CRISTIANIZZAZIONE CRISTIANESIMI ALTOMEDIEVALI

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Transcript della presentazione:

CRISTIANIZZAZIONE CRISTIANESIMI ALTOMEDIEVALI 22 ottobre

Regni romano-barbarici . Sin qui abbiamo visto: Impero e sua decadenza (compreso lo sfilacciamento «culturale» e giuridico) Primi suoi rapporti con la Chiesa (con la C maiuscola: abbiamo parlato di chiesa romana) Regni romano-barbarici Affrontando il tema della Chiesa altomedievale, come si rapporta la storiografia rispetto a questi temi?

. - è da evitare la proiezione sul passato del modello di chiesa cattolica del secondo millennio (dal XI secolo in poi). Ciò che si rischia di “proiettare” - anche nell’insegnamento – è un modello ‘monarchico’, papalista, omogeneizzante. La ricerca storica recente ha dimostrato al contrario che molti aspetti di questa prospettiva (il “primato petrino”, la centralità romana, ecc.) hanno una loro storicità, sono stati in lenta incubazione nel corso del primo millennio, e si sono manifestati in pieno soltanto nel secondo millennio. (RIFORMA DELLA CHIESA NEL XI SECOLO)

. Rispetto a questa prospettiva, le diverse tradizioni storiografiche delle nazioni europee corrono rischi diversi: in particolare, la storiografia italiana è stata più direttamente interessata da questo rischio “Roma-centrico”, che ha due versanti (minimizzare, come ora accennato, le varietà e le pluralità del millennio precedente; sopravvalutare, nel giudizio sugli avvenimenti del XI secolo, il peso della curia romana).

Questo discorso si può articolare in vari sotto-punti: . Questo discorso si può articolare in vari sotto-punti: 1) la sottovalutazione del pluralismo istituzionale delle chiese nell’alto e nel pieno medioevo . Nell’alto medioevo esistono più sedi patriarcali, cioè sedi vescovili di fondazione apostolica, di pari dignità; esiste certamente una superiorità della Chiesa di Roma, ma è una superiorità «d’onore» e non «gerarchica», di «autorità». C’è poi una forte varietà e non coerenza delle strutture organizzative; le chiese locali hanno larga autonomia, al di là del dato ecclesiologico della pari dignità dei vescovi, tutti a pari titolo «successori degli apostoli»;

E ancora: c’è varieta e pluralità delle regole monastiche, ecc. 2) c’è una forte varietà e «storicità» dell’impianto dottrinale e teologico [si pensi alle controversie dogmatiche e al dibattito sulla natura di Cristo]). E ancora: c’è varieta e pluralità delle regole monastiche, ecc. Insomma: la visione di una chiesa altomedievale unitaria che procede trionfalmente dal centro alla periferia, da Roma all’Europa, dal vertice alla base, è assolutamente poco rispondente alla realtà dell' alto medioevo. .

. 3) Un terzo rischio è la sopravvalutazione nella omogeneità e nella completezza della cristianizzazione. Il fenomeno dell’«inculturazione cristiana» nelle culture tradizionali barbariche è lento e accidentato, sia in riferimento alle diverse etnie e alle diverse aree geografiche, sia rispetto ai diversi ambienti sociali (resistenze pagane e substrato di culti “naturalistici” nel mondo rurale).

. La diffusione del cristianesimo si compì sia grazie alla spinta evangelizzatrice delle prime comunità e all’iniziativa dei monaci inviati dal papato di Roma, sia attraverso le costanti relazioni politiche e diplomatiche stabilitesi tra il ceto vescovile, di matrice e origine senatoria, e i capi militari germanici..

. Tale processo – che portò complessivamente all’omogeneizzazione della cultura e delle pratiche religiose dell’Europa occidentale e favorì il ruolo incontrastato di chierici e di monaci nel disciplinamento della vita dei laici – fu tutt’altro che lineare e omogeneo. Un primo punto d’arrivo fu l’età carolingia, con lo sforzo di Carlomagno di costruire un impero unitario

. Lo sforzo di omogeneizzazione comincia con Costantino, punto di svolta rispetto al rapporto contrastato tra la Chiesa e i poteri statali che aveva avuto vigore sino ad allora 313. Editto di Costantino (o editto di Milano): la professione della religione cristiana viene dichiarata licita entro i confini dell’Impero e quindi si sospendono ufficialmente le persecuzioni dei cristiani

I. Impero e Chiesa in età tardo antica 325. Il Concilio di Nicea, convocato da Costantino, raggiunge lo scopo di unire la cristianità dal punto di vista dottrinale affrontando lo scisma donatista e l’eresia ariana  la chiesa si autoafferma nei confronti dell’eresia mediante la precisazione del dogma (contro la differente natura di Padre e Figlio sostenuta da Ario)  la chiesa conferma la sua immissione nel corpo dell’Impero come istituzione pubblica (rifiuta quindi la dottrina donatista, basata su un rigorismo intransigente: Chiesa formata da eletti, rifiuto dei sacramenti amministrati da soggetti indegni, esaltazione del martirio, condanna dell’Impero in quanto “vecchio persecutore”)

, 380. Editto di Tessalonica: Teodosio I dichiara la religione cristiana, nella professione cattolica, culto ufficiale dell’Impero e condanna tutte le altre religioni  da ora la Chiesa può fondare il proprio prestigio sul “braccio secolare”, contando sul consenso e sul sostegno che lo Stato le assicura  piena fondazione di una tradizione latino-cristiana

I. Impero e Chiesa in età tardo antica cesaropapismo 494. papa Gelasio I (492-496), in una lettera all’imperatore d’Oriente Anastasio (491-518), formula il principio dualistico: il mondo è governato da due autorità separate (sacerdotium e imperium: l’autorità del papa per l’ambito spirituale e l’autorità dell’imperatore per quello temporale), l’una chiamata da Cristo a guidare le anime, l’altra a governare i negozi secolari (Vicarius Christi, potestates distinctae: auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas)  nel secolo è il sacerdote a seguire le leggi imperiali, ma nelle cose divine è l’imperatore a obbedire al sacerdote

. Il rapporto «di vertice» prosegue: il patriarca di Costantinopoli, per esempio, stringe sempre più i legami e i rapporti con l’imperatore…… Ma questa è solo UNA faccia della realtà. A livello delle singole diocesi, delle singole chiese cittadine, il ruolo dei vescovi è profondamente diverso. Si può definire in generale come un ruolo di SUPPLENZA di poteri amministrativi e politici che nelle singole città sono in difficoltà grave, rispetto ai regni romano barbarici, ecc. Monarchia dei vescovi

Episcopalis audientia Una delle manifestazioni più significative è il fenomeno della Fenomeno della episcopalis audientia: il vescovo poteva sostituirsi alle magistrature laiche nell’esercizio della giurisdizione civile, quando gli ufficiali pubblici latitavano, su base volontaria.   Fino all’età costantiniana non si può parlare della posizione giuridica del vescovo in rapporto alla città e allo stato. Età costantiniana: da una religione e da una chiesa fuori e contro lo stato, a una religione e ad una chiesa dentro lo stato.  

. VARI AMBITI DI INTERVENTO «CIVILE» E GIUDIZIARIO DI UN VESCOVO la presenza del vescovo è condizione necessaria per la validità della manomissione di un servo. (316) si delibera la sospensione di un processo qualora ambedue le parti decidano di ricorrere all’arbitrato del vescovo Le costituzioni degli imperatori del V secolo prevedono per i vescovi il potere di intervenire a favore delle donne costrette alla prostituzione, dei servi minacciati di prostituzione, in alternativa al magistrato cittadino; di controllare le visite ai carcerati; di portare a termine le esecuzioni testamentarie; di assistere gli orfani e le vedove (età gota, VI sec. in.); di distribuire il grano conservato nei magazzini regi a prezzo politico

. . NASCE IL TRIBUNALE ECCLESIASTICO, LA GIURISDIZIONE SEPARATA PER IL VESCOVO E PER I CHIERICI il vescovo è esentato dall’essere convenuto di fronte ad un magistrato ordinario il vescovo è esentato dal testimoniare in giudizio: nam et persona dehonoratur et dignitas sacerdotis confunditur.  

. DEL RESTO…. Il vescovo è nominato dalla cittadinanza oltre che dal clero, dunque è la città che lo esprime. Lo stato tende ad avvalersi, come controllo locale, di questi elementi indipendenti dalla propria gerarchia. E’ cosciente della insufficienza della sua burocrazia. Vescovo come defensor civitatis (365), magistrato dell’ordinamento statuale a tutela dei poveri (con azione di controllo su altre magistrature ordinarie).

, In questo ambito, nelle diverse chiese, i vescovi producono sentenze, accumulano materiali, trattati, esperienze di carattere amministrativo e giuridico, che sono talvolta recepite dalla (morente, esangue) tradizione del diritto romano la Chiesa assume come diritto personale il diritto romano e diviene nel tempo il principale custode delle tradizioni giuridiche romane  già la legge dei Franchi Ripuarii, e quindi una legge barbarica ricorda che “la Chiesa vive secondo la legge romana”  le fonti giuridiche romane riguardanti la Chiesa vengono riunite in particolari collezioni come la Lex Romana canonice compta (IX sec.)