Paolo Paesani (DEF Tor Vergata)

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Transcript della presentazione:

Paolo Paesani (DEF Tor Vergata) Il mercato nel pensiero economico Lezione 17 Mercato e distribuzione (1) Paolo Paesani (DEF Tor Vergata)

Introduzione Il tema della distribuzione del reddito, sempre più importante negli ultimi anni, è strettamente legato alla questione dei rapporti di forza all’interno dell’economia di mercato di cui ci siamo occupati in questo corso. Esistono teorie diverse per spiegare la distribuzione funzionale del reddito (lavoratori, percettori di profitti, titolari di rendite fondiarie o immobiliari). Seguendo Kaldor (1956) , passeremo brevemente in rassegna le quattro teorie principali, collegandole alla visione del mercato che ciascuna di queste teorie sottintende. I brani riportati in corsivo nel testo sono tratti dalla traduzione italiana del saggio presente in Marcuzzo e Roncaglia (1998, pp. 107-131). Per un approfondimento sulle teorie della distribuzione cfr. Screpanti (1990).

Teoria ricardiana della distribuzione (1) Per D. Ricardo  l’individuazione delle leggi che regolano la distribuzione del reddito è “il problema principale dell’economia politica”. Il modello ricardiano dell’economia distingue due settori all’interno del sistema economico: il settore agricolo (all’interno del quale si produce il bene omogeneo grano) e il settore manifatturiero. Nell’economia sono presenti tre categorie di percettori di reddito: i lavoratori (che percepiscono salari), i capitalisti (che percepiscono profitti) e i proprietari terrieri (che percepiscono rendite fondiarie). Partendo da questa schematizzazione, e da una periodizzazione annuale dei cicli di produzione, Ricardo elabora una teoria della distribuzione fondata su due principi: 1) il principio marginalistico e il 2) principio del sovrappiù. Il principio marginalistico consente la spiegazione della rendita, mentre il principio del sovrappiù spiega la ripartizione del residuo tra salari e profitti.

Teoria ricardiana della distribuzione (2) Nel definire la sua teoria della rendita differenziale, Ricardo parte dall’assunto che i terreni disponibili per la coltivazione si distinguano in base al loro livello di fertilità. Sui terreni più fertili è possibile ottenere una determinata quantità di grano, utilizzando relativamente poco lavoro. Produrre la stessa quantità di grano su terreni meno fertili richiede una quantità maggiore di lavoro e dunque è più costoso. Data la quantità complessiva di terreni disponibili e il loro grado di fertilità, il prodotto marginale del lavoro applicato alla produzione di grano e il prodotto medio sono positivi e diminuiscono man mano che ci si sposta dai terreni più fertili a quelli meno fertili. Ipotizziamo che, inizialmente, siano messi a coltura solamente i terreni di qualità migliore e che il prezzo del grano sia sufficiente a coprire i costi di produzione.

Teoria ricardiana della distribuzione (3) Con la crescita dell’economia e del numero di persone da sfamare, il prezzo del grano aumenta, generando un incentivo a coltivare terreni via via meno fertili dove produrre grano costa di più. Il prezzo del grano coincide con il costo di produzione sui terreni marginali (meno fertili) ma poiché il prezzo del grano è identico a prescindere dal luogo di produzione (bene omogeneo) e poiché il costo di produzione del grano sui terreni più fertili è inferiore al costo di produzione sui terreni meno fertili, i proprietari dei terreni più fertili chiederanno agli agricoltori una rendita pari alla differenza fra prezzo e costo di produzione. Sottraendo dal reddito la rendita così determinata il residuo viene suddiviso tra percettori di profitti e di salari.

Teoria ricardiana della distribuzione (4) Per comprendere come ciò avvenga utilizziamo il diagramma introdotto da Kaldor e riferito al settore agricolo dell’economia. Le curve P-Mp e P-Ap rappresentano, rispettivamente, il prodotto marginale (decrescente) e il prodotto medio del lavoro applicato alla produzione di grano (superiore al prodotto marginale). Supponendo che la forza lavoro impiegata nella produzione di grano sia pari a OM, il prodotto complessivo sarà pari alla superficie OCDM. Sui terreni marginali prezzo e costo di produzione del grano coincideranno e la rendita sarà pari a 0. Sui terreni infra-marginali (dove i costi di produzione sono inferiori e il prodotto marginale e medio più alti) si pagherà una rendita fondiaria pari alla differenza tra prezzi e costi. L’ammontare complessivo delle rendite è pari alla superficie del rettangolo BCDA. Sottraendo le rendite totali dal prodotto aggregato il residuo OBAM si divide fra salari e profitti.

Teoria ricardiana della distribuzione (5) Ricardo, seguendo la teoria malthusiana della popolazione (v. dopo), ipotizza che il salario sia dato a livello di sussistenza (determinato a livello sociale se non necessariamente a livello biologico) pari a OW (inferiore al prodotto marginale del lavoro). Il salario è pagato, sotto forma di grano, all’inizio del ciclo produttivo (anticipazioni) attingendo ai profitti accumulati nel periodo precedente. Moltiplicando il salario di sussistenza OW per la forza lavoro impiegata OM, si determina il monte salari pagato nel settore agricolo (OWKM). La differenza fra OBAM e OWKM coincide con i profitti percepiti dai capitalisti come residuo o surplus, utilizzato (principalmente) per anticipare i salari ai lavoratori all’inizio del periodo successivo. Il rapporto fra profitti e salari (capitale circolante), misurati entrambi in termini di quantità di grano, determina il saggio di profitto del settore agricolo al quale tende a uniformarsi il saggio di profitto nel settore industriale.

Teoria ricardiana della distribuzione (6) In un’economia in espansione il punto M tende a spostarsi verso destra. A parità di conoscenze tecnologiche, l’occupazione, la produzione , le rendite e il fondo salari aumentano mentre i profitti si riducono fino al raggiungimento dello stato stazionario, una situazione in cui i profitti sono così bassi da non consentire (ai capitalisti qualcosa di più di) un adeguato compenso alle loro fatiche e al rischio, ai quali essi vanno necessariamente in contro, nell’impiegare produttivamente il loro capitale. Ogni elemento esogeno che tenda a accrescere il prezzo del grano e i salari di sussistenza (come le leggi protezionistiche che limitavano l’importazione di grano dall’estero, contro le quale Ricardo si opponeva, battaglia che sarà ripresa dalla scuola di Manchester) comprime, a parità di altre condizioni, i profitti e deprime le prospettive di crescita dell’economia.

Teoria ricardiana della distribuzione (7) Analogamente, qualsiasi imposta che non colpisca la terra, deve in ultima istanza ricadere sui profitti, dei quali costituisce una decurtazione: ne segue un abbassamento del saggio di accumulazione. Ricardo, in linea con Smith, credeva nella validità della legge di Say (v. sopra) e nel­l’idea che qualunque fosse il livello di produzione la domanda aggregata coinciderà con esso. Al contrario, Malthus riteneva che fossero possibili crisi di sovrapproduzione provocata da un difetto di domanda causato, a sua volta, da un reddito aggregato dei lavoratori-consumatori inferiore al valore della produzione. Anche per questo, Keynes lo prenderà a modello, includendo il nome di Malthus fra i precursori della teoria della domanda effettiva.

Teoria malthusiana della popolazione Malthus si occupa della crescita della popolazione e della crescita delle risorse alimentari. Nel suo Essay on the Principle of Population del 1798 ipotizza che la popolazione cresca seguendo una serie geometrica (a meno che non intervengano meccanismi correttivi come la castità) e le risorse naturali una serie aritmetica. In questo caso, è inevitabile che prima o poi la popolazione superi le risorse naturali. Quando ciò accade la popolazione tende a ridursi per effetto di carestie e epidemie fino a quando non si ristabilisce l’equilibrio con le risorse naturali (legge ferrea della popolazione). La teoria malthusiana implica, fra l’altro, l’esistenza di un salario di sussistenza. Quando i salari superano il livello di sussistenza la popolazione tende a crescere senza freni, innescando i meccanismi correttivi di cui si è detto. Quando i salari scendono al di sotto del livello di sussistenza la popolazione tende a ridursi, innescando prima o dopo l’aumento dei salari. Storicamente, l’applicazione dell’innovazione tecnologica nel campo della produzione agricola e estrattiva ha permesso il superamento della trappola malthusiana in molte zone del mondo sviluppato e in molte economie emergenti.

Teoria marxiana della distribuzione (1) La teoria marxiana è essenzialmente un adattamento della teoria del sovrappiù di Ricardo dalla quale si distingue su tre fronti principali. Primo, Marx  non distingue tra profitti e rendite fondiarie ma accomuna entrambi nella categoria del sovrappiù, non ha dunque bisogno di riferirsi al principio marginale e alla teoria della rendita differenziale. Secondo, il salario è composto da un aggregato di beni (non solo grano, come nel modello di Ricardo) ed è mantenuto al livello di sussistenza dalla presenza di un certo numero di disoccupati involontari (l’esercito industriale di riserva), espul­si dal circuito produttivo nel passaggio dalla produzione pre-capitalistica (artigianale) alla produzione capitalistica (caratterizzata da una meccanizzazione crescente e dalla sostituzione dei lavoratori con le macchine). Nelle fasi in cui la domanda di lavoro è alta e i salari salgono al di sopra del livello di sussistenza, il saggio di profitto e il tasso di accumulazione si riducono. I capitalisti reagiscono sostituendo il lavoro (divenuto più costoso) col capitale (divenuto meno costoso) ricostituiscono l’esercito industriale di riserva. Terzo, per Ricardo l’accumulazione del capitale poteva essere spiegata semplicemente con la speranza di un alto saggio del profitto. I capitalisti accumulano volontariamente fino a che il saggio di profitto eccede il compenso necessario minimo per il rischio e per l’impegno personale. Per Marx, al contrario, l’accumulazione da parte dell’impresa capitalistica non è il frutto di una scelta, ma di necessità, a causa della concorrenza dei capitalisti stessi.

Teoria marxiana della distribuzione (2) La concorrenza spinge ogni impresa a crescere in termini dimensionali e organizzativi per sfruttare le economie di scala. Ciò permette di ridurre i costi di produzione accrescendo ricavi e profitti insieme alle vendite. L’impresa che resta indietro nella corsa all’accumulazione e al reinvestimento dei profitti è destinata a soccombere. Soltanto ad uno stadio successivo, in cui la crescente concentrazione della produzione nelle mani delle imprese più fortunate ha rimosso la necessità di accumulare, si creano le premesse per le crisi di sovrapproduzione determinata dall’esistenza di una capacità produttiva eccedente le possibilità di consumo di una popolazione il cui tenore di vita è inchiodato al livello di sussistenza.

Teoria marxiana della distribuzione (3) Saggio del profitto Concorrenza, caduta tendenziale del saggio di profitto e legge dell’immiserimento crecente Come osserva Kaldor, Marx deriva da Ricardo e dagli economisti classici l’idea della caduta del saggio tendenziale del profitto in relazione all’accumulazione progressiva del capitale. Ma mentre per i classici questa tendenza trovava fondamento nella legge dei rendimenti decrescenti, Marx, scartando quest’ultima, non trovò una solida base per la prima. Mentre alcune delle profezie di Marx – come ad esempio quella relativa alla crescente concentrazione della produzione nelle grandi imprese – si sono dimostrate valide, la sua tesi essenziale intorno al costante peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici è stata contraddetta dall’esperienza in parte come risultato dell’organizzazione collettiva dei lavoratori in parte per effetto dell’espansione del settore pubblico dell’economia e dello stato sociale, in parte per l’affermarsi del modello fordista di organizzazione della produzione, basato su salari relativamente elevati grazie ai quali i lavoratori siano in grado di acquistare i beni prodotti da loro stessi nelle catene di montaggio.