LegalMente VI Edizione - Palermo, 6-8 ottobre 2015 La Responsabilità dell’operatore di salute mentale Novità dal mondo giudiziario Roberto Catanesi Ordinario di Psicopatologia Forense Università degli Studi di Bari
Responsabilità medica e trattamento Nel praticare la professione medica il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato, utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità. Fermo restando il valore di tali regole o protocolli come indicazioni generali riferibili ad un caso astratto, permane comunque per il medico la necessità di valutare specificamente il caso affidato al suo giudizio, di rilevarne ogni particolarità, di adottare le decisioni più opportune, anche discostandosi da quelle regole. La piena autonomia del sanitario nella scelta dei più opportuni presidi diagnostici e terapeutici è, peraltro, prevista nello stesso codice deontologico sanitario. Cass. Pen. Sez. IV, 23.11.10/2.3.11 – n. 8254
Responsabilità e linee-guida il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico. Cass. Pen. Sez. IV, 23.11.10/2.3.11 – n. 8254
Linee guida e responsabilità professionale Decreto Balduzzi – DL 13.9.12, n. 158 – l. 8.11.12 n.189 Articolo 3. Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo. Art. 2043 cc Risarcimento per fatto illecito.Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Linee guida e responsabilità medica Primi pronunciamenti della Cass Linee guida e responsabilità medica Primi pronunciamenti della Cass. Pen. dopo il Decreto Balduzzi(Sez.IV. 11 marzo 2013) …. può trovare applicazione il novum normativo di cui all'art. 3 della legge n. 189 del 2012, che limita la responsabilità In caso di colpa lieve. La citata disposizione obbliga, infatti, a distinguere fra colpa lieve e colpa grave, solo limitatamente ai casi nei quali si faccia questione di essersi attenuti a linee guida e solo limitatamente a questi casi viene forzata la nota chiusura della giurisprudenza che non distingue fra colpa lieve e grave nell'accertamento della colpa penale. Tale norma non può, invece, involgere ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza, perché, come sopra sottolineato, le linee guida contengono solo regole di perizia. Solo nel caso di linee guida conformi alle regole della migliore scienza medica sarà poi possibile utilizzarle come parametro per l'accertamento dei profili di colpa ravvisabili nella condotta del medico ed attraverso le indicazioni dalle stesse fornite sarà possibile per il giudicante - anche, se necessario, attraverso l'ausilio di consulenze rivolte a verificare eventuali particolarità specifiche del caso concreto, che avrebbero potuto imporre o consigliare un percorso diagnostico-terapeutico alternatlvo- individuare eventuali condotte censurabili. Sez.IV. 11 marzo 2013
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV. - 9 aprile 2013 - 16273 Le linee guida costituiscono regole codificate di sapere scientifico e tecnologico, rese disponibili in forma condensata in modo da costituire una guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche; esse non danno, peraltro, luogo a norme propriamente cautelari e la loro violazione non configura, quindi, ipotesi di colpa specifica.
Accertamenti diagnostici e trattamenti terapeutici Art. 13 CDM (2014) Art. 13: Prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione La prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico, impegna la sua autonomia e responsabilità e deve far seguito a una diagnosi circostanziata o a un fondato sospetto diagnostico. La prescrizione deve fondarsi sulle evidenze scientifiche disponibili, sull'uso ottimale delle risorse e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza. Il medico tiene conto delle linee guida diagnostico-terapeutiche accreditate da fonti autorevoli e indipendenti quali raccomandazioni e ne valuta l'applicabilità al caso specifico. L'adozione di protocolli diagnostico-terapeutici o di percorsi clinico-assistenziali impegna la diretta responsabilità del medico nella verifica della tollerabilità e dell'efficacia sui soggetti coinvolti.
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez.IV. 9 aprile 2013 - 16273 L’articolo 3 della legge n. 189 del 2012 stabilisce che le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l'esercente le professioni sanitarie, e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti.
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez.IV. 9 aprile 2013 - 16273 Il giudice… dovrà prestare particolare attenzione all'accreditamento scientifico delle regole di comportamento che hanno guidato l'azione del terapeuta. Diverse sono le ragioni per le quali le direttive di cui si discute non sono in grado di offrire standard legali precostituti non divengono, cioè, regole cautelari secondo il classico modello della colpa specifica: da un lato la varietà ed il diverso grado di qualificazione delle linee guida; dall'altro, soprattutto, la loro natura di strumenti di Indirizzo ed orientamento, privi della prescrittività propria di una regola cautelare, per quanto elastica. La generica definizione sopra proposta delle linee guida non rende conto del multiforme, eterogeneo universo che dà corpo alla categoria: diverse fonti, diverso grado di affidabilità, diverse finalità specifiche, metodologie variegate, vario grado di tempestivo adeguamento al divenire del sapere scientifico. Alcuni documenti provengono da Società scientifiche, altri da gruppi di esperti, altri ancora da Organismi ed istituzioni pubblici, da organizzazioni sanitarie di vario genere.
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez.IV. 9 aprile 2013 - 16273 La diversità del soggetti e delle metodiche Influenza anche l’impostazione delle direttive: alcune hanno un approccio più speculativo, altre sono maggiormente orientate a ricercare un punto di equilibrio tra efficienza e sostenibilità; altre ancora sono espressione di diverse scuole di pensiero che si confrontano e propongono strategie diagnostiche e terapeutiche differenti. Tale responsabile, qualificato approccio alla difficile professione giustifica, nella valutazione del legislatore, l'attribuzione di rilievo penale alle sole condotte connotate da colpa non lieve. Naturalmente, quelle stesse accreditate direttive costituiranno, al contempo, la guida per il giudizio sulla colpa
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez.IV. 9 aprile 2013 - 16273 Il professionista che inquadri correttamente il caso nelle sue linee generali con riguardo ad una patologia e che, tuttavia, non persegua correttamente l'adeguamento delle direttive allo specifico contesto, o non scorga la necessità di disattendere del tutto le istruzioni usuali per perseguire una diversa strategia che governi efficacemente i rischi connessi al quadro d’insieme, sarà censurabile, in ambito penale, solo quando l'acritica applicazione della strategia ordinaria riveli un errore non lieve.
Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez. IV Linee guida e responsabilità medica Cass. Pen. Sez.IV. 9 aprile 2013 - 16273 L’art. 3 della legge n. 189 del 2012 ha determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose (articoli 589 e 590 del Cp) commesse dagli esercenti le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si siano attenuti a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; relativamente a tali fattispecie, la regola d'imputazione soggettiva è ora quella della sola colpa grave, mentre la colpa lieve è divenuta penalmente irrilevante.
Colpa lieve e colpa grave Aspetto soggettivo e di massima discrezionalità Il giudice deve procedere alla ponderazione comparativa di tali fattori, secondo un criterio di equivalenza o prevalenza 1) la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si doveva attenere; 2) quanto fosse prevedibile in concreto l’evento la realizzazione dell'evento, quanto fosse in concreto evitabile; 3) la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell'agente (es: l'inosservanza di un norma terapeutica ha un maggiore disvalore per un insigne specialista che per comune medico generico; 4) motivazione della condotta (es: un trattamento terapeutico sbrigativo e non appropriato è meno grave se compiuto per una ragione d'urgenza).
Colpa lieve e colpa grave l'entità della violazione delle prescrizioni va rapportata proprio agIi standard di perizia richiesti dalle linee guida, dalle virtuose pratiche mediche o, in mancanza, da corroborate Informazioni scientifiche di base. Quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa; …si potrà ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all'agire appropriato definito dalle standardizzate regole d'azione. .. la colpa assumi connotati di grave entità solo quando l'erronea conformazione dell'approccio terapeutico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia, al suo sviluppo, alle condizioni del paziente. potrà parlarsi di colpa grave solo quando i riconoscibili fattori che suggerivano l'abbandono delle prassi accreditate assumano rimarchevole, chiaro rilievo e non lascino residuare un dubbio plausibile sulla necessità di un intervento difforme e personalizzato rispetto alla peculiare condizione del paziente.
Grandi novità in ambito civile
Breve cronistoria della responsabilità medica in ambito civile
La responsabilità del medico in ambito civile Il rapporto che lega la struttura sanitaria (pubblica o privata) al paziente ha fonte in un contratto obbligatorio atipico (cd contratto di “assistenza sanitaria”) che si perfeziona … con la sola accettazione del malato presso la struttura (Cass. 13/4/2007 n. 8826) - e che ha ad oggetto l’obbligo della struttura di adempiere sia prestazioni principali di carattere sanitario sia prestazioni accessorie (fra cui prestare assistenza al malato, fornire vitto e alloggio in caso di ricovero ecc.). La responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria, per l’inadempimento e/o per l’inesatto adempimento delle prestazioni dovute in base al contratto di assistenza sanitaria, va inquadrata nella responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c. e nessun rilievo a tal fine assume il fatto che la struttura (sia essa un ente pubblico o un soggetto di diritto privato) per adempiere le sue prestazioni si avvalga dell’opera di suoi dipendenti o di suoi collaboratori esterni… e che la condotta dannosa sia materialmente tenuta da uno di questi soggetti. Infatti, a norma dell’art. 1228 c.c., il debitore che per adempiere si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. Art. 1218. Responsabilità del debitore. Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
La responsabilità del medico in ambito civile “in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria (…), ai fini del riparto dell'onere probatorio il paziente danneggiato deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contratto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante” (Cass. Sez. Un. 11/1/2008 n. 577). In merito alla responsabilità del medico dipendente e/o collaboratore della struttura sanitaria … a partire dal 1999 la giurisprudenza pressoché unanime ha ritenuto che anch’essa andasse inquadrata nella responsabilità ex art. 1218 c.c. in base alla nota teoria del “contatto sociale” (Cass. 22/1/1999 n. 589).
La responsabilità del medico in ambito civile Si ritiene sufficiente, ai fini civilistici, la prova della “incidenza causale minima”, essendo sufficiente la prova che se fosse stata adottato altra condotta, più corretta, la sequenza causale sarebbe stata diversa e il danno non si sarebbe verificato.[Chindemi D., 2004] presunzione giurisprudenziale” iuris tantum” di colpevolezza a carico dell’operatore sanitario. L’attuale regime probatorio sposta sul medico l’onere della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, dovendo anche fornire la prova della causa specifica che lo ha determinato.[Iudica, 2001 ]
La responsabilità del medico in ambito civile La Suprema Corte differenzia la causalità civile da quella penale, nel senso che nella prima vige il principio del ‘più probabile che non’, mentre nel processo penale opera la regola della prova ‘oltre il ragionevole dubbio’ (all-or-nothing’, secondo la classica dizione anglosassone)…
Trib. Milano, sez. I civ., sentenza 17 luglio 2014 Ferma la responsabilità (distinta ed autonoma) ex art. 1218 c.c. della struttura sanitaria, qualora il danneggiato intenda agire in giudizio (anche o soltanto) contro il medico, occorre infatti necessariamente distinguere l’ipotesi in cui il paziente ha concluso un contratto con il professionista da quella in cui tali parti non hanno concluso nessun contratto
Trib. Milano, sez. I civ., sentenza 17 luglio 2014 Al di fuori dei casi in cui il paziente sia legato al professionista da un rapporto contrattuale, il criterio attributivo della responsabilità civile al medico (e agli altri esercenti una professione sanitaria) va individuato in quello della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c., con tutto ciò che ne consegue sia in tema di riparto dell’onere della prova, sia di termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno. Ricondurre in tali casi la responsabilità del medico nell’alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. dovrebbe altresì favorire la cd alleanza terapeutica fra medico e paziente, senza che (più o meno inconsciamente) venga inquinata da un sottinteso e strisciante “obbligo di risultato” al quale il medico non è normativamente tenuto (ma che, di fatto, la responsabilità ex art. 1218 c.c. da “contatto sociale” finisce a volte per attribuirgli, ponendo a suo carico l’obbligazione di risarcire il danno qualora non sia in grado di provare di avere ben adempiuto e che il danno derivi da una causa a lui non imputabile) e che è spesso alla base di scelte terapeutiche “difensive”, pregiudizievoli per la collettività e talvolta anche per le stesse possibilità di guarigione del malato.
Trib. Milano, sez. I civ., sentenza 17 luglio 2014 Peraltro, si è segnalato che il superamento della teoria del “contratto sociale” (e della relativa disciplina giuridica che ne consegue in termini di responsabilità risarcitoria) in relazione al medico inserito in una struttura sanitaria e che non ha concluso nessun contratto con il paziente, non sembra comportare un’apprezzabile compressione delle possibilità per il danneggiato di ottenere il risarcimento dei danni derivati dalla lesione di un diritto fondamentale della persona (qual è quello alla salute): in considerazione sia del diverso regime giuridico (art. 1218 c.c.) applicabile alla responsabilità della struttura presso cui il medico opera, sia della prevedibile maggiore solvibilità della stessa, il danneggiato sarà infatti ragionevolmente portato a rivolgere in primo luogo la pretesa risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria.
Trib. Milano, sez. I civ., sentenza 17 luglio 2014 l’art. 3 comma 1 della legge Balduzzi non incide né sul regime di responsabilità civile della struttura sanitaria (pubblica o privata) né su quello del medico che ha concluso con il paziente un contratto d’opera professionale (anche se nell’ambito della cd attività libero professionale svolta dal medico dipendente pubblico): in tali casi sia la responsabilità della struttura sanitaria (contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria) sia la responsabilità del medico (contratto d’opera professionale) derivano da inadempimento e sono disciplinate dall’art. 1218 c.c., ed è indifferente che il creditore/danneggiato agisca per ottenere il risarcimento del danno nei confronti della sola struttura, del solo medico o di entrambi;
Sintesi delle novità la responsabilità del medico.. per condotte che non costituiscono inadempimento di un contratto d’opera (diverso dal contratto concluso con la struttura) è ricondotta dal legislatore del 2012 alla responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. e che, dunque, l’obbligazione risarcitoria del medico possa scaturire solo in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano (che il danneggiato ha l’onere di provare); in ogni caso l’alleggerimento della responsabilità (anche) civile del medico “ospedaliero”, che deriva dall’applicazione del criterio di imputazione della responsabilità risarcitoria indicato dalla legge Balduzzi (art. 2043 c.c.), non ha alcuna incidenza sulla distinta responsabilità della struttura sanitaria pubblica o privata (sia essa parte del S.S.N. o una impresa privata non convenzionata), che è comunque di tipo “contrattuale” ex art. 1218 c.c…
Sintesi delle novità Se il paziente/danneggiato agisce in giudizio nei confronti del solo medico con il quale è venuto in “contatto” presso una struttura sanitaria, senza allegare la conclusione di un contratto con il convenuto, la responsabilità risarcitoria del medico va affermata soltanto in presenza degli elementi costitutivi dell’illecito ex art. 2043 c.c. che l’attore ha l’onere di provare; • se oltre al medico è convenuta dall’attore anche la struttura sanitaria presso la quale l’autore materiale del fatto illecito ha operato, la disciplina delle responsabilità andrà distinta (quella ex art. 2043 c.c. per il medico e quella ex art. 1218 c.c. per la struttura), con conseguente diverso atteggiarsi dell’onere probatorio e diverso termine di prescrizione del diritto al risarcimento;).
Danno da perdita di chances Cassazione civile , sez. III, sentenza 23 Danno da perdita di chances Cassazione civile , sez. III, sentenza 23.05.2014 n° 11522 l'omessa diagnosi di un processo morboso terminale, sul quale sia possibile intervenire soltanto con un intervento cosiddetto palliativo, non idoneo a guarire ma quanto meno ad alleviare le sofferenze, può determinare un danno al paziente che nelle more non può fruire nemmeno delle cure palliative e deve sopportare le conseguenze del processo morboso. il ritardo può significativamente compromettere la “qualità di vita” a cui avrebbe avuto diritto il paziente nelle more della diagnosi correttamente eseguita, condannandolo ad un periodo in cui non ha avuto nemmeno la possibilità di somministrazione di farmaci ed interventi palliativi. Infatti, la giurisprudenza afferma che anche a fronte di un processo morboso ineluttabile, di fronte a cui la medicina nulla può, se non alleviare le sofferenze, la diagnosi non tempestiva cagiona comunque al paziente un danno alla propria persona fisica, per il semplice fatto di aver dovuto sopportare per intero le gravissime conseguenze dell’intero processo morboso, con le conseguenti sofferenze, che avrebbero potuto essere quanto meno alleviate.
Danno da perdita di chances Cassazione civile , sez. III, sentenza 23 Danno da perdita di chances Cassazione civile , sez. III, sentenza 23.05.2014 n° 11522 …la chance, intesa quale concreta ed effettiva occasione favorevole di poter conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di un’autonoma valutazione. La perdita della possibilità stessa di conseguire un risultato favorevole determina di per sé un danno risarcibile. La Cassazione ritiene risarcibile non solo la perdita della possibilità di guarire (che forse in questo caso non c'era nemmeno), ma la perdita della possibilità di condurre una vita migliore. Un danno così configurato potrebbe richiamare il peggioramento della qualità della vita che costituisce, a tutti gli effetti, un danno alla salute.
Colpa medica e perdita di chance: un nuovo orientamento Al fine di una corretta qualificazione del danno da perdita di chance si può configurare come lucro cessante il danno futuro derivante dalla definitiva perdita, a causa del comportamento altrui, del bene ultimo avuto di mira e come danno emergente la chance in senso stretto, cioè la lesione della possibilità di raggiungere il risultato sperato. La chance può essere definita come occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo dell’incremento di un’utilità o della sua mancata diminuzione, e ovviamente va distinta dalla mera aspettativa di fatto (Cass. n. 4440/2004, Cass. n. 3999/2003, Cass. n. 2667/1993). Viene così risarcita la perdita della mera opportunità, possibilità ed anche solo speranza, di conseguire un’utilità, con la conseguenza che la probabilità di verificazione dell’utilità incide solo sul quantum risarcitorio, non sull’an. La qualificazione della chance come danno emergente comporta la divaricazione dal nesso causale: la prova della chance non attiene più al nesso eziologico tra condotta ed evento, ma riguarda la consistenza percentuale di un bene già presente nel patrimonio del soggetto Tribunale Reggio Emilia, sez. II civile, sentenza 23.02.2014 n° 338
Colpa medica e perdita di chance: un nuovo orientamento Vi sono “due dimensioni di analisi del rapporto causale rilevanti ai fini civilistici: la causalità civile ordinaria, attestata sul versante del ‘più probabile che non’, che ha per oggetto il danno per la perdita del bene leso; la causalità da perdita di chance, attestata sul versante della mera possibilità di conseguimento di un diverso risultato, da intendersi come sacrificio della possibilità di conseguirlo” Peraltro, “la perdita di chance è risarcibile indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione. L’idoneità della chance… è rilevante soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che nel primo caso il valore della chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la sua perdita, che, del resto, in presenza di una possibilità potrà anche essere escluso, all’esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla” (Cass. n. 23846/2008, est. Frasca; negli stessi termini, Cass. n. 12961/2011, est. Segreto).
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto, C. 2155 Formisano e C. 2988 D’Incecco. ART. 6 (Colpa sanitaria e profili penali). L’esercente la professione medica o sanitaria che in presenza di esigenze preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, avendo eseguito o omesso un trattamento, cagioni la morte o una lesione personale del paziente è punibile solo in caso di colpa grave o dolo. Ai sensi del presente articolo, la colpa sussiste quando l’azione o l’omissione dell’esercente la professione medica o sanitaria, inosservante delle buone pratiche e delle regole dell’arte, crei un rischio irragionevole e inescusabile per la salute del paziente, concretizzatosi nell’evento.
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto, C. 2155 Formisano e C. 2988 D’Incecco. ART. 7 (Responsabilità civile). 1. La responsabilità civile per danni a persone derivanti da comportamenti sanitari colposi, verificatisi in una struttura sanitaria pubblica o privata, è a carico della struttura stessa, include ogni tipo di prestazione sanitaria eseguita all’interno della struttura stessa, comprese quelle libero professionali, ed è di natura contrattuale, disciplinata dall’articolo 1218 del codice civile. 2. La responsabilità civile dell’esercente la professione sanitaria è di natura extracontrattuale ed è pertanto disciplinata dall’articolo 2043 del codice civile.
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto, C. 2155 Formisano e C. 2988 D’Incecco. ART. 7 (Responsabilità civile). 4. La struttura sanitaria può esercitare azione integrale di rivalsa nei confronti dei propri prestatori d’opera, dipendenti e non, soltanto quando il fatto sia stato commesso con dolo. 5. In caso di danno derivante da colpa diretta del sanitario, accertato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile con sentenza passata in giudicato, la struttura sanitaria esercita azione di rivalsa nei confronti del proprio dipendente nella misura massima di un quinto della retribuzione, per un periodo di tempo non superiore a cinque anni.
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto, C. 2155 Formisano e C. 2988 D’Incecco. ART. 10 (Nomina dei CTU, dei CTP e dei periti). 1. In tutte le cause civili e i procedimenti penali aventi come oggetto la responsabilità professionale sanitaria, i consulenti tecnici d’ufficio, i consulenti tecnici e i periti sono scelti in apposito albo istituito presso ciascun tribunale. 2. Ciascun consulente tecnico o perito di cui al comma 1 è iscritto nell’albo esclusivamente per la disciplina di cui è specialista. 3. Nelle cause civili e nei procedimenti penali aventi come oggetto la responsabilità professionale sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’attività di consulenza e peritale ad un collegio, presieduto da un medico legale.
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto, C. 2155 Formisano e C. 2988 D’Incecco. ART. 10 (Nomina dei CTU, dei CTP e dei periti). 4. Previa autorizzazione motivata del presidente del tribunale o della corte d’appello, nelle cause civili e nei procedimenti penali aventi come oggetto la responsabilità professionale sanitaria possono essere scelti come consulenti tecnici d’ufficio, consulenti tecnici o periti soggetti iscritti nell’albo istituito presso altro tribunale o anche soggetti diversi, qualora il caso richieda competenze di speciale natura. 5. Le parti scelgono i propri consulenti tecnici o periti tra i soggetti iscritti nell’albo presso il tribunale, in relazione alla materia di competenza. Tali consulenti e periti sono tenuti all’osservanza delle norme che disciplinano l’attività, i compiti e la responsabilità dei consulenti tecnici d’ufficio, dei consulenti tecnici e dei periti nominati dall’autorità giudiziaria.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZ SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZ. IV PENALE Sentenza 8 maggio - 6 agosto 2015, n. 34296 Non può dubitarsi, infatti, che, in tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale - imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, o, in ipotesi di condotta commissiva, l'assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l'evento (cd. giudizio predittivo) - richiede preliminarmente l'accertamento di ciò che è effettivamente accaduto (cd. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta…. La configurabilità di una colpa dell'imputato in relazione all'evento e, per converso, la rimproverabilità dell'evento all'imputato a titolo di colpa… presuppone, come noto.. (un giudizio) sulla prevedibilità ed evitabilità ex ante dell'evento. Occorre in altre parole che quest'ultimo sia ricompreso tra le conseguenze dannose che la regola cautelare omessa (sia essa generica: diligenza, prudenza, perizia) sia essa specifica (ossia dettata da specifiche norme) mirava a prevenire (cd. concretizzazione del rischio).
CASSAZIONE PENALE - SEZ. IV Sentenza 8 maggio - 6 agosto 2015, n. 34296 6.1. Non appare anzitutto corretta l'affermazione secondo cui è sufficiente che l'imputato potesse rappresentarsi la potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche l'evento dannoso così come determinatosi. E' ben vero infatti che, in tema di colpa, la necessaria prevedibilità dell'evento non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni; è anche vero però che essa, onde non pervenire a eccessive generalizzazioni dell'evento prevedibile che finirebbero con lo svuotare il significato e il ruolo selettivo di tale requisito, deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo, tenendo fermo che, come è stato detto, "il giudizio di prevedibilità altro non è che il giudizio circa la possibilità di previsione di eventi simili e, dunque, di eventi che hanno in comune con il risultato concreto prodottosi determinate caratteristiche" (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014).
Per un diritto gentile in medicina Paolo Zatti, 2012 L’esperienza di decenni dimostra che la questione del consenso nella relazione di cura avvizzisce e si deforma se è trattata come una questione autosufficiente legata al solo modello dell'atto giuridico e dei suoi requisiti. Trattare il consenso in modo adeguato e degno significa anzitutto incastonarlo con chiarezza in una struttura di diritti e doveri molteplici e reciproci diretti a promuovere e garantire una relazione buona ed efficace tra medico e paziente; in questa struttura le portanti sono la persona del malato in tutte le sue espressioni e prerogative – dai fondamenti ultimi dell’habeas corpus e della dignità, ai diritti fondamentali di integrità, identità morale, personalità, autodeterminazione – e la persona del medico nel suo ruolo professionale con i caratteri di responsabilità, competenza, integrità professionale Non esiste questione giuridica che possa essere risolta efficacemente senza tenere conto delle verità del rapporto, sul piano psicologico, culturale, tecnico, organizzativo, che vanno tenute in considerazione e indirizzate.
Per usare una espressione di G Per usare una espressione di G. Bateson, occorre creare le condizioni perché la relazione di cura divenga capace di apprendimento riguardo ai valori che si affermano nelle norme. E per far questo occorre uscire dall’astrazione che si limita alla applicazione al rapporto di cura di categorie costruite sul modello del contratto. Una delle condizioni perché questo apprendimento possa innestarsi è garantire al medico una giusta certezza su quanto gli si chiede, su quanto può e quanto deve fare soprattutto nelle situazioni critiche. Giusta certezza non significa esonerare il medico dal problema della valutazione e della responsabilità, ma significa metterlo al riparo dalla incertezza delle conseguenze del suo decidere. Occorre quindi disciplinare senza ombre, anche per quanto attiene a riflessi penali, la questione dell'urgenza e in modo specifico il problema della interruzione delle cure. Sia la questione del consenso, sia quelle del rischio e della responsabilità medica, vanno trattate nel tessuto organizzativo in cui si svolge la relazione di cura, attribuendo loro la stessa rilevanza che si attribuisce al problema terapeutico e assistenziale in senso tecnico. La consensualità non è un attributo accessorio, ma una modalità del curare che va perseguita quanto gli obiettivi benefici della terapia. Un diritto gentile, Paolo Zatti, 2012 Premessa al Disegno di legge “Sulla relazione alla cura”