Il «Jobs Act»: una riflessione giuridica

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Transcript della presentazione:

Il «Jobs Act»: una riflessione giuridica Prof. Avv. Riccardo Del Punta (Università di Firenze)

Il quadro normativo Legge di delegazione 10.12.2014, n. 183 D.lgs. 4.3.2015, n. 22, in tema di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati D.lgs. 4.3.2015, n. 23, in tema di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (in vigore dal 7.3.2015) D.lgs. … recante la disciplina organica dei contratti di lavoro (Codice contratti) e la revisione della normativa in tema di mansioni D.lgs. … recante misure a tutela della maternità ed a favore della conciliazione fra tempi di vita e di lavoro Schema di d.lgs. in tema di disposizioni di razionalizzazione e semplificazione, controlli sul lavoro, dimissioni Schema di d.lgs. in tema di servizi per il lavoro e di politiche attive Schema di d.lgs. in tema di riordino degli ammortizzatori sociali Schema di d.lgs. in tema di attività ispettiva

L’approccio Supponendo come noti i problemi all’origine del JA ed i suoi obiettivi generali, svolgerò una riflessione giuridica per temi, rivolta a focalizzare (anche sulla base di una lettura trasversale) l’impatto sistematico delle nuove normative e, nell’ambito delle stesse, le principali questioni interpretative aperte Andando alla ricerca di chiavi di lettura e di valutazione

Gli argomenti Un filo trasversale: la semplificazione (5-7) La centralità del lavoro subordinato a tempo indeterminato: a) le norme in tema di collaborazioni (8-14); b) l’esonero contributivo; c) il contratto a tutele crescenti (15-20) La flessibilità funzionale: le mansioni (21) I controlli sul lavoro (22) I contratti di lavoro «non-standard» (23-24) «Omissis»: congedi di maternità e paternità; dimissioni; tutele nel mercato del lavoro (servizi per il lavoro e politiche attive, ammortizzatori sociali, trattamenti di disoccupazione)

Quale semplificazione? La recezione dell’istanza di semplificazione Distinguere tra la semplificazione delle norme (neutra rispetto ai contenuti) e degli atti e adempimenti (che si traduce per lo più in liberalizzazione) Perseguite entrambe le semplificazioni (es. nel Codice contratti)

Aggredire il complicato riducendo il complesso La semplificazione non è semplice… Affondare il rasoio di Occam su ciò che è ridondante o comunque superfluo (es. norme-bandiera, norme-messaggio), e sciogliere ciò che è complicato, anche con il riordino e l’accorpamento di norme riconducibili a stratificazioni temporali successive Realizzare al massimo la funzione di riduttore della complessità sociale, propria del diritto (N. Luhmann), ma senza rimuovere o negare tale complessità Non passare da un eccesso (l’ipertrofia regolativa) ad un altro (un diritto lacunoso)

Una semplificazione «bottom-up» Quale progetto di ulteriore semplificazione si può immaginare, sulla scorta di questa esperienza, per il diritto del lavoro? Un Codice semplificato o un accorpamento progressivo di normative omogenee, sul modello del Codice contratti e in parte del testo di riforma degli ammortizzatori sociali? Il timore (e il tremore) dell’abrogazione espressa Il disagio della transizione: che c’è di nuovo nel Codice contratti? E che fare dei CCL in essere?

Amarcord: la «vis espansiva» del lavoro subordinato Codice contratti, art. 1: «Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro» Il JA punta tutto sul lavoro subordinato a tempo indeterminato come lavoro «standard»: a) estensione della disciplina della subordinazione alle collaborazioni etero-organizzate; b) esonero contributivo triennale per le assunzioni 2015 e regime IRAP «labor-friendly»; c) nuove regole in tema di flessibilità in uscita con il «contratto a tutele crescenti» ex d.lgs. n. 23/2015 La morale: talvolta i desideri vengono esauditi, ma in modo imprevisto… (vale a dire, non è più il lavoro subordinato di una volta)

La collaborazione etero-organizzata (art. 2, c. 1, Codice contratti) «A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro»

Un totem dissacrato? Dalle parole ai concetti: quando c’è etero-direzione c’è anche etero-organizzazione ma può esservi etero-organizzazione senza etero-direzione Una norma di fattispecie, che allarga l’ambito della subordinazione e dunque impatta (dopo 73 anni…) sull’art. 2094, c.c.? O una norma che, pur funzionando come una presunzione assoluta, rimane una norma di disciplina? Cioè una norma il cui senso è quello di assolutizzare un frequente asserto giurisprudenziale, nei seguenti termini: quando c’è etero-organizzazione (in una collaborazione continuativa esclusivamente personale), si presume che ci sia etero-direzione, con la conseguenza che quest’ultima resta l’elemento caratterizzante della fattispecie Escluderei, invece, che la norma possa essere ritenuta di natura sanzionatoria, del tipo dell’art. 69, c. 1, d.lgs. n. 276/2003

Una subordinazione a geometria variabile Una configurazione della norma come di mera disciplina renderebbe più agevole la giustificazione delle ipotesi di esclusione (art. 2, c. 2, Codice contratti), in quanto ipotesi nelle quali, sulla base di considerazioni diverse, il legislatore ritiene che non ci sia bisogno che operi la norma di presunzione assoluta L’esclusione più delicata, in relazione al noto principio dell’indisponibilità del tipo della subordinazione, è quella inerente alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali (non più necessariamente confederazioni, come nella prima versione) comparativamente più rappresentative prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore

La certificazione come scudo? Art. 2, c. 3, Codice contratti: «Le parti possono richiedere alle commissioni (di certificazione) la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui al comma 1» Una funzione nuova della certificazione, o la funzione consueta, ma enunciata in negativo? La non irresistibile, anche se non irrilevante, valenza di scudo della certificazione: paralizza gli accertamenti di enti previdenziali e ispettivi, ma non impedisce azioni del lavoratore rivolte a contestare la correttezza della certificazione o uno svolgimento del rapporto difforme da quanto certificato

La co.co.co. perde il pro. Superamento del contratto di collaborazione a progetto (art. 52, c. 1, Codice contratti) Non si può abrogare un contratto che non esiste: l’«impossibile» eliminazione della co.co.co. Il ricorso alla co.co.co. è tornato più facile, com’era fino al 2003, dato il venir meno del progetto e del termine? Il contrappeso: una quota di co.co.co. è ricondotta alla subordinazione con la norma sulla collaborazione etero-organizzata Quid delle collaborazioni a progetto ancora in essere nel 2016? Resta aperto il problema di uno statuto del lavoro autonomo (economicamente dipendente?)

Ridefinizione dei confini La collaborazione coordinata e continuativa deve ridefinirsi in relazione alla collaborazione etero-organizzata Proposta interpretativa anti-bizantinismi: organizzazione e coordinamento sono da trattare come sinonimi (organizzazione = coordinamento stabile di azioni), per cui collaborazione etero-coordinata equivale a etero-organizzata, mentre la collaborazione coordinata e continuativa «vera», che non rifluisce nella subordinazione, è quella in cui il collaboratore si limita a coordinarsi anche stabilmente con l’organizzazione del committente, senza però perdere qualunque autonomia organizzativa In pratica: il co.co.co. ex art. 409, n. 3, c.p.c. (che è fatto salvo), è quello che «si coordina», nei termini concordati nel contratto, con l’organizzazione del committente

Non è un contratto Nei limiti del suo campo di applicazione, la normativa (d.lgs. n. 23/2015) che ha istituito, a decorrere dal 7.3.2015, il «contratto a tutele crescenti», contiene una disciplina autosufficiente (e riscritta ex novo) del regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo, a valere sia nell’area della tutela «forte» (art. 18, l. n. 300/1970) che in quella della tutela «debole» (art. 8, l. n. 604/1966); inalterata la normativa sostanziale a monte Le critiche alla normativa e una nemesi ironica: è più «di sinistra» il diritto dei contratti?

Il tramonto della reintegrazione Fino al 2012 tutto era reintegrazione (salvo che per i figli di un dio minore, dipendenti da un datore di lavoro di piccole dimensioni) Nell’art. 18 ex l. n. 92/2012, che resta in vigore, la tutela ripristinatoria si disputa il campo con la tutela economica, a seconda della gravità del vizio del licenziamento (ergo, dell’abuso del relativo potere) Nel CTC domina la tutela economica, determinata in 2 mensilità TFR moltiplicate per gli anni di servizio (tra 4 e 24); la tutela ripristinatoria è confinata ad un’ipotesi di licenziamento (disciplinare) ingiustificato, oltre che alle ipotesi di licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale

L’eredità dell’art. 18 La sistematica delle sanzioni e delle tutele nel CTC è la medesima dell’art. 18 del 2012: 3 vizi e 4 tutele Ha funzionato la separazione tra qualificazione del vizio e selezione della tutela? A mio avviso sì, malgrado la dottrina (un esempio di fallacia: l’art. 18 avrebbe abrogato il giudizio di proporzionalità della sanzione) Il modello, in ogni caso, è riproposto nel CTC, anche se nell’area del licenziamento ingiustificato la tutela economica si prende ormai quasi tutto lo spazio Corrette due incongruenze del testo dell’art. 18

Un’ascesa improbabile Quella del licenziamento discriminatorio (regime immutato rispetto all’art. 18), che non pare in grado, al di là di avventurosi tentativi esegetici, di riguadagnare il terreno perduto dalla reintegrazione nel licenziamento ingiustificato Al licenziamento viziato da illiceità del motivo si applica la tutela ripristinatoria piena L’importanza e i possibili equivoci del licenziamento ritorsivo Il rebus del licenziamento per inidoneità (e per malattia)

Il fatto materiale come fatto giuridico Non per la teoria del «fatto giuridico», ma per ragioni di corretta interpretazione, ai fini dell’art. 18 dovrebbero rilevare, malgrado la S.C., l’insussistenza di entrambe le componenti del fatto, nonché la non qualificazione dello stesso come inadempimento Nel CTC il fatto giuridico rilevante è il fatto materiale: e se difetta soltanto l’elemento soggettivo? Quid del licenziamento per fatto lecito o per inadempimento risibile? Se non si prova la sussistenza è provata l’insussistenza: se il diritto e la logica non vanno d’accordo

Ahi rito vituperio delle genti… La campagna di avvocati e magistrati (in ordine di intensità) contro il «rito Fornero» ha spinto il legislatore delegato (non già semplicemente a correggerne i difetti, ma) ad abolirlo per le controversie inerenti ai nuovi licenziamenti Una vittoria di Pirro? L’offerta di conciliazione esentasse (da fare o da chiudere entro i 60 gg.?) e la questione dell’anzianità convenzionale

Il nuovo art. 2103 Dall’equivalenza alla parità di livello (= parametro contrattuale di classificazione) La facoltà di mutamento «in peius» (con comunicazione scritta) nel caso di riorganizzazione incidente sulla posizione del lavoratore, fermi livello e trattamento retributivo La riscoperta della categoria ex art. 2095, c.c. Un ospite in punta di piedi: la formazione L’apertura all’autonomia individuale assistita Il nuovo tempo delle mansioni superiori

La riforma dei controlli L’accorpamento dei primi due commi dell’attuale art. 4, l. n. 300/1970 La possibilità di accordi meta-aziendali per le imprese multi-localizzate La non necessità di accordo o autorizzazione per gli strumenti di lavoro e di registrazione degli accessi e delle presenze Il vincolo dell’«adeguata informazione» e la «privacy» presa sul serio Senza rimpianti: la fine dei controlli difensivi?

Ma non erano 30, o 42, o 63? 5 subordinati più 1 «altro» Abrogati: contratto di lavoro ripartito; collaborazione a progetto, salvo che per i contratti in essere (art. 52, c. 1, Codice contratti); associazione in partecipazione con apporto di lavoro (anche misto a capitale) da parte di persona fisica, salvo che per i contratti in essere (art. 53, ivi)

Tra le righe dei contratti Orizzontale o verticale non importa Le norme di «default» nel lavoro a tempo parziale (ma anche nelle mansioni e nel congedo parentale) Il diritto al «part-time» in luogo del congedo parentale Dall’acausalità alle percentuali (e la marginalità della conversione) Derogabilità del 20% anche a livello aziendale Stagionale per DM L’inderogabilità dei divieti L’apprendistato del primo tipo La stabilizzazione delle norme di rinvio alla contrattazione collettiva

Un nuovo paradigma? I fattori sistemici e la chiave della «flexicurity» Una spinta di inusitata potenza al lavoro subordinato «standard» La crescita della flessibilità funzionale e di quella in uscita La grande incognita: le tutele sul mercato del lavoro Al di là del guado ma con la rappresentazione di scenari diversi: un ritorno regressivo al lavoratore «col cappello in mano» o un’alleanza «win-win» tra capitale e lavoro? Una cultura in difficoltà, ma che resiste (e che deve trovare, lasciandosi qualcosa alle spalle, la voglia di rifondarsi)