MALATTIE PROFESSIONALI: PERCHE’ MAI OCCUPARSENE

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MALATTIE PROFESSIONALI: PERCHE’ MAI OCCUPARSENE MALATTIE PROFESSIONALI: PERCHE’ MAI OCCUPARSENE ? ovvero PERCHE’ MAI NON OCCUPARSENE ? Roberto CALISTI - ASUR MARCHE zt 8

MOTIVI PER NON OCCUPARSENE Abbiamo tanto da fare (ci pressano l’Autorità Giudiziaria, la Regione, il Direttore Generale, il Capo-Dipartimento, i Sindacati, quelli che fanno esposti …) E’ poco utile / poco etico occuparsi di danni alla salute che si sono già realizzati, noi li dobbiamo prevenire. Le malattie professionali non esistono più.

MOTIVI PER OCCUPARSENE Se corriamo sempre dietro alla “committenza esterna”, non riusciamo mai a fare nulla di nostra iniziativa. E’ etico occuparsi di coloro che hanno ricevuto un danno alla salute, garantiamogli che almeno tale danno sia conosciuto e ri-conosciuto (evitiamogli, oltre al danno, la beffa). Spesso le malattie professionali sono ottimi eventi-sentinella rispetto al rischio, anche quelle a media e lunga latenza. Sul lungo periodo, le malattie professionali sono ottimi indicatori di risultato: se siamo stati efficaci, se “il sistema” è stato efficace, dovrebbero quanto meno diminuire … Le malattie professionali esistono. L’art. 8 e gli altri ad esso correlati nel DLgs/81 ci sono: quindi, se non altro, siamo obbligati a fare “qualcosa” nell’ambito del SINP.

Ciò che differenzia le malattie professionali dagli infortuni lavorativi (dei quali nessuno dubita che ci dobbiamo occupare !!!) è principalmente una cosa: IL FATTORE TEMPO, vale a dire l’esistenza di un intervallo di induzione-latenza per cui clinicamente emerge oggi qualcosa le cui cause si collocano mesi, anni, decenni addietro.

Questo può essere frustrante per chi si occupa di prevenzione ... … ma non più di tanto, se ci poniamo anche in una prospettiva di “visione storica” e di programmazione di attività sul medio-lungo periodo (i Servizi Pubblici di Prevenzione italiani hanno ormai una storia di diversi decenni, possiamo / dobbiamo farlo). Proviamo ad applicare alle nostre realtà il ciclo di DEMING - “PDCA”: programmare, fare, controllare, attualizzare / aggiornare ! Verifichiamo, sotto tale prospettiva, sia le attività dei soggetti sottoposti al nostro controllo, sia le nostre.

La valutazione dei rischi in capo ai datori di lavoro è una descrizione della realtà, non contiene la soluzione automatica di tutti i problemi: dopo la valutazione occorre intervenire per modificare le situazioni critiche, i risultati raggiunti vanno controllati, se le soluzioni adottate si rivelano inefficaci o comunque insufficienti se ne devono trovare altre.

La nostra valutazione (il nostro controllo) dell’appropriatezza ed efficacia della valutazione dei rischi condotta dalle aziende deve affrontare non solo il versante “rischi” in quanto tali, ma anche il versante “danni”. Un’azienda che non controlla infortuni e malattie che si verificano tra i propri lavoratori fa una valutazione dei rischi monca nonché, potenzialmente, pericolosa (in quanto carente nella capacità di rendersi conto dei propri errori). Un organo di vigilanza che non controlla anche sotto il profilo dell’attualizzazione delle valutazioni di rischio rischia di essere scotomico.

BISOGNA IMPARARE AD IMPARARE BISOGNA IMPARARE AD IMPARARE. IMPARARE ANCHE DAI FATTI ACCADUTI: VALE PER LE AZIENDE COME PER NOI. DOVE, COME E PERCHE’ SONO ACCADUTI INFORTUNI IN AZIENDA ? QUANTE E QUALI MALATTIE PROFESSIONALI SI SONO VERIFICATE IN AZIENDA E “DOVE” ? CI SONO STATI DEI “QUASI-INFORTUNI” OVVERO “INFORTUNI NON ACCADUTI” CHE SI CONFIGURANO COME “EVENTI SENTINELLA” ? CI SONO DISTURBI / STATI DI DISAGIO (“QUASI MALATTIE”) CHE SI CONFIGURANO COME “EVENTI-SENTINELLA” ?

IMPARARE RIGUARDO A LOCALI DI LAVORO, IMPIANTI, MACCHINE, ATTREZZATURE (il “capitale fisso”) ... IMPARARE RIGUARDO ALLE MATERIE PRIME ... IMPARARE RIGUARDO AL PROCESSO PRODUTTIVO E ALLE RELAZIONI UMANE ... … COME PREMESSE E DETERMINANTI DI INFORTUNI E MALATTIE

L’unica obiezione di ordine logico che ancora sembrerebbe reggere contro la scelta di impegnare, con energia e convinzione, i Servizi Pubblici di Prevenzione sul campo delle malattie professionali è che, fatta eccezione per un po’ di dermatiti e mal di schiena, si tratterebbe di “roba vecchia”: strascichi delle condizioni di lavoro gravose del cattivo tempo che fu.

Ma le malattie professionali continuano ad esistere e a generarsi ancora oggi: determinano assenze dal lavoro, inabilità permanenti, morti. Basta dare un’occhiata alle statistiche INAIL, ai case report e agli studi epidemiologici pubblicati.

NONSOLOTUMORI Se si cercano le sordità da rumore, si trovano (e c’è da chiedersi come mai i medici di azienda riescano a vedere tanto poco anche queste !). Se si cercano le malattie da sovraccarico bio-meccanico, si trovano (vedi sopra riguardo ai medici di azienda). Se si cercano le malattie infettive occupazionali, ad esempio in agricoltura, in sanità, tra i lavoratori del ciclo dei rifiuti, si trovano (vedi sopra riguardo ai medici di azienda).

Gli infortuni lavorativi sono, in Italia, circa 1. 400 Gli infortuni lavorativi sono, in Italia, circa 1.400.000 all’anno tra “casi INAIL e IPSEMA”, casi “legali” ma non assicurati INAIL o IPSEMA e casi “in nero”. Quante sono le malattie professionali oggi in Italia ? Potrebbero essere, fra tutte, circa 140.000 all’anno ?

Gli infortuni lavorativi mortali sono, in Italia, circa 1 Gli infortuni lavorativi mortali sono, in Italia, circa 1.400 all’anno tra “casi INAIL e IPSEMA”, casi “legali” ma non assicurati INAIL o IPSEMA e casi “in nero”. Quante sono le malattie professionali mortali oggi in Italia ? Potrebbero essere, fra tutte (tumori, BPCO, fibrosi polmonari, altro) circa 1.400 all’anno ?

Esiste un’ampia casistica in sede sia civile sia civile. Gli infortuni lavorativi sono, in Italia, una realtà passabilmente nota Esiste un regime “ordinario” di riconoscimento assicurativo e indennizzo, così come un ampio contenzioso-lavoratori INAIL e INAIL-aziende. Esiste un’ampia casistica in sede sia civile sia civile. Se ne parla, seppure soltanto “a ondate”, sui mezzi di comunicazione di massa.

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno: anche per patologie “hard” come i tumori !! I dati INAIL sottostimano per la massima parte delle entità nosografiche, compresi i tumori (forse sovrastimano per altre ?) Solo per i mesoteliomi funziona un sistema di registrazione e analisi a carattere nazionale (ReNaM) Un analogo sistema di registrazione e analisi è prefigurato dall’art. 244 del DLgs 81/08 per i carcinomi naso-sinusali (ReNaTuNS), anche se si è lontani da una sua applicazione su tutto il territorio nazionale. Sono state condotte alcune esperienze di studio sui tumori “a bassa frazione eziologica” (occupazionale), nell’ambito del progetto OCCAM / SDO: anche esperienze di tal genere dovranno essere sviluppate su tutto il territorio nazionale in applicazione dell’art. 244 del DLgs 81/08.

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno (b) L’epidemiologia eziologica, con particolare riguardo a quella occupazionale, è da anni in Italia assai scarsamente finanziata ed ha perso l’interesse di molti ricercatori = si fanno meno studi

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno (c) L’evoluzione delle esposizioni (in tendenza: meno intense che in passato, ma multiple e “spalmate” su fasce più ampie di popolazione lavorativa) rende inoltre più difficile l’indagine eziologica e crea la necessità di studi epidemiologici man mano più grandi, non sempre fattibili con le risorse a disposizione = gli studi che si fanno sono spesso non conclusivi

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno (d) La massima parte della patologia occupazionale non neoplastica ad oggi conoscibile è, per fortuna, non letale (fanno eccezione pochi casi di silicosi, asbestosi, alveoliti allergiche, asma, intossicazione …) = sono necessari studi di incidenza La tendenza alla diminuzione della letalità di molte classi di neoplasie (in particolare: carcinomi vescicali, leucemie, linfomi) fa sì che anche per tali patologie non bastino più i tradizionali studi di mortalità, ma divengano necessari studi di incidenza

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno (e) Per anni, l’INAIL ha visto una costante diminuzione delle denunce di malattia professionale ed ancor più dei riconoscimenti di malattia professionale Sembra che, del tutto di recente, questa tendenza si sia invertita, sia per l’irrompere di problematiche prima raramente o mai presentatesi in forma di istanze di indennizzo (malattie da sovraccarico bio-meccanico degli arti superiori, patologie da mobbing, malattie da esposizione a fumo di tabacco “passivo” ovvero “ambientale”), sia per effetto di focolai di attività dei Servizi Pubblici mirate alla ricerca delle “malattie professionali perdute” (tumori, ma non solo)

Sull’epidemiologia delle malattie professionali nel nostro Paese, si sa complessivamente molto meno (f) Esempi di esperienze che tendono a colmare il “buco”: contributi attivi e “vivaci” al ReNaM, specie in alcune Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Puglia); prime esperienze di premessa al ReNaTuNS (Piemonte) progetti speciali di indagine su patologie selezionate, ad esempio PRIOR (Piemonte) OCCAM (Istituto Tumori, Milano) esperienze di Servizio (Sesto San Giovanni MI, Brescia, Padova) esperienze promosse dall’Autorità Giudiziaria (Torino per tumori professionali ed altre patologie)

In parallelo, da una decina d’anni sono molto cresciute in Italia la cultura igienistico-industriale e le indagini che hanno migliorato le conoscenze in termini di misura / stima delle esposizioni e la stima dei rischi Esempi: esperienze dei Servizi ASL e ARPA (Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana) esperienze CONTARP INAIL (Trentino Alto-Adige, Marche) esperienze miste pubblico-privato (Università di Milano, Fondazione Salvatore Maugeri) esperienze private (ad esempio, di associazioni dei datori di lavoro) che si basano su reti di consulenti tecnici e “medici competenti”

Situazione attuale per la conoscenza della patologia occupazionale in Italia improba una stima complessiva dell’incidenza delle malattie professionali (più verso 40.000 o più verso 140.000 nuovi casi all’anno ?), di incerta attendibilità soprattutto per gruppi nosografici come quelli dell’asma, delle dermatiti, delle malattie da sovraccarico bio-meccanico degli arti superiori, delle patologie da mobbing i tumori professionali dovrebbero essere, secondo una stima molto prudente, almeno tra 4000 e 8000 l’anno, di cui 400 - 800 sono mesoteliomi

Situazione attuale in Italia - seguito le vicende giudiziarie conseguenti a malattie professionali sono piuttosto rare, comunque concentrate laddove, per la presenza di gruppi di esposti numerosi e riconoscibili ed esposizioni rilevanti = grandi aziende con lavorazioni ad alto rischio, è meno arduo ipotizzare e in certa misura dimostrare un rapporto causale tra lavoro e suoi effetti patologici influiscono, inoltre, risorse ed atteggiamenti delle Procure della Repubblica e dei Servizi per la Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro

Obiettivi del riconoscimento delle malattie professionali riconoscere singole situazioni di rischio non note per esposizione ad agenti ben noti, a fini di specifici interventi di bonifica nell’ambito della ricerca eziologica, identificare agenti di rischio prima non noti ovvero aumentare le conoscenze su rischi già identificati ma insufficientemente conosciuti, a fini di indirizzo strategico degli interventi di prevenzione e promozione della salute perseguire fini di equo indennizzo perseguire fini di giustizia penale

Passaggi logici per l’analisi di casi individuali Definizione delle esposizioni e delle patologie di interesse Rilevazione = rendersi conto che un caso ( “certo”, “probabile”, “possibile”) esiste Validazione = verificare se, dal punto di vista della diagnosi clinica, il caso è davvero tale e risponde ai criteri per l’inclusione nel nostro studio (qualunque sia il contesto: prevenzionistico diretto, di ricerca epidemiologica, penale …) Raccolta dell’anamnesi individuale, eventualmente con contributi di soggetti terzi (colleghi, familiari)

Passaggi logici per l’analisi di casi individuali Attribuzione delle esposizioni in studio, tempo- e luogo-specifica e, per quanto possibile, con introduzione di elementi quantitativi Stima del rapporto tra esposizioni in studio e danno Analisi di eventuali ipotesi alternative Analisi di eventuali effetti sinergici tra più esposizioni “Falsificazione popperiana” Epicrisi = diagnosi eziologica

Da non dimenticare: i dati di igiene industriale sono importanti, ma una buona indagine anamnestica è insostituibile e lo sarà, in futuro, sempre di più. Lavorare sulla qualità informativa delle anamnesi (senza mai trascurare gli aspetti etici dell’intervista al lavoratore sano, al paziente e ai suoi contatti) è un investimento fondamentale.

In ogni caso: probabilmente i tumori devono impegnarci un po’ più di altre malattie di minor gravità. Quali sono i numeri con cui ci potremmo dover confrontare ? Qualche esempio per una realtà regionale, come quella delle Marche, da circa 1.500.000 abitanti, con un tessuto produttivo a “pericolosità intrinseca” non particolarmente elevata.

Tumori professionali nelle Marche ? carcinomi delle cavità nasali incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 16 casi tra le donne 44 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? carcinomi laringei incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 44 casi tra le donne 412 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? leucemie incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 239 casi tra le donne 385 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? linfomi di Hodgkin incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 114 casi tra le donne 132 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? linfomi non-Hodgkin incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 418 casi tra le donne 595 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? neoplasie pleuriche primitive = assunte come mesoteliomi incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 35 casi tra le donne 88 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? neoplasie polmonari primitive = assunte come carcinomi di tutti i tipi istologici incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 500 casi tra le donne 1756 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? neoplasie vescicali incidenza complessiva 2001-2005 età 35-69 fonte: OCCAM SDO 2007 (dati da sottoporre a verifica) 278 casi tra le donne 1351 casi tra gli uomini

Tumori professionali nelle Marche ? Vale la pena di “guardare dentro” i dati epidemiologici di fonte corrente, con approfondimenti mirati Molte delle esposizioni “interessanti” non sono materia di archeologia industriale, ma esistono ancora oggi Buon lavoro !!