Avv. Sabrina Grivet Fetà

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Transcript della presentazione:

Avv. Sabrina Grivet Fetà Il d. lgs. 23/2015: modifiche apportate dal Decreto Dignità e dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2018 Avv. Sabrina Grivet Fetà 17 dicembre 2018

D. lgs. 23/2015 - Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti Massima riduzione ipotesi di tutela reintegratoria (“Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento”) Previsione di un meccanismo certo e predeterminato per conoscere in anticipo l’importo dell’indennità da corrispondere in caso di licenziamento illegittimo (numero di mensilità * anno di durata del rapporto)

Art. 3 d.l. 87/2018 (l. 96/2018) Art. 3 d.lgs. 23/2015 – “Nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro sei e non superiore a ventiquattro trentasei mensilità”

Art. 3 d.l. 87/2018 (l. 96/2018) Art. 6 d.lgs. 23/2015 – “In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due tre e non superiore a diciotto ventisette mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario”

Art. 3 d.l. 87/2018 (l. 96/2018) Art. 4 d. lgs. 23/2015 – Vizi formali o procedurali (invariato) – Una mensilità retributiva per ogni anno di servizio, da un minimo di due a un massimo di dodici Art. 9 d.lgs. 23/2015 – Piccole imprese (richiamo art. 3, comma 1, d. lgs. 23/2015) – Una mensilità retributiva per ogni anno di servizio, da un minimo di tre a un massimo di sei Art. 10 d. lgs. 23/2015 – Licenziamenti collettivi (richiamo art. 3, comma 1, d. lgs. 23/2015) – Due mensilità retributive per ogni anno di servizio, da un minimo di sei a un massimo di trentasei

Sentenza Corte Costituzionale 8 novembre 2018, n. 194 Ordinanza di rimessione Tribunale di Roma 26 luglio 2017: “controvalore monetario irrisorio e fisso per il licenziamento illegittimo” pericolo di dumping sociale inidoneità a fungere da deterrente contro abusi da parte del datore di lavoro eliminazione dell’esercizio della discrezionalità del Giudice, costretto a trattare in modo uguale situazioni differenti

Sentenza Corte Costituzionale 8 novembre 2018, n. 194 «illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183) – sia nel testo originario sia nel testo modificato dall’art. 3, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2018, n. 96 – limitatamente alle parole “di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”»

Sentenza Corte Costituzionale 8 novembre 2018, n. 194 MOTIVAZIONI art. 3, comma 1, d.lgs. 23/2015 in contrasto con artt. 4 e 35 Cost., nonché con artt. 76 e 117 Cost. con riferimento all’art. 24 Carta Sociale Europea (“diritto dei lavoratori licenziati senza un valido motivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”) impedisce al Giudice di esercitare la necessaria discrezionalità per determinare nel caso concreto una riparazione congrua a riparare il pregiudizio subìto dal lavoratore e dissuasiva nei confronti del datore di lavoro che proceda a licenziamenti illegittimi non garantisce effettività nella tutela del diritto al lavoro

Sentenza Corte Costituzionale 8 novembre 2018, n. 194 la reintegrazione sul posto di lavoro come tutela contro il licenziamento illegittimo non ha copertura costituzionale e non è unico rimedio ammissibile non ha copertura costituzionale il principio dell’integralità del risarcimento rispetto al pregiudizio subìto non è irragionevole l’applicazione di discipline diverse alle medesime situazioni sulla base del fattore temporale (assunzione precedente o successiva al 07.03.2015)

Sentenza Corte Costituzionale 8 novembre 2018, n. 194 Nuovi criteri di calcolo dell’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo «Le «mensilità», cui fa ora riferimento l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015 sono da intendersi relative all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, così come si evince dal d.lgs. n. 23 del 2015 nel suo complesso, con riguardo alla commisurazione dei risarcimenti. Nel rispetto dei limiti, minimo e massimo, dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, il giudice terrà conto innanzi tutto dell’anzianità di servizio – criterio che è prescritto dall’art. 1, comma 7, lett. c) della legge n. 184 del 2013 e che ispira il disegno riformatore del d.lgs. n.23 del 2015 – nonché degli altri criteri già prima richiamati, desumibili in chiave sistematica dalla evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti)».

Art. 2 - Licenziamento discriminatorio, ritorsivo, orale, per motivo illecito o comunque nullo per violazione di espressa norma di legge Disciplina immutata: reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e corresponsione di tutte le mensilità maturate medio tempore, in misura non inferiore a cinque.

Art. 3 - Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo oggettivo o soggettivo Unica ipotesi di tutela reintegratoria: insussistenza del fatto materiale posto alla base del licenziamento disciplinare per giusta causa o giustificato motivo soggettivo. In tutti gli altri casi in cui il Giudice ravvisi l’illegittimità del licenziamento per vizi sostanziali: indennità di importo compreso tra 6 e 36 mensilità (4-24 per i licenziamenti intimati prima del 14.07.2018) della retribuzione utile per la determinazione del tfr, quantificato dal Giudice con una propria valutazione debitamente motivata, che tenga conto della durata del rapporto di lavoro, delle dimensioni aziendali, del numero dei dipendenti occupati, del comportamento e delle condizioni delle parti.

Art. 4 – Vizi formali e procedurali Disciplina immutata: indennità di importo pari a una mensilità della retribuzione utile per la determinazione del tfr per ogni anno di durata del rapporto, con il limite minimo di 2 e il limite massimo di 12 mensilità.

Art. 6 – Offerta di conciliazione Disciplina immutata: somme oggetto dell’offerta calcolate come un importo pari a una mensilità per anno di servizio, con il limite minimo di 3 mensilità e il limite massimo di 27 mensilità (2-18 mensilità per i licenziamenti intimati prima del 14.07.2018).

Art. 9 – Piccole imprese (meno di 16 dipendenti) Esclusione della tutela reintegratoria, salvi i casi di licenziamento discriminatorio, ritorsivo e nullo di cui all’art. 2 “l’ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall’art. 3, comma 1, dall’art. 4, comma 1 e dall’art. 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità” Vizi sostanziali: indennità risarcitoria in misura compresa tra 3 e 6 mensilità (tra 2 e 6 mensilità in caso di licenziamento intimato prima del 14.07.2018), quantificata dal Giudice tenendo conto della durata del rapporto di lavoro, delle dimensioni aziendali, del numero dei dipendenti occupati, del comportamento e delle condizioni delle parti.

Art. 10 – Licenziamenti collettivi Tutela reintegratoria piena per il caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta. Violazione delle regole del procedimento o con errata applicazione dei criteri di scelta: indennità di importo compreso tra 6 e 36 mensilità (4-24 in caso di licenziamento intimato prima del 14.07.2018), ), quantificata dal Giudice tenendo conto della durata del rapporto di lavoro, delle dimensioni aziendali, del numero dei dipendenti occupati, del comportamento e delle condizioni delle parti.

Tribunale di Bari, sentenza n. 43328 del 11 ottobre 2018 «La predetta quantificazione dell’indennità è giustificata dalla considerevole gravità della violazione procedurale, consistente principalmente nella omissione del raffronto tra i dipendenti attinti dal licenziamento e quelli mantenuti in organico; tale profilo, concernente il comportamento tenuto dall’azienda, deve essere contemperato con le ridotte dimensioni dell’attività economica e il basso numero di lavoratori occupati, unitamente alla scarsa anzianità del ricorrente, sicché induce a ritenere equa, fra il minimo di 4 e il massimo di 24, un’indennità pari a 12 mensilità»

Tribunale di Roma, sentenza n. 75870 del 6 agosto 2018 «solo le ipotesi che possano considerarsi realmente nuove assunzioni o le ipotesi di contratti a tempo determinato stipulati prima del 7.3.2015, ma che subiscano una "conversione" in senso tecnico in data successiva al 7.3.2015, per via giudiziale o stragiudiziale, possono ritenersi ricomprese nel campo di applicazione della nuova normativa. Devono, invece, escludersi tutte le ipotesi di semplice trasformazione, di fatto o con manifestazione esplicita di volontà, del rapporto stipulato in data antecedente il 7.3.2015, intervenuta in modo che questo semplicemente prosegua, senza interruzione, oltre tale data […] In conclusione, dovendosi ritenere che il contratto del (...) abbia avuto inizio prima del 7.3.2015 e sia solo proseguito oltre tale data, deve ritenersi applicabile ,nel caso di specie, la legge 92/2012»