Percorso di formazione congiunta zonale in ottica 0-6 anni

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Transcript della presentazione:

Percorso di formazione congiunta zonale in ottica 0-6 anni Unione dei Comuni Montani del Casentino, Comune di Bibbiena, Comune di Pratovecchio Stia Regione Toscana Poppi, 13 dicembre 2014

LO STUDIO DELLE RELAZIONI DI ATTACCAMENTO TRA GENITORI E BAMBINI Un approfondimento della genitorialità in una prospettiva 0-6 anni Dr.ssa Manuela Fili Psicologa dell’età evolutiva, psicoterapeuta, psicopedagogista

PROGRAMMA DELLA GIORNATA Registrazione partecipanti Introduzione ai lavori Illustrazione parte teorica sull’attaccamento madre-bambino e la sua attinenza nei contesti educativi Lavoro in gruppi Pausa (13:00-14:00) Conclusioni Valutazione del percorso formativo

La relazione di attaccamento NON ESISTE MAI UN BAMBINO SOLO, MA IL BAMBINO ESISTE SOLO IN RELAZION E AD UN ADULTO CHE SI PRENDE CURA DI LUI. La relazione di attaccamento

L’ATTACCAMENTO La conoscenza della teoria dell’attaccamento e degli stili di attaccamento del bambino è necessaria all’educatore per la realizzazione di un percorso individualizzato di ambientamento al nido e può essere importante anche per i docenti delle Scuole dell’infanzia per comprendere meglio le capacità relazionali di ciascun bambino, con un focus necessariamente differente.

L’ATTACCAMENTO Approfondire l’osservazione delle relazioni di attaccamento tra mamme e bambini aiuterà l’èquipe educativa a relazionarsi in modo specifico con le differenti realtà, indagando le emozioni che si possono osservare nella diade mamma-bambino, ma anche quelle che sono suscitate negli stessi educatori.

L’ATTACCAMENTO Attaccamento: s. m. viva inclinazione affettiva per una persona, un ambiente, un modo di vita, un’attività, un’affezione. (Da Vocabolario della Lingua Italiana, Devoto-Oli, 2013).

L’ATTACCAMENTO Attaccamento: s. m. atto, effetto dell’attaccare, v. tr. ‘unire strettamente mediante adesivi, cuciture, etc (1294)’, ‘affetto’. Rispetto alla parola ‘attacco’, vari sono i significati collegati: unione, giunzione. Azione offensiva contro il nemico. Accesso di una malattia. Insieme di bestie da tiro necessario per un veicolo. Momento in cui si dà inizio ad un suono o ad un’esecuzione musicale. Organo atto all’inserzione di apparecchi elettrici sulle linee di distribuzione di energia elettrica’ . (da DELI, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, 1999)

L’ATTACCAMENTO Attaccamento: forte legame affettivo verso una persona, una cosa, un ambiente, un modo di vita che presenta talvolta tratti di dipendenza leggibili a partire dal modello originario che è l’attaccamento del bambino alla figura materna. (da Dizionario di Psicologia, Le Garzantine, 1999).

L’ATTACCAMENTO Alla luce della teoria dell’attaccamento elaborata da John Bowlby (1988) si cercherà di considerare come il bambino attraverso la costruzione e lo sviluppo del primo legame emotivo con la madre, o un suo sostituto, possa sviluppare i suoi rapporti sociali, integrandosi in ambienti diversi da quello più familiare.

L’ATTACCAMENTO L’ambientamento del bambino al Nido può rappresentare proprio una situazione insolita a cui dovrà riferirsi in maniera professionale l’educatore e il Gruppo educativo, organizzando un progetto di ambientamento individualizzato per ogni bambino con l’obiettivo di aiutare sia il bambino che la madre a separarsi, in modo che ognuno di loro possa percepire e vivere il benessere derivante da questa nuova esperienza. Infatti, la figura di riferimento oggetto dell’attaccamento, costituendo l’altro elemento della diade, funziona per il bambino come base sicura e pertanto gli consente di riferirsi a lei quando vuole esplorare il mondo oppure quando è preoccupato di fronte ad una situazione insolita.

L’ATTACCAMENTO Il concetto di attaccamento fu introdotto da Bowlby per indicare il legame biologico ed emotivo che caratterizza le relazioni tra madre e bambino nei primi tempi di vita di quest’ultimo. L’autore inglese lo definisce come un intenso legame che un essere umano o animale vive precocemente e reciprocamente con un altro essere, in modo specifico e durevole, e a scopo adattivo. Gustav Klimt, Three ages of a woman

L’ATTACCAMENTO Tale modalità ha consentito, nel corso della storia evolutiva della specie, di proteggere i piccoli dall’attacco dei predatori. L’attaccamento viene concepito come una predisposizione dell’organismo che si esprime attraverso comportamenti di ricerca di contatto fisico (aggrapparsi, seguire ecc.) o in segnali atti a suscitare questo contatto (pianto, sorriso, sguardo, richiamo ecc.).

la teoria dell’attaccamento Studia la propensione a stringere relazioni emotive intime con particolari individui come una componente di base della natura umana, già presente in forma germinale nel neonato e che permane durante la vita adulta e la vecchiaia (Ainsworth, 1971; Bowlby, 1958; Main, 1977; Sroufe, 1985, 1986; Stern, 1977, 1985). Nella prima e seconda infanzia, i legami sono con i genitori (o loro figure sostitutive), che vengono ricercati perché diano protezione, conforto e sostegno. La comunicazione trasmessa tramite le emozioni rimane la caratteristica principale delle relazioni intime, per tutto il corso della vita.

la teoria dell’attaccamento La capacità di stringere legami emotivi intimi con altre persone, talvolta nel ruolo di chi richiede le cure e talvolta nel ruolo di chi le fornisce, è considerata una delle caratteristiche principali di un funzionamento efficace della personalità e della salute mentale.

LA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO Come si definisce una relazione di attaccamento? Per la presenza di tre caratteristiche chiave: 1) Ricerca di vicinanza ad una figura preferita 2) L’effetto di una base sicura 3) Protesta o fatica per la separazione

IL COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO Il comportamento di attaccamento è quella forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato. Questo comportamento diventa evidente ogni volta che la persona è spaventata, affaticata o malata e si attenua quando si ricevono conforto e cure.

IL COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO Per una persona, il fatto di sapere che una figura di attaccamento è disponibile e pronta a rispondere è un fatto che fornisce un forte e pervasivo senso di sicurezza, incoraggia a dare valore alla relazione e a continuarla. Il comportamento di attaccamento è evidente soprattutto nella prima infanzia, ma può essere osservato nell’ambito dell’intero ciclo di vita, specialmente nei momenti di emergenza.

STRANGE SITUATION PROCEDURE La Strange Situation Procedure (Ainsworth, 1969) è una situazione sperimentale per determinare il tipo di attaccamento tra madre e figlio. E’ una procedura standardizzata che ha l’obiettivo di attivare e intensificare i comportamenti di attaccamento del bambino nei confronti del genitore, sottoponendolo a una situazione di stress moderato, ma crescente nel tempo. La procedura si svolge in un contesto non familiare al bambino (strange=“insolito”), prevede la presenza di una persona adulta sconosciuta al piccolo (definita l’estraneo), e una serie di due separazioni e ricongiungimenti con la madre o il padre.

STRANGE SITUATION PROCEDURE E’ applicata a partire dai 12 mesi di vita del bambino e può essere somministrata nuovamente dopo 6 mesi. L’intervallo di sei mesi tra una somministrazione e l’altra permette al bambino di dimenticare la procedura e fare in modo che la procedura rappresenti per il piccolo una condizione di stress tale da attivare i comportamenti di attaccamento.

STRANGE SITUATION PROCEDURE La SSP è suddivisa in otto brevi episodi che, eccetto il primo, hanno una durata di circa tre minuti ciascuno, che si succedono secondo un ordine fisso e con una consegna esplicita.

STRANGE SITUATION PROCEDURE 1º episodio. In una stanza apposita vengono fatti entrare, e successivamente lasciati soli, la madre con il figlio. 2º episodio. Nella stanza sono presenti dei giocattoli in un angolo, il bambino ha così la possibilità di esplorare l'ambiente ed, eventualmente, giocare con la madre. 3º episodio. Entra un estraneo che siede prima in silenzio, poi parla con la madre e successivamente coinvolge il piccolo in qualche gioco. 4º episodio. La madre esce lasciando il bambino con l'estraneo. 5º episodio. Successivamente rientra la madre nella stanza ed esce lo sconosciuto. 6º episodio. In questo episodio la madre lascia di nuovo il bambino; è da notare che questa volta lo lascia solo. 7º episodio. Entra l'estraneo e, se necessario, cerca di consolare il bambino. 8º episodio. La madre rientra nella stanza.

STRANGE SITUATION PROCEDURE Nella strange situation i principali stili di comportamento attivati sono: il comportamento esplorativo; il comportamento prudente o timoroso; il comportamento di attaccamento; il comportamento socievole; il comportamento arrabbiato/resistente.

STRANGE SITUATION PROCEDURE Sulla base del comportamenti manifestati dai bambini nella Strange Situation nei confronti della figura di attaccamento, Ainsworth e coll. (1978) hanno individuato tre tipologie di attaccamento: SICURO; INSICURO-EVITANTE; INSICURO-AMBIVALENTE ; INSICURO-DISORGANIZZATO.

L’ATTACCAMENTO SICURO Il bambino che mostra un attaccamento sicuro: esplora attivamente l’ambiente sia in presenza che in assenza della madre; mantiene una certa vicinanza con la madre e protesta se lei si allontana; ha fiducia in lei e se ne separa momentaneamente sapendo che non la perderà. Il bambino sicuro ha genitori sicuri, affettuosi, sensibili ai suoi segnali, disponibili e pronti a dargli protezione nel momento in cui lo richiede.

L’ATTACCAMENTO SICURO Il bambino sicuro, in presenza del caregiver mostra un chiaro desiderio di contatto fisico, di vicinanza o di interazione nei confronti della figura di attaccamento. Quando il caregiver è presente, il bambino può apparire relativamente autonomo nell’esplorazione dell’ambiente, ma di solito tende a cercare in modo attivo la partecipazione dell’adulto e durante le separazioni mostra segni di ricerca dell’adulto. avverte la figura di attaccamento come sicura ed accettante, cui può accedere liberamente, per cui può alternare la vicinanza con allontanamenti esplorativi.

L’ATTACCAMENTO SICURO Il bambino sicuro accoglie la madre negli episodi di ricongiungimento, cercando attivamente il contatto fisico e la vicinanza. Se il disagio è elevato il solo ritorno del caregiver dà protezione e conforto al bambino che è in grado di riprendere la sua esplorazione. Durante la seconda riunione, il bambino sicuro è subito placato dal contatto fisico che cerca con il caregiver e di solito è necessario poco tempo affinché gradualmente il bambino riprenda la sua esplorazione.

L’ATTACCAMENTO SICURO Il bambino adulto, diventato adulto ha dentro di sé una valutazione positiva delle emozioni legate all’attaccamento ed uno stile di conoscenza aperto, in grado di utilizzare sia autonomi meccanismi creativi che imitativi.

L’ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE L’attaccamento può essere definito insicuro- evitante quando il bambino non mostra un coinvolgimento emotivo verso la madre, ma ne è indifferente e al momento della riunione la evita. Le origini di questo comportamento sembrano legarsi ad un attaccamento con una madre distante, evitante rispetto alle richieste del bambino, incapace di soddisfarne i bisogni emotivi, rifiutando o scoraggiando il contatto fisico quando il bambino lo richiede.

L’ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE I bambini con attaccamento insicuro- evitante mostrano un evitamento del genitore, in particolare negli episodi di riunione. La strategia di regolazione affettiva che adottano si basa sul distanziamento dal caregiver e sull’inibizione dell’espressione affettiva di disagio nelle situazioni di pericolo. A livello comportamentale sono bambini che appaiono particolarmente autonomi e indipendenti, maggiormente focalizzati sull’esplorazione dell’ambiente e dei giocattoli che sulla presenza del caregiver.  

L’ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE Durante le separazioni mostrano minimi segni di disagio e di ricerca del caregiver e una prevalenza di comportamenti di autoconsolazione: vi è un apparente basso livello d’ansia e scarsi comportamenti di ricerca del genitore. Le manifestazioni di disagio sono per lo più da attribuire al fatto di essere lasciati soli e non tanto all’assenza della madre.  

L’ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE Si costruisce nel tempo un modello operativo interno in cui, al di là della superficiale idealizzazione, la figura di attaccamento è rifiutante ed inaccessibile, anzi non manifestarle il bisogno che ha di lei appare il miglior modo di non farla allontanare e di mantenere una certa vicinanza. Spesso, per la capacità di cavarsela autonomamente, vi è un modello di sé positivo, ma in aree diverse da quella della relazione interpersonale, che resta caratterizzata da una valutazione negativa delle emozioni relative all’attaccamento e da una non-interazione con gli altri per quanto riguarda la conoscenza.

L’ATTACCAMENTO INSICURO-AMBIVALENTE Per quanto riguarda l’attaccamento insicuro- ambivalente, lo si rileva quando il bambino, sia in presenza che in assenza della madre, mostra scarsa capacità di esplorazione, piange molto in sua assenza e quando lei ritorna mostra un comportamento ambivalente di ricerca di contatto e resistenza ad esso. Le madri di questi bambini nei primi tre mesi di vita si sono mostrate imprevedibili nelle risposte, più sintonizzate con i loro bisogni che su quelli del figlio.

L’ATTACCAMENTO INSICURO-AMBIVALENTE Col sedimentarsi dei vissuti,  si costruisce un modello operativo interno caratterizzato dall’incertezza sulla disponibilità della figura di attaccamento, che appare imprevedibile, né sicura né impossibile, talvolta lontana e inarrivabile, altre volte invece capace di protezione e vicinanza. Per contrastare tale imprevedibilità il bambino si attribuisce il merito o la colpa di conquistare o perdere la vicinanza: l’esito del rapporto dipende dal sé,  avvertito come poco amabile, per cui il soggetto cerca di meritare  l’amore dell’altro attraverso buone prestazioni.

L’ATTACCAMENTO INSICURO-AMBIVALENTE L’insicurezza derivante dall’ ambivalenza della figura di attaccamento porta il soggetto a cercare una vicinanza serrata, ma allo stesso tempo, l’insicurezza dovuta alla propria non- amabilità lo porta ad avere paura dell’intimità che potrebbe svelare all’altro quanto non è amabile. Anche lo stile cognitivo è segnato dall’evitamento, inteso come progressivo restringimento o rinuncia all’esplorazione.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Infine l’attaccamento disorganizzato/disorientato riguarda bambini con una vasta gamma di comportamenti contraddittori, incerti, confusi. Il bambino mette in atto dei comportamenti stereotipici, ed è sorpreso/stupefatto quando la madre si allontana. Gli adulti di questi bambini mostrano un’assoluta imprevedibilità e incoerenza nei messaggi inviati ai loro figli ed un’incapacità a saper entrare in sintonia con le esigenze emotive del piccolo.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Ciò che i bambini con attaccamento disorganizzato hanno in comune è la manifestazione, alla Strange Situation, di comportamenti disorientati ed apertamente conflittuali, in presenza del genitore. Questi bambini piangono mentre cercano di raggiungere la madre, per poi tacere improvvisamente e rimanere “congelati” ed immobili per diversi secondi; oppure all’arrivo dell’estraneo sembrano spaventati ma al contempo si allontanano dal genitore; o, ancora, al momento della separazione chiamano attraverso la porta il genitore per poi allontanarsene alla riunione.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Ha avuto ripetute esperienze di rapporto con una figura di attaccamento, triste, preoccupata o assorta in sé per questioni personali gravissime (lutto recente o non risolto, depressione grave,  abusi subiti nell’infanzia, ecc.), poco responsiva verso il bambino. Il piccolo interpreta l’espressione triste e spaventata della madre come una minaccia, cui non può fuggire ma allo stesso tempo non può avvicinarsi per essere rassicurato. Questa situazione è particolarmente opprimente per il bambino poiché egli non può identificare cosa impaurisce il genitore.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO L’allarme nel bambino è ulteriormente accresciuto dal fatto che il genitore, mentre rivela con la mimica la presenza di un pericolo, mostra contemporaneamente di non volere la vicinanza del bambino. Nell’attaccamento disorganizzato il modello operativo interno è costituito da una figura di attaccamento sentita come minacciosa, per cui non è più cercata la vicinanza, ma il mantenimento della distanza e il controllo sull’altro. Il soggetto non si pone il problema dell’amabilità, bensì quello della forza (per fronteggiare il pericolo), avvertendo se stesso e l’altro secondo la dicotomia forte/debole.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Si parla di bambini che, talvolta, mentre sono di buon umore, colpiscono con forza il viso del genitore con un’espressione simile alla trance; o si avvicinano il genitore con la testa voltata dall’altra parte, come se non potessero organizzare il loro comportamento nel senso dell’avvicinamento né in quello dell’ evitamento e quindi mescolassero le due tendenze in un’azione inevitabilmente caotica, goffa, incoerente. Questi atteggiamenti appaiono simili ai comportamenti definiti “conflittuali” dagli etologi, vale a dire comportamenti che derivano dall’attivazione simultanea di sistemi incompatibili.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Sembra proprio che il bambino sperimenti contemporaneamente le tendenze contraddittorie di fuggire e di avvicinarsi alla figura di attaccamento e ciò lo porta ad un collasso delle strategie comportamentali, manifestando perciò movimenti ed espressioni incoerenti ed incomplete. Il bambino non può disporre delle due fondamentali strategie innate connesse all’emozione di paura, l’attacco e la fuga; deve allora far ricorso alla terza strategia innata per gestire la paura, quella dell’immobilizzazione (freezing), che in effetti è talora osservabile alla Strange Situation di bambini con attaccamento disorganizzato.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO E’ stato sporadicamente osservato che quando la mimica e la postura assunte dalla madre mostrano che in quel momento la madre è immersa in un doloroso mondo interiore e personale, assorbita da qualche esperienza dolorosa del passato, difficilmente condivisibile da altri adulti e tanto meno dal bambino, immediatamente dopo, il comportamento del bambino comincia a dare intensi segni di disorganizzazione. Main e Hesse sostengono che all’origine dell’attaccamento disorganizzato vi sia una figura di attaccamento spaventata/spaventante (“frightened/frightening”) [Main e Hesse, 1992] .

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Il comportamento spaventante (involontario e incosciente) del genitore pone il bambino in una situazione di conflitto irrisolvibile, poiché in tal caso il genitore rappresenta, nel contempo, la sua fonte di conforto e la sua fonte di paura. Come nel caso in cui il genitore stesso costituisce il pericolo, si crea nel bambino un conflitto insolubile fra due sistemi motivazionali innati: il sistema dell’attaccamento, che lo obbliga a cercare la vicinanza protettiva del genitore ogni volta che si trova in pericolo, e il sistema difensivo più arcaico, che lo obbliga a fuggire di fronte ad uno stimolo che gli incuta paura.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Tale conflitto si esprime nel bambino attraverso quei comportamenti contraddittori nei confronti del caregiver, tipici dell’attaccamento disorganizzato. Numerosi studi hanno confermato la correlazione tra disorganizzazione dell’attaccamento nei bambini e traumi non risolti nella figura di attaccamento.

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Laddove il genitore abbia una condizione mentale di dissociazione in rapporto a esperienze traumatiche passate, vissute senza sperimentare conforto e lenimento, o esperienze di perdita non elaborate, può manifestare una specifica difficoltà a prestare un’attenzione flessibile agli stati affettivi dolorosi del figlio, in quanto l’espressione di dolore e di paura del figlio potrebbe evocare nel genitore stati affettivi dolorosi e irrisolti, tanto da indurlo a limitare l’attenzione nei confronti di questi sentimenti espressi dal figlio

L’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Liotti (1992) ha ipotizzato che "l'attaccamento disorganizzato sia il primo gradino in un percorso di sviluppo che porta, probabilmente attraverso una lunga sequenza di interazioni familiari drammatiche o violente, dall'infanzia in poi, alla dissociazione patologica della vita adulta".

I MODELLI OPERATIVI INTERNI (MOI) Il bambino in fase di sviluppo costruisce nella propria mente modelli di sé stesso e degli altri, basati sulla ripetizione delle esperienze vissute con la figura di riferimento più importante. Queste rappresentazioni delle interazioni, una volta generalizzate, formano modelli mentali stabili su cui il bambino basa le sue previsioni relative al comportamento degli altri e quindi il suo comportamento sociale. La relazione di attaccamento costituisce perciò la matrice su cui si forma la rappresentazione mentale di se stesso e degli altri.

I MODELLI OPERATIVI INTERNI (MOI) Questi modelli rappresentazionali, chiamati Internal Working Model (IWM) o modelli operativi interni (MOI), diventano ben presto inconsapevoli e tendono ad essere stabili nel tempo. La capacità di anticipare gli eventi, propria dei modelli operativi interni originati sulla base dell’attaccamento, è tale da influenzare fortemente le successive relazioni affettive, che, in un modo o nell’altro tenderanno a ripetere la primitiva relazione tra il piccolo e la figura di attaccamento.

I MODELLI OPERATIVI INTERNI (MOI) Il soggetto si è costruito uno schema mentale (per lo più inconscio) di come è l’altro e di come lo tratterà e finisce facilmente per selezionare proprio le persone che hanno quelle caratteristiche; il suo comportamento sarà complementare e finirà per rinforzare quello dell’altro, in una sorta di circolo vizioso. Ad esempio, è estremamente facile che una persona, già maltrattata da un padre violento e aggressivo, qualora non abbia messo in discussione a fondo il problema, abbia la tendenza a trovare un partner violento, nonostante sogni una persona dolce e accudente.

LAVORO DI GRUPPO MISTO 1- bambino sicuro Immaginate di essere a contatto: a) Con un bambino sicuro Come vi sentite con il bambino/mamma? Come vi sentite con la mamma? Quali sono le criticità che pensate di poter incontrare/che avete incontrato? Quali possono essere le strategie educative per accogliere questa diade madre e bambino?

LAVORO DI GRUPPO MISTO 1 – Bambino sicuro

LAVORO DI GRUPPO MISTO 2- bambino insicuro-evitante Immaginate di essere a contatto: a) Con un bambino insicuro evitante Come vi sentite con il bambino/mamma? Come vi sentite con la mamma? Quali sono le criticità che pensate di poter incontrare/che avete incontrato? Quali possono essere le strategie educative per accogliere questa diade madre e bambino?

LAVORO DI GRUPPO MISTO 2 – Bambino insicuro-evitante

LAVORO DI GRUPPO MISTO 3- bambino insicuro-ambivalente Immaginate di essere a contatto: a) Con un bambino insicuro ambivalente Come vi sentite con il bambino/mamma? Come vi sentite con la mamma? Quali sono le criticità che pensate di poter incontrare/che avete incontrato? Quali possono essere le strategie educative per accogliere questa diade madre e bambino?

LAVORO DI GRUPPO MISTO 3- bambino insicuro-ambivalente

LAVORO DI GRUPPO MISTO 4- bambino insicuro-disorganizzato Immaginate di essere a contatto: a) Con un bambino insicuro disorganizzato Come vi sentite con il bambino/mamma? Come vi sentite con la mamma? Quali sono le criticità che pensate di poter incontrare/che avete incontrato? Quali possono essere le strategie educative per accogliere questa diade madre e bambino?

LAVORO DI GRUPPO MISTO 4- bambino insicuro-disorganizzato

CONCLUDENDO Il lavoro con i genitori nelle istituzioni educative è carico di complessità e di emozioni intense che provengono dai genitori, dai bambini (dalla relazione di attaccamento osservata e percepita), ma anche dalle emozioni che appartengono agli operatori dei servizi.

CONCLUDENDO Il lavoro educativo con i genitori è: un’esperienza di gruppo un viaggio pieno di scoperta Possono esserci pericoli e rischi Richiede responsabilità A volte è molto faticoso

CONCLUDENDO Il lavoro educativo con i genitori è: Un viaggio in solitaria Pieno di fascino L’obiettivo fissato è difficile e complesso Richiede fatica e responsabilità

CONCLUDENDO Il lavoro educativo con i genitori è: Molto affettivo Fa sentire una grossa responsabilità Fa sentire di dover tenere e sostenere sia i bambini che le famiglie A volte non si riesce a fare tutto…

CONCLUDENDO Il lavoro educativo con i genitori comporta: Il fare spazio dentro di sé ai bambini ed alle famiglie; Un lavoro di interprete e di traduttore delle emozioni altrui e delle proprie Attenzione e responsabilità

CONCLUDENDO Il lavoro educativo con i genitori è: Un percorso Uno scambio Un accogliere con fiducia tutta la famiglia, aprendo le braccia ed il proprio spazio affettivo e mentale

L’EQUIPAGGIAMENTO DEGLI OPERATORI Ascolto e condivisione Sincerità Sicurezza Non trasmettere ansia e paure Sapere attendere Essere chiari Disponibilità

L’EQUIPAGGIAMENTO DEGLI OPERATORI Creare relazioni di fiducia Comunicare in modo efficace con le famiglie Lavorare sul riconoscimento del ruolo educativo Ascolto Sostegno Ansia, paure, fatica

L’EQUIPAGGIAMENTO DEGLI OPERATORI Collaborazione Comprensione e dialogo Rispetto Senso di inadeguatezza Empatia Gioia Creare momenti formali ed informali di confronto

L’EQUIPAGGIAMENTO DEGLI OPERATORI Essere da stimolo Presenza Equilibrio Prendersi cura Sorridere Abbracciare Concretezza Non invadere Entusiasmo

L’EQUIPAGGIAMENTO DEGLI OPERATORI Supporto Soddisfazione del lavoro svolto Paura di non entrare in sintonia Paura di attivare il proprio vissuto di figlia/madre Paura di coinvolgimento Apertura

Lavoro di gruppo misto In gruppo avviare una discussione guidata in cui condividere le proposte di partecipazione rivolte ai genitori che sono presenti nei nidi e Scuole dell’Infanzia di appartenenza. Inventare un nuovo modo formale od informale per coinvolgere maggiormente i genitori nella vita quotidiana di un servizio a scelta (Nido o Scuola dell’Infanzia): Sul cartellone rappresentare graficamente l’avviso per i genitori per l’attività pensata Indicare il nome dell’attività, la cadenza, gli obiettivi e le modalità di partecipazione.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA Ainsworth M., Bowlby J., (1965). Child Care and the Growth of Love. London, Penguin Books; Ainsworth M., Blehar M., Waters E., Wall S., (1978). Patterns of Attachment. Hillsdale, Erlbaum, New York; John Bowlby, Attaccamento e perdita 1, Bollati Boringhieri, Torino 1999; John Bowlby, Attaccamento e perdita 2, Bollati Boringhieri, Torino 2000; Bowlby J., (1989) Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Cortina, Milano;

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA Mary D. Ainsworth, Modelli di attaccamento e sviluppo della personalità, Raffaello Cortina, Milano 2006 Angela Balzotti, Attaccamento e biologia. La regolazione affettiva in una prospettiva psicobiologica, Franco Angeli, Milano 2010 Giorgio Caviglia, Teoria della mente attaccamento disorganizzato psicopatologia, Carocci, Firenze 2005 Blaise Pierrehumbert, L'Attaccamento. Dalla teoria alla pratica, Edizioni Magi, Roma 2007

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA Peter Fonagy, Mary Target, Attaccamento e funzione riflessiva, Raffaello Cortina, Milano 2001 Peter Fonagy, Psicoanalisi e teoria dell'attaccamento, Raffaello Cortina, Milano 2002 Jeremy Holmes, La teoria dell'attaccamento, John Bowlby e la sua scuola, Raffaello Cortina, Milano 2004 Niels Peter Rygaard, Il bambino abbandonato. Guida al trattamento dei disturbi dell'attaccamento, Giovanni Fioriti, Roma 2007 Jude Cassidy, Phillip R. Shaver, "Manuale dell'attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche", Giovanni Fioriti Editore,Roma 2010