A cura di: Alessandra Bianchi Anna Chelleri Elisa Fiore

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Transcript della presentazione:

A cura di: Alessandra Bianchi Anna Chelleri Elisa Fiore Facoltà di Sociologia CdL in Scienze dell’Organizzazione LA FIGURA DELL’IMPRENDITORE A cura di: Alessandra Bianchi Anna Chelleri Elisa Fiore a.a. 2011/2012 Insegnamento: ECONOMIA, IMPRESA, SOCIETÀ Docente: Alberta Andreotti

UN NUOVO PERSONAGGIO Capitalismo Moderno → nasce una nuova figura, l’IMPRENDITORE Scuola continentale (Cantillon, Say e Gioja) Scuola anglosassone (Smith, Ricardo, Mill, Marx, Marginalisti). Alcuni considerano questa figura di scarsa rilevanza rispetto all’economia (Ricardo, Marx) Altri ne riconoscono l’importanza (Bagehot, Weber) o ne tratteggiano in maniera completa la figura (Sombart, Schumpeter). Gli americani (Berle, Means)

la scuola continentale: cantillon, say, gioja l’entrepreneur o intraprenditore RICHARD CANTILLON (Francia 1680-1734) L'imprenditore è il “vero motore della società economica” (non cade nell’“errore terminologico”). Inaugura il FILONE FRANCESE (contraltare pragmatico della riflessione teorica inglese). “L'iniziatore, il creatore, il responsabile” è l'imprenditore (non chi detiene i mezzi di produzione o la forza lavoro). Eterogeneità degli imprenditori di Cantillon (tutti coloro che hanno un reddito incerto, sottoposto alle fluttuazioni del mercato)

JEAN-BAPTISTE SAY (Francia 1767-1832) “Imprenditori d’industria”: agenti principali della produzione (molteplici operazioni indispensabili per la “creazione dei prodotti” ma è “l'imprenditore che le mette in opera, che dà loro un impulso utile, che ne trae dei valori”. “Il suo lavoro forma una parte necessaria delle spese di produzione” → i profitti che ricava dalla sua industriosità “non debbono essere confusi con quelli de’ capitali”, sono il salario che gli compete. Doti che servono all'imprenditore: virtù soggettive (≠ scuola economica inglese). MELCHIORRE GIOJA (Italia 1767-1829) Il mondo è posto in moto dall'energia imprenditoriale. Abilità imprenditoriale: capacità di dominare tutti gli aspetti della produzione senza farsi distogliere dalla cura per i particolari. Per Say e Gioja il sapere economico è strettamente interrelato alla prospettiva dell'operatore → non si può concepire un circuito economico che non sia attivato dall'intelligenza e dall'impulso dell'entrepreneur o dell'intraprenditore.  Economia politica pratica (il capitale è uno strumento, non può agire che in mani le quali siano capaci di servirsene) ≠ teorica.

ADAM SMITH (Scozia 1723-1790) Alla fine del Settecento nasce una figura che governa il processo di produzione. Nella “Ricchezza delle nazioni” l'imprenditore non c'è: c'è il manufacturer, l’employer, l’undertaker e il projector, le figure più simili, o meno distanti, dall'entrepreneur. L’imprenditore è identificato con il datore di lavoro, colui che offre occupazione ai “poveri laboriosi” Imprenditore = capitalista → non ha una teoria dell’imprenditore. Per lui, come per tutti i classici, l'attività dell'uomo d'affari “consiste semplicemente nel fornire il capitale reale”. L’imprenditore deve avere un impegno diretto nella gestione dell’impresa e non lasciare che siano i manager ad amministrare denaro non proprio, perché hanno meno incentivi a comportarsi in modo efficiente.

DAVID RICARDO (Inghilterra 1772-1823) Con Ricardo (e Marx) i processi economici si caratterizzano per un grado ancora più elevato di automatismo rispetto a Smith. Ciò che secondo i classici serve per far funzionare l'economia è “un'adeguata disponibilità di capitale” “L'attività di guida o direttiva come funzione distintiva” ha “un ruolo di scarsa importanza” L’employer o il manufacturer è un agente anonimo e indifferenziato al pari della massa dei lavoratori.

JOHN STUART MILL (Inghilterra 1806‐ 1873) Innesta nell’architettura del sistema classico elementi e spunti diversi. “I profitti del capitalista costituiscono … la remunerazione dell'astinenza” Profitto lordo scomposto in: compenso per l'astinenza, compenso del rischio e remunerazione del lavoro e delle capacità richieste per la sovraintendenza. Si lamenta che non vi sia una parola inglese equivalente ad entrepreneur. “La fedeltà e lo zelo” sono i requisiti necessari per condurre con successo “un'impresa industriale” → raramente ci si potrà attendere tale interessamento da chi sente di condurre un'impresa come dipendente stipendiato, e a profitto di qualcun altro”. Critiche Schumpeter: la correzione di Mill non risolve il problema dell'assenza della figura dell'imprenditore dallo schema dei classici. Marx: vede in Mill un travisamento dello schema ricardiano. “Inconcepibile che economisti come Mill, che sono ricardiani … trasformino il profitto industriale, invece che nel pluslavoro degli operai, nel lavoro personale del capitalista; a meno che non chiamino lavoro la funzione di sfruttare lavoro altrui”.

KARL MARX (Germania 1818-1883) Economia ed istituzioni sociali sono fortemente legate. La storia appare un continuo divenire attraverso diversi stadi. Il motore del cambiamento deve essere ricercato in fattori economico-sociali cioè nel modo in cui gli uomini organizzano la produzione. I rapporti sociali di produzione fondano la ‘divisione in classi’. Queste si costituiscono quando i rapporti di produzione implicano una specializzazione (divisione del lavoro). L’appartenenza ad una classe è data dal rapporto con i mezzi di produzione. Imprenditore e capitalista coincidono. Il capitalista/imprenditore è colui che detiene i mezzi di produzione. Nega che ci possa essere una funzione imprenditoriale remunerata dal profitto (critica a Mill) ↓ “Egli crea plusvalore, non perché lavora come capitalista, ma perché anch’egli, il capitalista, lavora” Quando il capitalista è impegnato nel processo di produzione, è ‘operante’ , non si limita a incassare i proventi dell’impiego del proprio patrimonio ma è un “funzionario, un lavoratore e precisamente un lavoratore salariato”.

WALTER BAGEHOT (Inghilterra 1826-1877) L'uomo d'affari è “la forza motrice nella produzione moderna, nel grande commercio”. → (esempio del «Times») La storia della produzione industriale spinge verso la concentrazione ↓ La complessità degli affari rende necessaria un'unica personalità dominante, pronta ad avvalersi di molte competenze, ma dotata sempre del potere ultimo di decidere.

MARGINALISTI Scelte dei consumatori: dato di partenza di tutto il meccanismo economico. Ciascun produttore cerca di massimizzare il profitto combinando i fattori dati nel modo più efficiente. ↓ Applicando questa regola le singole imprese riescono a stabilire il proprio livello di produzione in modo che costo marginale = prezzo di mercato Ciò è permesso dall’esistenza di un mercato concorrenziale che determina il prezzo di equilibrio (al quale utilità marginale dei consumatori = costo marginale dei produttori). Lungo periodo: concorrenza perfetta tende a eliminare gli extraprofitti (vanno a vantaggio delle imprese più efficienti quando il prezzo di mercato è superiore al costo medio) e spinge i ricavi delle imprese verso il livello necessario solo a coprire i costi di produzione. Tra i costi di produzione anche il costo del capitale e il compenso per l'attività di direzione degli imprenditori considerato un profitto normale. I singoli soggetti massimizzano le loro preferenze scambiando risorse nei diversi mercati. Il loro comportamento è esclusivamente influenzato dal calcolo razionale individuale dei mezzi rispetto dei fini, non da fattori dipendenti dal contesto istituzionale (variabili istituzionali sono escluse dal quadro esplicativo dell’economia)

MAX WEBER (Germania 1864-1920) Il capitalismo occidentale deve la sua purezza e il proprio primato al fatto di aver sviluppato l’organizzazione imprenditoriale del lavoro. Il “business leader” diffonde l'etica della razionalizzazione che plasma i diversi assetti organizzativi. → L’imprenditore è l’emblema dell’azione razionale secondo uno scopo L'imprenditore non è un componente del processo economico, ma l’agente fondamentale, che ne innesca e ne rilancia periodicamente la dinamica. Mira a incrementare il potere e il profitto, agisce in modo autonomo in base al calcolo del capitale. Il profitto si ricerca con il calcolo razionale

“Come nasce il capitalismo?” La religione protestante e il contesto urbano influiscono sulla formazione dell’imprenditorialità L’impegno nel lavoro come “professione” diventa dovere etico e c’è la condanna di ogni godimento spensierato (il profitto deve essere reinvestito). L’imprenditore compie un’ascesi intramondana. Viene rotta la staticità dell’economia tradizionale volta all’autoconsumo e rivoluzionata la sfera della produzione per il mercato operata da imprenditori privati con l’impiego di capitale. Questi nuovi imprenditori sono motivati a combinare in modo più efficiente i fattori produttivi.

WERNER SOMBART (Germania1863-1941) Cerca di creare una disciplina quale la sociologia economica che contribuisca a spiegare scientificamente fenomeni economici in un quadro storico. Economia: l’attività umana volta alla ricerca dei mezzi di sussistenza per soddisfare i propri bisogni (che variano in funzione del tempo e dello spazio). ‘Capitalismo moderno‘: l'opera più importante del suo lavoro sociologico; il tema centrale è lo sviluppo economico (punto di partenza del processo di mutamento sociale) e la figura dell’imprenditore. Il sistema capitalistico è caratterizzato da una mentalità acquisitiva, razionalistica e individualistica che si esercita nell’ambito di un’organizzazione economica libera basata sulla proprietà dei mezzi di produzione e su aziende che producono beni per il mercato utilizzando il lavoro salariato.

Le ‘forze motrici’ dello sviluppo vanno cercate in quei soggetti che, all’interno del vecchio sistema precapitalistico, si fanno portatori di una nuova mentalità economica , introducono dei cambiamenti, e sono portatori di innovazione (gli imprenditori) “L’imprenditore capitalista è la forza motrice dell’economia” Lo sviluppo capitalistico e l’imprenditorialità capitalistica si esplicano più pienamente nell’imprenditorialità borghese Gruppi che hanno contribuito maggiormente all’imprenditorialità: Eretici Stranieri Ebrei Fase successiva è il Capitalismo Maturo, caratterizzato dall’estensione della razionalità e dalla specializzazione della funzione imprenditoriale Si spinge a specificare che, ‘senza di lui nulla si muove’, egli è “l’unica forza “produttiva”, nel senso della creatività e della produttività” L’intervento dell’imprenditore converte in capacità produttiva risorse che altrimenti rimarrebbero inerti: “non vi è attività produttiva che possa emergere se non con la mediazione del soggetto economico capitalista”

L’imprenditore è colui che edifica l’ordine del “capitalismo maturo” (l’economia moderna nella sua forma più completamente dispiegata). Imprenditore: svolge una funzione di ‘guida’ che può essere assunta ‘sempre e solo da pochi’, “da coloro che emergono con decisioni proprie, che percorrono un proprio cammino e che sono seguiti dai più”. Esercita una leadership carismatica. Durante il capitalismo maturo l’imprenditore di DEMOCRATIZZA. Possono accedere al ruolo di imprenditore tutti i gruppi sociali, basta disporre delle conoscenze tecniche adeguate. “Colui dal quale dipende il destino dell’impresa non è necessariamente il proprietario o il direttore che formalmente appare come l’imprenditore legittimo” Nota una ‘tendenza alla specializzazione crescente dell’attività d’impresa che porta a una conversione graduale delle responsabilità del proprietario in compiti manageriali Tre tipi di imprenditore: Imprenditore tecnico Imprenditore commerciante Imprenditore finanziere ↓ Questi tipi imprenditoriali rappresentano gradi diversi di un processo di deconcretizzazione dell’attività imprenditoriale

JOSEPH SCHUMPETER (Austria 1883-1950) Pone al centro di tutto l’imprenditore e la sua “azione creatrice”; ≠ economia tradizionale → razionalità dell’agire economico (economia statica). Distingue crescita e sviluppo: il suo interesse si concentra sullo sviluppo; A spezzare la staticità interviene “un particolare gruppo di uomini” che cambiano la realtà, aggiungendo qualcosa ai dati, li pongono in nuovi contesti e lo possono fare in 5 modi diversi L’imprenditore “impone i suoi prodotti sul mercato”, creandone necessità e urgenza. ↓ Per capire l’evoluzione dei mercati bisogna partire dall’offerta (≠ marginalisti). L’azione imprenditoriale si spiega attraverso: la soddisfazione derivante da una posizione sociale di potere; la gioia di una funzione creatrice.

≠ Marshall che identifica l’imprenditorialità “con il management nel senso più ampio” poiché esso si occupa anche della routine; mentre per lui innovazione (dinamica) e routine (statica) sono antitetiche. È imprenditore solo chi realizza nuove combinazioni, chi agisce da leader, sia o no il proprietario dell’impresa. Secondo Schumpeter l’imprenditore può sopravvivere anche in una società socialista: la propensione al progresso e la spinta all’innovazione sono insite nella natura umana Profitto: guadagno dell'imprenditore legato al successo della sua innovazione; temporanea rendita di tipo monopolistico. Ricompensa l’attività di innovazione che si esplica attraverso la decisione. L’imprenditore non rischia mai il capitale ma mette in gioco reputazione e fama. Ha bisogno dei capitali necessari per risolvere “il grande paradosso” ↓ Il fornitore di capitali si aggiunge ai proprietari, ai lavoratori e agli imprenditori.

L’imprenditorialità è impermanente: si ha a disposizione un arco breve di tempo per svolgere un’attività effettivamente creatrice. La routine è destinata a riavere il sopravvento → rappresentazione ciclica dell’imprenditorialità Rifiuto di considerare gli imprenditori come una classe permanente (il processo di innovazione non può cristallizzarsi). Quattro tipi di imprenditori: Il “padrone di fabbrica” (compiti amministrativi, tecnici e commerciali; proprietario dei mezzi di produzione grazie alla capacità di innovazione; spesso proviene da famiglie imprenditoriali); Il “capitano d'industria” (proprietario del capitale azionario, innova operando attraverso il controllo finanziario sulle aziende) o il manager di formazione tecnica (distaccato dagli interessi capitalistici e spinto innovare dall’orientamento alla buona prestazione professionale); L'imprenditore puro, il “fondatore di imprese”, che intrattiene con esse rapporti temporanei.

IL DESTINO DELL’IMPRENDITORE Il suo tipo ideale di imprenditore è il capitano d’industria → questa figura si sviluppa nell’età dell’oro dell’imprenditoria moderna: l’epoca del capitalismo concorrenziale. → Epoca superata, si afferma il “tipo del capitano d’industria moderno” (imprenditore “più puro”). Unità di grandi dimensioni: “meccanizzazione e la burocratizzazione del processo di formazione della volontà”. L’ethos eroico dell’economia concorrenziale si va estinguendo. (Leader d’impresa è chiamato a “prendere una decisione” ma gli viene ‘dettata’, imposta dalle circostanze). Aumento degli elementi calcolabili sul piano tecnico e commerciale e abitudine della società “alla innovazione continua del processo economico”, → opera dell’imprenditore si agevola e si democratizza.

Questi cambiamenti ne riducono l’importanza: all’istinto e alla personalità dell’imprenditore subentra “un lavoro tecnico specializzato” che si può trasmettere e “si può apprendere”. Per essere imprenditore contano più “le qualità che appartengono alla sfera della volontà” meno le “qualità intellettuali”. In questi cambiamenti egli inclina a cogliere l’avanzata di un principio socialista. Grazie ai guadagni monopolistici assicurati dalle innovazioni di prodotto e di processo sono state accumulate grandi ricchezze. In tale accumulo di ricchezza è scritta anche la condanna dell’élite imprenditoriale poiché tale ricchezza non è vettore di progresso ma fonte di diseguaglianza. Non esistono dinastie imprenditoriali: non sono trasmissibili ai discendenti le doti che rendono tale un imprenditore. ↓ Così come quella delle grandi famiglie del capitalismo industriale è volatile anche la fortuna del capitalismo.

DOBB (Inghilterra 1900-1976) Vuole rilanciare la parola undertaker come l’equivalente dell’enterpreteneur francese. Ruolo dell’imprenditore è fondamentale: risponde a un’esigenza di coordinamento di attività economiche differenziate utile per mantenere la popolazione del mondo. È scettico dinanzi l’immagine di un processo economico che tende a gestirsi da solo. Imprenditori: “coloro che prendono le decisioni fondamentali (ruling decision) nelle imprese industriali, finanziarie e commerciali”. Tre tipi di imprenditori: L’imprenditore industriale L’imprenditore commerciale L’imprenditore finanziario → Come Sombart, è persuaso che i tre tipi dell’imprenditorialità, separati e conflittuali nel passato, tendano col tempo a mescolarsi e a sovrapporsi. Classificazione di Dobb e di Sombart utili per interpretare l’evoluzione trascorsa ma non nel campo d’osservazione della contemporaneità, dove la realtà imprenditoriale è eterogenea.

GLI AMERICANI: BERLE E MEANS Europa: l’enfasi cade sulle figure imprenditoriali America: prevale un principio di completa spersonalizzazione. Presentano una ricerca condotta attraverso un censimento delle grandi imprese americane. Nella configurazione d’impresa si ha una concentrazione di potere che rischia di sottrarsi ai vecchi diritti di proprietà ma, soprattutto, alla regolazione e ai vincoli pubblici. Il potere dei manager sfata il mito dell’individualismo economico fondato sul primato e sull’autonomia dell’imprenditore. Criticano fortemente i manager. ↓ Sono in grado di deviare il flusso dei profitti a loro vantaggio, facendolo finire nelle loro mani, e di ottenere il prestigio personale che deriva dal “successo” d’impresa. La vita dell’imprese dipende da coloro che le amministrano e possono far valere una discrezionalità non assoggettata ad autorità superiori a quella dei manager → controllo e proprietà sono posti in un rapporto di opposizione reciproca. Profitto: serve a remunerare chi ha apportato il capitale e coloro che recano la responsabilità del governo dell’impresa → Se dev’essere d’impulso al miglioramento, quanto rimane di esso (dopo averlo spartito tra gli azionisti) “dovrebbe andare al gruppo di controllo per indurlo ad amministrare sempre meglio la società”.

Proprietà: “Passiva” (degli azionisti privi di responsabilità che vantano “dei diritti verso l’impresa ma senza quasi alcun effettivo potere verso di essa”) “Attiva” (di chi esercita il controllo giornaliero e ha il potere sull’impresa “senza però avere quasi alcun dovere verso di essa”). L’impresa privata appartiene al passato, così come l’iniziativa individuale: L’individualismo è bandito dalla “moderna società per azioni” (lavoro di gruppo, coordinamento della produzione, cooperazione, accettazione dell’autorità). Ciò che rimane dell’iniziativa individuale è il tentativo dei dipendenti di “progredire all’interno dell’organizzazione”. Il comportamento manageriale è spinto dai movimenti di conquista (non dal profitto). Si può far valere il principio “che la moderna società per azioni sia al servizio, non solo dei proprietari o del gruppo che la controlla, ma di tutta la comunità”. ↓ Il management dev’essere responsabilizzato non solo verso gli shareholders (gli azionisti) ma soprattutto verso gli stakeholders (i portatori di interesse: i dipendenti, i clienti finali, la comunità ecc.). Solo l’intervento pubblico può riequilibrare la distribuzione dei poteri, facendo in modo che il ‘top management’ delle grandi imprese trovi contrappeso tale da bilanciarne l’autorità. Pensano che il futuro porterà a una compenetrazione ancora più stretta tra le grandi imprese e lo stato fino al punto di non distinguere più fra “big business” e “big state”.