Guida culinaria nell’Antica Roma

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Transcript della presentazione:

Guida culinaria nell’Antica Roma Il Gambero Rozzo 2008 Guida culinaria nell’Antica Roma

Cosa mangiavano i nostri antenati Romani? Quanti di voi si saranno posti questo interrogativo?! E allora ci siamo muniti di taccuino e penna per soddisfare la vostra curiosità e abbiamo intrapreso un viaggio indietro nel tempo,intervistando la gente di Roma e assaggiando i piatti tipici di quell’ epoca … P m d a c a e r o c l t n c i h t a l i e m a n m o a p o 2008…1789…1492… I secolo a.C.!!!

Siamo arrivati nell’ antica Roma; la meridiana segna le 8 di mattina. 1° giorno Siamo arrivati nell’ antica Roma; la meridiana segna le 8 di mattina. Le strade non sono ancora affollate e decidiamo di andare ad alloggiare in un ostello; ci apre un uomo, dice di chiamarsi Tullio, non è molto anziano. Prendiamo cinque stanze e ci dirigiamo verso la sala da pranzo; qui incontriamo Valeria, la figlia di Tullio. Le chiediamo quali sono i piatti tipici romani e ci facciamo dettare alcune ricette. È quindi il momento di tirar fuori il nostro taccuino e prendere appunti … Il Pasticcio Apiciano: prendi pezzi di poppa cotta di scrofa, polpe di pesci, polpe di pollo, beccafichi o petti cotti di tordi o qualsiasi altro pezzo ottimo che tu abbia; pesta bene tutto eccetto i beccafichi. Sciogli nell'olio le uova crude. Trita del pepe, del ligustico (sedano di montagna), bagna con la Salsa, con vino, con passito; metti tutto nella pentola a bollire e lega con amido. Tuttavia, prima vi metterai tutte quelle carni spezzettate in modo che cuociano. Quando saranno cotte, le leverai col loro sugo e le getterai poco alla volta in padella con grani interi di pepe e pinoli così che per ogni strato avrai una doppia crosta e una sfoglia. Quante sfoglie avrai, tante saranno le cucchiaiate di condimento che vi getterai sopra. Spiana col matterello una sfoglia e coprì il pasticcio. Copri di pepe. Prima avrai  nella pentola legato le carni con le uova sbattute e col condimento. La padella di rame può avere una forma qualsiasi.

Piatto di sgombri e cervella Friggi delle uova sode, scotta e snerva delle cervella, cuoci dei ventrigli di pollo. Trita tutto eccetto il pesce e gettali in una padella, mettendo nel mezzo del salame cotto. Trita del pesce, del ligustico, cospargi di passito per render dolce. Versa della peperata nella padella; fai bollire. Quando bollirà mescola con un ramo di ruta e lega con amido. Torta di pere Lessa le pere, gettane i torsi, e trita la polpa con pepe, comino, miele, passo, savore e poco olio. Fanne una torta, mischiandovi uova. Spargi sopra del pepe e dà in tavola. Porcello cotto nel vino Bisdella e seconcia il porcello; mettilo in pignatta con olio, savore, vino ed acqua; immergivi penzolone un fascetto di porri e coriandolo; a mezza cottura dà odore con sapa. Getta in mortaio pepe, carvi, maggiorana, semi di sedano, stropiccia, bagna con savore e con sugo della pignatta tempera con vino e passo; poi versa in pignatta e fa bollire. Quando ha bollito, dà corpo con amido e regalane il porcello posto su il bacile. Spolverizza con pepe e servi.

2° giorno Dopo aver fatto colazione decidiamo di andare a passeggiare tra i vari vicoli e strade di Roma. In una di queste vediamo una giovane ragazza che è intenta a prendere l’acqua da un pozzo. Dai vestiti che indossa capiamo che non appartiene ad una classe agiata , così cogliamo l’occasione per porle alcuni quesiti , riguardo ai pasti che i poveri di Roma sono soliti fare: “Noi poveri possiamo permetterci un pasto semplice, frugale e senza molte vivande in tavola naturalmente… Le pietanze di cui ci cibiamo sono principalmente cereali, legumi, frutta, poca carne e di certo non possiamo permetterci di cenare su triclinari. Ci accontentiamo di pane inzuppato nel vino o nel latte a colazione; il prandium invece si svolge nelle “tabernae” di Roma ed è molto sbrigativo; la cena consiste in un pasticcio (pulmentum) fatto di farina, legumi e verdure. Lo svantaggio è di sicuro quello di mangiare meno ma così lo si fa in modo più sano, senza l’uso di troppi condimenti e senza il rischio di ammalarsi di “gotta”, malattia dovuta all’eccessivo consumo di carne, di cui spesso sono contagiati i ricchi.”

3°giorno Sono le 12:00 e dopo aver pranzato ci soffermiamo a parlare con la moglie di Tullio dei piatti che ci sono stati serviti, poiché abbiamo notato dei sapori particolari e agrodolci. La donna quindi ci spiega quali sono gli ingredienti e le spezie. “Queste ricoprono molti usi. Il più frequente è quello di nascondere il sapore di cibi andati a male, non sprecando così alcun alimento. Gli ingredienti della cucina sono prevalentemente di tipo vegetale,alla base delle tecniche di conservazione come il pepe. Il più comunemente usato,è il liquamen o garum. Questo particolare ingrediente viene ricavato dalle interiora, che fatte fermentare al sole rilasciano un liquido molto salato. Il liquamen viene utilizzato per rendere più salate le pietanze. Molte degli ingredienti e delle spezie sono un alimento fondamentale per le classi meno abbienti: vino cotto, pepe, cipolla e aceto. Nella cucina romana si usano molti altri ingredienti come il laser che ha un sapore molto simile all’aglio che si ricava dal silphium in Cirenaica, la santoreggia e lo strutto, ottenuto sciogliendo sul fuoco il grasso di maiale, è usato come condimento.”

La taberna Romana

Nel pomeriggio andiamo a esplorare il grande Foro di Roma per fare ulteriori scoperte e durante la nostra passeggiata, la nostra attenzione è presa da un emporio di tessuti,provenienti anche dall’ Oriente. Entriamo: veniamo accolti dal proprietario, un uomo robusto ed eloquente. Mentre ammiriamo la bellezza di quelle stoffe, arriva un altro cliente su un carro. Lo seguono tre servitori: l’uomo è quindi molto ricco. Entra e compra i tessuti più costosi provenienti dalla Siria, un regalo di compleanno per sua moglie; confida infatti al mercante che la sera darà un grande banchetto in cui saranno presenti i nobili Romani. Cerchiamo quindi di essere invitati al ricevimento, presentandoci a quell’ uomo e riempiendolo di complimenti. Egli sembra essere incuriosito dal nostro linguaggio un po’strano e ci chiede la provenienza: fingiamo di essere originari di Siracusa. Il nobile, sembra fidarsi di noi, e quindi ci invita al banchetto; abbiamo raggiunto il nostro obiettivo! Ora manca solamente trovare degli abiti consoni alla serata e comprare un dono alla festeggiata…

Il triclinium Romano

Il tempo sta passando e la meridiana segna le cinque del pomeriggio … Dopo esserci preparati ci dirigiamo verso la Villa Aemilia e appena arrivati veniamo accolti da alcune ancelle che ci guidano alla sala da pranzo, il triclinium. Notiamo che la stanza è ammobiliata con tre divani, e al centro una tavola con le vivande. Prendiamo posto su questi cosiddetti “triclinari”, su cui si mangia da un fianco appoggiandosi sul braccio sinistro e servendosi con quello destro. I ragazzi invece stanno seduti su degli scranni. Tutti come noi indossano una “synthesis”, una veste leggera per non sporcarsi. Appena sono arrivati tutti i convitati, compresi la festeggiata e il padrone di casa, comincia la cena: il pasto serale che ha una durata notevole (dalle 16 fino al calar della notte e qualche volta persino fino all’alba). Ci vengono servite tre portate: Antipasto (o gustatio), dove si consumano uova, verdure ed ostriche; Primae Mensae, con pesce e carne servite con molto sfarzo scenografico; Secundae Mensae, in cui si apprezzano molti dolci, frutta fresca e secca (soprattutto datteri).

Il tutto è accompagnato da vino, la bevanda preferita dai Romani, che usano mescolare ad acqua calda o fredda o persino a miele e aromi particolari in modo da diminuire la gradazione alcolica (da 15° a 5°). Possiamo notare che un particolare a cui i nobili di Roma danno molta importanza è la suntuosità delle vivande: così si usano moltissimo le spezie, le quali sono simbolo di ricchezza, e anche le salse dolci e salate , che rendono il gusto delle pietanze agrodolce. L’uso di salse e spezie ha un ulteriore scopo: oltre a mostrare la prestigiosità della famiglia, sono in grado di mascherare gli odori dei cibi andati a male. Iniziamo a conversare con un nostro vicino e gli chiediamo quali sono i pasti soliti di un uomo ricco a Roma; l’uomo rimane un po’ stupito dalla nostra richiesta, ma risponde comunque: “Noi nobili siamo soliti consumare quattro pasti durante la giornata: Ientaculum, ovvero uno spuntino della mattina,simile all’odierna colazione,in cui si servono molto spesso gli avanzi della sera precedente;

Prandium, un leggero pasto freddo e abbastanza veloce,in cui si mangiano verdure, funghi, pesce, uova, formaggi, pane, carne, biscotti; Cena, il pasto serale che ha una durata notevole(dalle 16 fino al calar della notte e qualche volta persino fino all’alba) e si consuma nel triclinium seduti o sdraiati su triclinari; Vesperna, cioè uno spuntino fatto qualche volta prima di coricarsi. Dopo aver assaggiato tutti i piatti, siamo sorpresi dal buon sapore di questi; sono tutti preparati e serviti con grande cura e hanno un gusto particolare e molto buono. Ci informiamo quindi sull’identità del cuoco e il nostro vicino commensale ci svela che questa cena è stata preparata dal cuoco più famoso di tutto l’Impero Romano: Apicio. Non vediamo quindi l’ora di poterlo conoscere e chiediamo al padrone di casa se, dopo il ricevimento, possiamo complimentarci con il cuoco. E’ finalmente giunta l’ora di incontrare il Vissani del I secolo a.C.!!! Colloquiando per circa un’ora con Apicio, prendiamo appunti su tutto ciò che riguarda la sua vita, le caratteristiche della sua cucina così stravagante e delle opere culinarie che ha scritto.

Il nome di Apicio è da sempre legato alla gastronomia tipica dell’epoca romana. Conosciamo tre personaggi con questo nome: quello del famoso cuoco è Marco Gavio Apicio. Di lui è nota la data di nascita(25 a.C.) e sappiamo che visse sotto Tiberio ma non conosciamo la data esatta della sua morte che si fa risalire alla fine del regno di Tiberio. Apicio passò alla storia per le sue stravaganze culinarie: manicaretti a base di talloni di cammello, intingoli di creste tagliate a volatili vivi, triglie fatte morire nel garum della migliore qualità, oche ingrassate nei fichi secchi e ingozzate con mulsum, lingue di usignoli, di pavoni e di fenicotteri. Questo personaggio è noto soprattutto per la sua opera “De Re Coquinaria” (l’arte culinaria) un vero e proprio manuale che contiene ricette di salse e di piatti completi che fu pubblicato da un altro cuoco di nome Celio, intorno al 230 d.C. E’ un opera caratterizzata da un latino molto semplice, di uso corrente ma adatto al linguaggio dei cuochi dell’epoca ed è divisa in dieci libri:

I libro: come preparare il vino e come conservare frutta e carne; II libro: come cucinare le carni tritate senza erbe aromatiche; III libro: dedicato agli ortaggi(come conservarli e cucinarli); IV libro: ricette per torte, salse, piatti di verdure e antipasti; V libro: dedicato ai legumi a come cucinarli; VI libro: guida su come cucinare cacciagione da piuma e animali da cortile; VII libro: dedicato alle vivande più prelibate della raccolta; VIII libro: dedicato ai quadrupedi da mangiare tutti i giorni; IX e X libro: dedicati al pesce ai molluschi e ai crostacei;

Infatti è ormai giunta l’ora di far ritorno ai nostri giorni Il cuoco Apicio ci lascia in dono la sua raccolta di ricette, che decidiamo di portare con noi nel 2008. Infatti è ormai giunta l’ora di far ritorno ai nostri giorni poiché tutte le nostre curiosità sono state soddisfatte, anche se (a dir la verità) la vita e soprattutto la cucina romana non è poi così tanto male…! Con gran dispiacere quindi rientriamo nella nostra macchina del tempo per tornare nel XXI secolo. I secolo a.C. … …1492... …1789… 2008!!!

Siamo appena tornati dall’antica Roma senza Edoardo che affascinato da una giovane romana ha preferito rimanere nella città eterna. Dai nostri appunti traiamo fuori una descrizione delle caratteristiche della cucina dell’Impero Romano, che, come abbiamo potuto osservare con i nostri occhi, non era poi così tanto diversa da noi: I nobili mangiavano insieme nei banchetti, stupendo gli ospiti con una cucina degna di nota, arricchita da decori e particolari vivande; I Romani avevano tre pasti principali, lo ientaculum(uno spuntino mattutino a base di pane e formaggio, preceduto da un bicchiere d'acqua. I medici sconsigliavano espressamente una colazione abbondante.), il prandium( un leggero pasto con pane, carne fredda, frutta e vino, consumato a mezzogiorno e in piedi), e infine la cena, il pasto principale( iniziava fra le 15 e le 16 e poteva protrarsi fino all’alba del giorno dopo). Durante la cena si consumavano un antipasto(o gustatio), una primae mensae (simile ai nostri secondi piatti), e infine una secundae mensae (i nostri dessert e frutta). La cena era effettuata nei triclini (triclinia), stanze così chiamate perché di solito ammobiliate con tre divani, su ciascuno dei quali si accomodavano, sdraiate, tre persone. Si mangiava semisdraiati sul fianco, appoggiandosi sul braccio sinistro e attingendo col destro i cibi e il vino dalla tavola. Al centro era posta la tavola con le vivande. Il numero ideale dei commensali era quindi di nove e multipli di nove, fino a trentasei. Le donne saranno ammesse ai pranzi con invitati solo in età imperiale. I ragazzi stavano seduti su degli scranni.

Gli schiavi di fiducia, quand'erano autorizzati a partecipare al pranzo (soprattutto per servire il padrone e riaccompagnarlo a casa in stato di ubriachezza),sedevano per terra, ai piedi del divano. Inoltre era facile sbrodolarsi, e così, nei pranzi di gala, i convitati portavano una veste leggera (synthesis), che non di rado veniva cambiata tra una portata e l'altra . Non mangiavano,a contrario di noi patate, pomodori, melanzane, pasta (caratteristici della nostra dieta). I cibi sono molto differenti dai nostri: infatti oggi non cuciniamo con molto condimento o miscugli vari di carne con pesce. Ad esempio nella cucina Romana non mancava quasi mai il liquamen che si può paragonare al nostro sale. Molti degli ingredienti e delle spezie usate precedentemente le usiamo ancora oggi come olio (ricavato da olive seccate e conservate in salamoia che erano un alimento fondamentale per le classi meno abbienti), vino cotto,pepe,cipolla e aceto.

Decidiamo allora di sfogliare qualche pagina… Mentre disfiamo le valigie troviamo la raccolta di ricette regalata dal famoso cuoco Romano Apicio. Decidiamo allora di sfogliare qualche pagina… DE RE COQUINARIA

: SALSUM SINE SALSUM Iecur coques, teres et mittes piper aut liquamen aut salem. Addes oleum. Iecur leporis aut haedi aut agniaut pulli: et, si volueris, in formella piscem formabis.Oleum viride supra adicies. PATINA Thyrsum lactucae teres cum pipere, liquamine, caroeno, aqua, oleo. Coques ,ovis obligavis: piper asperges et inferes. HAEDUM SIVE AGNUM PARTHICUM Mittes in furnum.Teres piper, rutam, cepam, satureiam, damascena enucleata, laseris modicum, vinum, liquamen et oleum. Fervens colluitur in disco ex aceto, sumitur. PATINA DE PIRIS Pira elixa et purgata e medio teres cum pipere, cumino, melle, passo, liquamine, oleo modico. Ovis missis patinam facies,pipere super asperges et inferes.

Dopo aver letto attentamente il libro di Apicio capiamo che la tipica ricetta latina presenta uno stile sintattico molto breve,senza termini elaborati con un registro molto basso caratterizzato da frequenti ripetizioni,dall’uso assiduo di virgole per annoverare gli ingredienti che devono essere usati per le ricette. I periodi sono caratterizzati dalle congiunzioni AUT ed ET; sotto il profilo verbale si può notare che il tempo utilizzato è il futuro semplice coniugato sempre alla seconda persona singolare. Questo stile serve a rendere l’immediatezza del messaggio,attraverso termini semplici e non ricercati,accessibili anche ai cittadini di basso rango. L’uso del futuro semplice non è casuale ma imposto dal fatto che colui che scrive le ricette si riferisce sempre a ciò che dovrà essere fatto.

Realizzato da: Emili Rebecca Mozzicafreddo Giorgia Rossi Edoardo Rossi M.Laura Settembretti Veronica