Alberto Bettiol - Matteo Cecconato – Ervis Tanku CINEMA E GUERRA Alberto Bettiol - Matteo Cecconato – Ervis Tanku
NOVECENTO: SECOLO DI GUERRA Il Novecento sarà ricordato come il secolo della globalizzazione dei conflitti, con due guerre mondiali che hanno dilaniato il pianeta e una guerra fredda che lo ha spaccato a metà. La tecnologia ha creato armi in grado di cancellare ogni traccia di vita dal pianeta. Nonostante gli orrori e gli errori del passato le spese per gli armamenti continuano a crescere e vi sono ancora decine di conflitti dimenticati in tutto il mondo,soprattutto nei paesi più poveri.
NOVECENTO: SECOLO DI CINEMA Il Novecento ha visto lo sviluppo e la definitiva affermazione di una nuova forma di comunicazione, spettacolo e arte: il cinema. Dalle prime pellicole di fine Ottocento lo sviluppo tecnico del mezzo e la maturazione artistica di autori, registi e attori hanno permesso la realizzazione di opere in grado di raccontare, documentare ed emozionare allo stesso tempo.
CINEMA E GUERRA La cinepresa è lo strumento migliore per documentare un evento, sia esso di piccola o grande portata. Durante la I Guerra Mondiale vennero filmati, a fine documentaristico, alcuni combattimenti. La macchina da presa venne Successivamente utilizzata come strumento di propaganda per convincere il popolo a sostenere i conflitti in corso. Anche il cinema di finzione comincia a occuparsi delle tematiche belliche: battaglie spettacolari, esplosioni,effetti speciali. Tuttavia il tema della guerra viene trattato in maniera banale, militarista e propagandistica: un esercito di eroi buoni affronta un esercito di cattivi e, quasi sempre, vincono i primi. La guerra è l’unica soluzione.
ORIZZONTI DI GLORIA Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick, segnò la svolta. Ambientato durante la I Guerra Mondiale, racconta la storia di un generale francese che condanna a morte tre suoi soldati dopo il fallimento di una missione. In Francia venne censurato fino al 1975. E’ il più bel film antimilitarista della storia del cinema, che descrive impietosamente l’ottusità e il sadismo di chi detiene il potere e l’impossibilità di reagire dei soldati di fronte alla tragedia.
LA GRANDE GUERRA Questo film di Mario Monicelli del 1959 racconta le vicissitudini di due soldati (Gassman e Sordi) scansafatiche e codardi che cercano di scansare in ogni modo i pericoli della guerra. Alla fine, però, moriranno da eroi. Questo film rifiuta i miti militari e patriottici dell’epoca dissacrando (attraverso i moduli della commedia all’italiana) un tema tabù: gli inutili massacri della “sporca guerra”. Leone d’oro a Venezia, nonostante un finale eccessivamente consolatorio.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE Durante il conflitto, Hollywood sforna una lunga serie di film manicheisti e militaristi, che raccontano in maniera banale e asettica lo scontro tra i “buoni” americani e i “cattivi” nazisti. In futuro, una nuova generazione di registi statunitensi (la “New Hollywood”) riprenderà il tema per analizzarlo più profondamente.
IL GIORNO PIU’ LUNGO Di Ken Annakin, Andrew Marton, Bernhard Wicki (1962). E’ la storia del D-Day (6 giugno 1944), il giorno dello sbarco in Normandia, raccontata con toni fortemente propagandistici. Fu realizzato con grande dispiegamento di uomini e mezzi (Oscar per gli effetti speciali), ma il valore artistico è quasi nullo: il tutto si riduce a una parata di star supereroiche e superpatriottiche (su tutti John Wayne…).
SALVATE IL SOLDATO RYAN Di Steven Spielberg (1998). Anche questo film comincia con lo sbarco a Omaha Beach, raccontato con una mezz’ora di immagini diventate memorabili per il loro impatto spettacolare e la violenza senza eufemismi. La macchina da presa non è estranea, ma partecipa attivamente alla battaglia. Spielberg racconta la verità della Storia (comprese le crudeltà degli americani) ma giustifica un conflitto che egli ritiene sia stato necessario e improrogabile.
LA SOTTILE LINEA ROSSA Di Terence Malick (1998). Uscito contemporaneamente al film di Spielberg è anch’esso ambientato durante il secondo conflitto mondiale (a Guadalcanal nel 1942) ma tratta il tema in maniera completamente differente. La prospettiva non è più realistica: la guerra diventa lo sfondo della profonda riflessione interiore di un gruppo di uomini che tenta di capire la morte, la vita e la natura. Il linguaggio delle immagini è costituito da metafore e allusioni. La definizione di war-movie risulta per questo film terribilmente riduttiva.
ROMA CITTA’ APERTA Di Roberto Rossellini (1945). Una popolana,un ingegnere comunista e un prete vengono uccisi nella Roma occupata dai nazisti. Il film è stato realizzato subito dopo la liberazione della capitale in condizioni precarie: il capolavoro del neorealismo. E’ commovente ancora oggi con il suo stile semplice e diretto e la sua volontà di mettere lo spettatore dinanzi alla realtà così com’è. Indimenticabili interpretazioni della Magnani e di Fabrizi.
IL DOTTOR STRANAMORE In questo film del 1964 Stanley Kubrick immagina una crisi missilistica fra USA e URSS e le assurde conseguenze che si verificano nelle stanze del potere dei due paesi. Capolavoro di fantapolitica realizzato in piena guerra fredda; è una sarcastica accusa alla guerra atomica. E’ passata alla storia la sequenza della telefonata tra il presidente americano e quello russo. Superba tripla interpretazione di Peter Sellers.
IL VIETNAM IL Vietnam fu una delle cause più immediate della nascita del movimento sessantottino. Divenne l’incubo di un’intera nazione, che lì aveva compromesso irrimediabilmente un’intera generazione di ragazzi (fisicamente ma anche psicologicamente) e anche una parte della propria identità. Il mondo del cinema non rimase insensibile, soprattutto gli autori della “New Hollywood”. Il tema del Vietnam venne esplorato non solo storicamente e politicamente, ma anche sul piano delle conseguenze morali e mentali subite dai combattenti.
APOCALYPSE NOW Di Francio Ford Coppola (1979). Il capitano Willard risale un fiume per raggiungere la Cambogia e “porre fine al comando” del colonnello Kurtz, un disertore. Coppola si ispira a Cuore di tenebra di Conrad per realizzare un’odissea tra i vari aspetti della follia umana (droga, violenza, sesso, odio, terrore). Rappresenta l’alienazione e lo smarrimento di un singolo uomo davanti all’immensa atrocità della guerra. Marlon Brando è Kurtz, l’ex ufficiale che crea un proprio regno nella giungla credendosi Dio.
IL CACCIATORE Di Michael Cimino (1978). Tre amici americani di origine slava lasciano la Pennsylvania per andare a combattere in Vietnam, dove vengono catturati dai vietcong. Riescono a fuggire: Michael tornerà alla vita, Steven perderà le gambe e Nick rimarrà a Saigon come “professionista” della roulette russa. Cimino non racconta la guerra, ma ciò che c’è prima e quello che accade dopo, utilizzando delle figure allegoriche. L’ultimo duello di Nick rappresenta una sfida a sé stesso, alla propria parte malata e a quella di un’intera nazione.
FULL METAL JACKET Di Stanley Kubrick (1987). Diciassette reclute seguono il corso di addestramento del sergente Hartman a Parris Island. Un soldato si suicida, gli altri raggiungono il Vietnam dove conoscono la guerra e imparano a “vincere la paura”. La regia di Kubrick, col suo stile freddo e oggettivo fatto di rapide carrellate orizzontali meccanicamente alternate con rigidi primi piani, si adatta alla perfezione alla ossessiva meticolosità e allo spietato ritmo della vita militare. La parte che racconta l’addestramento è più realistica di ciò che si possa pensare.
KUBRICK E LA GUERRA Kubrick ha spesso raccontato la guerra e la violenza nei suoi film. Ha studiato il tema della guerra nel modo più obiettivo possibile, spesso utilizzando lo strumento della psicanalisi. La guerra è un’attività ragionata (il Vietnam della mente), e come tale si può studiare con metodi freudiani. Ricordiamo così l’iconologia fallica dei missili e degli aerei e “l’ansia da prestazione” del generale Ripper in “Il Dottor Stranamore”. In “FMJ” si possono invece citare il linguaggio osceno, il soldato “Palla di lardo” costretto a succhiarsi il pollice e i soldati che dormono col loro fucile come se fosse una ragazza.
CONCLUSIONE In questa ricerca sono state citate solo alcune pellicole che abbiamo ritenuto imperdibili, ma ci sono decine e decine di war movies meritevoli e interessanti. Sono infatti infinite le chiavi di lettura e rappresentazione di un argomento così complesso e, purtroppo, così attuale. La funzione del cinema,dell’arte e della cultura in generale deve essere quello di proporre un punto di vista nuovo e originale su un problema: crediamo che le opere da noi scelte svolgano al meglio questa funzione.
FINE