Contratto a termine Silvia Borelli Ricercatrice in Diritto del lavoro Università degli studi di Ferrara
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro (art. 1 co. 01 d. lgs. 368/2001). «Qualora nell’ambito di una determinata tipologia contrattuale di natura subordinata non si riscontrino gli elementi di specialità previsti dal legislatore – elementi sia di carattere sostanziale che formale– il rapporto di lavoro deve essere ricondotto necessariamente alla «forma comune» e cioè al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato» (lettera circolare 22/4/2013 del Ministero del lavoro).
Apposizione del termine (art. 1 co. 1 d. lgs. 368/2001) E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge contengano clausole generali, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente (art. 30 l. 183/2010).
Apposizione del termine (art. 1 co. 1 d. lgs. 368/2001) Il giudice deve valutare l’esistenza di specifiche esigenze – anche riferite all’attività normale del datore di lavoro – che giustifichino l’assunzione a termine del lavoratore. L’onere di provare l’esistenza di specifiche esigenze e il nesso di causalità tra queste e l’assunzione a termine è a carico del datore di lavoro. Sanzione: se il giudice ritiene illegittima la giustificazione addotta per l’apposizione del termine, la clausola del termine è nulla (art. 1419 co. 2 c.c.) e il contratto di considera a tempo indeterminato.
Finalità sostitutiva e requisito di specificità In caso di finalità sostitutiva deve essere indicato – a pena di nullità – il nome del lavoratore sostituito e la causa della sostituzione (C. cost. 214/2009) Il requisito di specificità, nell’ambito di una situazione aziendale complessa, può ritenersi soddisfatto dall’enunciazione dell’esigenza di sostituire i lavoratori assenti, integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass. 1576 e 1577/2010; 8647/2012).
C. cost., sent. 107/2013 Il legislatore, prescrivendo l’onere di specificazione delle ragioni sostitutive per poter assumere lavoratori a tempo determinato, ha imposto una regola di trasparenza. Ha precisato, cioè, che occorre dare giustificazione della sostituzione del personale assente con diritto alla conservazione del posto con una chiara indicazione della causa. In tale prospettiva, il criterio della identificazione nominativa del personale sostituito è da ritenere certamente il più semplice e idoneo a soddisfare l’esigenza di una nitida individuazione della ragione sostitutiva, ma non l’unico. Non si può escludere, infatti, la legittimità di criteri alternativi di specificazione, sempreché essi siano rigorosamente adeguati allo stesso fine e saldamente ancorati a dati di fatto oggettivi. E così, anche quando ci si trovi – come ha rilevato la Corte di cassazione – di fronte ad ipotesi di supplenza più complesse, nelle quali l’indicazione preventiva del lavoratore sostituito non sia praticabile per la notevole dimensione dell’azienda o per l’elevato numero degli avvicendamenti, la trasparenza della scelta dev’essere, nondimeno, scrupolosamente garantita. In altre parole, si deve assicurare in ogni modo che la causa della sostituzione di personale sia effettiva, immutabile nel corso del rapporto e verificabile, ove revocata in dubbio. … Il criterio di specificazione in concreto adottato, anche se alternativo a quello primario dell’indicazione nominativa del lavoratore sostituito, dev’essere talmente preciso da garantire appieno la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta a fondamento della clausola appositiva del termine, già all’atto della stipulazione del contratto…la valutazione volta per volta della rispondenza delle ragioni sostitutive rappresentate per iscritto dal datore di lavoro all’onere di specificazione di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001 è necessariamente rimessa al prudente apprezzamento del giudice della singola fattispecie.
Contratto a termine «acausali» L’indicazione delle ragioni giustificatrici del termine non è richiesta nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, compresa l’eventuale proroga (art. 1 co. 1 bis d. lgs. 368/2001, introdotto dalla l. 92/2012). Il contratto a termine acausale può essere stipulato solo se non siano intercorsi tra il medesimo datore di lavoro e il lavoratore precedenti rapporti di natura subordinata (circ. 18/2012).
Contratto a termine «acausali» I contratti collettivi, anche aziendale, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere altre ipotesi(art. 1 co. 1 bis d. lgs. 368/2001, modificato dal d.l. 76/2013).
I problemi dei rinvii alla contrattazione collettiva In presenza di un rinvio a un contratto collettivo occorre considerare: Il livello contrattuale considerato I soggetti stipulanti Nel nostro sistema i contratti collettivi non hanno efficacia erga omnes. Qual è l’ambito di applicazione dei contratti collettivi a cui rinvia il legislatore? Gli unici criteri di rappresentatività nell’impiego privato sono fissati dall’A.I. 28/6/2011 [dato associativo riferito alle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori ponderato con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie; soglia del 5% per la legittimazione a negoziare]. Come si individua il contratto stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi in caso di contrattazione separata?
Contratto a termine «acausali» Le ragioni giustificatrici si intendono sussistenti qualora il contratto a tempo determinato sia stipulato da una start-up innovativa per lo svolgimento di attività inerenti o strumentali all'oggetto sociale della stessa. Il contratto può essere stipulato per una durata minima di sei mesi ed una massima di trentasei mesi. Un ulteriore contratto a tempo determinato può essere stipulato a condizione che la stipulazione avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Tali contratti sono esenti dalle limitazioni di cui all’art. 10 co. 7 d. lgs. 368/2001 (c.d. clausole di contingentamento). Se il contratto è stipulato da un soggetto che non è una start-up innovativa ai sensi dell’art. 25 o se vengono superati i limiti temporali, il contratto si considera a tempo indeterminato (art. 28 d.l. 179/2012, conv. l. 221/2012).
Fattispecie legali di assunzione a termine assunzione effettuata da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali che abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell'organico aziendale che, al 1 gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi indicati (art. 2 co. 1 d. lgs. 368/2001)
Fattispecie legali di assunzione a termine assunzione effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1° gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono (art. 2 co. 1bis d. lgs. 368/2001). Tale disposizione non contrasta con l’ordinamento comunitario, in quanto il principio di non discriminazione non riguarda le disparità di trattamento fra differenti categorie di lavoratori a tempo determinato (C-20/10, Vino; Cass. 11659/2012)
Fattispecie legali di assunzione a termine lavoratori in mobilità assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi (in questi casi la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti) (art. 8 co. 2 l. 223/91). assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in congedo di maternità e parentale (sgravio contributivo del 50% per le imprese con meno di 20 dipendenti) (art. 5 d. lgs. 151/2001).
Fattispecie legali di assunzione a termine a cui non si applica il d Fattispecie legali di assunzione a termine a cui non si applica il d. lgs. 368/2001 rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato (art. 12 co. 2 d. lgs. 375/1993) assunzione di manodopera nei settori del turismo e dei pubblici esercizi per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 gg. determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione dell'assunzione deve essere effettuata al centro per l'impiego entro il giorno antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro. rapporti instaurati con le aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione ed all'ingresso di prodotti ortofrutticoli.
Fattispecie legali di assunzione a termine a cui non si applica il d Fattispecie legali di assunzione a termine a cui non si applica il d. lgs. 368/2001 contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA (art. 10 co. 4 bis inserito dall’art. 9 D.L. 70/2011). i contratti a tempo determinato del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (art. 10 co. 4 ter inserito dal d.l. 158/2012 conv. l. 189/2012).
Rapporti esclusi dal campo di applicazione del d. lgs. 368/2001 Il d. lgs. 368/2001 non si applica neppure al lavoro somministrato, ai contratti di formazione e lavoro, all’apprendistato e alle tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione attraverso il lavoro che, pur caratterizzate dall'apposizione di un termine, non costituiscono rapporti di lavoro (art. 10 co. 1 d. lgs. 368/2001) Ai rapporti di lavoro a termine con i dirigenti si applicano solo gli artt. 6 (principio di non discriminazione) e 8 (computo) del d. lgs. (art. 10 co. 4). Tali rapporti non possono avere durata superiore a cinque anni. Ai dirigenti è riconosciuto il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2118 c.c. dopo 3 anni.
Rapporti esclusi dal campo di applicazione del d. lgs. 368/2001 La qualificazione formale, da parte del legislatore nazionale, del rapporto costituito tra una persona che svolge lavori socialmente utili e l’amministrazione pubblica per cui vengono effettuati questi lavori non può escludere che a detta persona debba essere conferita la qualità di lavoratore in base al diritto nazionale, se tale qualifica formale è solamente fittizia e nasconde in tal modo un reale rapporto di lavoro. Anche se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che, tenuto conto delle sue caratteristiche e delle circostanze in cui vengono effettuati i lavori socialmente utili, il rapporto tra il lavoratore e l’amministrazione pubblica costituisce un rapporto di lavoro, i lavori socialmente utili sarebbero effettuati nell’ambito di programmi specifici di inserimento o di riqualificazione professionale pubblici o che usufruiscano di contributi pubblici ai sensi della clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro, e potrebbero essere esclusi dal suo ambito di applicazione (Cgue, Sibilio).
Divieti di assunzione a termine (art. 3 d. lgs. 368/2001) sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, o sia concluso ai sensi dell'art. 8 co. 2 l. 223/1991 ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla normativa in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Forma della clausola del termine (art. 1 co. 2-4 d. lgs. 368/2001) L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di apposizione del termine. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. Eccezione: La scrittura non è necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a 12 giorni. Sanzione: in assenza di clausola scritta e di indicazione, per iscritto, del motivo di apposizione del termine, la clausola si considera inesistente e il rapporto si considera a tempo indeterminato.
Proroga del termine (art. 4 d. lgs. 368/2001) l termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive [=esigenze contingenti e imprevedibili, ontologicamente diverse da quelle che costituivano la ragione iniziale del contratto; Cass. 10140/2005 e 24655/2006] e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. La durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l'eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro. Per la proroga non è richiesto l’atto scritto.
Continuazione del rapporto (art. 5 co. 1 e 2 d. lgs. 368/2001) Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi nonché decorso il periodo complessivo di cui 36 mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. [La regola si applica anche al primo contratto acausale. Dopo il periodo cuscinetto, alla prestazione resa si applica la maxi sanzione per lavoro nero (lettera circolare del 22/4/2013 del Ministero del lavoro)]
Successione di contratti a termine (art. 5 co. 3 d. lgs. 368/2001) Qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. La disposizione non trova applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati in attività stagionali nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. [La regola non si applica ai contratti a termine previsti dall’art. 8 co. 2 l. 223/91; l’assunzione mediante contratto intermittente, seppur non vietata, potrebbe configurare una frode alla legge; lettera circolare 22/4/2013]
Successione di contratti a termine I termini di cui all’art. 5 co. 3 non si applicano ai contratti a termine successivi stipulati dalle start-up innovative entro il limite di 36 mesi (art. 28 d.l. 179/2012).
Successione di contratti a termine Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto (art. 5 co. 4 d. lgs. 368/2001).
Successione di contratti a termine Fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato a decorrere dalla scadenza dei termini.
Successione di contratti a termine Ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene conto anche dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, mediante contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato (art. 5 co. 4 bis d. lgs. 368/2001). Nel computo dei 36 mesi sono da escludere i rapporti a termine con finalità particolari (es. contratto di inserimento) ei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 8 co. 2 l. 223/91 (circ. Min. Lav. 13/2008).
Successione di contratti a termine Cass. S.U. 25033/2006: le mansioni «equivalenti» alle attuali sono quelle oggettivamente comprese nella stessa area professionale e salariale e che, soggettivamente, esse debbono armonizzarsi con la professionalità già acquisita dal lavoratore nel corso del rapporto, impedendone comunque la dequalificazione o la mortificazione.
Successione di contratti a termine Ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la DPL competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto (A.C. 10/4/2008 - 8 mesi salvo maggiore durata prevista da CCNL o da avvisi comuni stipulati dalle oo.ss. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; A.C. turismo 12/6/2008 – 8 mesi, elevabile a 12 dalla contrattazione integrativa, aziendale e/o territoriale). In caso di mancato rispetto della procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato (art. 5co. 4 bis).
Successione di contratti a termine Tali disposizioni non si applicano nei confronti delle attività stagionali di cui al d.p.r. 1525/1963, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative (art. 5 co. 4 ter). [A.C. turismo 12/6/2008]
Principio di non discriminazione Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine (art. 6 d. lgs. 368/2001). Sanzione amministrativa (art. 12 d. lgs. 368/2001)
Tribunale Milano 27/1/2011 appare configurabile l'avvenuta violazione del principio di non discriminazione - avuto particolare riguardo al mancato riconoscimento a parte ricorrente degli scatti di anzianità riconosciuti ai colleghi di pari anzianità e livello assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato - con conseguente illegittimità dei contratti a termine impugnati, ex. art. 6 D. Lgs. 368/01, e con diritto dei ricorrenti a vedersi corrispondere, a titolo risarcitorio, una somma ammontante alla differenza tra quanto percepito, nel medesimo periodo, dai dipendenti assunti a tempo indeterminato con pari anzianità e livello e quanto percepito dagli stessi.
Tribunale Milano 1/8/2011 - la progressiva reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto realizzato un contesto del tutto identico, sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, a quello tipico di un rapporto a tempo indeterminato. - deve essere dichiarato il diritto al risarcimento del danno patito, consistente nella mancata percezione negli anni passati delle retribuzioni di volta in volta adeguate alla corrispondente anzianità: risarcimento, quindi, che dovrà essere quantificato in misura pari alla differenza tra la retribuzione percepita e quella che la ricorrente avrebbe percepito in considerazione della maggiore anzianità e professionalità di volta in volta raggiunta. - appare discriminatorio il trattamento retributivo sfavorevole applicato ai dipendenti del Ministero con contratto a termine, i quali, a parità di anzianità maturata nei periodi lavorati, non si vedono riconosciuta quest'ultima ai fini retributivi (T. Milano 2/8/2011)
Tribunale Milano 13/12/2011
L’anzianità di servizi incide… …sull’inquadramento al momento dell’assunzione (Cgue, Valenza) …sulle progressioni di carriera verticali (che possono essere subordinate a una certa anzianità: Tar Veneto, 4/6/2010; Cgue, Rosado Santana) …sulle progressioni di carriera orizzontali (T. Milano e C. Appello Milano)
Cass. S.U. 20074/2010 La disposizione contenuta nel art. 3 co. 5 e 12 D.L. 726/1984 (conv. L. 863/1984), secondo cui in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro 12 mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità previsti dall’art. 7 lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione.
Circ. INPS 30/2012 nel caso in cui i lavoratori, continuando a prestare la stessa attività per il medesimo appaltante, transitino da una impresa all'altra per successione di appalti, l'anzianità aziendale – ai soli fini della concessione dell'integrazione salariale [anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 90 giorni] e della indennità di mobilità [anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato], anche in deroga alla normativa ordinaria – deve essere valutata cumulando i periodi prestati alle dipendenze delle diverse imprese appaltatrici, anche nell’ipotesi in cui non sussista la fattispecie del trasferimento di azienda di cui all’art. 2112 c.c.
Anzianità lavorativa La clausola 4 dell’accordo quadro osta a che i periodi di servizio prestati da un dipendente pubblico temporaneo di un’amministrazione pubblica non vengano presi in considerazione ai fini dell’accesso di quest’ultimo, divenuto nel frattempo dipendente pubblico di ruolo, ad una promozione per via interna cui possono esclusivamente aspirare i dipendenti pubblici di ruolo, a meno che tale esclusione non sia giustificata da ragioni oggettive [elementi oggettivi, precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego nel particolare contesto in cui s’inscrive, e che rispondano ad una reale necessità, siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e risultino a tal fine necessari]. (Cgue, Rosado Santana).
Cass. 3871/2011 e 17401/2011 In base ad un’interpretazione coerente con il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato (art. 6 D.Lgs. 368/2001 in attuazione della direttiva 70/1999) deve ritenersi che l’art. 13 del c.c.n.l. del 16 maggio 2001, relativo al comparto Ministeri nel prevedere la fruibilità di permessi retribuiti per motivi di studio, nella misura di 150 ore, da parte dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non esclude che i medesimi permessi debbano essere concessi a dipendenti assunti a tempo determinato, sempre che non vi sia un’obiettiva incompatibilità in relazione alla natura del singolo contratto a termine; né l’esclusione del beneficio potrebbe giustificarsi, in ragione della mera apposizione del termine di durata contrattuale, per l’assenza di uno specifico interesse della pubblica amministrazione alla elevazione culturale dei dipendenti, giacché la fruizione dei permessi di studio prescinde dalla sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro, pubblico o privato, essendo riconducibile a diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione (artt. 2 e 34 Cost.) e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo (art. 2 Protocollo addizionale CEDU), e tutelati dalla legge in relazione ai diritti dei lavoratori studenti (L. 300/1970, art. 10)
Diritto di precedenza Il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza , fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine (art. 5 co. 4 quater). Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali. (art. 5 co. 4 quinquies) Il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (art. 5 co. 4-sexies)
Diritto alla formazione Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato deve ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale. (art. 7 d. lgs. 368/2001)
Diritti di informazione (art. 9) I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi definiscono le modalità per le informazioni da rendere ai lavoratori a tempo determinato circa i posti vacanti che si rendessero disponibili nell'impresa, in modo da garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori. I medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze dei lavoratori in merito al lavoro a tempo determinato nelle aziende.
Computo dei lavoratori Ai fini di cui all'articolo 35 l. 300/1970 [titolo III], il computo dei dipendenti si basa sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro (art. 8, modificato dalla l. 97/2013). L’art. 3 n. 1 dir. 2002/14 e l’art. 1 n. 1 lett. a) dir. 98/59 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale esclude, ancorché temporaneamente, una determinata categoria di lavoratori dal calcolo del numero di lavoratori impiegati previsto da tali norme (Cgue, C-385/05) Procedura di infrazione attivata contro l’Italia (2010/2045).
Clausole di contingentamento I CCNL stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono stabilire limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a tempo determinato stipulato ai sensi dell'art. 1 co. 1. Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi: Nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai CCNL anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi con lavoratori di età superiore a 55 anni [discriminazione in ragione dell’età]
Recesso dal contratto a termine Il recesso dal contratto a termine è possibile solo ai sensi dell’art. 2119 c.c. (causa che non consenta la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto). In caso di recesso illegittimo, il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno (= retribuzioni perdute dal lavoratore fino alla scadenza; aliunde perceptum)
Azione di nullità negoziale La nullità dell’apposizione del termine ai sensi degli art. 1 (illegittima apposizione del termine), 2 e 4 (illegittimità della proroga) d. lgs. 368/2001 deve essere fatta valere, a pena di decadenza, entro 120 gg. dalla scadenza del contratto con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 gg. [dall’impugnazione; C. cost. 303/2011], dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato (art. 32 co. 3 lett. a) l. 183/2010, mod. l. 92/2012).
Azione di nullità negoziale – principi generali L’azione di nullità di regola è imprescrittibile. Per garantire la certezza del diritto, termini di decadenza possono essere previsti ma non devono essere così brevi da ledere il diritto di difesa (art. 24 Cost.). Le misure previste da una normativa nazionale a difesa dei diritti garantiti dalla normativa comunitaria non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna, né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Cgue, Affatato).
Azione di nullità negoziale Nei casi di illegittima successione di contratti a termine, di assunzione a termine oltre ai limiti fissati dai contratti collettivi o di assunzione in ipotesi in cui è vietato l’utilizzo del contratto a termine si tratta di un’azione di nullità negoziale (nullità parziale, relativa alla sola clausola del termine).
Risarcimento del danno (art. 32 co. 5 l. 183/2010) Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 l. 604/1966 (numero dipendenti, dimensione impresa, anzianità di servizio, comportamento e condizioni parti).
Risarcimento del danno – sistema previgente Nel sistema precedente, in caso di conversione del contratto, era riconosciuto al lavoratore il diritto al risarcimento del danno che, di regola, corrispondeva alle retribuzioni non percepite a partire dal momento in cui il datore di lavoro è messo in mora (offerta della prestazione lavorativa; art. 1206 ss. c.c.) sino alla ripresa del lavoro, detratto l’aliunde perceptum [o percipiendum, i.e. guadagno che sarebbe lecito attendersi dal lavoratore diligentemente attivatosi nella ricerca di un nuovo posto di lavoro] In caso di conversione in un unico contratto a tempo indeterminato di più contratti a termine, gli intervalli non lavorati non sono retribuiti (Cass. S.U. 2334/91)
Risarcimento del danno L’art. 32 co. 5 l. 183/2010: non riguarda gli effetti della pronuncia di nullità della clausola del termine sul rapporto di lavoro: la sentenza che dichiara la nullità della apposizione del termine è meramente dichiarativa, i.e. dichiara che il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato a partire dal momento dell’assunzione o dal termine indicato dal legislatore; A) fortettizza l’ammontare del danno che il datore di lavoro è tenuto a risarcire (esigenze di certezza del diritto) o B) prevede una sanzione aggiuntiva al danno che il datore è tenuto a risarcire?
Corte costituzionale sentenza n. 303/2011 L’art. 32 co. 5 e 6 forfetizza il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, integrando la garanzia della conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
Corte cost. sent. 303/2011 Il danno forfetizzato dall’indennità copre soltanto il periodo “intermedio”, quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto. A partire dalla sentenza con cui il giudice, rilevato il vizio della pattuizione del termine, converte il contratto di lavoro in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro è obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva.
Corte cost. sent. 303/2011 L’indennità onnicomprensiva assume una chiara valenza sanzionatoria in quanto è dovuta in ogni caso, anche in mancanza di danno, per avere il lavoratore prontamente reperito un’altra occupazione. L’importo dell’indennità è liquidato dal giudice a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale aliunde perceptum), trattandosi di indennità “forfetizzata” e “onnicomprensiva” per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto “intermedio” (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione) (Cass. 3056/2012).
Corte cost. sent. 303/2011 La normativa impugnata risulta adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi. Al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un’indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza necessità né dell’offerta della prestazione, né di oneri probatori di sorta. Al datore di lavoro assicura la predeterminazione del risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d’interruzione del rapporto fino a quella dell’accertamento giudiziale del diritto del lavoratore al riconoscimento della durata indeterminata di esso.
Corte cost. sent. 303/2011 L’art. 32 co. 5 e 6 non crea alcuna illegittima discriminazione tra il lavoratore che ottiene una sentenza favorevole in tempi brevi in primo grado, e il lavoratore che risulti vittorioso solo a notevole distanza di tempo (magari nei gradi successivi di giudizio), ovvero tra il lavoratore che nelle more del processo è stato spontaneamente riammesso in servizio, e il lavoratore dipendente da un datore che abbia invece “resistito” ad oltranza. Tali circostanze sono inconvenienti solo eventuali e di mero fatto, che non dipendono da una sperequazione voluta dalla legge, ma da situazioni occasionali e talora patologiche (come l’eccessiva durata dei processi in alcuni uffici giudiziari), e che non rilevano ai fini del giudizio di legittimità costituzionale (C. cost. 298/2009, 86/2008, 282/2007, 354/2006).
Corte cost. sent. 303/2011 L’esigenza di misure di contrasto dell’abusivo ricorso al termine nei contratti di lavoro, proporzionate, sufficientemente effettive e dissuasive – quale si ricava dalla dir. 1999/70 nella ricostruzione operatane dalla Corte di giustizia dell’Unione – risulta soddisfatta dalla sanzione dalla trasformazione del rapporto lavorativo da tempo determinato a tempo indeterminato, corroborata da un’indennità di ammontare certo.
La disposizione di cui al co. 5 dell'art. 32 l La disposizione di cui al co. 5 dell'art. 32 l. 183/2010 si interpreta nel senso che l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (art. 1 co. 13 l. 92/2012).
Lavoro a termine nelle P.A. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato,…con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile (art. 36 co. 2 d. lgs. 165/2001). Al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, le amministrazioni redigono un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno , nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.
Lavoro a termine nelle P.A. La violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.
Responsabilità del dirigente Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave [responsabilità amministrativa per danno erariale azionata dalla Corte dei conti + responsabilità civile - azione di regresso nei confronti del dirigente che, se ha operato con dolo o colpa grave, è tenuto a rifondere all’amministrazione la somma dovuta al lavoratore]. I dirigenti sono responsabili anche ai sensi dell'articolo 21 d. lgs. 165/2001 [responsabilità dirigenziale – revoca o mancato rinnovo della carica dirigenziale, risoluzione del rapporto; si prescinde dalla colpa]. Di tali violazioni si terrà conto in sede di valutazione dell'operato del dirigente.
Danno risarcibile Tanto il danno esistenziale quanto il danno morale soggettivo possono ritenersi risarcibili a condizione che ne venga fornita la dimostrazione (C. App. Napoli 24/2/2010) E’ risarcibile la perdita di una opportunità di lavoro se il lavoratore dimostra che avrebbe avuto una “marginale e non trascurabile” possibilità di trovare un’altra occupazione se non avesse instaurato con l’amministrazione un rapporto di lavoro rivelatosi poi illegittimo perché costituito in violazione di norme imperative
Danno risarcibile Il divieto di conversione di cui all’art. 36 si configura come una ipotesi di risoluzione legale del contratto, originariamente a termine, che per la violazione del d.lgs. n. 368/2001 si sarebbe trasformato in un contratto a tempo indeterminato. La responsabilità di cui all’art. 36 deve ritenersi contrattuale (conseguente alla risoluzione legale del contratto) con l’obbligo da parte della p. a. di risarcire la perdita del lavoro. Un giusto parametro per compensare la perdita del posto di lavoro è costituito dal tempo medio necessario per trovare una nuova occupazione stabile tenuto conto della zona geografica, dell’età del lavoratore interessato e del titolo di studio posseduto (T. Rossano 13/6/2007)
Danno risarcibile ll risarcimento del danno di cui all’art. 36 va commisurato alla perdita del posto di lavoro come diretta conseguenza del divieto di conversione del rapporto a termine (risarcimento del danno per equivalente). La determinazione del danno è parametrata sull’art. 18 l. n. 300/1970 trattandosi “dell’unico istituto attraverso il quale il legislatore ha monetizzato il valore del posto di lavoro assistito dalla c.d. stabilità reale quale è quello alle dipendenze della pubblica amministrazione”. Il danno è quantificato in 20 mensilità (15 misura nel caso in cui il dipendente, acquisito il diritto alla reintegrazione, opti per le dimissioni + 5 misura minima delle mensilità dovute in caso di licenziamento illegittimo) (T. Genova 14/5/2007 e C. App. Genova 9/1/2009; T. Foggia 5/11/2009).
Danno risarcibile Non può applicarsi l’art. 32 l. 183/2010 poiché la norma la corresponsione dell'indennità ai casi di conversione del contratto, e dunque non può trovare applicazione diretta in tutti i casi in cui, alla declaratoria di illegittimità del termine apposto, comunque non possa conseguire la conversione del contratto a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato
Il caso del personale del Comparto Scuola Data l’identità tra il meccanismo di selezione degli insegnati da adibire alle supplenze con contratti a termine e quello utilizzato per l’immissione in ruolo del personale docente, si deve ritenere che, una volta rispettata la procedura selettiva (osservata al momento dell’assunzione a termine), sia da escludere che la conversione determini la violazione dell’art. 97 Cost. che impone la regola del concorso pubblico per l’assunzione in pianta stabile. Il divieto legale di conversione (art. 36 co. 5) deve essere disapplicato per contrasto con la direttiva 99/70/CE contenente l’affermazione del principio di non discriminazione tra lavoratore a termine e lavoratore a tempo indeterminato nel settore pubblico (T. Siena 27/9/2010, T. Livorno 25/1/2011, T. Napoli 16/6/2011 e T. Trani 24/10/2011 e 18/7/2011). Procedura di infrazione contro l’Italia (2010/2124)
Osservazione critiche L’art. 70 co. 8 d. lgs. 165/2001 applica le disposizioni contenute nel decreto al personale della Scuola, ma precisa che “sono fatte salve le procedure di reclutamento della scuola di cui al d. lgs. 297/1994” (disciplina speciale rispetto al d. lgs. 368/2001) che all’art. 4 co. 14 bis (introdotto con D.L. 134/2009) precisa che contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo (C. App. Perugia 8/3/2011). L’art. 97 Cost. non si limita a garantire la selezione imparziale dei candidati migliori, ma si pone a difesa del contenimento e nel monitoraggio della spesa pubblica (C. cost. 390/2004 e 150/2010). L’art. 9 co. 18 d.l. 70/2011 ha espressamente escluso il personale della scuola dell’ambito di applicazione del d. lgs. 368/2001 (art. 10 co. 4 bis d. lgs. 368/2001).
Lavoro a termine nelle P.A. Le disposizioni relative al diritto di precedenza di cui al d. lgs. 368/2001 si applicano solo al personale assunto mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo) (art. 36 co. 5-bis d. lgs. 165/2001) Il richiamo legislativo al diritto di precedenza potrebbe costituire una delle ipotesi eccezionali, previste dall’ art. 97 co. 3 cost. nelle quali è possibile derogare alla regola generale del concorso per accedere all’impiego nella pubblica amministrazione?
Corte di giustizia dell’Unione europea La clausola 5 dell’accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in un contratto. Una normativa nazionale che vieta in via assoluta, nel settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato può essere considerata conforme all’accordo quadro, qualora l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro preveda un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione. (Adeneler e a.; Marrosu e Sardino ; Vassallo; Angelidaki e a.; ordinanze Vassilakis e a.; Koukou; Lagoudakis)
Lavoro a termine nelle P.A. Il rapporto fra l'INAIL e i portieri addetti alla vigilanza e custodia di edifici di proprietà, pur essendo di pubblico impiego, è disciplinato da un contratto collettivo di natura privatistica che lo sottrae all'operatività dell’art. 36 d. lgs. 165/2001 ciò in quanto la natura dell'ente datore di lavoro non può ritenersi circostanza autonomamente sufficiente per escludere la conversione di contratti a tempo determinato con termini nulli in contratti a tempo indeterminato (Cass. 9555/2010).
Contributo addizionale ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (art. 2 co. 28 l. 92/2012). La legge non si riferisce al contratto a termine di cui al d.lgs. n. 368/2001 ma a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro subordinato rispetto alla quale è individuata la data di cessazione del rapporto stesso (Interpello n. 15/2013)
Contributo addizionale Il contributo addizionale non si applica: a) ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti; b) ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali nonché, per i periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, di quelle definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative. Il comma 29 del medesimo art. 2 contempla alcune tassative eccezioni.