IL DIRITTO ISLAMICO.

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Transcript della presentazione:

IL DIRITTO ISLAMICO

Cos’è il diritto islamico? Il diritto islamico è il terzo grande sistema giuridico mondiale. Il diritto viene applicato a comportamenti contemporaneamente religiosi e sociali. Esso comprende sia le norme che riguardano il culto e i riti, sia le leggi politiche, sia le norme giuridiche in senso stretto, e costituisce la sintesi e il nucleo essenziale del pensiero islamico.

Shariʿah in arabo Nel significato metafisico, la sharīʿah è la Legge di Dio e, in quanto tale, rimane sconosciuta agli uomini. In chiave pragmatica, il fiqh, la scienza giurisprudenziale islamica interpretata secondo la legge sacra, rappresenta lo sforzo concreto esercitato per identificare la Legge di Dio. È il complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica. Ci troviamo regole teologiche, morali, rituali e le norme di diritto privato, affiancate da norme fiscali, penali, processuali e di diritto bellico.

Le quattro fonti canoniche Coincidono con le fonti della teologia islamica. Il giurista in senso occidentale non esiste per il diritto islamico, che nella figura del “sapiente” (l’alim: pl. Ulama) riconosce il teologo giurista esperto di fikh (disciplina accademica che studia la Sharia). Negli stati islamici, le facoltà di giurisprudenza divergono da quelle occidentali, perché non vi sono facoltà simili alle occidentali.

Le fonti teologico-giuridiche canoniche del diritto islamico sono: il Corano la Sunnah la Ijma (Ig’mā’) la Qiyas (qiyās)

CORANO

Da Quran: “recitare ad alta voce”. È il testo sacro per gli Islamici e contiene il messaggio rivelato da Dio. Contiene poco materiale giuridico, solo il 10%. Regolamentano diverse materie: diritto di famiglia, diritto penale,diritto dei contratti, diritto “tributario”, regole di buon governo, rapporti con le minoranze etc.

SUNNAH 1. Seconda fonte del diritto islamico; 2. Assieme al Corano costituisce la Sharia (legge di Dio); 3. E' una raccolta di comportamenti e detti del profeta Maometto, trasmessi sotto forma di racconti; 4. Fornisce esempi da seguire con valore normativo inferiore a quello del Corano. SUNNAH

LJMÀ‘ (l'opinione concorde della comunità) Principi: 1. Se i giuristi- teologi danno il loro consenso generale ad una teoria, questa non può essere errata. 2. Consenso = Ijmà  consenso dei giurisperiti più autorevoli. Il numero deve essere ragionevolmente grande e il loro parere chiaramente formulato. 3. È il consenso della comunità in materia di religione, fiqh ed etica. 4. La legittimazione è fonte del diritto in un detto: “La mia Comunità non si troverà mai d’accordo sopra un errore”.

Presupposti dell'esistenza del Qiyas: Fra il caso nuovo e quello originario ci dev'essere una somiglianza palese oppure deve apparire logico applicare al nuovo caso il precetto di quello originario. QIYAS

La legittimità del Qiyas ha trovato molti oppositori che si chiedevano: 1. se sia lecito all'uomo investigare quale possa essere stato il motivo che ha determinato nell'intelletto divino il precetto; 2. per quali vie si debba ritenere possibile la determinazione da parte della ragione di un precetto scaturente dal Corano, dalla sunna o dall'igma; 3. quali siano le condizioni indispensabili perchè sia possibile il qiyas.

Urf Decisioni giuridiche Qanun Maslaba Le fonti teologico-giuridiche NON canoniche del diritto islamico sono: Urf Decisioni giuridiche Qanun Maslaba

Bisogna distinguere i paesi islamici retti da un diritto consuetudinario non islamico (come l'Indonesia) e i paesi di diritto islamico in cui la consuetudine (urf) sembra essere esclusa dalle fonti del diritto. L'urf, tuttavia, ha una sua esistenza non ufficiale, legata a situazioni anteriori all'islamizzazione di un certo territorio, e contribuisce a integrare il diritto islamico. URF

Anch'esse tendono ad integrare questo diritto: i malikiti seguivano le pronunce di Medina, gli hanbaliti e hanafiti quelle irachene e gli shafiiti quelle della Mecca. Infatti la fuga di Maometto a Medina divide il suo insegnamento in due parti, una più adatta ad una società di mercanti, l'altra ad una di beduini. DECISIONI GIURIDICHE

-Primi tempi dell'impero islamico: i detentori del potere, soprattutto i governatori delle provincie senza specifica competenza legislativa, emanarono varie leggi nel campo del diritto pubblico e penale in cui il Fiqh appariva insufficiente o, nel caso delle pene coraniche troppo rigido. QANUN

-Epoca moderna e contemporanea: il Qanun indica sia le leggi e i codici ispirati alle legislazioni occidentali (diritto civile, commerciale, amministrativo, penale ecc. ecc.) sia i codici che riproducono le norme semplificate della Sharia, come ad esempio alcuni codici dello statuto personale (Siria, Iraq). La procedura del Qanun attuale prevede la preparazione delle norme in commissione, la votazione in assemblea e la promulgazione nel potere esecutivo.

MASLABA In tempi recenti, si fece ricorso al concetto di pubblico interesse, inteso in senso lato. In Tunisia, ad esempio, si introdusse un limite alla poligamia sottolineando che un uomo non può comportarsi in modo eguale verso tutte le mogli e che questa ineguaglianza di trattamento (soprattutto economico), oltre a essere contraria al dettame coranico, è contraria anche al pubblico interesse.

CONCLUSIONI Come è stato possibile adattare il diritto musulmano alle esigenze della modernità? Il diritto musulmano anche se immutabile è flessibile. Si è ricorso a quattro procedimenti: • Consuetudine: non fa parte del fiqh, tuttavia in molti casi si è permesso ai consociati di organizzare i rapporti tra loro e di regolare le loro vertenze senza far intervenire lo stretto diritto. Così la consuetudine può ordinare un comportamento che secondo diritto è solo raccomandato, per esempio.

• Convenzioni: secondo un hadith ‘non vi è alcun delitto a fare convenzioni altre a ciò che la legge prescrive’. • Stratagemmi e finzioni (hiyal) operanti nella misura in cui ciò che conta è il rispetto della lettera della legge, non del suo spirito (formalismo della Sharīٔa). • Intervento dell’Autorità: il Monarca o il Parlamento (potere sovrano) non è padrone del diritto, ma al suo servizio.