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Sociologia del lavoro l’evoluzione storica del lavoro tra mutamenti, conquiste e lotte.

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Presentazione sul tema: "Sociologia del lavoro l’evoluzione storica del lavoro tra mutamenti, conquiste e lotte."— Transcript della presentazione:

1 Sociologia del lavoro l’evoluzione storica del lavoro tra mutamenti, conquiste e lotte

2 La civiltà egiziana In questo paragrafo parliamo di: Lavorazione delle materie prime Gli arnesi da lavoro Gli schiavi

3 La lavorazione delle materie prime Gli egizi impararono molto presto a estrarre materie prime dal sottosuolo, lavorando su tutta la valle del Nilo. Fra le località più anticamente sfruttate c’erano le miniere del Sinai. Qui si estraevano il rame e la malachite. Il trasporto del rame avveniva lungo il corso del Nilo grazie a canali fatti scavare dai faraoni dagli schiavi

4 Quali arnesi da lavoro? Si tratta di strumenti di lavoro giunti a noi solo in minima parte. Le nostre ricostruzioni si basano sulle arti figurative. I dipinti egizi mostrano infatti falegnami, scultori, fabbri, scalpellini al lavoto circondati dai propri utensili, che erano piuttosto semplici e rudimentali. Vi si trovavano accette, scalpelli di bronzo, mazzuoli di legno. Squadre e fili a piombo consentivano di definire la forma con precisione. I falegnami non usavano chiodi ma piccoli pioli in legno ed i pezzi si incastravano cosi precisamente gli uni negli altri che la colla raramente era necessaria

5 Gli schiavi La schiavitù era molto diffusa in Egitto, ma della condizione degli schiavi sappiamo relativamente poco. Esistevano dei mercati degli schiavi, l’acquisto veniva reso ufficiale mediante un giuramento. Gli schiavi, di origine straniera, ricevevano subito un nome egizio e potevano anche liberarsi dalla condizione di schiavitù. Era generalmente grandissima la dedizione mostrata dagli schiavi al padrone.

6 Per compensare tale grande dedizione accadeva spesso che i faraoni elevassero al rango di favoriti reali degli stranieri di condizione servile.

7 IL LAVORO NELL’ANTICA GRECIA Nel mondo antico sono gli schiavi a lavorare, gli uomini liberi rifuggono il lavoro disprezzandolo e dedicandosi ad altro. Il lavoro manuale è infatti considerato degradante e improprio per un uomo libero.

8 Il lavoro: schiavi vs uomini liberi Per l’uomo greco, inteso come uomo libero il lavoro rappresenta un momento negativo in quanto non darebbe tempo per la ricerca della verità, strettamente concessa con il concetto di libertà, esigenza fondamentale di ogni cittadino greco.

9 Lo schiavo….. Il lavoro è una cosa da schiavi, da lasciare il più possibile a coloro che, per natura o sfortunata condizione storica non hanno mai posseduto la libertà o l’hanno perduta

10 Il lavoro nella cultura classica La cultura classica disprezza dunque il lavoro e lo ritiene una sorta di maledizione a cui ogni uomo che si rispetti deve cercare di sottrarsi impiegando uno schiavo o un uomo non libero in tali mansioni pratiche.

11 IL LAVORO A ROMA Per i romani il lavoro non era né un privilegio né un diritto, ma una pesante necessità, qualcosa da dover fare “per forza. Il lavoro perde dunque l’accezione profondamente negativa che aveva in Grecia, ma non per questo diviene qualcosa di positivo.

12 IL LAVORO E LE DONNE Le donne dovevano svolgere soprattutto lavori domestici. A loro era anche affidata l’educazione dei bambini, dovevano formare i figli sul piano morale e comportamentale e in questo era affiancata da nonni, nonne, zii, parenti. Scopo della sua vita era quello di divenire esperta amministratrice della casa, circondata se possibile da allieve che ne eseguivano gli ordini.

13 …la parola donna è sinonimo, nell’antica Roma, di casa. In casa è amministratrice, padrona in un certo senso, controlla ogni cosa, amministra tutto. Si dedica ad arti come il ricamo. In una famosa epigrafe funebre troviamo l’elogio di una donna romana “casta fuit, domum servavit, lanam fecit” (traducete voi!!). Le donne potevano anche gestire il commercio dei tessuti.

14 IL LATIFONDISTA Un importante “professionista” romano era il latifondista, ovvero il possidente terriero il quale per gestire le sue vaste tenute si serviva di un uomo e una donna, in qualità di amministratori, e molti schiavi.

15 LA SCHIAVITU’ A ROMA La schiavitù è presente in tutte le tappe storiche dell’antica Roma. Nell’epoca imperiale la schiavitù è massimamente diffusa, le popolazioni sconfitte in guerra ingrossano moltissimo le file degli schiavi. Nel tardo impero, con il ritiro dell’impero romano da molti territori, le sconfitte, l’ascesa al potere di imperatori non italici, la diffusione del cristianesimo, la concessione della

16 …cittadinanza a molti popoli barbari (in seguito al loro arruolamento nelle legioni romane oppure al pagamento di un tributo) porta al declino dello schiavismo. In latino, “schiavo” si dice “servus”, o ancillus. I romani considerano l’essere schiavi un fatto infame e un soldato romano preferiva suicidarsi piuttosto che divenire schiavo di un qualsiasi popolo romano barbaro (non romano)

17 IL LAVORO DEL CRISTIANESIMO Le persone fino a quel momento disprezzate sono l’oggetto di predilezione del cristianesimo. Le società antiche che avevano sempre disprezzato il lavoro manuale vengono superate dal credo cristiano che rivaluta il lavoro sull’esempio del Gesù operaio, figlio di Giuseppe il falegname e attorniato dagli apostoli, pescatori. I monaci si purificano e glorificano Dio pregando e lavorando.

18 Lavoro e istruzione cristiana Le società greca e romana consideravano l’istruzione come un privilegio riservato agli uomini liberi; il cristianesimo lo promosse anche per i lavoratori e il popolo. La Chiesa assunse nei monasteri, il compito dell’istruzione prima che l’educazione fosse resa pubblica dallo stato. L’unico modo per essere istruiti era dunque quello di accedere alle strutture religiose.

19 LA CONCEZIONE CRISTIANA… Oltre all’esempio del Gesù operaio, l’idea di uguaglianza e dignità di tutti gli uomini, tutti figli dello stesso Padre e tutti redenti dallo stesso sangue del Figlio. Non esiste dunque alcuna differenza tra uomini liberi e schiavi. In più vengono valorizzati gli ultimi, i poveri, rivalutati e portatori del messaggio di redenzione. Perno di tale messaggio è l’esempio di Gesù Cristo che, pur nella sua….

20 …natura divina è sceso tra gli uomini facendosi servo e umile tra gli umili. Come potrebbe dunque essere il lavoro negativo dal momento che Dio ha prediletto la povertà e il lavoro per farci conoscere il suo messaggio?

21 IL LAVORO NEL MEDIOEVO I CONTADINI. La cellula fondamentale dell’economia agraria è la famiglia, gruppo di lavoro costituito da tutti i membri familiari legati tra loro da rapporti di parentela, da domestici e da animali da tiro. Tali famiglie lavoravano a beneficio di un padrone a cui tutto dovevano e che non era tenuto a dar loro niente. Questo ceto servile era molto diffuso tra le famiglie aristocratiche e i gruppi religiosi.

22 …vi erano dunque grandi appezzamenti di terreno, i latifondi, di proprietà ecclesiastica o aristocratica lavorati dai servi della gleba e braccianti, intere famiglie di servitori malpagate e quasi alla fame che vivevano in pratica dei rimasugli di quello che avevano coltivato e che il padrone, di grazia, concedeva loro. Essi vendevano quel poco che riuscivano a reperire per sé al villaggio procurandosi

23 …pochi umili beni (vestiario, attrezzi etc). Prevale la mentalità comunitaria, questo ceto servile crea stretti legami reciproci per garantirsi la sopravvivenza. Ma col tramonto del medioevo, il latifondo, il grande campo aperto dove tutti i servi lavorano lascia spazio a moltissimi piccoli terreni chiusi coltivati in modo più intensivo. Le varie famiglie di lavoratori risultano ora più disperse….

24 …lavorando in tali appezzamenti chiusi. Qui si predilige, come accennato, una coltivazione basata sulle più moderne tecniche agricole e l’allevamento.

25 IL LAVORO POST-FEUDALE Pian piano il sistema feudale va in crisi e inizia ad avere più spazio la figura del mercante. I nobili, proprietari di terreni che non rendono più granché vivono un periodo di crisi che non sarà più superato. I criteri di produttività, di efficienza, di qualità e di capacità di vendita diventano quelli fondamentali e non hanno più spazio le immense proprietà e i latifondi dove la produttività è scarsa e mal gestita.

26 …anche le grandi proprietà della Chiesa, i latifondi ecclesiastici subiscono lo stesso destino. Improduttivi e mal gestiti, vengono pian piano messi in crisi dalla grande efficienza produttiva dei piccoli appezzamenti terrieri controllati da una nuova generazione di proprietari terrieri, spesso mercanti che investono su proprietà agricole.

27 LA CONDIZIONE DEGLI OPERAI In questa nuova società agricola votata alla produttività, le condizioni dei contadini, già precarie in precedenza, peggiorano ulteriormente. Prima i proprietari, ecclesiastici o aristocratici, non controllavano molto tali territori e i contadini riuscivano a reperire risorse per la sopravvivenza (scorte di legna, qualche prodotto agricolo da tenere per sé). In più tutti quanti, in terreni così sconfinati….

28 …avevano possibilità di lavorare, pur in condizioni miserevoli. Ora i nuovi criteri dell’efficienza e della produttività a tutti i costri cambiano le carte in tavola. I contadini, che fuoriescono dalle grandi proprietà ecclesiastiche e aristocratiche cercano in massa lavoro, dunque c’è moltissima domanda di lavoro e gli imprenditori agricoli si possono permettere una diminuzione dei salari.

29 Se consideriamo che in tali proprietà di coltivazione intensiva era richiesta una grandissima mole di lavoro (richiesta di massima efficienza), la diminuzione dei salari getta i contadini nella miseria più nera. Essi vivono ormai in condizioni realmente disperate, senza avere alternative poiché se rinunciano a tali condizioni perderanno il lavoro e non potranno fare altro.

30 Un breve riepilogo Nel medioevo la società era strettamente stratificata. Al vertice della gerarchia stavano i nobili e gli aristocratici. Grande spazio aveva anche il clero (la Chiesa). Nobili ed ecclesiastici si spartivano i grandi terreni, i latifondi, la ricchezza fondamentale del medioevo. Tali terreni erano coltivati da contadini, braccianti e servi della gleba, che con mezzi poveri e scarso interesse da parte dei possidenti…..

31 …coltivavano solo quel tanto che bastava per sopravvivere e soddisfare i latifondisti, assenti e lontani. Il terreno veniva trasmesso per eredità dal nobile al figlio primogenito, mentre gli altri figli divenivano cavalieri (dediti alla guerra e alla conquista) o facevano “carriera” nei monasteri. Tali terreni dunque erano sconfinati ma producevano pochissimo. Intanto un nuovo ceto sociale stava….

32 Aumentando la propria influenza, i mercanti, che coi loro commerci si stavano arricchendo. Spesso i mercanti prestavano soldi ai nobili, per pagare costose guerre e i loro privilegi, tanto che questi ultimi divennero economicamente dipendenti dai mercanti. Questi cominciarono così a reclamare la loro “fetta” di potere e spesso acquistarono i terreni dei nobili o li ebbero come “saldo”

33 Dei debiti contratti. I mercanti avevano tutto l’interesse a far produrre il più possibile tali terreni e così si passò dalla coltivazione ESTENSIVA a quella INTENSIVA. I poveri contadini dovettero lavorare molto di più, sotto la pressione dei mercanti che volevano sfruttare i terreni il più possibile.

34 La professione di artigiano…. Nel medioevo gli artigiani, dediti alla lavorazione dei più svariati materiali al fine della produzione di oggetti utili e di valore, si riuniscono in CORPORAZIONI, gruppi di individui che esercitano la stessa professione e si danno regolamenti interni al fine di protegge il proprio mestiere e valorizzarlo. Le botteghe artigiane contano una prorpia gerarchia; all’apice c’è il maestro, che può

35 contare su una serie di apprendisti, ragazzi inviati in pianta stabile dalle famiglie per imparare il mestiere. Il maestro è il “secondo padre” di questi ragazzi ai quali insegna i trucchi del lavoro, la disciplina, le regole della corporazione. Tra gli apprendisti c’è grand ecompetizione; solo i più bravi potranno divenire maestri.

36 L’età d’oro dei mercanti e la rivoluzione industriale Una serie di eventi ha minato la piattaforma economica tradizionale; le innovazioni tecnologiche, con nuovi mezzi industriali per produrre di più, le conquiste coloniali che conducono a nuovi commerci e nuove possibilità per i mercanti, l’incremento degli scambi via mare, oltre al già citato declino delle aristocrazie e del clero.

37 …tutto ciò apre la strada alla rivoluzione industriale. Ricordiamoci che questo accade solo in alcuni paesi (esempio: L’Inghilterra) mentre in altri il passaggio dall’economia agricola di stampo medioevale e protomercantile a quella industriale è molto lenta. Parliamo di PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE, ovvero di uno sviluppo industriale in più fasi.

38 Primissima fase della rivoluzione industriale Abbiamo all’inizio una diffusione di macchinari semplici all’interno delle campagna, per la lavorazione tessile. Il prodotto viene lavorato direttamente in campagna, con le famiglie che si distribuiscono il lavoro nei campi e quello artigianale. I prodotti finiti verranno poi ritirati dal “protoindustriale” che perfezionerà il prodotto e lo preparerà per la vendita. I macchinari funzionano con energia naturale.

39 Seconda fase La rivoluzione industriale vera e propria, nel XVIII secolo, comporta la centralizzazione della lavorazione del prodotto dalle campagne alle città, con la creazione di centri industriali, fabbriche che ospitano macchinari nuovissimi che non sfruttano più l’energia tradizionale (acqua, vento), ma il carbone; “star” della rivoluzione è infatti la macchina a vapore che consente un enorme aumento di produttività

40 Più macchine, meno operai L’introduzione delle nuove tecnologie comporta una minor necessità di operai; molto del lavoro è ora fatto dalle macchine. Per contro ci sono moltissimi operai, che sono emigrati in massa dalle campagne alle città, che cercano lavoro. Dunque l’industreiale si può permettere di pagare pochissimo la manodopera, sfruttata e in condizioni miserabili.

41 La condizione operaia L’operaio deve, per pochi soldi, lavorare anche 15 o 18 ore al giorno, è malnutrito, spesso dorme in fabbrica o in quartieri sporchi e privi di servizi. Il suo unico bene, in tale miseria dilagante, è la prole, i figli. Per questo viene definito proletario. Il progresso viene portato avanti sulla miseria e sulla disperazione della classe operaia. Anche le donne e persino i bambini devono lavorare duramente. Essi…

42 Il lavoro di donne e bambini …costituiscono i lavoratori ideali per gli industriali; lavorano molto, si possono comandare a bacchetta, possono essere pagati pochissimo. Tale sfruttamento, che in una società come la nostra può essere considerato scandaloso, durante la rivoluzione industriale è la norma. Solo successivamente, con l’organizzazione dei primi sindacati, le Trade Unions, le condizioni miglioreranno.

43 In Italia… Prima dell’unificazione del 1861 l’italia era un paese sostanzialmente agricolo, con le realtà industriali concentrate nel nord italia. Il centro, in cui regnava lo stato della chiesa, era una realtà agricola quasi medioevale. La chiesa possedeva quasi tutti i terreni che erano lasciati incolti o alla produzione estensiva da parte di contadini-braccianti.

44 Al sud… Al sud, ancora dominato dai Borboni con il nome di Regno delle due Sicilie, la musica è la stessa, solo che anziché la chiesa spadroneggiano i nobili, gli aristocratici e i grandi proprietari terrieri. L’italia centrale e meridionale è ancora un paese medioevale.

45 L’unificazione italiana Dopo il 1861, anno dell’unificazione italiana, le cose cominciano a cambiare. Il governo si trova a fronteggiar euna grave situazione e tenta di modernizzare il paese, con il nord già predisposto a sviluppare le prime realtà industriali e il sud che rimarrà ancora a lungo una realtà agricola arretrata.

46 Il 900 italiano Solo nel ‘900 a una vera e propria industrializzazione, anche se non omogenea. A Sud prevale ancora il latifondo. - Al Centro l’affitto, la mezzadria: una divisione dei prodotti della terra tra il proprietario e il contadino che ha in affitto la terra, con in più una serie di servitù e canoni che pesano sul contadino, ovvero le spese di conduzione della terra.

47 Il nord Fa eccezione il nord; in pianura padana si sviluppa una moderna agricoltura, efficiente e sul modello capitalistico. Anche l’industria si va sviluppando anche se l’incremento maggiore, con l’aggancio dell’Italia al resto dell’Europa industrializzata che avverrà realmente solo nel dopoguerra. Il nord è il motore dell’Italia; si assiste a una enorme emograzione dal sud al nord.

48 Lavoro e sviluppo tecnologico Negli ultimi vent’anni si è asisstito a un radicale mutamento delle condizioni lavorative, il progresso tecnologico ha consentito l’ingresso nell’era cibernetica, con i computer che oramai controllano non solo la produzione ma anche la programmazione della produzione. Mai nel corso della storia la forza lavorativa umana è stata così poco importante, spesso è sufficiente che l’uomo “prema un bottone”, il

49 L’uomo “servo” della macchina …resto lo fa la macchina. L’uomo pare alienato di gran parte del suo potere creativo, produttivo. La macchina sta sostituendo l’uomo, relegandolo a una posizione marginale. I computer, sulla spinta di una pressione produttiva enorme, fanno la parte del leone.

50 Il progresso della comunicazione Oltra alla programmazione e alla produzione, anche la comunicazione è estremamente cambiata; ora è velocissima e consente uno scambio comunicativo in tempo reale da ogni parte del mondo; è anche possibile un lavoro di team a grandi distanze. I computer solo azionabili “da lontano”, le riunioni solo possibili anche in videoconferenza, con i partecipanti dislocati ovunque.

51 Pregi e difetti della rivoluzione tecnologica Tra i principali pregi della rivoluzione tecnologica troviamo sicuramente l’aumento della produttività, l’emancipazione dell’uomo dai lavori più pesanti, la possibilità di superare gli ostacoli legati al tempo e allo spazio. Tra i difetti troviamo la disuguale distribuzione delle tencologie nel mondo, il digital divide, oltre all’alienazione dell’uomo rispetto al proprio lavoro. In un mondo in cui…

52 L’uomo…macchina? …fanno tutto i computer l’uomo rischia di diventare un semplice prolungamento della macchina, una mera appendice di uno strumento fatto per produrre sempre più ma, tutto sommato, per soddisfare sempre meno le profonde esigenze umane, il bisogno di essere artefice del proprio lavoro, di trarre soddisfazione da quello che fa, di sviluppare creativamente la propria opera.

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