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HIV e HCV nel contesto carcerario: dallo studio all’azione

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Presentazione sul tema: "HIV e HCV nel contesto carcerario: dallo studio all’azione"— Transcript della presentazione:

1 HIV e HCV nel contesto carcerario: dallo studio all’azione
Firenze, ICAR 2011, 27 marzo 2011 Ralf Jürgens, Canada

2 Ringraziamenti Annette Verster e Andrew Ball (OMS) Revisori
UNODC, UNAIDS Un sentito ringraziamento a Ralf Jurgens che ha curato questa operazione e ha stilato i documenti chiave su cui si basa questa presentazione, e a tutti gli esperti e i colleghi che hanno offerto le loro testimonianze e hanno contribuito alla revisione. Gli “Evidence for Action papers” sono documenti di revisione delle evidenze sull'efficacia degli interventi in materia di Hiv in carcere redatti con il sostegno di UNODC e UNAIDS. I paper saranno presto disponibili sul sito OMS all’indirizzo [inserire indirizzo].

3 Premesse Tassi HIV in carcere / detenzione preventiva sono molto più alti che nella comunità esterna Anche quando i tassi HIV sono bassi, quelli dell’HCV restano alti – spesso superiori al 50% Altissimi tassi di coinfezione (coinfezione con HCV riscontrata in oltre il 90% dei detenuti sieropositivi di Genova) Fonti: OMS, UNODC, UNAIDS, 2007; Jürgens, Ball, Verster, 2009; Pontali , Ferrari, 2008; Dolan et al., 2007, Macalino et al., 2004, Dolan & Wodak, 1999; MacDonald, 2005; Bobrik et al., 2005; Taylor et al., 1995 I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto.

4 Prevalenza HIV in paesi selezionati
0,3-1,6% 3,2-20% Brasile 0,8-4,3% 16-32% (5 regioni) Ucraina 0,1-0,2% 4-22% Indonesia 0,3-0,9% 28,4% Vietnam 0,7-1,8% Fino al 4% Federazione russa 0,4-1,0% Fino al 14% Spagna 0,3% 7% Italia 1,9% USA 0,2-0,5% 1-12% Canada Prevalenza stimata HIV in pop. adulta Prevalenza HIV in carcere Paese I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto.

5 Comportamenti a rischio
Molto diffusi nel contesto carcerario Sesso consensuale e non consensuale Consumo di droghe per via iniettiva Tatuaggi Scambio di rasoi e spazzolini da denti I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto.

6 Attività sessuale Difficile ottenere dati attendibili
Problemi metodologici ed etici I regolamenti carcerari vietano l’attività sessuale Vergogna e omofobia: i detenuti si rifiutano di partecipare agli studi Ammettere di essere stati stuprati è una violazione del codice di comportamento dei detenuti Tuttavia, le prove sono inconfutabili: nelle carceri si fa attività sessuale, consensuale e non I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto. 6

7 Attività sessuale Africa: (Nigeria, Zambia, Mozambico): 4-5,5%
Sudamerica: 10% (Brasile) Asia: 20% (Thailandia) Eurpa centro-orientale: Russia (9,7-12%; molto più elevata per i detenuti a lungo termine) Slovacchia: 19% delle donne, 5,6% degli uomini adulti, 8,3% dei giovani Slovenia: 19,3% Ungheria: 9% Armenia: 2,9% con rapporti penetrativi (36% non consenzienti) Europa occidentale, Canada, Australia: 1-12% degli uomini, fino al 37% delle donne Fonte: OMS, UNODC, UNAIDS, 2007 I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto. 7

8 Consumo di stupefacenti in carcere
Nelle carceri le droghe di fatto possono entrare, ed entrano Molti sono in carcere proprio per reati legati agli stupefacenti, e riescono a trovare il modo di drogarsi anche dentro Alcuni detenuti interrompono il consumo in carcere Altri iniziano proprio in carcere a consumare droghe (anche iniettive) Nessun paese è riuscito a risolvere il problema del consumo di stupefacenti nel contesto carcerario I tassi di infezione da HIV nella popolazione carceraria di molti paesi sono notevolmente più alti che nella popolazione generale. I tassi di sieroprevalenza dell’HCV sono ancora più elevati. Gli studi di tutto il mondo evidenziano che in molti centri di detenzione il consumo di droghe per via iniettiva è una realtà di fatto e che la maggior parte dei detenuti si scambiano le siringhe. Anche in paesi che hanno investito molto negli interventi per la riduzione di domanda e offerta di stupefacenti in carcere non si è ancora riusciti a frenare il consumo di droghe iniettive. Un’altra realtà comune alle carceri di tutto il mondo è la presenza di attività sessuale, compresi gli stupri e altre forme di sesso non consensuale. Sono state documentate vere e proprie epidemie di HIV nella popolazione carceraria di una serie di paesi (Scozia, Australia, Russia, Lituania, Iran), a dimostrazione di quanto sia rapida la trasmissione del virus nei contesti carcerari se non vengono prese contromisure efficaci a livello di prevenzione. Fin dai primi anni ‘90, in molti paesi sono stati introdotti programmi specifici per l’HIV in carcere. Tuttavia molti sono di modesta entità: magari sono implementati solo in pochi penitenziari, oppure non contemplano gli interventi che sarebbero più efficaci. C’è bisogno di introdurre subito programmi più articolati e ampliarli al più presto. 8

9 Consumo di droghe iniettive e scambio di siringhe in carcere
Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Scozia, Svezia I grafici illustrano i dati disponibili sulla prevalenza del consumo di droghe iniettive e degli scambi di siringhe in diversi paesi e sistemi carcerari, sulla base di diversi studi. Sebbene i dati disponibili nella maggior parte degli studi fossero relativamente limitati, si riportano percentuali che arrivano fino al 34 o addirittura il 74% della popolazione carceraria. Ancora più preoccupanti sono i dati relativi allo scambio di siringhe durante il consumo di droghe iniettive in carcere, che si collocano tra il 66 e il 94% dei consumatori.

10 Cosa potrebbe accadere – cosa si può prevenire
Nelle carceri può verificarsi una trasmissione dilagante dell’HIV, il che contribuisce notevolmente alla diffusione dell’infezione nella popolazione generale. Thailandia: la prevalenza dell’HIV tra consumatori di droghe iniettive è salito da una percentuale trascurabile a oltre il 40% tra il gennaio e il settembre 2008, alimentata dalla trasmissione nelle carceri. Sei studi tra consumatori di droghe iniettive in Thailandia hanno concluso che esiste una significativa correlazione tra carcerazione e infezione da HIV.

11 Cosa potrebbe accadere – cosa si può prevenire
Documentate epidemie di HIV nelle carceri di vari paesi, tra cui Scozia, Australia, Lituania e Russia. In Lituania, nel maggio 2002 il numero di nuove diagnosi di HIV tra detenuti in un arco di tempo di due settimane era pari a quello dei nuovi casi di HIV rilevati in tutto il paese nei due anni precedenti messi insieme. Tra il maggio e l’agosto 2002 sono stati trovati sieropositivi 284 detenuti (15% della popolazione carceraria).

12 Le condizioni di vita in carcere: un problema nel problema
Sovraffollamento Mancanza di occupazione Strutture fatiscenti Carenza di cure mediche adeguate Carenza di cibi sani e acqua pulita Abusi e corruzione Violenze di detenuti su altri detenuti

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15 Implicazioni per la salute pubblica
Salute dei detenuti = questione di salute pubblica L’intera popolazione italiana trarrebbe beneficio dal miglioramento delle condizioni di salute dei detenuti e dalla riduzione dell’incidenza delle malattie trasmissibili detenuti e loro familiari personale carcerario le famiglie fuori dal carcere 3. Le malattie trasmissibili contratte in carcere non rimangono chiuse tra le sue mura.

16 Interventi contro l’HIV in carcere
Sappiamo cosa funziona e cosa no: “Evidence for Action Papers” di OMS/UNODC/UNAIDS: Revisioni dell’efficacia degli interventi su HIV in contesti carcerari Jürgens R, Ball A, Verster A. “Interventions to reduce HIV transmission related to injecting drug use in prison”. Lancet Infect Dis 2009; 9(1): 57-66 Fin dal 1993, gli esperti internazionali e le Nazioni Unite sostengono concordi che prevenzione e trattamento di HIV e HCV in carcere sono essenziali per salute pubblica/diritti umani Data l’importanza della prevenzione e del trattamento dell’HIV in carcere, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente commissionato una revisione dell’efficacia degli interventi sull’HIV in contesti carcerari: il risultato sono una serie di paper che verranno pubblicati questo mese e che sono disponibili in CD rom allo stand dell’OMS. Si tratta di quattro documenti chiave che vagliano l’efficacia di: (1) programmi per sterilizzazione e scambio siringhe (2) distribuzione di preservativi e interventi di prevenzione di stupri, aggressioni sessuali e coercizione (3) terapie sostitutive di oppiacei e altre dipendenze, nonché interventi per ridurre la domanda e l’offerta di stupefacenti in carcere (4) Assistenza, trattamento e sostegno per l’HIV Inoltre, è stato redatto un paper completo intitolato Effectiveness of Interventions to Manage HIV/AIDS in Prison Settings (‘Efficacia degli interventi per gestire l’emergenza HIV/AIDS nei contesti carcerari) che sarà presto pubblicato sul nostro sito in formato solo elettronico. Oltre ai singoli interventi presi in esame nei paper più brevi, questo documento comprenderà anche le prove di efficacia sugli altri interventi che fanno parte di un approccio globale alla gestione di HIV/AIDS nei contesti carcerari. Questi paper contengono l’analisi più esaustiva mai condotta delle evidenze in materia di HIV/AIDS in contesti carcerari, con centinaia di riferimenti bibliografici. Essa va a integrare il lavoro svolto da UNODC, che sta per pubblicare il documento HIV/AIDS Prevention, Care, Treatment, and Support in Prison Settings: A Framework for an Effective National Response (‘Prevenzione, assistenza, trattamento e sostegno per HIV/AIDS in contesti carcerari: le basi per una risposta efficace a livello nazionale’); e dal progetto Health in Prison di OMS-Europa, che l’anno scorso ha pubblicato un documento intitolato Status Paper on Prisons, Drugs and Harm Reduction (‘Paper sulla situazione di droga e riduzione del danno in contesti carcerari’). In questa presentazione, ci si concentrerà sugli ambiti trattati dai quattro documenti chiave dei paper “Evidence for Action”.

17 Educazione e informazione
I programmi di educazione e informazione aumentano la consapevolezza (eg, Vaz, Gloyd & Trindade, 1996) Però ci sono poche prove che una maggior consapevolezza incida effettivamente sui comportamenti a rischio (Braithwaite, Hammett & Mayberry, 1996) È più efficace l’educazione tra pari (Grinstead et al, 1999) L’educazione non basta Il primo intervento esaminato è quello dell’offerta di un’educazione e un’informazione mirate, ossia quello meno controverso. Tutte le prove e le testimonianze portano alla conclusione che informare ed educare sono passi fondamentali per aumentare la consapevolezza. Tuttavia, ci sono poche prove che ci sia un’effettiva efficacia sui comportamenti a rischio nei contesti carcerari. Ha più probabilità di essere efficace la strada dell’educazione tra pari (Grinstead et al, 1999) Quindi l’educazione, seppur di importanza fondamentale, non basta!

18 Prevenzione della trasmissione sessuale
Fornire preservativi in carcere è attuabile Non rilevati problemi di sicurezza o altre conseguenze I detenuti li usano quando possono procurarseli facilmente e in modo discreto – non dovrebbero mai doverli chiedere né essere visti quando li prendono Fonti: OMS, UNODC, UNAIDS, 2007; Correctional Service Canada, 1999; Dolan, Lowe & Shearer, 2004; May e Williams, 2002; Yap et al., 2007 Interventi chiave per prevenire la trasmissione per via sessuale Gli studi disponibili e l’esperienza di diversi sistemi carcerari in varie parti del mondo dove da anni ai detenuti vengono distribuiti preservativi, senza che venissero rilevati problemi, farebbero intuire che la distribuzione di preservativi è attuabile in una vasta gamma di contesti carcerari Nessun sistema carcerario in cui è consentita la distribuzione di preservativi è tornato sui suoi passi, e nessuno ha riportato problemi di sicurezza o qualsiasi altra significativa ripercussione. In particolare, è stato rilevato che la messa a disposizione dei preservativi non intralcia la routine della vita nel carcere, non rappresenta una minaccia per la sicurezza o qualsiasi altro tipo di operazione, non porta a un aumento dell’attività sessuale ed è ben accetta da gran parte dei detenuti e degli agenti penitenziari una volta introdotta. In generale, sono stati riportati solo piccoli incidenti relativi all’uso improprio dei preservativi (gavettoni, preservativi non gettati nel cestino etc.), e nessun caso di uso di preservativi per occultare droghe. Non è ancora stato determinato se la distribuzione di preservativi in carcere prevenga le infezioni. Tuttavia, ci sono prove che i detenuti utilizzano i preservativi per evitare infezioni sessuali se sono disponibili nel carcere. Si può dunque considerare probabile che la distribuzione di preservativi di fatto prevenga le infezioni in carcere. Infine, i dati sembrano indicare che ci sono più probabilità che i detenuti utilizzino effettivamente i preservativi se possono accedervi facilmente e in modo discreto, magari potendoseli procurare in vari punti di distribuzione senza doverli richiedere e senza essere visti. Tuttavia, i dati indicano anche che anche la distribuzione di preservativi da sola non basta a contenere il rischio di trasmissione dell’HIV per via sessuale nei contesti carcerari. Le violenze, abusi sessuali compresi, sono molto diffuse in molti sistemi carcerari. Pertanto, adottare misure contro i comportamenti sessuali aggressivi come gli stupri, lo sfruttamento dei detenuti più vulnerabili e tutte le altre forme di prevaricazione tra detenuti è importante almeno quanto fornire preservativi.

19 Prevenzione della trasmissione sessuale
Servono misure contro stupri e abusi sessuali Va cambiata la cultura istituzionale che tollera la violenza sessuale in carcere Occorre intervenire su più fronti: Lavorare sulla prevenzione (educare i detenuti, proteggere la segretezza, fare interventi strutturali come migliorare l’illuminazione e mettere in sicurezza i luoghi dove i detenuti fanno la doccia e dormono) Formare il personale, indagare, perseguire i colpevoli, assistere le vittime Documentare gli episodi di violenza Va resa disponibile la profilassi post-esposizione (PEP) Interventi chiave per prevenire la trasmissione per via sessuale Gli studi disponibili e l’esperienza di diversi sistemi carcerari in varie parti del mondo dove da anni ai detenuti vengono distribuiti preservativi, senza che venissero rilevati problemi, farebbero intuire che la distribuzione di preservativi è attuabile in una vasta gamma di contesti carcerari Nessun sistema carcerario in cui è consentita la distribuzione di preservativi è tornato sui suoi passi, e nessuno ha riportato problemi di sicurezza o qualsiasi altra significativa ripercussione. In particolare, è stato rilevato che la messa a disposizione dei preservativi non intralcia la routine della vita nel carcere, non rappresenta una minaccia per la sicurezza o qualsiasi altro tipo di operazione, non porta a un aumento dell’attività sessuale ed è ben accetta da gran parte dei detenuti e degli agenti penitenziari una volta introdotta. In generale, sono stati riportati solo piccoli incidenti relativi all’uso improprio dei preservativi (gavettoni, preservativi non gettati nel cestino etc.), e nessun caso di uso di preservativi per occultare droghe. Non è ancora stato determinato se la distribuzione di preservativi in carcere prevenga le infezioni. Tuttavia, ci sono prove che i detenuti utilizzano i preservativi per evitare infezioni sessuali se sono disponibili nel carcere. Si può dunque considerare probabile che la distribuzione di preservativi di fatto prevenga le infezioni in carcere. Infine, i dati sembrano indicare che ci sono più probabilità che i detenuti utilizzino effettivamente i preservativi se possono accedervi facilmente e in modo discreto, magari potendoseli procurare in vari punti di distribuzione senza doverli richiedere e senza essere visti. Tuttavia, i dati indicano anche che anche la distribuzione di preservativi da sola non basta a contenere il rischio di trasmissione dell’HIV per via sessuale nei contesti carcerari. Le violenze, abusi sessuali compresi, sono molto diffuse in molti sistemi carcerari. Pertanto, adottare misure contro i comportamenti sessuali aggressivi come gli stupri, lo sfruttamento dei detenuti più vulnerabili e tutte le altre forme di prevaricazione tra detenuti è importante almeno quanto fornire preservativi.

20 Programmi di scambio aghi e siringhe (NSP)
Nella comunità esterna sono programmi disponibili in molti paesi, Italia inclusa Secondo gli studi, questi programmi riducono efficacemente la diffusione dell’HIV non fanno aumentare il consumo di droga Istituiti per la prima volta nelle carceri in Svizzera nel 1992 Da allora sono stati introdotti in 12 paesi in Europa orientale e occidentale e in Asia centrale Interventi chiave per prevenire la trasmissione per via sessuale Gli studi disponibili e l’esperienza di diversi sistemi carcerari in varie parti del mondo dove da anni ai detenuti vengono distribuiti preservativi, senza che venissero rilevati problemi, farebbero intuire che la distribuzione di preservativi è attuabile in una vasta gamma di contesti carcerari Nessun sistema carcerario in cui è consentita la distribuzione di preservativi è tornato sui suoi passi, e nessuno ha riportato problemi di sicurezza o qualsiasi altra significativa ripercussione. In particolare, è stato rilevato che la messa a disposizione dei preservativi non intralcia la routine della vita nel carcere, non rappresenta una minaccia per la sicurezza o qualsiasi altro tipo di operazione, non porta a un aumento dell’attività sessuale ed è ben accetta da gran parte dei detenuti e degli agenti penitenziari una volta introdotta. In generale, sono stati riportati solo piccoli incidenti relativi all’uso improprio dei preservativi (gavettoni, preservativi non gettati nel cestino etc.), e nessun caso di uso di preservativi per occultare droghe. Non è ancora stato determinato se la distribuzione di preservativi in carcere prevenga le infezioni. Tuttavia, ci sono prove che i detenuti utilizzano i preservativi per evitare infezioni sessuali se sono disponibili nel carcere. Si può dunque considerare probabile che la distribuzione di preservativi di fatto prevenga le infezioni in carcere. Infine, i dati sembrano indicare che ci sono più probabilità che i detenuti utilizzino effettivamente i preservativi se possono accedervi facilmente e in modo discreto, magari potendoseli procurare in vari punti di distribuzione senza doverli richiedere e senza essere visti. Tuttavia, i dati indicano anche che anche la distribuzione di preservativi da sola non basta a contenere il rischio di trasmissione dell’HIV per via sessuale nei contesti carcerari. Le violenze, abusi sessuali compresi, sono molto diffuse in molti sistemi carcerari. Pertanto, adottare misure contro i comportamenti sessuali aggressivi come gli stupri, lo sfruttamento dei detenuti più vulnerabili e tutte le altre forme di prevaricazione tra detenuti è importante almeno quanto fornire preservativi.

21 Implementazione degli NSP in carcere
Oggi sono disponibili in un numero sempre maggiore di paesi, in tutti i generi di istituti correzionali e sistemi carcerari: In paesi con sistemi carcerari finanziati adeguatamente (Spagna, Svizzera, Germania) e in altri fortemente sotto-finanziati (Moldavia, Iran) In carceri con sistemazione drasticamente diverse per l’alloggio dei detenuti, da celle singole a camerate In carceri di tutte le dimesioni e di ogni grado di sicurezza In carceri sia maschili che femminili Interventi chiave per prevenire la trasmissione per via sessuale Gli studi disponibili e l’esperienza di diversi sistemi carcerari in varie parti del mondo dove da anni ai detenuti vengono distribuiti preservativi, senza che venissero rilevati problemi, farebbero intuire che la distribuzione di preservativi è attuabile in una vasta gamma di contesti carcerari Nessun sistema carcerario in cui è consentita la distribuzione di preservativi è tornato sui suoi passi, e nessuno ha riportato problemi di sicurezza o qualsiasi altra significativa ripercussione. In particolare, è stato rilevato che la messa a disposizione dei preservativi non intralcia la routine della vita nel carcere, non rappresenta una minaccia per la sicurezza o qualsiasi altro tipo di operazione, non porta a un aumento dell’attività sessuale ed è ben accetta da gran parte dei detenuti e degli agenti penitenziari una volta introdotta. In generale, sono stati riportati solo piccoli incidenti relativi all’uso improprio dei preservativi (gavettoni, preservativi non gettati nel cestino etc.), e nessun caso di uso di preservativi per occultare droghe. Non è ancora stato determinato se la distribuzione di preservativi in carcere prevenga le infezioni. Tuttavia, ci sono prove che i detenuti utilizzano i preservativi per evitare infezioni sessuali se sono disponibili nel carcere. Si può dunque considerare probabile che la distribuzione di preservativi di fatto prevenga le infezioni in carcere. Infine, i dati sembrano indicare che ci sono più probabilità che i detenuti utilizzino effettivamente i preservativi se possono accedervi facilmente e in modo discreto, magari potendoseli procurare in vari punti di distribuzione senza doverli richiedere e senza essere visti. Tuttavia, i dati indicano anche che anche la distribuzione di preservativi da sola non basta a contenere il rischio di trasmissione dell’HIV per via sessuale nei contesti carcerari. Le violenze, abusi sessuali compresi, sono molto diffuse in molti sistemi carcerari. Pertanto, adottare misure contro i comportamenti sessuali aggressivi come gli stupri, lo sfruttamento dei detenuti più vulnerabili e tutte le altre forme di prevaricazione tra detenuti è importante almeno quanto fornire preservativi. 21

22 Prison Colony 18, Branesti, Moldova

23 Risultati implementazione NSP
Carcere Incidenza HIV e HCV Scambio siringhe Consumo stupefacenti Consumo per via iniettiva Am Hasenburg (GER) No aumento Basauri (ESP) No HIV Hannoversand (GER) Hindelbank (CH) Diminuzione Lehrter Strasse & Lichtenburg (GER) No HIV ma HCV Linger 1 (GER) Realta (CH) Casi singoli Vechta (GER) Vierlande (GER) Diminuzione minima Sono state effettuate valutazioni sistematiche degli effetti dell’implementazione di NSP sui comportamenti a rischio e della loro complessiva efficacia nelle carceri con almeno 10 progetti specifici in Svizzera, Germania e Spagna. I risultati indicano che gli NSP sono attuabili in una vasta gamma di contesti carcerari: istituti correzionali sia maschili che femminili, di qualsiasi ordine di sicurezza e di qualsiasi dimensione. Ci sono anche prove che i detenuti che consumano droghe per via iniettiva accettano prontamente l’offerta di aghi e siringhe sterili e Soprattutto che nel tempo essa contribuisce a ridurre notevolmente la pratica dello scambio di siringhe Il che è cruciale per frenare la diffusione dell’infezione da HIV. (Stöver & Nelles, 2003; Stark et al., 2005; Rutter et al., 2001)

24 Risultati implementazione NSP
Nessuna conseguenza negativa nessun aumento nel consumo di droghe, iniettive e non nessun episodio di aghi usati come arma Aumento segnalazioni per programmi di disintossicazione Maggiore sicurezza per il personale Al contempo, niente farebbe pensare che gli NSP nei contesti carcerari possano avere conseguenze negative gravi e involontarie. In particolare, non sembrano provocare un aumento nel consumo di droghe, iniettive e non, e gli aghi non sono mai stati usati come arma. Dalle valutazioni effettuate si evince che gli NSP nei contesti carcerari in realtà facilitano l’individuazione e la segnalazione di tossicodpendenti per programmi di disintossicazione.

25 Come avviene lo scambio di siringhe?
Possibili vari metodi per distribuire materiale per il consumo di droga per via iniettiva Consegna diretta da parte di un/una infermiere/a e/o del medico del carcere Scambio uno-a-uno da un distributore automatico Distribuzione da parte di un detenuto appropriatamente formato (distribuzione tra pari) Distribuzione da parte di una ONG esterna o un operatore sanitario che si reca appositamente nel carcere

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27 Fattori determinanti per la riuscita degli NSP
Accesso facile e confidenziale per i detenuti Accesso al tipo di materiale per il consumo di droghe iniettive desiderato dal detenuto Sostegno da parte dell’amministrazione carceraria, del personale e degli altri detenuti (nei programmi dovrebbero essere previsti interventi educativi specificamente mirati a questi gruppi) Iniziare con progetti pilota in carceri selezionate, monitorarli, valutarli, poi estenderli ad altre Dall’analisi dei dati disponibili si evince che Nei paesi dove è in atto o si rischia un’epidemia di infezioni da HIV tra i consumatori di droghe iniettive occorre introdurre programmi di scambio siringhe sterili nei contesti carcerari ed estenderli al più presto al maggior numero di carceri possibile. Più alta è la percentuale di consumatori di droghe iniettive e l’incidenza dei comportamenti a rischio correlati, più l’introduzione di tali programmi diventa urgente. Occorre che i detenuti possano avere un accesso facile e confidenziale agli NSP. Per agevolarne l’introduzione e per prevenire eventuali obiezioni contro la loro implementazione, può essere utile effettuare dei programmi pilota scrupolosamente valutati. Tuttavia, occorre che essi non rallentino l’ampliamento degli NSP, in particolare laddove c’è già una situazione di elevato consumo di droghe iniettive all’interno del carcere. Sarebbe utile espandere la ricerca sugli NSP nei contesti carcerari, in particolare nei paesi poveri al di fuori dell’Europa occidentale, dove la ricerca consentirebbe una diffusione più rapida di tali programmi.

28 Raccomandazioni per NSP in carcere
OMS,UNODC, UNAIDS raccomandano: di introdurre urgentemente gli NSP in carcere di garantire un accesso facile e confidenziale di privilegare lo scambio tra pari o la distribuzione attraverso le ONG Dall’analisi dei dati disponibili si evince che Nei paesi dove è in atto o si rischia un’epidemia di infezioni da HIV tra i consumatori di droghe iniettive occorre introdurre programmi di scambio siringhe sterili nei contesti carcerari ed estenderli al più presto al maggior numero di carceri possibile. Più alta è la percentuale di consumatori di droghe iniettive e l’incidenza dei comportamenti a rischio correlati, più l’introduzione di tali programmi diventa urgente. Occorre che i detenuti possano avere un accesso facile e confidenziale agli NSP. Per agevolarne l’introduzione e per prevenire eventuali obiezioni contro la loro implementazione, può essere utile effettuare dei programmi pilota scrupolosamente valutati. Tuttavia, occorre che essi non rallentino l’ampliamento degli NSP, in particolare laddove c’è già una situazione di elevato consumo di droghe iniettive all’interno del carcere. Sarebbe utile espandere la ricerca sugli NSP nei contesti carcerari, in particolare nei paesi poveri al di fuori dell’Europa occidentale, dove la ricerca consentirebbe una diffusione più rapida di tali programmi.

29 Gli NSP fanno passare il messaggio sbagliato?
Possono essere scambiati per indulgenza verso la droga? Per un atteggiamento tollerante o addirittura permissivo del consumo di droga in carcere? Per una resa nella lotta al consumo di droga in carcere? No: il consumo di droga resta illegale e la lotta continua Ma la lotta contro l’HIV è altrettanto importante Non prendendo contromisure basate sulle evidenze non si fa che favorire la diffusione dell’HIV nella popolazione carceraria e di conseguenza poi anche in quella esterna A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri, potrebbe essere il caso che i governi rivedano la propria politica sul ricorso alla carcerazione, in particolare l’approccio penale al consumo di stupefacenti.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.”

30 Costi degli NSP in carcere
Molto bassi – v. esempio della Moldavia Gli NSP sono vantaggiosi – per ogni euro speso per la loro implementazione nelle carceri se ne risparmiano moltissimi che altrimenti servirebbero in seguito per il trattamento delle malattie infettive A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.” 30

31 L’uso candeggina può bastare?
Gli studi dimostrano che fornire candeggina ai detenuti per disinfettare le siringhe è attuabile e non ha alcuna ripercussione sul piano della sicurezza Ma: L’efficacia è dubbia Date le condizioni all’interno del carcere ci sono poche probabilità che la sterilizzazione sia efficace → Questi interventi non sostituiscono gli NSP Occorre essere chiari sulla loro limitata efficacia Occorre proseguire gli sforzi per introdurre gli NSP A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.”

32 L’implementazione degli NSP può bastare?
Gli NSP sono molto importanti per ridurre il rischio di trasmissione dell’HIV per via iniettiva Da soli, però, non bastano ad azzerare il rischio Bisogna integrarli con trattamenti efficaci e basati sulle evidenze, in particolare la terapia di mantenimento con metadone (MMT) A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.” 32

33 Somministrazione MMT in carcere
La MMT è disponibile in sempre più paesi e rappresenta il trattamento più efficace per la dipendenza da oppiacei riduce il consumo di oppiacei, la mortalità, i comportamenti a rischio di trasmissione dell’HIV e le attività criminose MMT in carcere è attuabile ed efficace beneficio più rilevante: riduce il consumo di droghe iniettive e il relativo scambio di siringhe, se il trattamento è adeguato quanto a dosaggio e durata Interventi chiave per il trattamento della tossicodipendenza in carcere Abbondano le prove scientifiche a conferma del fatto che, sul territorio, le terapie sostitutive degli oppiacei rappresentano l’intervento più efficace per il trattamento della dipendenza da oppiacei: migliorando il benessere fisico e sociale del paziente si riducono i comportamenti a rischio, il consumo di sostanze illecite, la mortalità e la trasmissione dell’HIV, nonché i comportamenti criminosi. Oggi si dispone anche di una quantità consistente di studi sull’efficacia dei trattamenti sostitutivi nei contesti carcerari. La loro efficacia e accettabilità, e in particolare di quelli di mantenimento con metadone, è confermata da studi provenienti da Australia, Europa occidentale, Canada, Stati Uniti e Iran. Tra i dati più significativi riscontrati: I programmi sostitutivi adeguati al contesto carcerario hanno dato prova di ridurre efficacemente il consumo di droghe iniettive e il relativo scambio di siringhe. Tali programmi hanno peraltro molti altri risvolti positivi, che vale la pena prendere in considerazione. In particolare, gli studi hanno evidenziato che: essi favoriscono in misura significativa l’inizio e l’adesione ai trattamenti anche dopo la scarcerazione, in confronto ai tradizionali programmi di disintossicazione; tra i detenuti sottoposti a trattamento sostitutivo durante la carcerazione è notevolmente inferiore la percentuale di recidive; questi programmi hanno un effetto positivo sul comportamento istituzionale del detenuto tossicodipendente, riducendo la smania di procurarsi droga e quindi contribuendo alla sicurezza all’interno del carcere; sebbene le amministrazioni carcerarie in genere manifestano inizialmente qualche timore per questioni di sicurezza, eventuali comportamenti violenti e uso illecito del metadone, queste preoccuazioni si rivelano infondate una volta iniziato il programma i trattamenti sostitutivi riducono il rischio di overdose per i detenuti prossimi alla scarcerazione.

34 Somministrazione MMT in carcere
Altri risvolti positivi comprovati della MMT in carcere, per il sistema carcerario, i detenuti e la società: favorisce inizio e adesione ai trattamenti dopo la scarcerazione diminuisce la percetuale di recidive effetto positivo su comportamento istituzionale contribuisce a ridurre il rischio di overdose alla scarcerazione Nessuna conseguenza negativa: nessun problema per sicurezza o comportamenti violenti rischio di rivendita del metadone controllato con successo Interventi chiave per il trattamento della tossicodipendenza in carcere Abbondano le prove scientifiche a conferma del fatto che, sul territorio, le terapie sostitutive degli oppiacei rappresentano l’intervento più efficace per il trattamento della dipendenza da oppiacei: migliorando il benessere fisico e sociale del paziente si riducono i comportamenti a rischio, il consumo di sostanze illecite, la mortalità e la trasmissione dell’HIV, nonché i comportamenti criminosi. Oggi si dispone anche di una quantità consistente di studi sull’efficacia dei trattamenti sostitutivi nei contesti carcerari. La loro efficacia e accettabilità, e in particolare di quelli di mantenimento con metadone, è confermata da studi provenienti da Australia, Europa occidentale, Canada, Stati Uniti e Iran. Tra i dati più significativi riscontrati: I programmi sostitutivi adeguati al contesto carcerario hanno dato prova di ridurre efficacemente il consumo di droghe iniettive e il relativo scambio di siringhe. Tali programmi hanno peraltro molti altri risvolti positivi, che vale la pena prendere in considerazione. In particolare, gli studi hanno evidenziato che: essi favoriscono in misura significativa l’inizio e l’adesione ai trattamenti anche dopo la scarcerazione, in confronto ai tradizionali programmi di disintossicazione; tra i detenuti sottoposti a trattamento sostitutivo durante la carcerazione è notevolmente inferiore la percentuale di recidive; questi programmi hanno un effetto positivo sul comportamento istituzionale del detenuto tossicodipendente, riducendo la smania di procurarsi droga e quindi contribuendo alla sicurezza all’interno del carcere; sebbene le amministrazioni carcerarie in genere manifestano inizialmente qualche timore per questioni di sicurezza, eventuali comportamenti violenti e uso illecito del metadone (rivendita a terzi), queste preoccuazioni si rivelano infondate una volta iniziato il programma i trattamenti sostitutivi riducono il rischio di overdose per i detenuti prossimi alla scarcerazione.

35 Raccomandazioni per MMT in carcere
WHO, UNODC e UNAIDS raccomandano: di introdurre e ampliare al più presto la somministrazione di MMT in carcere di fare in modo che chi fruiva di MMT in libertà possa continuare a fruirne in caso di arresto e detenzione È provato che le persone che seguivano una terapia di mantenimento con metadone e sono costretti ad interromperla a causa della carcerazione spesso tornano a fare uso di oppiacei, e molte volte proprio all’interno del sistema carcerario e per via iniettiva. Pertanto, è necessario un impegno particolare per consentire ai detenuti che fruivano di MMT prima dell’arresto possano continuare a fruirne durante la carcerazione C’è anche bisogno di fare in modo che non vadano sprecati gli investimenti fatti per i trattamenti in carcere a causa della mancanza di un’efficace assistenza dopo il rilascio. Se non si prosegue il trattamento anche fuori dal carcere, infatti, la probabilità di recidive s’innalza notevolmente.

36 NSP e MMT: la lezione della Spagna
La Spagna ha introdotto e ampliato sia la somministrazione di MMT che i programmi di scambio aghi e siringhe Questo ha consentito una riduzione significativa della prevalenza e dell’incidenza di HIV e HCV È provato che le persone che seguivano una terapia di mantenimento con metadone e sono costretti ad interromperla a causa della carcerazione spesso tornano a fare uso di oppiacei, e molte volte proprio all’interno del sistema carcerario e per via iniettiva. Pertanto, è necessario un impegno particolare per consentire ai detenuti che fruivano di MMT prima dell’arresto possano continuare a fruirne durante la carcerazione C’è anche bisogno di fare in modo che non vadano sprecati gli investimenti fatti per i trattamenti in carcere a causa della mancanza di un’efficace assistenza dopo il rilascio. Se non si prosegue il trattamento anche fuori dal carcere, infatti, la probabilità di recidive s’innalza notevolmente.

37 Spagna: prevalenza HIV nelle carceri
46% dei detenuti avevano precedenti di consumo di droghe iniettive

38 Detenuti con MMT nelle carceri spagnole
11%

39 Evoluzione dei programmi di scambio siringhe

40 Conversione per HIV e HCV

41 Ci sono alternative agli NSP e alla MMT?
Mancano alternative altrettanto efficaci Gli interventi per vietare il consumo di droga sono estremamente costosi Essi riducono, ma non eliminano completamente il consumo di droga nel contesto carcerario A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.” 41

42 Riduzione domanda/offerta di stupefacenti
In alcuni sistemi carcerari si sono fortemente intensificate le misure di controllo antidroga (cani, test effettuati con le moderne tecnologie, analisi delle urine, unità “drug-free”, etc) Il consumo è però rimasto elevato È importante documentare di più tali misure e valutare accuratamente i risultati ottenuti Nei sistemi carcerari con test antidroga bisognerebbe rimettere in discussione il test per la cannabis A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.”

43 HIV in carcere: altri interventi necessari
Offrire attivamente (e raccomandare) il test per HIV e HCV Garantire la continuità del trattamento Ridurre il sovraffollamento e migliorare le condizioni di vita in carcere Dare la possibilità ai detenuti di svolgere un lavoro o altre attività significative A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.”

44 HIV in carcere: altri interventi necessari
Fornire alternative alla detenzione per persone condannate per reati direttamente collegati alla tossicodipendenza (possesso di stupefacenti per uso personale o reati minori commessi per procurarsi la droga) “Alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri, potrebbe essere il caso che i governi rivedano la propria politica sul ricorso alla carcerazione, in particolare l’approccio penale al consumo di stupefacenti.” (OMS, 1987) A parte le terapie sostitutive degli oppiacei, in genere le altre forme di trattamento della tossicodipendenza non rientrano negli obiettivi della prevenzione dell’HIV nei contesti carcerari. Pertanto non stupisce che siano disponibili pochi dati relativi all’efficacia di tal trattamenti come strategia di prevenzione dell’HIV. Invece l’offerta di trattamenti di buona qualità, mirati ed accessibili potenzialmente migliora la sicurezza in carcere e la salute e la capacità di interagire socialmente dei detenuti, riducendo il rischio di ricadute: essi infatti contribuiscono a ridurre il consumo di stupefacenti sia durante la detenzione che al rilascio. C’è però bisogno di una valutazione indipendente e sistematica dei loro risultati, nonché di un’analisi della loro efficacia nel ridurre il consumo di droghe iniettive e lo scambio di siringhe. E c’è di più. Gli studi dimostrano che le ragioni principali per cui alcuni detenuti fanno uso di droga durante la detenzione sono ingannare la noia, evitare l’alienazione e rilassarsi, il che indica che all’interno delle carceri bisogna attuare interventi più mirati a questo proposito. Infine, dagli studi si può evincere che ridurre il numero di detenuti per consumo di stuperfacenti deve diventare una priorità. È stato dimostrato che la paura dell’arresto e della pena non è un fattore determinante sulla decisione di assumere o spacciare droga, e che non c’è una chiara correlazione tra i tassi d’incarcerazione e diffusione del consumo di droga in nessuna città e nessun paese particolare. Già nel 1987, l’OMS – in una dichiarazione contenuta nella prima Consultation on Prevention and Control of AIDS in Prisons – affermava che “[i] governi potrebbero prendere in considerazione la possibilità rivedere l’approccio penale, in particolare, al consumo di stupefacenti, alla luce dell’epidemia di AIDS e del suo impatto sulle carceri.” Analogamente, anche nel nuovo documento quadro dell’UNODC su HIV/AIDS nelle carceri si dice che “è bene che siano intraprese azioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, non solo a margine di una strategia globale per la prevenzione e la gestione dell’HIV/AIDS nelle carceri, ma proprio come sua parte integrante.”

45 Conclusioni: dallo studio all’azione
Tutti i detenuti hanno diritto a ricevere... strumenti di prevenzione pari a quelli disponibili al di fuori del carcere” (OMS, 1993) In Italia è giunta l’ora di passare dallo studio all’azione: serve urgentemente fornire accesso a preservativi, NSP, MMT, test e trattamento HIV e HCV su base volontaria, nell’ottica di una strategia globale di lotta a HIV e HCV durante la custodia preventiva e la detenzione Già nel 1993 l’OMS aveva preso atto dell’emergenza HIV nei penitenziari di tutto il mondo stilando delle linee guida su HIV/AIDS nei contesti carcerari. In tema di tutela della salute e alla prevenzione dell’HIV, queste linee guida – così come il recente documento quadro di UNODC sull’HIV/AIDS nelle carceri – sottolineava che “tutti i detenuti hanno diritto a godere di un’assistenza sanitaria e a ricevere strumenti di prevenzione pari a quelli disponibili al di fuori del carcere, senza discriminazioni di sorta, con particolare riferimento al loro status legale o nazionalità.” Tredici anni dopo, ci sono prove evidenti che interventi come la distribuzione di preservativi , l’implementazione di programmi di scambio di aghi e siringhe sterili, i trattamenti sostitutivi degli oppiacei e la somministrazione dell’ART sono attuabili anche nei contesti carcerari, e che sono efficaci nella promozione e nella tutela della salute dei detenuti e quindi, in ultima analisi, della comunità tutta.


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