. Interpretazione tanto più da avvallarsi tenuto conto che in tal modo si attua un allineamento della disciplina dei rapporti inter- privatistici (committenti-costruttori-acquirenti) con quelli pubblicistici (pacifico essendo che il DPCM 5.12.1997 continui ad operare nel rapporto ente pubblico-costruttore).

La carenza dei R. A. P. come vizio dell’opera. appaltata Art La carenza dei R.A.P. come vizio dell’opera appaltata Art. 1667-1669 c.c. Vengono in rilievo gli artt. 1667 -1668 e l’art. 1669 c.c. In base all’art. 1667: «1- L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera….. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. ……L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera». ». Secondo l’art. 1669 c.c. invece: «1- Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. 2- Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia».

La diversa responsabilità ex art. 1667 o 1669 c.c. Le disposizioni ex artt. 1667-1668 si riferiscono alla responsabilità contrattuale verso il committente dell’appaltatore per vizi e difformità dell’opera, mentre quella di cui all’art. 1669 c.c. alla responsabilità extracontrattuale (quindi anche verso terzi) per difetti di costruzione e per gravi vizi. Con l’art. 1669 l’ordinamento persegue la tutela dell’interesse generale della collettività che gli immobili siano costruiti bene. E’ compito del giudice verificare nel caso concreto se il vizio rientri nell’ambito dell’art.1667 o dell’art. 1669 c.c.La qualificazione ha un effetto sostanziale, in quanto l’appaltatore risponde nei confronti dei terzi solo e se l’immobile ha un vizio grave; se il vizio non è grave l’appaltatore risponde solo verso il committente. Diversi sono i termini per la denuncia del vizio a pena di decadenza (60 gg – 1 anno da scoperta) e per la prescrizione dell’azione (1 anno– 2 anni da denuncia).

I gravi difetti La giurisprudenza individua i "gravi difetti" ex art. 1669 c.c. non soltanto in quei difetti che ne determinano la rovina o il crollo, ma comprende nella categoria tutti quei difetti che compromettano il godimento e la funzione dell'immobile (Cass.2000/1608; Cass. n. 10048/2018). Vi rientrano quindi quelle deficienze costruttive incidenti sulla funzionalità' dell'opera e comportanti una menomazione del godimento dell'immobile (Cass. 2000/81) a prescindere dalla entità della spesa necessaria per la loro eliminazione (Tribunale Modena 27 settembre 2005: Trib. Pescara 20 n. 627/2017); può trattarsi anche di elementi secondari ed accessori (Cass. 1999/456; Cass. s.u. n. 7756/2017).

Carenza di RAP come vizio grave ex art. 1669 La carenza di RAP va inquadrata come vizio-difformità ex 1667 c.c. o tra i gravi difetti ex art. 1669 c.c.? Stante che il DPCM fissa dei valori minimi la giurisprudenza consolidata ritiene che il vizio sia grave e rientri nell’ambito dell’art. 1669 c.c. Su questo pertanto concentriamo la nostra attenzione Con l'azione ex art. 1669 può chiedersi la condanna dell'appaltatore o l pagamento della somma pari al costo opere per eliminare i vizi (cd. risarcimento per equivalente), o alla diretta esecuzione di tali opere (risarcimento in forma specifica). Ciò vale per i vizi riparabili. La riparabilità dipende da possibilità tecnica e anche da quella giuridica Pe i non riparabili, spetta il risarcimento del danno per il deprezzamento del bene. Alcune sentenze sull’argomento hanno seguito il criterio equitativo puro, altre , pur seguendo il principio equitativo, hanno applicato il parametro dell’importo ipotetico delle spese che sarebbero necessarie In presenza di vizi di ambo le specie, i due danni necessariamente si cumulano ( Trib. Arezzo 870/2014). ossia Trib. Lodi 1106-2010 e Trib. Padova del 15.10.2009  

La responsabilità dei vari professionisti L’asimmetria di informazione La presenza di un grave difetto ex art. 1669 c.c. comporta in linea teorica la responsabilità di tutti coloro che abbiano contribuito all’insorgere del vizio, anche verso terzi acquirenti. Principio che informa il settore della responsabilità professionale è quello della asimmetria di informazione, che ha il suo fulcro nella tutela del contraente ritenuto più debole, ossia il committente. Il ragionamento è che, nella generalità dei casi, il rapporto fra committente e professionista è sbilanciato: il primo difficilmente dispone delle nozioni per valutare le competenze del professionista e controllarne la prestazione. Il buon fine dell’operazione che il committente si è prefisso dipende, e ciò lo rende “debole” contrattualmente, dalla capacità ed onestà del professionista. Da qui il rigore seguito dalla giurisprudenza nella valutazione dell’operato del professionista.

La responsabilità dell’appaltatore L’art. 1669 c.c. prevede che, in caso di vizi gravi, quindi anche per carenza di RAP, egli risponda verso il committente e verso gli acquirenti. E’ tenuto non solo ad eseguire a regola d’arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza e nei limiti delle cognizioni tecniche esigibili, la congruità e la completezza del progetto e l’idoneità dei materiali utilizzati (Cass. n. 16323/2018; Cass. n. 15732/2018). Qualora riscontri errori, nel progetto e/o nell’esecuzione, è tenuto e segnalarli al committente e a sospendere i lavori sino ad ulteriori indicazioni (CdA L’Aquila n. 2201/2017). La sua responsabilità si ritiene esclusa solo nel caso in cui egli dimostri di aver ricevuto disposizioni tassative di eseguire l’opera nonostante le riserve fatte al committente o al D.L., avendo agito quindi quale «nudus minister» (Cass. n. 15732/2018).

segue L’appaltatore sarà ritenuto responsabile anche nel caso in cui avrebbe dovuto accorgersi di tali errori, ma non lo abbia fatto. Anche quando l’individuazione degli errori sia resa maggiormente difficoltosa a causa dell’omissione di informazioni ad opera del committente, l’appaltatore non è esentato da colpa, non potendo esimersi invocando il concorso di colpa del committente (Cass. n. 21959/2017).

La responsabilità del progettista L’obbligazione del progettista è di risultato. Questi quindi è tenuto a redigere un progetto concretamente utilizzabile che garantisca l’assenza a priori di difetti, a maggior ragione di difetti gravi. Il progettista è tenuto in particolare a conoscere le norme giuridiche specifiche che incidano sulla corretta realizzabilità del progetto. Spesso ricorre l’ipotesi della redazione di un progetto che prescinda dal rispetto del D.P.C.M. 5.12.1997 e che il professionista si difenda assumendo che il Regolamento del Comune nulla prevede. Ma è la legge stessa ad integrare in via eteronoma il contenuto dei contratti de quo, nella specie: la L. 447/1995, il d.p.c.m. 5.12.1997. Si aggiunga che per il principio della gerarchia delle fonti un regolamento comunale non può derogare, in senso contrario alla sue finalità, una norma di livello nazionale.

La responsabilità del direttore dei lavori Il D.L. è il professionista cui viene conferito l’incarico di curare la conformità dell’esecuzione dell’opera al progetto. Laddove il D.L.rilevi un errore progettuale o addirittura la mancanza di un progetto acustico ovvero di esecuzione egli deve intervenire per evitarlo o per rimediarvi, disponendo la sospensione dei lavori. Solo nel caso in cui intervenga una precisa, inoppugnabile assunzione di responsabilità da parte del committente o del costruttore la sua responsabilità viene meno, ma nei rapporti interni, non verso terzi. La responsabilità del D.L. si ricollega inoltre all’esistenza di un grave difetto dell’opera al quale questi abbia contribuito omettendo la sorveglianza durante l’esecuzione dei lavori, non eseguendo controlli sull’idoneità dei materiali, non rilevando la violazione di quanto previsto dal progetto.

La responsabilità del tecnico acustico In ordine alla sua responsabilità si possono distinguere due casi: A- Nel caso in cui abbia progettato gli isolamenti acustici ed i requisiti acustici passivi non siano stati soddisfatti a causa di valutazioni previsionali errate e/o di materiali rivelatisi inidonei, il perito acustico stesso dovrà rispondere del suo progetto alla stregua del progettista. B- Nel caso in cui intervenga solo a costruzione conclusa, per verificare e certificare il rispetto degli standard normativi, la sua obbligazione è da considerarsi di mezzi. Nella particolare ipotesi di una verifica avente ad oggetto un immobile composto da molteplici e differenti unità immobiliari e che si estenda solo ad alcune di esse, il perito acustico assumerà responsabilità solo per le parti collaudate.

Il vizio ex art. 1669 c.c. in caso di ristrutturazione La responsabilità ex art. 1669 c.c. si configura non solo in relazione ad immobili costruiti ex novo e carenti dei requisiti acustici passivi, ma anche in relazione ad interventi di ristrutturazione, sia integrale che parziale (Cass. s.u. n. 7756/2017). Sono soggetti al rispetto dei RAP tutti gli interventi di ristrutturazione che abbiano ad oggetto il rifacimento anche parziale di impianti tecnologici, delle partizioni orizzontali e verticali degli edifici oppure il rifacimento delle facciate esterne, verniciatura esclusa (Circolare del Min. Ambiente del 1/9/1998) o comunque parti dell’opera soggette al rispetto dei requisiti acustici passivi (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con parere n. 12/2014).

Responsabilità ex art. 2043 c. c Responsabilità ex art. 2043 c.c. (per la serie non tutto è perduto oppure non si può mai star tranquilli ) L’art.1669 c.c. prevede termini di decadenza e di prescrizione stringenti, ma pone presunzione di colpa in capo all’appaltatore (ed ausiliari), che resta gravato dall’onere di provare, per l’appunto, l’assenza di colpa. Ma se i termini per l’acquirente fossero già maturati, egli potrebbe agire ex art. 2043 c.c. «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Ma in questo caso l’onere della prova di dimostrare la colpa dell’appaltatore è a suo carico. Il termine di prescrizione per questa azione è di 5 anni dal momento in cui il danno si manifesta in modo oggettivamente percepibile e conoscibile dal danneggiato. Non vi è termine di decadenza per la presentazione di denuncia.

Responsabilità solidale Il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista o il direttore dei lavori, i cui inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c. È salvo il diritto di regresso in base al quale colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate (Cass. 21/09/2016, n. 18521 e n. 14650 del 27/08/2012).

Carenza di RAP come vizio della cosa venduta L’art. 1490 c.c. dispone che: «Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinato o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore». La responsabilità del venditore è più ampia rispetto a quella dell’appaltatore in quanto non è necessario che il difetto sia «grave» come richiede il 1669 cc L’obbligo consegue al semplice trasferimento di un bene difettoso, a prescindere dalla colpa, che rileva, ex art. 1494 c.c., solo per eventuali aspetti risarcitori. Il compratore ha l’onere di denunciare il vizio entro 8 giorni dalla scoperta a pena di decadenza, e promuovere l’azione giudiziale, a pena di prescrizione del diritto, entro 1 anno dalla consegna del bene.

La responsabilità del costruttore-venditore Tuttavia, qualora il venditore possa essere considerato anche costruttore dell’immobile, la giurisprudenza estende a questa figura il campo di applicazione dell’art. 1669 c.c. La giurisprudenza ritiene integrata la figura del costruttore-venditore in due diverse ipotesi: - nel caso in cui il venditore costruisca in proprio l'immobile e, successivamente, lo ceda agli acquirenti finali, pur in assenza di un contratto di appalto; - qualora, pur commissionando a terzi la costruzione del bene, mantenga il potere di direttiva ovvero di controllo sull'operato. Quest’ultima condizione si presume realizzata nell’ipotesi in cui abbia progettato l'opera e diretto i lavori o nominato un direttore dei lavori o sorvegliato personalmente l'esecuzione dell'opera (Cass. n. 10048/2018).

…segue Quindi il costruttore–venditore per questa duplice qualifica risponde nei confronti dell’acquirente sia ex art. 1490 sia ex art. 1669 c.c., con l’ulteriore conseguenza che la sua responsabilità non è limitata ai vizi gravi ma ad ogni tipologia di difetto/mancanza di qualità le domande ex artt. 1490 c.c e 1669 c.c. possono proporsi congiuntamente. In base alla prospettazione attorea il Giudice valuterà se ricorrono gli elementi costitutivi dell’una o dell’altra azione, ovvero di entrambe Secondo la giurisprudenza anche quando l’azione sia stata introdotta ex art. 1490 c.c., ma siano allegati gravi difetti dell’immobile, il giudice può riqualificare la domanda ex art. 1669 c.c. (Trib. Siena n. 793/2017).

Rimedi esperibili per vizio della cosa venduta In base al disposto dell’art. 1492 c.c. l’ordinamento riconosce all’acquirente la scelta alternativa due rimedi: - la risoluzione del contratto di acquisto, in base alla quale il compratore è tenuto a restituire il bene e ha diritto alla restituzione del prezzo pagato da parte del venditore; - la riduzione del prezzo stimata proporzionalmente alla riduzione del valore del bene derivante dalla presenza di vizi della cosa. L’acquirente avrà comunque diritto al risarcimento del danno Questi diritti competono all’acquirente anche nel caso in cui il vizio acustico venga considerato ex art. 1497 c.c. per mancanza di qualità della cosa.

E per gli immobili costruiti prima dell’entrata in. vigore del D. P. C E per gli immobili costruiti prima dell’entrata in vigore del D.P.C.M. 1997 ? Il criterio per stabilire se la rumorosità possa costituire vizio rilevante ex art. 1490 e/o 1497 c.c. è stata indicato nella sentenza Cass. n. 8338/1998 e nella risalente pronuncia della Corte Appello di Milano 2/2/71 secondo cui si è in presenza di un vizio rilevante quando la rumorosità immessa, generata da comportamenti normali dei vicini, sia superiore alla normale tollerabilità, comparando il livello delle stesse con il rumore di fondo. La dottrina ha ritenuto che il criterio per evitare valutazioni esclusivamente soggettive è quello stabilito dall’art. 1455 c.c. della scarsa o rilevante importanza del vizio. E ha individuato quale parametro per valutare la rumorosità i valori previsti dal DPCM 5/12/97, ancorché sopravvenuti alla realizzazione dell’edificio, quali obiettivi parametri ai fini del giudizio ex art. 844 c.c. di tollerabilità delle immissioni, valutazione che va compiuta all’attualità.

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