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Safe and suitable work infortuni e infortunati sul lavoro ai tempi della flessibilità Roberto Leombruni Università di Torino e Metro-Polis INAIL - Roma,

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1 Safe and suitable work infortuni e infortunati sul lavoro ai tempi della flessibilità Roberto Leombruni Università di Torino e Metro-Polis INAIL - Roma, 6 aprile 2016

2 I mutamenti attraversati dal mercato del lavoro negli ultimi decenni, e in particolare il passaggio a un modello di flexicurity, hanno visto una risposta solo parziale da parte delle politiche su infortuni e infortunati sul lavoro. Lo scopo della ricerca era quello di informare possibili nuove strategie, chiedendosi se ci sono nuovi rischi legati ai mutamenti avvenuti, e se esistono modelli cui ispirarsi per affrontarli. motivazione

3 La ricerca si è svolta a partire da un’analisi della normativa attuale, e guardando a quanto si può apprendere dalla letteratura scientifica, in ottica comparata ma con una attenzione particolare a quanto noto per l’Italia. Sull’Italia sono state condotte anche alcune analisi originali, a partire dai dati WHIP-Salute, una banca dati di storie lavorative e di salute sviluppata all’interno del Piano Statistico Nazionale, grazie a una collaborazione ormai decennale tra Ministero della Salute, INPS e INAIL. approccio

4 La ricerca ha guardato a tutta la “filiera” della normativa su infortuni e infortunati, guardando agli aspetti assicurativi, al prima e al dopo l’infortunio overview

5 La ricerca ha guardato a tutta la “filiera” della normativa su infortuni e infortunati, guardando agli aspetti assicurativi, al prima e al dopo l’infortunio

6 [ 1 ] Le mancate coperture La normativa Italiana identifica l’esigenza assicurativa soprattutto a partire dal binomio datore di lavoro - lavoratore dipendente. Questo genera una sorta di “inseguimento” della normativa verso altre forme, vecchie e nuove, di lavoro.  il lavoro autonomo del commercio è sempre “sfuggito” al suo pieno inquadramento tra le competenze INAIL  il lavoro parasubordinato, diffuso già a fine anni Ottanta, ha dovuto attendere sino al 1996 per le coperture INPS, e al 2001 per la copertura INAIL;  le Partite IVA (a parte il caso delle cosiddette “finte P.Iva”), sono ancora fuori.

7  il punto è che sono ormai normali organizzazioni della produzione in cui il prestatore d’opera ha un legame commerciale, e non di subordinazione, con il committente. La “causale” che garantisce le tutele non dovrebbe essere il contratto di subordinazione, ma la presenza di una relazione di lavoro. Son possibili due vie:  Stimolando la responsabilità sociale delle imprese. Via praticabile solo in un sistema in cui prevalgono imprese “virtuose” e attente a questi aspetti.  Esistono però anche esempi innovativi di regolazione nazionale che allargano le tutele ai non-employee workers. I lavoratori non-dipendenti

8 Il caso forse più emblematico è quello dell’Australia, dove il Work Health and Safety Act del 2011 fornisce l’esempio di regolazione forse più attento alle nuove forme di organizzazione produttiva, in cui la tutela non si basa su un contratto di lavoro dipendente:  anziché guardare al datore di lavoro, considera il “conduttore” dell’attività (“PCBU”, Person in Control of a Business or Undertaking);  anziché guardare al dipendente, considera qualunque persona in una relazione di lavoro con il conduttore dell’attività I lavoratori non-dipendenti

9 Il caso forse più emblematico è quello dell’Australia, dove il Work Health and Safety Act del 2011 fornisce l’esempio di regolazione forse più attento alle nuove forme di organizzazione produttiva, in cui la tutela non si basa su un contratto di lavoro dipendente: Quali indicazioni per la politica (1)

10 [ 2 ] I nuovi rischi Molti studi mostrano come le recenti trasformazioni del sistema economico e del mercato del lavoro han portato a nuovi rischi per la salute. Tra i più rilevanti per quel che riguarda agli infortuni sul lavoro vi sono quelli collegati alla aumentata flessibilità sul mercato del lavoro.

11 Infortuni e flessibilità Il principale nesso che collega rischio di infortuni e flessibilità passa attraverso l’accumulazione di una minore esperienza sul posto di lavoro. Il meccanismo è noto e naturale – è il learning by doing applicato alla conoscenza dei rischi di infortunio – ma le sue conseguenze acquistano una nuova urgenza proprio per via della flessibilizzazione del mercato

12 Le dimensioni di questa urgenza possono essere valutate dal confronto di due semplici indicatori:  qual è l’andamento del rischio di infortuni nel periodo iniziale di un nuovo lavoro;  la durata dei rapporti di lavoro. Infortuni e flessibilità

13 Rischi di infortunio nei mesi iniziali di un lavoro

14 Durata dei rapporti di lavoro Dai dati ISTAT della Rilevazione sulle Forze di Lavoro, risulta che negli anni appena prima della crisi circa il 40% degli occupati sotto i 25 aveva iniziato la sua occupazione da meno di un anno, e tra le persone tra 25 e 34 anni questa quota è ancora di un lavoratore su cinque. Da dati WHIP-Salute, solo il 20% dei rapporti di lavoro iniziati nel periodo 2005-2008 hanno avuto una durata di almeno tre anni.

15 2 + 2 = …? Il confronto dei due indicatori, in numeri…  due lavoratori su cinque tra gli under 25, e uno su cinque tra i 25-34enni, affrontano rischi di infortunio di oltre il 60% più alti per il solo fatto che non hanno sufficiente esperienza sul nuovo rapporto di lavoro.

16 2 + 2 = …?  in prosa: le carriere flessibili si traducono in una situazione in cui gli individui, soprattutto a inizio carriera, cambiando frequentemente lavoro si ritrovano continuamente in una fase a più alto rischio di infortunio.

17 Sono facili e difficili insieme: La difficoltà è che dalla flessibilità non si torna indietro; ed è difficile immaginare che l’imparare facendo non abbia sempre un ruolo importante. Entrare nella scuole  in Italia ma non solo, i temi della sicurezza del lavoro sono assenti o marginali, anche negli istituti professionali È importante una applicazione più intelligente dell’induction training, abbinato a una patente delle competenze Quali indicazioni per la politica

18 E tra i lavoratori più anziani? Le relazioni tra esperienza, flessibilità e infortuni, nel caso dei lavoratori più anziani, sono modificate da due fattori:  un lavoratore più maturo, nel momento in cui inizia una nuova occupazione, può beneficiare della sua esperienza pregressa, accumulata nella intera carriera lavorativa;  è possibile però che l’esperienza porti al risultato opposto di sottovalutare i rischi, per la troppa fiducia (overconfidence) legata ad aver affrontato quei rischi in lunghi anni di carriera.

19 L’esperienza pregressa protegge?

20 Età o esperienza? La possibilità che l’esperienza possa portare a overconfidence invece è un tema più sottile, che andrebbe studiato compiutamente sul campo:  dal punto di vista empirico è difficile distinguere se un incremento di rischio in individui con lunga esperienza sia dovuto a un eccesso di fiducia o al fatto che son lavoratori più anziani e con una minore attenzione o agilità.  l’overconfidence ha a che fare con attitudini psicologiche, e con la rappresentazione individuale dei rischi, il che necessita di studi in cui c’è un dialogo con il lavoratore , Gonzalez-Delgado et al (2015), Iqbal et al (2010), Bazroy et al (2003), Lingard (2002)

21 Una breve esplorazione su WHIP-Salute Qualche spunto lo possiamo cercare guardando a qual è la relazione nel lungo periodo tra esperienza lavorativa, infortuni e infortuni gravi. Questo è un tipo di indagine che può essere svolta su WHIP-Salute, in quanto i lavoratori sono seguiti a partire dal loro ingresso nel mercato del lavoro, sino alla pensione, in un periodo – per quel che riguarda gli infortuni sul lavoro – che va dal 1994 al 2012.

22 Infortuni ed esperienza nel lungo periodo

23

24 [ 3 ] Dopo l’infortunio Questo è l’ambito nel quale probabilmente sono maggiori gli spazi per un miglioramento della performance del sistema attuale, soprattutto rispetto ai fattori che favoriscono la partecipazione attiva al mercato del lavoro delle persone che a seguito di un infortunio hanno riconosciuta una invalidità permanente.

25 Nel caso in cui la gravità di un infortunio porta a tempi di recupero lunghi, il rischio è che l’eccessivo protrarsi del rientro possa portare a un progressivo distacco ed esclusione dal mercato lavoro.  È stato rilevato come la probabilità di un rientro stabile al lavoro per individui assenti per un periodo da tre a sei mesi è meno del 50%, percentuale che scende sotto al 20% per gli individui assenti per più di 12 mesi. Percorsi verso l’inattività

26 Il processo di esclusione passa in genere attraverso un percorso “work to welfare”, nel quale l’individuo riceve dal sistema di welfare diversi tipi di supporto – nell’immediato le indennità di infortunio, in seguito indennità di disoccupazione ed eventuali rendite di inabilità o prepensionamento – che nel lungo periodo però rischiano di “accompagnare” l’individuo fuori dal mercato del lavoro. Percorsi verso l’inattività

27 L’inattività è un male comune, ma non necessario Partecipazione al lavoro dei titolari di assegni di inabilità in Europa e nei paesi OCSE, primi anni 2000 Fonte: OECD (2003)

28 Sono cruciali il timing… Un punto sul quale c’è un crescente consenso sul fatto che interventi precoci di reintegro possono evitare i percorsi di uscita dal lavoro, e aiutare anche la riabilitazione funzionale. In particolare l’OCSE ha incluso la predisposizione di piani di reintegro e l’uso di forme di attivazione anche parziale tra i fattori che maggiormente determinano le chance di un rientro di successo nell’occupazione, raccomandando le misure di early intervention tra le strategie più efficaci contro una dipendenza di lungo periodo dal sistema di welfare (OECD, 2003).

29 …e le misure occupazionali I trattamenti non medici hanno una influenza sui tempi di recupero addirittura maggiore di quella delle condizioni mediche o della tipologia di lavoro svolta. Un esempio virtuoso viene dall’Olanda, che vanta percentuali di reintegro al lavoro dopo due anni dall’infortunio del 62% (rispetto ad esempio al 22% per la Germania). Questo è il paese dove sono più utilizzati ad esempio adattamenti nell’orario di lavoro, ridisegno delle mansioni e misure di therapeutic work resumption, vale a dire di ripresa lavorativa sussidiata a scopo riabilitativo.

30 Qualche dato sull’Italia Delle evidenze per l’Italia le possiamo trarre dalla banca dati WHIP-Salute, sviluppata per conto del Ministero della Salute, che integra informazioni su infortuni e altre misure di salute (di fonte INAIL, ISTAT e Ministero della Salute), con le informazioni sulle carriere lavorative del Work Histories Italian Panel (WHIP, costruito a partire da dati di fonte INPS). Che dati possiamo trarre da WHIP-Salute sulla occupabilità dei lavoratori in Italia dopo un infortunio?

31 Qualche dato sull’Italia Nel seguito facciamo un confronto fra tre gruppi di lavoratori dipendenti che hanno avuto, nel periodo dal 1998 al 2008, un infortunio:  senza conseguenze permanenti;  con il riconoscimento di un livello di disabilità inferiore al 16%;  con il riconoscimento di un livello di disabilità dal 16% al 100%.

32 Qualche dato sull’Italia Tasso di occupazione nei quattro anni prima e dopo l’infortunio, per livello di gravità dell’infortunio. Fonte: Nostre elaborazioni su dati WHIP-Salute.

33 Qualche dato sull’Italia Tasso di occupazione nei quattro anni prima e dopo l’infortunio, per livello di gravità dell’infortunio. Fonte: Nostre elaborazioni su dati WHIP-Salute.

34 Qualche dato sull’Italia Tasso di occupazione nei quattro anni prima e dopo l’infortunio, per livello di gravità dell’infortunio. Fonte: Nostre elaborazioni su dati WHIP-Salute.

35 Qualche dato sull’Italia Tasso di occupazione nei quattro anni prima e dopo l’infortunio, per livello di gravità dell’infortunio. Fonte: Nostre elaborazioni su dati WHIP-Salute.

36 C’è bisogno non solo di supporto, ma di attivazione! Il messaggio primario per la politica è che c’è bisogno della stessa svolta cui stiamo assistendo nel caso delle politiche del lavoro, e cioè il passaggio da misure passive di supporto al reddito per i disoccupati, a misure attive di fornitura di servizi e di incentivi che facilitino il reingresso e la partecipazione al lavoro.

37 C’è bisogno non solo di supporto, ma di attivazione! Su questo purtroppo l’Italia accusa un forte ritardo: assieme a Messico, Grecia, Corea, Portogallo e Irlanda è il paese OCSE con il peggior score sulle misure attive.

38 C’è bisogno non solo di supporto, ma di attivazione! Una valutazione analoga viene da un recente rapporto della Commissione Europea sulla diffusione di misure di supported employment, considerate tra le migliori pratiche in tema di reintegro al lavoro, rispetto ad esempio al lavoro protetto o al lavoro sussidiato. Il dato quasi laconico riportato per l’Italia è che non sono disponibili programmi nazionali di supporto all’occupazione dei disabili. Le tante, invece, iniziative private o locali soffronto di grandi disparità territoriali, e dell’assenza di un framework nazionale che le faciliti.

39 Conclusioni: quattro i messaggi principali  Spostare l’attenzione della normativa dalle tipologie contrattuali al lavoratore.  In tempi di flessibilità nascono nuovi rischi che derivano dalle storie individuali, da intercettare nelle valutazioni del rischio e con misure specifiche di prevenzione.  Lavoratori più giovani e più anziani mostrano rischi ed esigenze diverse, che richiedono attenzioni specifiche.  Spostarsi verso misure attive, i cui passaggi chiave:  il coinvolgimento delle imprese con misure di reintegro occupazionale  le competenze del lavoratore più che le inabilità;  un ruolo del pubblico nel supportare – oltre che nel sussidiare – il percorso svolto da lavoratori e imprese


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