Istituzioni di diritto romano (A-L) a.a. 2014-2015.

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Istituzioni di diritto romano (A-L) a.a

Modi di produzione del diritto: Gai. 1,3 (lex e plebiscitum) Lex est, quod populus iubet atque constituit. Plebiscitum est, quod plebs iubet atque constituit. Plebs autem a populo eo distat, quod populi appellatione universi cives significantur, connumeratis et patriciis; plebis autem appellatione sine patriciis ceteri cives significantur; unde olim patricii dicebant plebiscitis se non teneri, quia sine auctoritate eorum facta essent; sed postea lex Hortensia lata est, qua cautum est ut plebiscita universum populum tenerent; itaque eo modo legibus exaequata sunt. La legge è ciò che comanda e stabilisce il popolo. Il plebiscito è ciò che comanda e stabilisce la plebe. La plebe si differenzia dal popolo, in quanto con il termine popolo si indicano tutti i cittadini, compresi anche i patrizi; invece con il termine plebe si indicano tutti i cittadini con l’esclusione dei patrizi. Pertanto un tempo i patrizi dicevano di non essere vincolati dai plebisciti, perché fatti senza la loro deliberazione; ma poi fu emanata una legge Ortensia, la quale dispose che i plebisciti vincolassero tutto il popolo; e così, per tal verso, sono equiparati alla leggi.

Modi di produzione del diritto: Gai. 1,4 (senatusconsultum) Senatusconsultum est quod senatus iubet atque constituit, idque legis vicem optinet, quamvis fuerit quaesitum. Senatoconsulto è ciò che prescrive e stabilisce il Senato, e tien luogo di legge, benché se ne sia discusso.

Modi di produzione del diritto: Gai. 1,6 (ius honorarium) Edicta sunt praecepta eorum qui ius edicendi habent. Ius autem edicendi habent magistratus populi Romani. Sed amplissimum ius est in edictis duorum praetorum, urbani et peregrini, quorum in provinciis iurisdictionem praesides earum habent; item in edictis aedilium curulium, quorum iurisdictionem in provinciis populi Romani quaestores habent… Editti sono le statuizioni di coloro che hanno il potere di dare editti. Tale diritto hanno i magistrati del popolo romano: amplissimo lo si riscontra negli editti dei due pretori, urbano [367 a.C.] e peregrino [242 a.C.], la cui giurisdizione compete nelle province ai presidi delle stesse; similmente negli editti degli edili curuli, la cui giurisdizione compete nelle province ai questori…

(ius honorarium): D. 1,2,2,10 (Pomponius libro singulari Enchiridii) Eodem tempore et magistratus iura reddebant et ut scirent cives, quod ius de quaque re quisque dicturus esset seque praemunirent, edicta proponebant. Quae edicta praetorum ius honorarium dicitur, quod ab honore praetoris venerat. Nello stesso periodo di tempo, anche i magistrati contribuivano all’ordinamento e, affinché i cittadini fossero informati quale diritto fosse applicato e si premunissero, emanavano editti. Tali editti costituiscono lo ius honorarium, in quanto proviene dalla carica del pretore.

(Ius honorarium): Gai. 4,110 Quo loco admonendi sumus eas quidem actiones, quae ex lege senatusve consultis proficiscuntur, perpetuo solere praetorem accommodare, eas vero quae ex propria ipsius iurisdictione pendent plerumque intra annum dare. Dobbiamo qui avvertire che le azioni che derivano da una legge o da senatoconsulti il pretore suol darle in perpetuo, mentre quelle che discendono esclusivamente dalla sua giurisdizione suol darle per lo più entro l’anno.

…continua: Gai. 4,116 a (ius honorarium) Veluti si stipulatus sim a te pecuniam tamquam credendi causa numaraturus, nec numeraverim; nam eam pecuniam a te peti posse certi est, dari enim oportet, cum ex stipulatu teneris; sed quia iniquum est te eo nomine condemnari, placet per exceptionem doli mali te defendi debere. Ad esempio, se io abbia stipulato da te del denaro come se dovessi versartelo a titolo di mutuo, e versato non te l’abbia; che quel denaro ti possa essere richiesto, è certo: tu infatti devi darlo, in quanto sei tenuto in base alla stipulazione; ma poiché è iniquo che tu sia condannato a tale titolo, si reputa che tu ti debba difendere per mezzo dell’eccezione di dolo malvagio.

(ius honorarium): Gai. 4, Sequitur ut de exceptionibus dispiciamur Comparatae sunt autem exceptiones defendendorum eorum gratia cum quibus agitur. Saepe enim accidit, ut quis iure civili teneatur, sed iniquum sit eum iudicio condemnari Qui di seguito dobbiamo occuparci delle eccezioni Le eccezioni sono state introdotte in difesa di coloro contro i quali si agisce. Spesso infatti accade che uno per diritto civile sia tenuto, ma che sia iniquo condannarlo in giudizio.

(ius honorarium): actio ficticia (Gai. 4,36) Item usucapio fingitur in ea actione quae Publiciana vocatur. Datur autem haec actio ei qui ex iusta causa traditam sibi rem nondum usucepit eamque amissa possessione petit. Nam quia non potest eam “ex iure Quiritium suam esse” intendere, fingitur rem usucepisse et ita quasi ex iure Quiritium dominus factus esset intendit, veluti hoc modo iudex esto. Si quem hominem A. Agerius emit et is traditus est, anno possedisset, tum si eum hominem de quo agitur ex iure Quiritium eius esse oporteret… Analogamente si finge l’usucapione nell’azione che viene chiamata Publiciana*. Questa azione la si dà a colui che non ha ancora usucapito una cosa consegnatagli per giusta causa, e, avendone perduto il possesso, la chiede. Siccome non può pretenderla “che sia sua per diritto dei Quiriti”, si finge che l’abbia usucapita, e così la pretende come se fosse divenuto proprietario per diritto dei Quiriti, ad es. così: Sia giudice. Se Aulo Agerio avesse posseduto per un anno l’uomo che comprò e che gli è stato consegnato, allora l’uomo di cui si tratta deve essere suo per diritto dei Quiriti…

(ius honorarium): actio utilis (Gai. 3,219) placuit ita demum ex ista lege actionem esse, si quis corpore suo damnum dederit: ideoque alio modo damno dato utiles actiones datur, veluti si quis alienum hominem aut pecudem incluserit et fame necaverit, aut iumentum tam vehementer egerit, ut rumperetur… Si reputò peraltro che per detta legge (Legge Aquilia) ci fosse azione solo se uno avesse dato il danno con il suo corpo; e, perciò, se il danno è arrecato altrimenti, si accordano delle azioni utili, come se uno l’uomo o la bestia altrui l’avesse rinchiusa e fatta morir di fame, o avesse incalzato un giumento così violentemente da farlo scoppiare …

(ius honorarium): D. 1,1,7pr.-1 (Papinianus libro secundo definitionum) pr. Ius autem civile est, quod ex legibus, plebis scitis, senatus consultis, decretis principum, auctoritate prudentium venit. 1. Ius praetorium est, quod praetores introduxerunt adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia propter utilitatem publicam. Quod et honorarium dicitur ab honore praetorum sic nominatum. pr. Il diritto civile poi è quello che promana dalle leggi, dai plebisciti, dai senatoconsulti, dalle costituzioni dell’imperatore, dall’autorità dei giuristi. 1. Il diritto pretorio è ciò che i pretori introdussero per aiutare, supplire, correggere il ius civile in nome della pubblica utilità. Esso viene detto anche onorario, perché denominato dalla carica dei pretori.

ius honorarium: Const. Tanta 18 (16 dicembre 533 d.C.) Et hoc non primum a nobis dictum est, sed ab antiqua descendit: cum ipse Iulianus legum et edicti perpetui suptilissimus conditor in suis libris hoc rettulit, ut, si quid imperfectum inveniatur, ab imperialis sanctione hoc repleatur. Et non ipse solus, sed et divus Hadrianus in compositione edicti… hoc apertissime definivit, ut, si quid in edicto positum non invenitur, hoc ad eius regulas coniecturas et imitationes possit nova instruere auctoritas. E ciò non siamo noi i primi a dirlo, ma discende dal passato: lo stesso Giuliano, diligente compilatore dell’editto perpetuo e giurista di chiara fama riportava ciò nei suoi libri, che se qualcosa mancasse ciò fosse colmato da clausola imperiale. Ma anche l’imperatore Adriano, ribadì esplicitamente tale principio, sia in occasione della pubblicazione dell’Editto … se qualcosa risultava omesso nell’editto, il principe in quel momento regnante poteva procedere ad un’integrazione, sulla base degli esempi, dei criteri, dei principi ispiratori dell’opera.

Familia: D. 50,16,195,1-5 (Ulpianus libro quadragensimo sexto ad edictum) 1. ‘ Familiae’ appellatio qualiter accipiatur, videamus. Et quidem varie accepta est: nam et in res et in personas deducitur. In res, ut puta in lege duodecim tabularum his verbis ‘adgnatus proximus familiam habeto’. Ad personas autem refertur familiae significatio ita, cum de patrono et liberto loquitur lex: ‘ex ea familia’, inquit, ‘in eam familiam’: et hic de singularibus personis legem loqui constat. 2. Familiae appellatio refertur et ad corporis cuiusdam significationem, quod aut iure proprio ipsorum aut communi universae cognationis continetur. 1. Vediamo con quali significati sia inteso il termine ‘familia’. Esso ha varie accezioni: viene usato infatti sia in relazione alle cose, sia in relazioni alle persone. In relazioni alle cose, come per esempio nella Legge delle XII Tavole, con queste parole: “l’agnato più vicino acquisti il patrimonio familiare”. In relazione alle persone, il termine familia è impiegato quando la legge parla del patrono e del liberto: “da questa famiglia” – dice – “a questa famiglia; ed è evidente che la legge qui parla delle singole persone. 2. La parola famiglia si riferisce anche alla designazione di un certo gruppo di individui, che è determinato o in base ad una condizione giuridica propria delle persone che lo compongono o in base al diritto comune derivante da un generale rapporto di parentela.

Familia: D. 50,16,195,1-5 (… continua) Iure proprio familiam dicimus plures personas, quae sunt sub unius potestate aut natura aut iure subiectae, ut puta patrem familias, matrem familias, filium familias, filiam familias quique deinceps vicem eorum sequuntur, ut puta nepotes et neptes et deinceps. Pater autem familias appellatur, qui in domo dominium habet, recteque hoc nomine appellatur, quamvis filium non habeat: non enim solam personam eius, sed et ius demonstramus: denique et pupillum patrem familias appellamus. Chiamiamo famiglia con una condizione giuridica propria la pluralità di persone che sono soggette alla potestà di una sola persona per natura o per diritto, come ad esempio il padre di famiglia, la madre di famiglia, il figlio di famiglia, la figlia di famiglia e quelli che di seguito sono destinati ad occupare il loro posto, come i nipoti e le nipoti, e così via. Si chiama poi padre di famiglia colui che ha il dominio nella casa e correttamente è così denominato anche quando non abbia alcun figlio: infatti non indichiamo solo la sua condizione personale, ma anche la condizione giuridica; e poi chiamiamo padre di famiglia anche il pupillo.

Familia: D. 50,16,195,1-5 (… continua) Et cum pater familias moritur, quotquot capita ei subiecta fuerint, singulas familias incipiunt habere: singuli enim patrum familiarum nomen subeunt. Idemque eveniet et in eo qui emancipatus est: nam et hic sui iuris effectus propriam familiam habet. Communi iure familiam dicimus omnium adgnatorum: nam etsi patre familias mortuo singuli singulas familias habent, tamen omnes, qui sub unius potestate fuerunt, recte eiusdem familiae appellabuntur, qui ex eadem domo et gente proditi sunt. Quando muore un padre di famiglia, tutte le persone che furono a lui soggette cominciano ad avere ciascuno una propria famiglia: ciascuno assume il nome di pater familias; e lo stesso avverrà anche per colui che fu emancipato: anche questo infatti, divenuto sui iuris, ha una propria famiglia. In base ad un diritto comune diciamo famiglia quella che comprende comunque tutti gli agnati; infatti, sebbene con la morte del padre di famiglia, ciascuno dei figli abbia una famiglia propria, tuttavia tutti coloro che furono sotto la potestà di una sola persona, correttamente si dirà che appartengono ad una medesima famiglia, poiché uscirono dalla medesima casa e gente.

Familia: D. 50,16,195,1-5 (… continua) 3. Servitutium quoque solemus appellare familias, ut in edicto praetoris ostendimus sub titulo de furtis, ubi praetor loquitur de familia publicanorum…. 4. Item appellatur familia plurium personarum, quae ab eiusdem ultimi genitoris sanguine proficiscuntur (sicuti dicimus familiam Iuliam), quasi a fonte quodam memoriae. 5. Mulier autem familiae suae et caput et finis est. 3. Siamo soliti anche chiamare famiglie i gruppi di servi, come abbiamo mostrato nell’editto del pretore sotto il titolo de furtis, dove il pretore parla della famiglia dei pubblicani… 4. Ugualmente viene chiamata famiglia quella pluralità di persone che discendono dal sangue di uno stesso remoto genitore (così parliamo di famiglia Giulia), che è quasi la fonte di una memoria comune. 5. La donna inoltre è principio e fine della propria famiglia.

( Persone) Gai. 1,9 Et quidem summa divisio de iure personarum haec est, quod homines aut liberi sunt aut servi. La partizione principale del diritto delle persone è questa: che tutti gli uomini sono liberi o sono servi.

Schiavitù e sue modifiche: Gai. 1,52 In potestate itaque sunt servi dominorum. Quae quidem potestas iuris gentium est; nam apud omnes peraeque gentes animadvertere possumus dominis in servos vitae necisque potestatem esse; et quodcumque per servum adquiritur, id domino adquiritur. Pertanto i servi sono in potestà dei padroni. Questa potestà è di diritto delle genti: infatti presso tutti le genti ugualmente possiamo notare che i padroni hanno sui servi potere di vita e di morte; e tutto ciò che attraverso il servo si acquista, si acquista al padrone.

Iura patronatus: D. 25,3,5,20 (Ulpianus libro secundo de officio proconsulis) Utrum autem tantum patroni alendi sint an etiam patronorum liberi, tractari potest. Et puto causa cognita iudices et liberos quoque patronorum alendos decernere, non quidem tam facile ut patronos, sed nonumquam et ipsos: nam et obsequium non solum patronis, verum etiam liberis eorum deberi praestari. Può poi trattarsi se gli alimenti si debbano solo ai patroni o anche ai figli dei patroni. Credo che i giudici, attraverso cognizioni, decideranno se estendere gli alimenti anche ai figli dei patroni; la qualcosa avviene non con la stessa facilità con la quale si realizza verso i patroni. Giacché l’ossequio si porta non solo verso i patroni, ma anche verso i loro figli.

Rappresentanza Art C.C. Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall’interessato. Art C.C. Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato. Gai. 2,95: … et hoc est quod vulgo dicitur per extraneam personam nobis adquiri non posse. D. 44,7,11 (Paulus libro duodecimo ad Sabinum): … et ideo neque stipulari neque emere vendere contrahere, ut alter suo nomine recte agat, possumus. 2,95: … ed è quello che comunemente si dice: non potersi da noi acquistare per mezzo di un estraneo. 11. … e pertanto non si può assumere un’obbligazione, ne acquistare, vendere, contrarre, come se un altro agisca rettamente in suo nome. 20

Rappresentanza: D. 14,3,1 (Ulpianus libro vicensimo octavo ad edictum) Aequum praetori visum est, sicut commoda sentimus ex actu institorum, ita etiam obligari nos ex contractibus ipsorum et conveniri. Sembrò giusto al pretore che dal momento che ricaviamo vantaggi dall’atto degli institori, così siamo obbligati e convenuti dai negozi degli stessi.

Rappresentanza: Gai.4,70 Inprimis itaque si iussu patris dominive negotium gestum erit, in solidum praetor actionem in patrem dominumve conparavit; et recte, quia qui ita negotium gerit, magis patris dominive quam filii servive fidem sequi. In primo luogo, dunque, se l’affare sia stato trattato col benestare del padre o del padrone, il pretore ha dato l’azione per l’intero contro il padre o il padrone; e giustamente, perché colui che compie un tale negozio, più che sul figlio o sul servo fa affidamento sul padre o sul padrone.

Rappresentanza: Gai.4,71 Eadem ratione conparavit duas alias actiones, exercitoriam et institoriam. Tunc autem exercitoria locum habet, cum pater dominusve filium servumve magistrum navi praeposuerit, et quid cum eo eius rei gratia cui praepositus fuerit gestum erit. Cum enim ea quoque res ex voluntate patris dominive contrahi videatur, aequissimum esse visum est in solidum actionem in eum dari. Quin etiam, licet extraneum quisque magistrum navi praeposuerit sive servum sive liberum, tamen ea praetoria actio in eum redditur. Ideo autem exercitoria actio appellatur, quia exercitor vocatur is, ad quem cottidianus navis quaestus pervenit. Institoria vero formula… Per la stessa ragione introdusse altre due azioni, l’esercitoria e l’institoria. La prima ha luogo quando il padre o il padrone abbia preposto il figlio o il servo ad una nave come capitano, e qualcosa sia stato trattato con costui in rapporto con la sua preposizione. Poiché invero l’affare risulta contratto anche per volontà del padre o del padrone, è sembrato più che equo che fosse data azione per l’intero contro di lui. Che anzi, pur se uno abbia, come capitano, preposta alla nave un estraneo, sia servo, sia libero, quell’azione pretoria contro di lui è data. L’azione poi si chiama esercitoria, perché esercente è chiamato colui al quale perviene il giornaliero guadagno della nave. La formula institoria…

Rappresentanza: actio institoria Caius Aquilius iudex esto. Quod Aulus Agerius de Lucio Titio, cum is a Numedio Negidio tabernae instructae praepositus esset, decem pondo olei emit, cui rei Lucius Titius a Numedio Negidio ibi praepositus erat, qua de re agitur, quidquid ob eam rem Lucium Titium Aulo Agerio dare facere oportet ex fide bona, eius iudex Numedium Negidium Aulo Agerio condemnato, si non paret absolvito. Gaio Aquilio sia giudice. Poiché A.A. ha comperato da L.T., che è stato preposto da N.N. alla gestione della bottega, dieci quantità di olio, affare al quale L.T. era stato ivi preposto da N.N., per tale causa, il giudice condanni N.N. a favore di A.A. all’equivalente (in denaro) di ciò che L.T. deve dare o fare in base a ciò ad A.A. secondo buona fede; se non risulta, lo assolva.

Modi di produzione del diritto: Gai. 1,7 (Responsa prudentium) Responsa prudentium sunt sententiae et opiniones eorum, quibus permissum est iura condere. Quorum omnium si in unum sententiae concurrunt, id, quod ita sentiunt, legis vicem optinet; si vero dissentiunt, iudici licet quam velit sententiam sequi; idque rescripto divi Hadriani significatur. I responsi degli esperti sono i pareri e le opinioni di coloro cui è stato permesso di produrre diritto [D. 1,2,2,39]. Se i pareri di essi tutti siano concordi ciò che quelli così pensano tien luogo di legge; se invece siano discordanti, può il giudice seguire l’opinione che vuole[ius receptum-ius controversum]; e ciò è indicato in un rescritto dell’imperatore Adriano [ d.C.]

Modi di produzione del diritto: D. 1,2,2,49 (Pomponius libro singulari enchiridii) [Responsa prudentium] Primus divus Augustus, ut maior iuris auctoritas haberetur, constituit, ut ex auctoritate eius responderent: et ex illo tempore peti hoc pro beneficio coepit. Et ideo optimus princeps Hadrianus, cum ab eo viri pretorii peterent, ut sibi liceret respondere, rescripsit eis hoc non peti, sed praestari solere et ideo, si quis fiduciam sui haberet, delectari se, si populo ad respondendum se praepararet. Il divo Augusto, per primo, affinché l’autorità del diritto fosse in maggiore considerazione, statuì che si dessero responsi sulla base della sua autorità; e da quel tempo si iniziò a chiedere ciò, come beneficio. E’ per questo che l’ottimo principe Adriano, ad alcuni di dignità pretoria, i quali gli chiedevano che fosse loro lecito dare responsi, stabilì con rescritto che ciò non era da richiedersi, ma soleva essere praticato e perciò era lieto se qualcuno, avendo fiducia in se stesso, si preparava a dare responsi al popolo.

Modi di produzione del diritto: Gai. 1,5 (Constitutiones principum). Constitutio principis est, quod imperator decreto vel edicto vel epistula constituit. Nec umquam dubitatum est, quin id legis vicem optineat, cum ipse imperator per legem imperium accipiat. Costituzione imperiale è ciò che l’imperatore stabilisce con decreto, editto o lettera. Né mai si è dubitato che ciò tenga luogo di legge, dal momento che l’imperatore assume il potere mediante una legge [es. lex de imperio Vespasiani d.C. = CIL. VI 1,930; cfr. D. 1,4,1pr. Ulpiano].

Res gestae 34,3 Post id tempus autoritate omnibus praestiti, potestatis autem nihilo amplius habui quam ceteri qui mihi quoque in magistratu conlegae fuerunt. Da allora in poi fui superiore a tutti in autorità, sebbene non avessi maggior potere di tutti gli altri che furono miei colleghi in ciascuna magistratura.

Lex de imperio Vespasiani (FIRA I, p. 154 s.) …utique quaecunque ex usu rei publicae maiestateque divinarum humanarum publicarum privatarumque rerum esse censebit, ei agere facere ius potestasque sit, ita ut divo Aug(usto), Tiberioque Iulio Caesari Aug(usto), Tiberioque Claudio Caesari Aug(usto) ermanico fuit… utique quae ante hanc legem rogatam acta gesta decreta imperata ab imperatore Caesare Vespasiano Aug(usto) iussu mandatuve eius a quoque sunt, ea perinde iusta rataq(ue) sint, ac si populi plebisve iussu acta essent. … che egli abbia il diritto e il potere di fare tutto ciò che riterrà utile allo ‘Stato’ ed alla solennità delle cose divine ed umane, pubbliche o private, come fu concesso al divino Augusto, a Tiberio Giulio Cesare Augusto, a Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico… che tutti gli atti, fatti, decreti, ordini, posti in essere dall’imperatore Cesare Vespasiano Augusto, o dietro suo ordine o mandato da chiunque altro, prima di questa legge, siano considerati validi e ratificati, come se fossero stati posti in essere per ordine del popolo o della plebe.

D. 1,2,2,12 (Pomponius libro singulari enchiridii) Ita in civitate nostra aut iure, id est lege, constituitur, aut est proprium ius civile, quod sine scripto in sola prudentium interpretatione consistit, aut sunt legis actiones, quae formam agendi continent, aut plebi scitum, quod sine auctoritate patrum est constitutum, aut est magistratuum edictum, unde ius honorarium nascitur, aut senatus consultum, quod solum senatu constituente inducitur sine lege, aut est principalis constitutio, id est ut quod ipse princeps constituit pro lege servetur. Così, nella nostra città, o si statuisce con diritto, cioè con la legge; oppure c’è il diritto civile proprio, il quale senza lo scritto, consiste nella sola interpretazione dei giuristi; oppure vi sono le azioni di legge, che contengono la forma dell’agire in giudizio; oppure il plebiscito, che è statuito senza il concorso dell’autorità dei senatori patrizi; oppure vi è l’editto dei magistrati, da cui nasce il diritto onorario; oppure il senatoconsulto, che viene introdotto avendolo statuito soltanto il senato, senza una legge; oppure vi è la costituzione del principe, cioè che venga osservato come legge ciò che il principe statuì.

Modi di produzione del diritto: D. 1,4,1pr.-1 (Ulp. l. I Instit.) pr. Quod principi placuit, legis habet vigorem: utpote cum lege regia, quae de imperio eius lata est, populus ei et in eum omne suum imperium et potestatem conferat. 1. Quodcunque igitur imperator per epistulam et subscriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutus est vel edicto praecepit, legem esse constat. Haec sunt quae vulgo constitutiones appellamus. pr. Ciò che al principe parve opportuno ha valore di legge, in quanto che, con la legge regia che è stata approvata sul di lui imperio, il popolo conferisce a lui, e in lui, ogni proprio imperio e potestà. 1. Quindi, tutto ciò che l’imperatore statuì con epistola e con firma a calce, o decretò in sede di cognizione processuale, o abbia detto interpellato, o abbia posto come precetto mediante editto, consta che è legge. Si tratta di ciò che comunemente chiamiamo ‘costituzioni’.

CTh. 16,8,3 (a. 321 d.C.) Cunctis ordinibus generali lege concedimus Iudeos vocari ad curiam... Riguardo ai consigli municipali, stabiliamo con legge generale che i Giudei sono chiamati nella curia.

C. 1,14,3 (Impp. Theodosius et Valentinianus AA. ad senatum - a. 426) Leges ut generales ab omnibus aequabiliter in posterum observentur… Come leggi generali si osservino in futuro, da tutti ugualmente…

C. 1,14,12 (Imp. Iustinianus A. Demostheni pp. – a. 529) Definimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in precibus sive in iudiciis sive alio quocunque modo factam ratam et indubitatam haberi. Si enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est, et leges interpretari solum dignum imperio esse oportet. Sanciamo dunque che debba tenersi ferma ed indubitabile ogni interpretazione delle leggi resa dall’imperatore sia nelle suppliche sia nei giudizi sia in qualunque altro modo. Se infatti nel nostro tempo soltanto all’imperatore è concesso di produrre le leggi, anche la di loro interpretazione spetta esclusivamente (= solum) alla potestà imperiale.