La strategia europea per l’occupazione

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La STRATEGIA EUROPEA PER L’OCCUPAZIONE e l’obbiettivo della FLEXICURITY

La strategia europea per l’occupazione Processo di coordinamento delle politiche del lavoro perseguite dagli stati membri attorno a comuni orientamenti di policy definiti a livello europeo

METODI 1. Il coordinamento aperto (MAC) implica: definizione di linee-guida per le politiche da parte di comitati che si rapportano alla commissione; valutazione delle politiche da parte di peer review, sulla base di alcuni principi: sussidiarietà convergenza apprendimento reciproco approccio integrato gestione per obiettivi

METODI 2. Governance multilivello e decentramento valorizzazione della dimensione locale approccio bottom up pluralità degli attori responsabili 3. Integrazione delle politiche e personalizzazione degli interventi

processo di Lussemburgo 1997 Procedure processo di Lussemburgo 1997 Relazione congiunta annuale del Consiglio e della Commissione sulla situazione occupazionale e gli orientamenti Elaborazione di linee-guida per i paesi membri, adottate a maggioranza qualificata su proposta della commissione e previa consultazione del Parlamento, del comitato economico e sociale, del comitato delle regioni e del comitato per l’occupazione Elaborazione dei Piani nazionale per l’occupazione e trasmissione al Consiglio e alla Commissione Deliberazioni del Consiglio con eventuali raccomandazioni agli stati membri

Le tappe della costruzione Vertice straordinario di Lussemburgo del 1997 (definizione dei quattro pilastri; processo di Lussemburgo) Consiglio di Lisbona del 2000 (obiettivi quantitativi e qualitativi in materia di mdl) Consiglio di Barcellona del 2002 (riorganizzazione delle priorità e degli obiettivi) Rapporto KOK 2003 Consiglio di Bruxelles, 2005 (rilancio della strategia di Lisbona e flexicurity) Libro verde 2006 Consiglio di Bruxelles,2007(Principi comuni di flexicurity) l

Indirizzi complessivi 1997-2000 Disoccupazione del Sud e politiche del Nord Obbiettivi trasversali (4 pilastri) Primato delle politiche attive Scarsa attenzione agli squilibri territoriali e alla disoccupazione strutturale Mancata integrazione fra politiche del lavoro e politiche economiche (ad es. per lo sviluppo locale).

I QUATTRO PILASTRI occupabilità, (servizi per l’impiego, formazione, rete con le altre strutture di intervento sociale) imprenditorialità (ridurre i costi burocratici e fiscali, culture imprenditoriali, rafforzare l’economia sociale, favorire l’emersione) adattabilità/flessibilità (strategie di innovazione nell’organizzazione dell’impresa e nell’utilizzo del lavoro attraverso la concertazione fra imprese e lavoratori) pari opportunità (conciliazione, consulenza, formazione, accompagnamento). Questo obiettivo viene poi eliminato perché considerato parte integrante degli altri (mainstreaming)

Obbiettivi di Lisbona 2000 Occupazione per tutti entro il 2010: tasso di occupazione complessivo al 70%; tasso di occupazione femminile al 60%; tasso di occupazione di anziani (55-64 anni) al 50%. Attraverso l'ampliamento della occupazione ci si propone di rafforzare la sostenibilità dei sistemi di protezione sociale.

La svolta del Consiglio europeo di Barcellona (2002) Fine strategico: fare dell'Unione europea l' economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro. Semplificazione delle linee guida con la definizione di 10 priorità intorno a tre obiettivi primari; Semplificazione degli indicatori da prendere in considerazione; Definizione di un ciclo temporale di tre anni per la valutazione dei risultati Raccordo con gli indirizzi di massima delle politiche economiche

I tre obbiettivi primari piena occupazione miglioramento della qualità e della produttività dell’occupazione rafforzamento della coesione e dell’inserimento sociale

La stagione della Flexicurity (2005-2007) Obiettivo generale: conciliare sicurezza e flessibilità, un’elevata produttività del lavoro con un buon livello di retribuzione e protezione sociale Stakeholder Conference April 20th, 2007, Brussels

La costruzione del concetto Il concetto di flexicurity appartiene al dibattito politico più che a quello scientifico Nasce nell’ambito della discussione sulle politiche di riforma del m. d. l., per rispondere all’esigenza degli attori politici europei di superare le prospettive neoliberiste di de-regolazione, in contrasto col modello sociale europeo Si sviluppa attraverso un confronto serrato fra mondo accademico e istituzioni europee (da Supiot a Wiltagen)

“A policy strategy that attempts, synchronically and in a deliberate way, to enhance the flexibility of labour markets, work organization and labour relations- on the one hand- and to enhance security (employment security and social security) notably for weaker groups in and outside the labour market- on the other hand” Wilthagen, Tros, 2004

Le ragioni della strategia e la rilevanza dei contributi scientifici Lo scenario di sfondo: Le nuove forme di regolazione del lavoro in Europa degli anni ’90 hanno accentuato il trade-off fra flessibilità e sicurezza Le ragioni della strategia: L’invenzione della flexicurity deriva dal riconoscimento del trade-off fra flessibilità e sicurezza e dal tentativo di sottrarsi ad esso ampliando le opzioni a disposizione del “regolatore nazionale” che derivano dalla possibilità di calibrare diversamente le molteplici dimen-sioni di flessibilità e sicurezza La Flexicurity rappresenta la sfida del modello sociale europeo al modello liberista statunitense

Flexicurity: le dimensioni della sicurezza dell’occupazione: tutela del lavoratore sul mercato e non del “posto”, favorendo la mobilità job to job, con interventi volti a migliorare l’occupabilità del lavoratore (orientamento/formazione) e la fluidità del mdl (servizi per l’impiego, politiche attive); del reddito: sussidi adeguati, non particola-ristici; della conciliazione fra lavoro e altre dimensioni di vita ( servizi e prassi di concilia-zione)

Flexicurity: le dimensioni della flessibilità Flessibilità numerica esterna Flessibilità numerica interna (orario) Flessibilità salariale Flessibilità funzionale

Lo strumentario delle strategie di Flexicurity Modelli contrattuali flessibili (per soddisfare le esigenze sia delle imprese sia dei lavoratori): riforma del Diritto del lavoro e innovazione organizzativa; Politiche attive del lavoro (ALMP) per aiutare i lavoratori ad affrontare i cambiamenti rapidi, i periodi di disoccupazione e le transizioni ai nuovi lavori; Un sistema di apprendimento lungo l’intero arco della vita (lifelong learning (LLL) systems) che assicuri la continua adattabilità e occupabilità Un moderno sistema di sicurezza sociale che assicuri un adeguato supporto del reddito e faciliti la mobilità nel mercato del lavoro e la conciliazione del lavoro con altre sfere di vita (responsabilità di cura, formazione, attività socialmente utili).

La flexicurity nel lessico comunitario Da … idea guida per le politiche dell’occupazione che coniuga - la sincronia fra pol.di flessibilità e pol. per la sicurezza; - la riduzione della segmentazione; - il partenariato sociale. Flessibilità e sicurezza restano disgiunte, presuppongono politiche diverse da condurre “simultaneamente”.

La flexicurity nel lessico comunitario Ricetta generale di riforme olistiche dei mercati e di modernizzazione dei sistemi nazionali di diritto del lavoro (Libro verde sulla modernizzazione del diritto del lavoro- 2006; Stakeolder Conference on Flexicurity- 2007; Adozione dei “Principi comuni di Flexicurity).

Regolazione del lavoro e formazione Enfasi all'interno del dibattito comunitario sulla rilevanza delle politiche formative, la formazione come fulcro della strategia di flessicurezza la formazione assorbe la % maggiore della spesa in politiche attive in tutti i paesi europei ed è l'oggetto privilegiato dei più recenti tentativi di riforma nei vari contesti nazionali, oltre che del dialogo sociale

PAESE (anno 2005) POLITICHE DEL LAVORO % sul totale degli investimenti Danimarca Formazione 35,5 Job Rotation Incentivi all'impiego 31,1 Integrazione disabili 33,4 Job creation Incentivi allo start-up Totale come % del PIL 1,43 Francia 43,4 19 9,9 27,3 0,6 0,66

Italia Formazione 43,2 Job Rotation 0,4 Incentivi all'impiego 43,8 Integrazione disabili Job creation 2,2 Incentivi allo start-up 10 Totale come % del PIL 0,46 Regno Unito 75 12 7,8 4,3 0,9 0,12

Il “posto” della formazione continua Lifelong learning e lifewide learning Obiettivi: -strumento di protezione dal rischio di disoccupazione -strumento di valorizzazione della persona Competenze (tecnico-professionali/traversali/trasferibili) Capacità (formazione come fattore di empowerment individuale) Diversi modelli di regolazione (attori e canali di finanziamento): -statale -di mercato -associativo Diversi livelli di partecipazione e distribuzione delle opportunità: disuguaglianze per età, genere, livello di istruzione, posizione occupazionale

Modelli nazionali di regolazione del lavoro ed esperienze di Flessibilità e Sicurezza in Europa

…fra differenziazione e convergenza Il profilo delle strategie nazionali di flexicurity dipende: dalle direttive comunitarie dalle caratteristiche istituzionali e dal profilo economico di ciascun paese dal metodo del coordinamento aperto che consente ai policy maker nazionali di calibrare diversamente le molteplici dimensioni di flessibilità e sicurezza

Il modello liberale di regolazione del lavoro nel Regno Unito

Il workfare britannico:assunti il mercato è il principale meccanismo di integrazione sociale, funzione residuale dello Stato (assistenza svantaggiati) il lavoro è l'unico mezzo di inclusione nella società e di protezione, in quanto fonte di reddito la conquista ed il mantenimento dell'occupazione sono una responsabilità individuale stgmatizzazione del disoccupato/assistito "work first” Declinazione workfarista del welfare to work (modello americano)

Politiche del lavoro mercato del lavoro flessibile e scarsamente regolato "in work benefits" (impieghi sussidiati) sistemi di indennità e tutele per i disoccupati restrittivi (lo scopo è ridurre la spesa sociale e "costringere" il disoccupato ad accettare un lavoro qualsiasi) workfare scarsa attenzione alle politiche di attivazione: importanza dell'accesso al lavoro in tempi brevi

Tendenze più recenti: la svolta laburista New Deal: piano di interventi di attivazione (formazione, politiche di conciliazione) individualizzati, con focus sui soggetti più deboli potenziamento dei servizi per l'impiego (Job Centre Plus, patto di servizio, inserimento lavorativo "soggettivamente accettabile”, diverso timing dell’attivazione per varie categorie) Fasi: gateway (formazione breve/orientamento/ricerca), attivazione (lavoro sussid; formazione full time; volontariato; LSU o LPU) TUTTAVIA: orientamento esclusivo ai fattori da offerta, individualizzazione* e impostazione coercitiva rimangono i tratti dominanti risultati deludenti: inclusione nel lavoro temporanea, spirale della dipendenza *personalizzazione: discriminazione tra i beneficiari delle misure di assistenza e discrezionalità degli operatori

L'approccio "funzionalistico" alla formazione alti investimenti pubblici e privati (anche dei lavoratori) in formazione gestita da enti/agenzie (privati o statali, influenza della parte datoriale), in raccordo con i Job Centresfenomeni di creaming e parking formazione per l'occupabilità, di breve periodo, finalizzata al rapido inserimento nel lavoro Formazione nell’ottica dell’adattabilitàcontrasto allo skills mismatch promozione dell'accesso alla formazione continua attraverso incentivi/prestiti (sistema market-oriented). ILA Attenzione alla certificazione delle competenze (sector skills councils) alti livelli di partecipazione al lifelong learning forte attenzione allo sviluppo delle opportunità formative, seppur sempre all'interno di un sistema di mercato che fa perno sulle responsabilità individuali CONSEGUENZE: DISUGUAGLIANZE E SUBORDINAZIONE DELLA FORMAZIONE ALLA CRESCITA DELL'OCCUPAZIONE

La regolazione del lavoro in Danimarca, tra flessibilità e tutele

Il learnfare del "triangolo d'oro" danese: assunti flessibilità del lavoro, tutela dei lavoratori ed efficienza dello Stato devono andare di pari passo e sono una responsabilità congiunta di Stato, parti sociali,imprese, lavoratori (flessibilità negoziata) il lavoro è il principale mezzo di inclusione e di integrazione, in quanto strumento di empowerment individuale esso, insieme all'assistenza, rappresenta un diritto di cittadinanza che deve essere garantito dallo Stato la formazione deve essere finalizzata all'incremento delle capabilities individuali, oltre che all'accesso al lavoro

Il “triangolo d’oro” danese

Politiche del lavoro flessibilità negoziata del mercato del lavoro (non deregolazione, ma controllo e concertazione di flessibilità interna ed esterna) generosi schemi di disoccupazione, alta protezione del reddito, attraverso i due pilastri assicurativo e assistenziale. Alta inclusività, bassa condizionalità efficienti servizi per l'impiego pubblici sistema di politiche attive ampio, incentrato sul lifelong learning e sulla promozione sociale attraverso l'accrescimento del capitale umano learnfare

Tendenze più recenti: la "linea attiva" obiettivo:riduzione della spesa pubblica non viene meno il carattere "attivante" delle politiche ma si coniuga con la prospettiva del work first schemi di sussidi per la disoccupazione "a due tempi" (periodo passivo+periodo di attivazione) e più selettivi individualizzazione dei servizi e loro riduzione e separazione (es.:prima la formazione era integrata ai sussidi di disoccupazione). Priorità all'accompagnamento al lavoro e non più alla formazione decentramento dei servizi per l'impiego e loro privatizzazione

Learnfare danese: centralità del lifelong learning e apprendimento finalizzato all'inclusione formazione=principale politica di inclusione sociale, alta spesa e coordinamento con misure di sostegno al reddito sistema prevalentemente pubblico e gratuito (sia per l'EDA che per la formazione per disoccupati e per la formazione continua) valorizzazione dell'informal learning importante partecipazione delle parti sociali nella programmazione e nella gestione delle politiche formative (Organismo tripartito finanziato con i contributi delle imprese- 8% e Fondi settoriali) congedi retribuiti e job rotation centralità degli individui (destinatari diretti delle risorse, diritto soggettivo alla formazione) DI RECENTE:minore impegno nella formazione per disoccupati e maggiore enfasi sulla produttività dei lavoratori occupati MIGLIORI PERFORMANCES A LIVELLO EUROPEO, in termini di investimenti, livelli di partecipazione, diffusione del senso di sicurezza dell'occupazione

La regolazione del lavoro in Francia, tra interventismo statale e flessibilità negoziata

L'insertionfare francese: assunti la regolazione del lavoro è compito dello Stato, che può delegare alle parti sociali ("stato provvidenza" e "partitarisme") e servirsi delle rappresentanze della società civile per promuovere l’inclusione la disoccupazione è un rischio ed una responsabilità sociale, di cui lo Stato deve farsi carico il diritto al lavoro deve essere garantito anche attraverso la creazione diretta di posti di lavoro nel settore dell'economia sociale l'inserimento lavorativo non ha solo una funzione economica, ma anche sociale e politica

Politiche del lavoro mercato del lavoro regolato e approccio garantista (es. Rivolta delle banlieuesCPE) politiche passive tradizionali (prepensionamenti, sussidi disoccupaz) e innovative (riduzione orario di lavoro, RMI) pilastro assicurativo fondato sul paritarisme + pilastro assistenziale articolato a livello locale strumenti d'insertion: programmi integrati di formazione, sostegno al reddito ed assistenza sociale volti a ridurre le difficoltà d'inserimento dei soggetti svantaggiati; creazione di posti di lavoro (sussidiati) negli organismi del terzo settore (reti di servizio locali); Contrats Aidés Diritto individuale alla formazione continua insertionfare

Dispositivi di sostegno al reddito attivanti (assicurativo) Assurance chomage: aide de retour à l’emploi :criteri poco restrittivi (4 mesi di anzianità contributiva) e buoni tassi di rimpiazzo (assistenziale) Revenu minimum d’insertion revenu de solidarieté active (principio risarcitorio) Contrat de securisation professionnel (indennità per il reinserimento occupazionale pagata dal datore di lavoro in caso di licenziamenti economici, legata ad un piano di reinserimento)

Creazione di posti di lavoro (sussidiati) negli organismi del terzo settore POLITICHE SOCIALI Terzo settore e amministrazioni pubbliche locali CREAZIONE DIRETTA DI POSTI DI LAVORO ATTIVAZIONE

Contrats Aidés (Contratti sussidiati) contrat initiative emploi contrat d’accompagnement dans l’emploi contrat jeune en entreprise, contrat emploi solidarité, contrat emploi consolidé contrat d’insertion dans la vie sociale C.U.I (imprese pubbliche e private/lavoratori svantaggiati): 1)Convenzione tra impresa, Pole Emploi, lavoratore che regola: contenuti e condizioni di lavoro; misure di accompagnamento, orientamento, formazione preliminari; entità degli aiuti all’impresa 2)Contratto di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) Revoca degli aiuti concessi in caso di violazione della convenzione e recesso ingiustificato Dal 2010 sostituiti dal CONTRAT UNIQUE D’INSERTION+ Emploi d’avenir

Tendenze più recenti collegamento di sussidi ed indennità a varie forme di attivazione (welfare to work) allocation d’aide au retour à l’emploi (à la creation d’entreprise) minore coercitività e condizionalità rispetto al modello anglosassone, carattere negoziato dei dispositivi d'insertion, comunque inseriti nell'orizzonte della libertà delle scelte individuali e della responsabilità collettiva rispetto alla creazione di lavori accettabili circolo virtuoso tra insertion, crescita occupazionale e sviluppo del welfare (job creation nei servizi sociali) D'ALTRA PARTE: segmentazione tra mercato del lavoro "protetto" e "libero", segregazione occupazionale dei soggetti svantaggiati, confinati in lavori di basso profilo in un settore che offre scarse prospettive di sviluppo

La formazione continua come diritto individuale sistema di lifelong learning tra i più sviluppati in EU, alti investimenti pubblici e obbligo di investimento in formazione continua per tutte le imprese sistema di f.c. gestito da organismi paritetici; formazione per disoccupati e giovani gestita dallo Stato la formazione è un diritto individuale di tutti i cittadini (CIF,DIF): da un'impostazione che privilegiava i lavoratori standard si sta passando ad una maggiore attenzione a tutte le categorie (atipici, soggetti svantaggiati) tramite l'estensione dei dispositivi (riforma del 2009) e la "trasferibilità" degli stessi VAE: riconoscimento delle esperienze lavorative attraverso l'accesso a qualifiche formali (anche laurea), superando l'impostazione formalista tipicamente francese PERMANGONO TUTTAVIA FORTI DISUGUAGLIANZE NELL'ACCESSO ALLA FORMAZIONE E PENALIZZAZIONE SUL M.D.L. DEI SOGGETTI CON BASSO "CAPITALE UMANO"

Conclusioni: è possibile parlare di convergenza? IN TUTTI I CASI STUDIATI SONO STATE REALIZZATE RIFORME ALL'INSEGNA DELL'ATTIVAZIONE, SEBBENE CON INTENSITA' E RISVOLTI DIVERSI. Nei paesi con modelli "forti" e definiti di regolazione del mercato del lavoro e di Stato sociale, le spinte all'attivazione sono state declinate conformemente alle tradizioni regolative.

SEBBENE DANIMARCA E REGNO UNITO SEMBRINO CONVERGERE RISPETTO ALL'ADOZIONE DI UNA LOGICA DI "WORK FIRST", PERMANGONO DIFFERENZE CRUCIALI LEGATE: - Alla definizione dei DIRITTI INDIVIDUALI E COLLETTIVI IN MATERIA DI LAVORO - Al ruolo dello STATO e delle PARTI SOCIALI - Al SIGNIFICATO stesso del LAVORO (strumento di accesso al reddito in UK, mezzo di promozione sociale e diritto esigibile dallo Stato in DK) E della FORMAZIONE (funzionale all'occupazione in UK, fulcro dei processi di inclusione sociale in DK) .

ALLO STESSO MODO (nonostante i risultati divergano in termini di investimenti in formazione e partecipazione al lifelong learning) EMERGONO SIMILARITA' TRA IL CASO ITALIANO E QUELLO FRANCESE, IN PARTICOLARE L'EVOLUZIONE VERSO IL PARADIGMA DELL'ATTIVAZIONE E LA CENTRALITA' DELLA FORMAZIONE CONTINUA NEL SISTEMA DI LIFELONG LEARNING, A SCAPITO DELLA FORMAZIONE PER DISOCCUPATI. TUTTAVIA IL MODELLO FRANCESE PRESENTA TRATTI DI ORIGINALITA' (SUL VERSANTE DELLA CREAZIONE D'IMPIEGO NEL TERZO SETTORE, DELLA VALORIZZAZIONE DELLA GESTIONE PARITETICA DELLA F.C. E DELLA CENTRALITA' DI QUEST'ULTIMA ALL'INTERNO DELLE POLITICHE DEL LAVORO), NEL CASO ITALIANO NON SI PUO' ANCORA PARLARE DI UN MODELLO COMPIUTO (RIFORMA INCOMPLETA DELLE POLITICHE PASSIVE ED ATTIVE, RIFORMA "MANCATA" DEL SISTEMA DI FORMAZIONE CONTINUA

La regolazione del lavoro in Italia: Flessibilità al margine e deficit di sicurezza

I vincoli strutturali e istituzionali alla strategia di flexicurity in Italia - Gravi squilibri del mercato del lavoro e disoccupazione strutturale Eccesso di manodopera a bassa istruzione Discriminazione di genere e per età Dualismo territoriale

I vincoli strutturali e istituzionali alla strategia di flexicurity in Italia Vincoli istituzionali: l’eredità del modello originario di Welfare State e di regolazione del lavoro

Vincolo istituzionali Il modello di Welfare State I tratti originari riconducibili al modello corporativo dell’Europa meridionale: Distorsione distributiva (disuguaglianze fra garantiti, semigarantiti, non garantiti) Distorsione funzionale (incidenza prevalente della spesa pensionistica) Familismo Particolarismo

Vincolo istituzionali Il modello di regolazione del lavoro I tratti originari: Regolazione rigida, burocratica, centralizzata affidata a controlli amministrativi e normative rigide e vincolistiche (monopolio pubblico del collocamento con chiamata numerica, norme sul licenziamento…) Sistema di protezione del lavoratore incentrato sulla tutela dai rischi di licenziamento e squilibrato (tutela del posto) Sistema di garanzia del reddito di tipo assicurativo ipertrofico e con forti squilibri distributivi Scarso sviluppo di politiche attive del lavoro e totale assenza di servizi per l’impiego efficienti

Le riforme “parziali” degli anni novanta Politica dei redditi: nuove misure “concertate” per il contenimento delle dinamiche salariali Riforma del collocamento, abolizione del monopolio pubblico e della chiamata numerica, riconoscimento di agenzie private di intermediazione Decentramento, trasferimento alle Regioni e agli Enti locali delle funzioni di regolazione del mercato del lavoro (collocamento e politiche attive del lavoro) 1997 Istituzione di “nuovi servizi per l’impiego” per l’implementazione di politiche attive del lavoro Accordi collettivi che gettano le basi per la costruzione di un sistema nazionale di formazione continua

Il nuovo corso delle politiche del lavoro negli anni duemila La liberalizzazione “dall’alto” del mercato del lavoro Cambia il rapporto fra Governo e Parti sociali: - finisce la stagione della concertazione, il dialogo sociale come strumento discrezionale delle politiche di governo - Si rompe l’unità sindacale sui temi della liberalizzazione del mercato del lavoro (Patto per l’Italia)

Riforma Biagi Nuovi tipi di contratti di lavoro e modifica della disciplina di alcuni contratti già esistenti. LAVORO INTERMITTENTE (soggetti tra i 25 ed i 45 anni) Il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per prestazioni di carattere discontinuo o intermittente. Può essere a tempo determinato o indeterminato. Il datore può obbligare il lavoratore a rispondere alla chiamata per tutta la durata del contratto, dandogli in cambio una indennità di disponibilità (20% delle retribuzioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale). LAVORO RIPARTITO (JOB SHARING) Due lavoratori si obbligano al compimento di un’unica prestazione. Ognuno di essi è quindi responsabile per l’adempimento dell’intero lavoro. I lavoratori si dividono l’orario di lavoro. La retribuzione è proporzionata.

LAVORO A TEMPO PARZIALE E’ lavoro a tempo parziale quello in cui la prestazione è svolta con un orario ridotto rispetto a quello normale di lavoro, fissato dalla legge in 40 ore settimanali. Il part-time può essere orizzontale, verticale o misto. Lavoro supplementare (non straordinario) e clausole flessibili. APPRENDISTATO La nuova disciplina prevede 3 tipologie di apprendistato: apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. CONTRATTO DI INSERIMENTO È un contratto a termine, di durata non inferiore a 9 mesi e non superiore a 18 (solo nel caso di soggetti portatori di handicap può arrivare fino a 36 mesi). È finalizzato a favorire l’integrazione o la reintegrazione dei lavoratori mediante un percorso di adattamento delle competenze professionali (segue)

Riguarda i seguenti soggetti: 1) giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni; 2) disoccupati di lunga durata (cioè coloro che dopo aver perso il posto di lavoro o cessato un’attività autonoma, siano alla ricerca di un lavoro da più di 12 mesi, o di 6 mesi se hanno 29 anni e sono laureati) di età compresa fra i 29 e i 32 anni; 3) ultracinquantenni che siano privi di un posto di lavoro o che stiano per perderlo; 4) lavoratori che desiderino riprendere un’attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno 2 anni; 5) donne residenti in un’area geografica in cui il tasso di occupazione sia inferiore almeno del 20% di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione superi del 10% quello maschile; 6) persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico. Sono previste agevolazioni contributive, determinate in misura differente a seconda del settore produttivo e dell’ubicazione territoriale

LAVORO A PROGETTO E LAVORO OCCASIONALE A partire dal 24 ottobre 2003 le collaborazioni coordinate e continuative, per essere considerate tali, dovranno essere inquadrate in un progetto, programma o per fasi di essi. Sono escluse dalla disciplina del lavoro a progetto le prestazioni occasionali, cioè quelle di durata inferiore a 30 giorni in un anno, a meno che il compenso percepito superi i 5.000 euro complessivi. Sono anche escluse dalla nuova disciplina le professioni intellettuali per le quali sia prevista l’iscrizione in un albo, le prestazioni di amministratori e sindaci e quelle dei pensionati di vecchiaia, cui continuano ad essere applicate le precedenti regole sulla collaborazione coordinata e continuativa. Il lavoratore può svolgere la sua attività a favore di più committenti. Gravidanza, malattia ed infortunio del lavoratore non comportano la cessazione del rapporto, che rimane sospeso. In caso di gravidanza, il contratto è prorogato di 180 giorni.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE Dal 1° gennaio 2004 coloro che, concludendo contratti di associazione in partecipazione, si impegnano per l’apporto di solo lavoro, devono iscriversi ad una apposita gestione separata istituita presso l’Inps. L’obbligo non riguarda gli associati già iscritti ad albi professionali. La tutela previdenziale per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti è garantita per mezzo di un versamento pari a quello dei commercianti, ripartito in misura pari al 55% per l’associante e al 45% per il lavoratore associato. SOMMINISTRAZIONE La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa anche nell'ambito dell'attività ordinaria dell'utilizzatore, a condizione che sia giustificata da motivi effettivi e comprovabili di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo Staff leasingLa somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammessa solamente per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo legate ad attività predeterminate Obbligo di formazione Deroga alla parità di trattamento per l’inserimento di soggetti svantaggiati

La riforma incompiuta dei sistemi di sicurezza Sistema degli ammortizzatori lacunoso e poco generoso Legge 181/2000: si introduce la condizionalità dei sussidi all'accettazione di offerte "congrue", discrezionalità degli operatori ed assenza di patti di servizio (Workfare) Tuttavia, condizionalità poco stringente e inattuazione delle disposizioni legislative Ripetuti tentativi di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, rimasti inevasi (anche la legge 2/2009 amplia gli ammortizzatori in deroga senza riformare definitivamente il sistema)

La rivoluzione incompiuta della formazione continua strategia di lifelong learning sbilanciata sulla formazione continua funzionale all'occupabilità enfasi e grande produzione legislativa e di accordi in materia di formazione continua, con ricadute pratiche limitate il diritto individuale alla formazione professionale iniziale e continua, formalmente sancito dalla Costituzione, rimane inattuato diversi sistemi di formazione (classificabili per fonte e destinatari) scollegati tra di loro e non sempre in sintonia con il mercato. Differenze territoriali. Attuazione incompleta e disomogenea del sistema bilaterale per la formazione continua (Fondi Interprofessionali) disuguaglianze: si forma di più chi ne ha meno bisogno, difficoltà di accesso per gli atipici GIOVANI: penalizzazione dell’istruzione tecnica/prof.; scarsa diffusione ed inefficienza del sistema pubblico di formazione professionale, scarsa diffusione dei nuovi percorsi professionalizzanti (apprendistato), utilizzo abusivo dei tirocini

Gli esiti delle riforme un nuovo modello di regolazione del lavoro più flessibile, promozionale e preventivo un sistema dualistico di Flessibilità al margine configurazione di "welfare regionali" ed integrazione delle politiche a livello locale, nel quadro però di una debole regia statale e nell'assenza di standard nazionali di riferimento, si accentuano le disuguaglianze territoriali permanenza dell’inadeguatezza del sistema di ammortizzatori sociali costruzione incompiuta di un sistema di lifelong learning (promozione della formazione continua aziendale ed individuale, congedi formativi) con il coinvolgimento delle parti sociali

Le possibili strade verso la flexicurity in Italia Contrastare la segmentazione Due obbiettivi: Superare il dualismo contrattuale 1.1 mantenere la distinzione tra contratti temporanei e permanenti, ma… ridurre le disparità di costo controllare i comportamenti elusivi delle imprese favorire la rapidità delle transizioni (servizi e politche attive), 1.2 Contratto unico di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ma a tutele ridotte 2. Costruire un sistema di sicurezze “ampio” tutela dell’occupazione sul mercato e non del posto: Sussidio unico e generoso per chi perde il lavoro Tassa a carico delle imprese che licenziano Libertà di licenziamento per motivi economici