Le XI regioni augustee
Cura viarum Necessità di un valido sistema viario per chi detiene il potere e per chi è governato. Augusto dopo il consolidamento del suo potere vuole risanare e integrare il sistema viario. Nelle Res gestae, cap. 20 fa riferimento a iniziative legislative in merito; opere di costruzione sulla via Flaminia durante il VII consolato, nel 27 a.C. Costruzione e restauro di ponti, molti andati distrutti nel corso del triumvirato.
I miliaria
Nel periodo repubblicano i consoli avevano collocato i miliaria in occasione della costruzione o restauro delle vie. Augusto, invece, come i suoi successori, non fece collocare i miliaria solo in occasione dei suoi consolati. Sono i miliaria che consentono di individuare gli interventi degli imperatori sul sistema stradale e il loro esame permette di ricostruire le vicende costruttive delle strade. Notevole impegno si può notare per: *Augusto (vie Flaminia e Iulia Augusta da Placentia alla Gallia Narbonense); e i suoi contemporanei C. Calvisius Sabinus con restauri della via Latina (ultimi miliaria posti da un privato) e Valerius Messalla Corvinus, che si occupò delle strade per Tusculum e Alba; *Claudio con la via Claudia dal Po al Danubio e la via Claudia Valeria, *Vespasiano, con miglioramenti e restauri in tutta la penisola; *Nerva, che ha lasciato un gran numero di miliaria; *Traiano, continuatore dell’opera di Nerva e realizzatore della via Appia Traiana da Beneventum a Brundisium; *Settimio Severo con consistenti interventi sulle vie Appia, Traiana, Aurelia. *Massenzio, con notevoli restauri nell’area intorno all’Urbe e in altre zone della penisola.
Curatores viarum Nel 20 a.C. Augusto istituisce incarichi stabili per il sistema stradale: Cassio Dione 54, 8: Allora egli stesso fu scelto come incaricato per le strade intorno a Roma e fece porre il cosiddetto miliario d’oro e ordinò per la costruzione di strade curatori scelti fra ex pretori che dovevano essere distinti da due littori Suet., Aug.37: nova officia excogitavit: curam operum publicorum, viarum variarum La testimonianza di Suetonio non consente di ipotizzare l’istituzione sin dall’inizio di un curator per ogni via, poiché in tal caso avremmo avuto singularium, non variarum I primi curatores di singole strade sono testimoniati in età flavia, come L. Funisulanus Vettonianus, curator per la via Aemilia ca. a. 75; in precedenza si conoscono solo curatores viarum. Evidentemente, come le altre funzioni senatorie istituite da Augusto, anche la cura viarum venne affidata a un collegium di alcune persone. I componenti dovevano essere da tre a cinque. La responsabilità collegiale avrà favorito a lungo andare l’abbandono di strade o tratti di strade lontane. Per questo vennero in seguito assegnati singoli curatori a singole strade, di cui erano personalmente responsabili.
Dall’età di Vespasiano: Dal tempo di Vespasiano abbiamo 7 o 8 curatores. In base alle testimonianze nel corso dell’età imperiale conosciamo dalle epigrafi (uniche fonti) i seguenti curatores in termini numerici: via Aemilia4 via Appia13 via Aurelia et Cornelia et Triumphalis 14 via Clodia, Annia, Cassia, Cimina, nova Traiana20 via Flaminia12 via Latina15 via Labicana et Latina vetus7 via Salaria7 via Valeria Tiburtina12 L’incarico era tenuto da ex pretori, ma le strade, essendo di diversa importanza, erano assegnate a pretori appena usciti di carica o a quelli prossimi al consolato.
Ai pretori più giovani erano assegnate: via Aurelia et Cornelia et Triumphalis via Clodia, Annia, Cassia, Cimina, nova Traiana via Latina via Salaria via Valeria Tiburtina Ai pretori più anziani: via Aemilia via Appia via Flaminia
Compiti dei curatores: responsabili della sorveglianza dello stato delle viae publicae reclutamento forze ausiliarie incarichi di costruzione nuove strade, per iniziativa dell’imperatore, che determinava anche il percorso, ma i curatores ne fissavano i particolari (mansiones, stationes) contatti con municipi e proprietari terrieri I lavori erano affidati a liberi imprenditori, mancipes o redemptores Finanziamento dei lavori -aerarium Saturni -partecipazione imperiale -municipi e proprietari terrieri
Praefectura vehiculorum Sistema di comunicazione necessario tra Roma e periferia, tra principe e comandanti delle truppe nelle province, tra governatori e potere centrale, servizio chiamato in seguito cursus publicus. Ad Augusto si deve una prima struttura organizzativa, un sistema di staffette realizzato da iuvenes, che si davano il cambio sulle viae militares; in seguito si preferì distribuire dei carri lungo il percorso con i necessari animali da tiro a disposizione di corrieri e magistrati. Da Tacito (Ann. 4, 27, 1) sappiamo che nel 24 d.C. erano pronte navi della flotta di Ravenna sull’Adriatico per traghettare i latori di messaggi dell’imperatore o di funzionari che andavano e venivano dalle province. Il principale luogo di partenza era Brundisium
Il praefectus vehiculorum. Funzione equestre Un’iscrizione di Apri in Tracia (AE 1974, 583) attesta un praefectus vehiculorum già al tempo di Vespasiano; ma un praefectus vehiculorum fu anche il Baebius Uncinus, la cui carriera equestre si data tra l’età di Nerone e quella flavia. Dunque in tale epoca vi era già un praefectus vehiculorum continuamente in carica. Allora si può pensare che anche questa istituzione risalga ad Augusto, anche se non ebbe ancora ai suoi tempi una struttura organizzativa; ciò può essere dimostrato anche dalla denominazione di praefectura e non di procuratela (come vigilum, annonae, ecc.), come di norma per funzioni equestri.
Sviluppi della funzione. Nel 97 d.C. sul verso di monete di Nerva vi è la legenda: VEHICULATIONE ITALIAE REMISSA, con l’immagine di un carro a due ruote e due muli che pascolano. Ciò significa che l’imperatore aveva riformato la distribuzione degli oneri per la vehiculatio in Italia, ovvero che le comunità in Italia venivano avvantaggiate rispetto a quelle delle province. Vehiculatio significava: trasporto di messaggeri con lettere; trasporto di funzionari statali con il loro personale trasporto di rifornimenti delle truppe (alimenti ed equipaggiamenti) Nerva dunque ha assunto tutti i costi da parte dello stato (in precedenza il servizio era a pagamento) e ha affidato il compito all’imprenditoria privata (mancipes), non più ai magistrati delle città. Forse con Adriano anche le mansiones per il pernottamento vennero a carico dello stato e non più dei magistrati cittadini.
I praefecti vehiculorum sono attestati solo in Italia, perché nelle province la gestione del cursus publicus spettava al governatore. Decentramento: si hanno praefecti vehiculorum diversi in concomitanza per le grandi strade (Appia, Annia, Traiana, Flaminia, Aurelia, Venetia-Transpadana) in una struttura, però, collegiale, di rango centenario. Solo con Settimio Severo si ha un prefetto per un’unica strada, ma l’amministrazione è sempre centralizzata a Roma. Il servizio è utilizzato essenzialmente dai senatori, che non si sottomettevano certo a un equestre, per cui il praefectus vehiculorum, che effettuava continuamente sopralluoghi, denunciava abusi e disservizi direttamente all’imperatore
A Roma nell’ufficio centrale vi erano alle dipendenze del praefectus vehiculorum degli a commentariis (che tenevano diari d’ufficio) e tabularii ( responsabili dell’archivio dei pagamenti ai mancipes). Ai prefetti spettava la gestione sulle strade di: Mutationes – per cambi di cavalli e carri Mansiones – alloggi e ristoro Stationes – posti di polizia, di controllo delle strade, almeno in alcuni casi tenuti da frumentarii (in dipendenza dal prefetto del pretorio) La concessione dei diplomata, che consentivano l’uso del cursus publicus, spettava solo all’imperatore; anche i tabellarii sono al servizio dell’imperatore o degli officia dei magistrati.
Praefectura alimentorum Istituita da Traiano, ma forse già progettata da Nerva, vuole ad un tempo risolvere i problemi relativi all’agricoltura sul suolo italico (grandi latifondi in abbandono) e quelli economici di alcuni centri dell’Italia, favorendo il mantenimento dei giovani delle famiglie più bisognose. Mutui forzati per i latifondisti con tasso variabile concessi dallo stato per agevolare l’agricoltura; Gli interessi devoluti dal praefectus alimentorum alle comunità cittadine: Distribuzione degli alimenta ad opera del locale quaestor alimentorum: figli legittimi: ragazzi HS 16;ragazze HS 12 figli illegittimi: ragazzi HS 12;ragazze HS10 Età: dalla nascita usque ad pubertatem (ragazzi 18 anni; ragazze 14 anni). I praefecti alimentorum sono scelti tra gli ex pretori.
Curatores rei publicae Attività di controllo sull'amministrazione finanziaria cittadina (piccolo trattato di Ulpiano scritto nell'età di Caracalla "De officio curatoris rei publicae"); responsabilità per i legati in favore delle città; controllo che i capitali, di cui disponevano le città, fossero fruttuosamente impiegati dai magistrati e funzionari cittadini; controllo e sorveglianza sul modo in cui erano effettuati gli acquisti di grano per impedire abusi da parte dei funzionari cittadini Sono nominati dall'imperatore, dall'età traianea: distribuzione nel tempo: 10% databili prima di Marco Aurelio 30% databili prima dell'età severiana 65% tra Settimio Severo e Carino molto rari dall'età di Diocleziano sono noti per ca. 160 città ed in numero di ca. 260 (fra Traiano e Diocleziano) ca. 60% sono senatori; 35-40% equestri e membri delle aristocrazie locali. I senatori sono particolarmente frequenti nelle regioni centrali dell'Italia, poiché più vaste le proprietà ed i relativi interessi.
Curatores kalendarii A loro erano affidate le tabulae dalle quali risultavano i nomi di quanti dovevano pagare vectigalia al municipio per locazione di praedia della città, di norma concessa per lungo termine o per 25 anni; tenevano conto delle rendite degli immobili comunali, dei capitali derivanti da legati, fidecommessi, vendite di beni. Attestati tra il 100 d.C. ed il III secolo; spesso si trovano presso le stesse comunità guidate dai curatores rei publicae.
Le entrate statali Il cittadino romano non doveva pagare tributi regolari sulla sua proprietà e sulla sua persona. In età repubblicana non aveva conosciuto tasse con scadenze regolari; si esigeva solo il tributum, equivalente ad un prestito che veniva richiesto al singolo cittadino in caso di necessità e che veniva, se possibile, restituito. Dal 167 a.C., con le guerre di conquista, si rese inutile anche il tributum escluse poche situazioni di crisi. Perciò il cittadino romano viveva in uno stato privilegiato. E ciò non mutò fino ai tempi di Diocleziano. Significativa distanza legale dalle province. Non fu necessaria, perciò, neppure una struttura per la riscossione delle tasse. I censimenti avevano solo lo scopo di registrare i cittadini romani; ben diverso carattere aveva il censimento provinciale. Per la registrazione dei cittadini era prescritta dalla lex Aelia Sentia e dalla lex Papia Poppea la professio dei neonati, che in Roma doveva avvenire dinanzi ai praefecti aerarii Saturni. Fuori dall'Urbe doveva avvenire davanti ai magistrati cittadini. La dichiarazione veniva lasciata all'iniziativa privata delle persone interessate.
Augusto non cambiò nulla del sistema esistente, rimanendo l'esenzione dal tributum. Erano tuttavia sempre in vigore i vectigalia, come quello imposto ai proprietari di ager publicus e la vicesima libertatis, l'imposta del 5% sulla liberazione degli schiavi. Ma in analogia a quest'ultima creò nuove imposte, legate a scopi precisi, ovvero: 1- la centesima rerum venalium (tributo dell'1% sul ricavato di tutte le vendite all'asta) o ducentesima auctionum (tributo dello 0,5% sul ricavato dei beni dei debitori da vendersi all'incanto); 2- vicesima quinta venalium mancipiorum (tributo del 4% sul ricavato delle vendite, prevalentemente di schiavi) 3- vicesima hereditatium (tributo del 5% sull'ammontare delle eredità) Queste ultime tre imposte erano destinate rispettivamente 1 e 3 alla nuova creazione dell'aerarium militare, per assicurare il pagamento delle liquidazioni ai veterani; 2 versata all'aerarium Saturni, per finanziare i vigiles in Roma, insieme alla vicesima libertatis.
La vicesima libertatis Introdotta già nell'anno 357 a.C. (Liv. 7, 16), aveva gravato o su chi emancipava o sullo schiavo liberato; come per tutte le entrate della repubblica non erano i magistrati di Roma ad occuparsi della riscossione, ma delle società di publicani. La stipula dei contratti con gli esattori dovrebbe essere stata competenza dei censori. Con l'avvento di Augusto nulla cambia, poiché documenti epigrafici attestano l'esistenza di società di publicani, che assumevano in comune la riscossione del tributo in una determinata regione almeno ancora in età traianea (AE 1964, 239 in Liguria), ma i contratti venivano stipulati con i praefecti aerarii Saturni, appartenenti all’ordine senatorio (non più con i censori). I vigiles ancora ai tempi di Cassio Dione ricevevano la loro paga dall'aerarium Saturni, e quindi ancora a quei tempi in tale cassa veniva versata la vicesima libertatis.
Permane il dubbio se nella II metà del II sec. d.C. i publicani siano stati o meno sostituiti da ufficiali dello Stato. Certo è che dall'età di Vespasiano sono attestati procuratores per la XX libertatis come per la XX hereditatium, forse per controllare l'operato dei publicani. Sappiamo infatti che nel 58 d.C. (Tac. Ann. 13, 50-51) il popolo si ribellò ai soprusi dei publicani e Nerone si vide costretto ad abolire quasi tutte le imposte, in seguito ripristinate. Conosciamo solo 3 procuratores XX libertatis (appartenenti all’ordine equestre) e la loro carriera non sembra di primo piano; nella gerarchia degli stipendi era una procuratela solo sexagenaria; ciò significa che il gettito non doveva essere rilevante. Si riteneva che la tassazione fosse stata appaltata secondo le 11 regiones augustee, come per la XX hereditatium, ma non si hanno prove. A quanto sembra in una stessa regione vi potevano essere invece più centri per la riscossione, dove gli appaltatori tenevano una familia di schiavi e liberti addetti alle operazioni. A Roma vi era un archivio, un tabularium della XX libertatis.
Per quanto riguarda la procedura di riscossione, di certo i publicani potevano adire alla documentazione del censo in Roma come nei municipi. I liberti, ottenuta la manomissione, si recavano presso i magistrati a dichiarare il loro nuovo status e i publicani potevano controllare i nomi dei nuovi cittadini. L'atto pubblico della liberazione davanti al pretore o l'apertura del testamento davanti al magistrato comportava l'obbligo di pagamento; lo stesso avveniva per le liberazioni sulla base della lex Aelia Sentia, davanti al consilium di un magistrato a Roma (costituito da 5 senatori e 5 cavalieri), quando non venivano rispettate le norme sui limiti di età (20 anni per il padrone e 30 anni per lo schiavo). L'ammontare della tassa venne raddoppiata al 10% da Caracalla ed era calcolata in base ad una stima, che era spesso frutto di un accordo.
La vicesima hereditatium. Imposta del 5% su tutti i tipi di eredità, ovvero hereditates e legata. Solo la parentela più stretta ne era esentata, di primo e secondo grado, ovvero genitori e figli, fratelli, nonni e nipoti (Plin, Pan. 37, 6- 39, 5). Introdotta nel 6 d.C., superando le resistenze del senato. Non conosciamo la somma massima esente dalla tassa e sappiamo per certo ciò avvenne solo da Traiano in poi. La tassazione non era determinata dall'ammontare dell'eredità nel suo insieme; valeva solo la quota singola, per cui chi riceveva una quota modesta dell'eredità di qualcuno non subiva tassazione. Poiché era strettamente legata a garantire il sostentamento dei veterani, ebbe una propria cassa, l'aerarium militare, che dal 6 d.C. alla metà del III d.C. venne amministrata da 3 praefecti aerarii militaris, scelti tra gli ex pretori. La sede dell'aerarium militare era sul Campidoglio. Anche per questa tassa la riscossione venne affidata ad appaltatori privati, i publicani.
L'istituzione dei procuratores XX hereditatium, almeno dall'età di Vespasiano, prima liberti poi appartenenti all'ordine equestre, non determinò la sostituzione dei praefecti aerarii militaris. Probabilmente i procuratores (quelli regionali e quello centrale in Roma) ebbero l'incarico di controllare i publicani, mentre la cassa e i pagamenti ai veterani erano di spettanza dei praefecti aerarii militaris. Forse i publicani vennero meno nella II metà del II secolo e sostituiti dal procurator con i suoi aiutanti. Da Vespasiano, ma forse anche da Nerone vi era in Italia un procurator XX hereditatium di rango ducenario, con un subprocurator. Da Antonino Pio in poi (metà del III sec.) si hanno procuratores che agiscono nelle varie regiones, ma non quelle augustee, quanto quelle di carattere "geografico", sempre più grandi e dai confini non fissi.
I procuratores regionali erano sexagenarii, mentre ducenarius era il procurator XX hereditatium Romae. Tutti i procuratores avevano a loro disposizione personale subalterno nominato tra gli schiavi e i liberti imperiali (tabularii, arcarii, adiutores, praepositi tabellariorum ecc. ). La lex Iulia de vicesima hereditatium stabilì l'apertura pubblica del testamento, per controllare la destinazione dei patrimoni, e la lettura doveva avvenire da 3 a 5 giorni dopo la morte del testatore, dinanzi al pretore in Roma o dinanzi ai magistrati nei municipi, nel foro o nella basilica. Nella legge erano previsti dei premi per chi accusava gli evasori delle tasse. Dalla somma dell'eredità andavano sottratti il valore degli schiavi manomessi, il dispendio per il funerale e la realizzazione del monumento funebre. Forse in caso di conflitto tra contribuenti e esattori intervenivano i procuratores. Sia la vicesima libertatis che la vicesima hereditatium decaddero nel corso del III secolo d.C., al più tardi con le riforme di Diocleziano.