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Autorità d’Ambito di Cremona Fondazione Cariplo Strumenti economici nel servizio idrico integrato: regolazione economica del gestore e tutela del consumatore,

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1 Autorità d’Ambito di Cremona Fondazione Cariplo Strumenti economici nel servizio idrico integrato: regolazione economica del gestore e tutela del consumatore, promozione delle politiche ambientali, promozione delle politiche sociali.

2 2 Introduzione P ARTE PRIMA A FFORDABILITY Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato Profili di consumo nell’ATO Cremonese Metodologia di studio della base dati Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli P ARTE SECONDA P OLLUTION P AY P RINCIPLE Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Sintesi delle principali evidenze Indice

3 3 Il raggiungimento di obiettivi di politica ambientale deve potersi conciliare con i principi di equità e solidarietà tra le parti sociali I temi sviluppati nella prima parte della ricerca descrivono la metodologia ed i criteri utilizzati per l’analisi del bacino di utenze cremonesi effettuata ricorrendo alla stima di quelle variabili caratterizzanti i comportamenti di consumo al momento non ancora note Il lavoro svolto con l’Autorità d’Ambito nei mesi trascorsi ha raggiunto traguardi di rilievo relativamente alla definizione di un’articolazione tariffaria uniforme nell’intero territorio, anche attraverso le simulazioni effettuate direttamente sulla base dati utenti, acquisita proprio in occasione del progetto di ricerca La seconda parte dello studio elabora un’analisi sulle grandezze desunte dall’incrocio di vari archivi, da quello delle autorizzazioni allo scarico alla base dati dei siti produttivi georeferenziati, attingendo ad un insieme di informazioni anche più ampio per fornire strumenti interpretativi del tessuto produttivo della provincia di Cremona volti a individuare il valore della risorsa idrica nei processi produttivi La proposta è di costruire un costo ambientale svincolato dai parametri tradizionali dell’infrastruttura fognaria e depurativa e più attento alla sostenibilità/disponibilità a pagare un “prezzo per l’ambiente” Introduzione

4 4 P ARTE P RIMA A FFORDABILITY

5 5 La scelta della tariffa da parte del regolatore dipende dagli obiettivi in termini di efficienza, equità e benessere della collettività che egli si propone di ottenere. Sebbene esistano numerose strutture tariffarie, nessuna è in grado di perseguire tutti gli obiettivi del regolatore in termini di benessere sociale, e contemporaneamente di soddisfare tutti i requisiti richiesti dagli utenti e dai gestori del servizio, ovvero: essere percepita come fair - ossia giusta, chiara ed equa - da tutti i consumatori (utenze domestiche, commerciali e industriali) garantire un flusso di ricavi adeguato e stabile nel tempo per il gestore e congrui ritorni per gli investitori incentivare il produttore al raggiungimento dell’efficienza statica (massimizzazione dell’output date le risorse impiegate nel processo di produzione) e dinamica (incentivo ad investire in tecnologie ad elevata produttività) essere comprensibile per tutti gli utenti tenere conto dei costi ambientali Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

6 6 La tendenza in atto oggi in Europa - e nei principali paesi sviluppati - è di fissare un prezzo per l’utente che tenga il più possibile conto di tutti i costi ( Full Cost Recovery ) connessi all’utilizzo ( User Pays Principle ) e al deterioramento ( Polluter Pays Principle ) della risorsa In un contesto particolare si situano le tariffe il cui onere è determinato esclusivamente in funzione della quantità consumata (per-unit charge), che sono efficienti in senso allocativo, in quanto impongono all’utente il pagamento dell’intero costo del servizio da lui utilizzato. Tali tariffe sono anche eque, poiché non prevedono sussidi al consumo da un gruppo di utenti ad un altro Purtroppo si tratta di meccanismi di difficile implementazione. In primo luogo, se il regolatore fissa un prezzo pari al costo marginale di produzione (massima efficienza allocativa) l’impresa incorre in perdita a causa della funzione di costo e della struttura di mercato dell’industria idrica, che si configura come monopolio naturale. La tariffazione al costo medio ( average cost pricing ) presenta anch’essa alcuni limiti, in quanto non è in grado di assicurare l’allocazione ottimale della risorsa, e può condurre all’instabilità dei flussi finanziari per il produttore Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

7 7 Per queste ragioni vengono quasi sempre scelte tariffe basate su componenti fisse e variabili, ossia meccanismi di regolamentazione basati su tariffe non lineari. Queste tariffe costituiscono un esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado, ove l’onere dovuto varia in funzione della quantità acquistata ma non dell’identità del consumatore, a differenza della discriminazione di prezzo perfetta (o di primo grado), che comporta che il prezzo pagato da ogni consumatore coincida con la propria disponibilità a pagare Tra le diverse tipologie di tariffe non lineari, le più utilizzate nell’industria idrica sono le “tariffe a due parti” e le “ tariffe a blocchi ” (o scaglioni). Dal momento che il primo tipo di tariffa può essere interpretato come un caso particolare del secondo, analizzeremo dapprima e più in dettaglio le tariffe a blocchi, che consistono in una sequenza di differenti prezzi marginali per distinti intervalli di domanda: Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

8 8 Dove, rispettivamente, P indica la funzione di prezzo; x i la quantità consumata dall’utente i-esimo, p 1 è il prezzo associato al primo blocco, applicato a tutte le quantità consumate fino al limite della quantità q 1, mentre p 2 è il prezzo del secondo blocco, applicato quando la quantità acquistata appartiene all’intervallo ( q1; q2 ) La distinzione tra queste variabili è importante perché la quantità di acqua consumata da un utente sottoposto a tariffazione a blocchi dipende sia dal prezzo marginale – che corrisponde al prezzo del blocco nel quale ricade la quantità totale consumata – sia dal sistema dei prezzi inframarginali. Si individuano due tipi di tariffe a blocchi:  a blocchi decrescenti, quando i prezzi inframarginali decrescono all’aumentare dei livelli di consumo (nel nostro esempio quando p1 > p2)  a blocchi crescenti quando i prezzi inframarginali aumentano all’aumentare dei livelli di consumo (p1 < p2) Nel settore idrico si hanno esempi sia di tariffe a blocchi crescenti che decrescenti, a seconda che il regolatore attribuisca maggiore importanza agli obiettivi di efficienza della produzione o agli obiettivi di allocazione ottimale e conservazione della risorsa idrica Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

9 9 Dal punto di vista dell’efficienza produttiva, una tariffa a blocchi decrescenti risulta preferibile. Poiché il consumo di minime quantità d’acqua è necessario per il soddisfacimento dei bisogni primari, possiamo attenderci che l’elasticità della domanda risulti inferiore nel primo blocco rispetto agli scaglioni successivi. Seguendo la regola di Ramsey (1927), l’individuazione della tariffa ottimale richiederà pertanto l’imposizione di un prezzo più alto nei primi scaglioni, cui corrisponderà una domanda più rigida Tuttavia l’imposizione di tariffe decrescenti conduce all’incentivazione del consumo, e risulta quindi in contrasto con le politiche di conservazione della risorsa, la cui importanza sta progressivamente aumentando. L’esigenza di promuovere un utilizzo efficiente e sostenibile dell’acqua ha acquisito notevole importanza negli ultimi decenni, sia nei paesi in via di sviluppo sia nelle economie avanzate. Le politiche di conservazione sono comuni nelle aree in cui la soddisfazione della domanda di servizi idrici è resa problematica dall’incremento demografico e/o dal depauperamento della risorsa dovuto alle condizioni climatiche ed alla contaminazione della risorsa Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

10 10 Un sistema a tariffe decrescenti può generare anche problemi di equità e sostenibilità. Può infatti verificarsi che i consumatori che acquistano quantità ridotte a causa di un limitato reddito paghino prezzi più elevati, mentre gli utenti con più potere d’acquisto possano beneficiare di maggiori quantità ad un prezzo ridotto. Queste considerazioni portano i regolatori ad orientarsi verso l’adozione di tariffe crescenti, che spesso consentono di ottenere benefici anche in termini di equità Una struttura a blocchi crescenti, o IBT (increasing block rate) è una specifica forma per il calcolo della parte volumetrica della tariffa che prevede l'applicazione di prezzi inframarginali crescenti per scaglioni progressivi di consumo. L’interesse per questa struttura è motivato dal discreto successo ottenuto negli ultimi anni per la regolazione dei prezzi sia nelle economie avanzate nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia anche le tariffe a blocchi crescenti possono generare problemi di sostenibilità. Da quanto emerso da alcuni studi empirici, la relazione tra livelli di reddito e consumo di acqua non è chiara, in quanto non è stata rilevata una relazione significativa tra reddito familiare e quantità consumate Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

11 11 Il livello di consumo di una famiglia risulta maggiormente correlato ad altre variabili, quali il numero di componenti il nucleo familiare o il numero di residenti nell’abitazione. In alcuni paesi, specialmente nel caso dei paesi in via di sviluppo, si osserva che all’aumentare del livello di reddito la dimensione del nucleo familiare diminuisce. In tal caso l’introduzione di tariffe crescenti può generare effetti perversi, specialmente nelle zone in cui la densità di popolazione è più elevata L’equità di un sistema tariffario dipende dalla struttura degli scaglioni, ossia dal numero e dalle dimensioni dei singoli blocchi e dalla sequenza dei prezzi stabilita. Per risolvere le problematiche connesse all’equità alcuni autori suggeriscono l’introduzione del minimum charge, ossia di un prezzo base (molto ridotto) nel primo scaglione di consumo, per far sì che ogni consumatore abbia l’opportunità di soddisfare i bisogni primari Tra le numerose tipologie di tariffe non lineari conosciute, una categoria molto utilizzata nella regolamentazione dei servizi a rete è quella delle tariffe “a due parti” o “binomie”. Una tariffa binomia comprende una parte fissa (canone per l’accesso alla rete, ), che non dipende dalla quantità acquistata e il cui pagamento da diritto al consumo del bene. La seconda componente è costituita da una parte variabile (tariffa d’uso, ), che varia in funzione della quantità consumata Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

12 12 La tariffa a due parti può essere interpretata come un tipo particolare di tariffa a blocchi, costituita da due blocchi decrescenti, ove la quota fissa rappresenta il prezzo pagato dal consumatore per la prima unità del bene. Perché l’applicazione di una tariffa binomia sia in grado di promuovere un consumo efficiente ed equo occorre che siano verificate alcune condizioni. Ogni utente che ha accesso alla rete (e che quindi abbia pagato il canone d’accesso) deve consumare effettivamente il bene. Questa condizione è di solito verificata per i servizi idrici, mentre nel caso di altri servizi a rete, quali ad esempio le telecomunicazioni, può accadere che un utente paghi l’accesso alla rete unicamente per ricevere telefonate Vi sono poi due ulteriori condizioni: il regolatore deve essere perfettamente informato sulla configurazione della domanda, e non devono sussistere esternalità associate all’accesso alla rete né costi di transazione. In presenza di tali condizioni il regolatore può fissare una tariffa a due parti che permetta di ottenere gli stessi risultati di una tariffa a blocchi: Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

13 13 Dove P indica sempre la funzione del prezzo, q la quantità d’acqua consumata, F è la quota fissa (canone per l’accesso alla rete) e p è la parte variabile o tariffa d’uso. Le tariffe a due parti presentano alcuni vantaggi sia per le imprese che per i consumatori, e godono pertanto di un discreto successo. In presenza di determinate condizioni permettono sia di raggiungere un risultato di first best (prezzo uguale al costo marginale e massima efficienza allocativa) sia di pareggiare il bilancio dell’impresa che offre il servizio, anche in presenza di una funzione di produzione a costi medi decrescenti. Le tariffe a due parti presentano anche il vantaggio di essere chiaramente comprensibili per i consumatori, i quali possono in ogni momento verificare la spesa corrispondente al loro livello di consumo Implicazioni economiche della regolazione della tariffa idrica

14 14 L’articolazione tariffaria per il settore idrico è tuttora disciplinata dai provvedimenti C.I.P. n. 45 e n. 46 del 1974, che hanno istituito una struttura a blocchi crescenti di consumo (increasing block rate), con la possibilità di prevedere dei correttivi per aumentare l’equità e sostenibilità della tariffa. Come è stato detto queste tariffe hanno il vantaggio di perseguire obiettivi:  sociali: garantire l’accesso per tutti i cittadini a quantitativi essenziali di acqua, assicurando la soddisfazione dei bisogni essenziali anche alle fasce più deboli della popolazione,  ambientali: promuovere un uso efficiente e sostenibile della risorsa premiando i comportamenti corretti e disincentivando gli utilizzi eccessivi e gli sprechi Le tariffe vigenti si compongono di una quota fissa (determinata in base alle componenti del costo del servizio) e di una parte variabile (funzione delle quantità consumate), soggetta ad aumenti progressivi per scaglioni di consumo. I provvedimenti C.I.P. prevedono che per tutte le tipologie d’utenza, eccetto gli usi agricoli, sia individuato il livello di consumo di base (c) cui è associata la “tariffa base unificata” Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria

15 15 Per le eccedenze sono applicate maggiorazioni, articolate in fasce di maggior consumo, fino a un massimo di 3: la tariffa “primo supero”, applicata ai volumi compresi nell’intervallo, la tariffa “secondo supero”, per le quantità comprese nell’intervallo e la tariffa “terzo supero” per i volumi che ammontano a più del doppio del livello base Ulteriori indicazioni sull’articolazione si riscontrano nel D.M. 1/8/96 nel quale si afferma che spetta all’Ambito il compito di definirne i termini. La legge 36/94 abrogata dal Decreto legislativo 152/06 che ne riprende gran parte delle indicazioni anche in materia tariffaria stabilisce i seguenti criteri:  per fasce di utenza : Consiste nell’adozione di una diversa tariffa in dipendenza degli usi della risorsa (ad esempio, domestici, industriali, agricoli, pubblici, eccetera). La disciplina giuridica di tale criterio tariffario deriva dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 36/94, dall’articolo 7, comma 1, del Metodo, e dai provvedimenti CIP n. 45/74, n. 46/74 e n. 26/75.  Territoriale : Consiste nella adozione di tariffe diverse in dipendenza della zona nella quale queste devono essere applicate (ad esempio, in riferimento alla medesima fascia di utenza e agli stessi livelli di consumo, può darsi che si adottino tariffe diverse in due aree contigue). Il quadro normativo di riferimento di tale criterio deriva dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 36/94 e dall’articolo 7, comma 1, del Metodo Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria

16 16  Secondo categorie di reddito : con riferimento alla fascia di utenza domestica, consiste nella adozione di tariffe differenziate in dipendenza del reddito degli utenti (ad esempio, l’adozione di una tariffa agevolata per gli utenti che dimostrano di avere un reddito inferiore ad una determinata soglia). Al riguardo, il riferimento normativo è rappresentato dall’articolo 13, comma 7, della legge n. 36/94  Tra comuni : Consiste nell’adozione di tariffe diverse nei Comuni che compongono l’Ambito Territoriale Ottimale, considerando anche gli investimenti, precedentemente effettuati in tali zone, che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato. Al riguardo, il riferimento normativo è rappresentato dall’articolo 13, comma 9, della legge n. 36/94  Per livelli di consumo: consiste nell’adozione di una tariffa unitaria (€/mc) diversa in dipendenza del livello di consumo effettuato dall’utente (ad esempio, la tariffa agevolata, la tariffa base, la tariffa relativa alle eccedenze). La disciplina giuridica di tale criterio tariffario deriva dai provvedimenti CIP n. 45/74, n. 46/74 e n. 26/75 Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria

17 17 La normativa regionale, in accordo con le indicazioni fornite dalla disciplina europea e nazionale, affida all’Autorità d’ambito il compito di disegnare l’articolazione della tariffa per differenti categorie di utenza (art. 8 del citato D.G.R. 8/5448) Le categorie individuate sono 8, distinte a seconda dell’uso come di seguito descritto:  U dom utenze (domestiche) residenti;  UII utenze (domestiche) non residenti;  UA/C utenze artigianali-commerciali,  U ind utenze industriali,  U ag utenze agricole,  U st utenze stagionali,  U pub utenze pubbliche,  U inc utenze per servizi antincendio La normativa regionale uniforma le categorie di utenze da tariffare, assai di frequente codificate con criteri assai eterogenei anche tra bacini contigui Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria

18 18 Rispetto ai modelli possibili di articolazione di cui si è ampiamente scritto, la Regione Lombardia indica quella a blocchi crescenti esplicitando che: “ ciascun utente paga la quota fissa e la parte variabile della tariffa relativa al servizio che realmente utilizza, entrambe le componenti sono ulteriormente articolate per singola componente del servizio (acquedotto, fognatura, depurazione) ” Ne deriva che la tariffa pagata da una generica utenza domestica è costituita da: Dove: o F Udom è la fattura totale del servizio idrico per una generica utenza domestica o sono le quote fisse del corrispettivo per i corrispondenti servizi (acquedotto, fognatura, depurazione) o sono le quote variabili del corrispettivo per i diversi servizi o q ACQ q AFOG q DEP sono le quantità consumate (in metri cubi) relative ad ogni servizio Tecniche e criteri dell’articolazione tariffaria

19 19 La sostenibilità delle tariffe dei servizi pubblici essenziali è una questione la cui rilevanza è generalmente condivisa, ma la cui interpretazione risulta spesso fonte di equivoci Quando l’oggetto di indagine è un servizio pubblico, è opportuno distinguere tra “ system affordability ” e “ customer affordability ” (Rubin, 2001). Il primo tipo di sostenibilità riguarda la capacità del settore di finanziare gli investimenti, soprattutto in merito alle capacità del sistema di reperire credito e di attrarre capitale di rischio, mentre il secondo tipo riguarda l’abilità dei consumatori (o di alcune determinate categorie) a pagare per accedere al servizio, in particolare ai livelli minimi considerati “essenziali” per il soddisfacimento dei bisogni umani. Nel presente studio faremo riferimento al secondo aspetto della sostenibilità, conosciuto anche come “ ability to pay ” dei consumatori, da non confondere con il concetto, altrettanto noto, di “ willingness to pay ”, che riguarda invece quanto i consumatori sono disposti a pagare per accedere a determinati livelli di servizio. L’affordability dei servizi pubblici essenziali è spesso associata alla questione della povertà, non solo nei paesi in via di sviluppo, ove la sostenibilità dei c.d. utility services è uno degli indicatori utilizzati per misurare la povertà, ma anche nei paesi sviluppati. Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

20 20 Ciò vale soprattutto per i servizi idrici, infatti, come osserva Peruzzi (2004), la sostenibilità di un servizio di acquedotto può essere diversa a seconda del reddito delle famiglie e della loro collocazione sul territorio. Le famiglie più povere sono anche le più sensibili al tema della sostenibilità dei livelli minimi di servizio, perché, a parità di consumi e spesa, devono destinare una quota maggiore del proprio reddito al pagamento dei bisogni essenziali rispetto alle famiglie più ricche. Per questa ragione gli studi di affordability hanno come ambito prevalente di indagine le fasce più deboli della popolazione. Come si misura la sostenibilità di una tariffa? L’indicatore più semplice, e più comune, è il c.d. affordability ratio, definito come quota del reddito di una famiglia destinata al pagamento della fattura mensile. In alcuni casi la spesa per servizi è valutata in relazione alla spesa complessiva della famiglia. Quale delle due variabili preferire è argomento dibattuto in letteratura: l’OECD consiglia di utilizzare, ove possibile, il reddito disponibile, mentre altri ritengono che la spesa media fornisca informazioni più accurate in quanto il reddito familiare, specie nei paesi in via di sviluppo, non considera alcune fonti di entrata Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

21 21 Il primo studio, in ordine cronologico, ad affrontare il tema della sostenibilità delle tariffe idriche in Italia risale al 2002 ed è opera dell’OECD. Oggetto dell’analisi sono le implicazioni sociali dell’offerta e della regolazione dei servizi idrici nei paesi membri dell’organizzazione, tra cui l’affordability della tariffa, misurata tramite alcuni indicatori (macro e micro) che rapportano la spesa per servizi idrici al reddito medio disponibile delle famiglie (ove il dato è reperibile, in mancanza di questo è stato utilizzato il reddito medio lordo o la spesa media). L’analisi del caso italiano, effettuata su dati reperiti in due studi risalenti a 1998 e 2002, ha riguardato la spesa media delle famiglie Si riportano in tabella la sintesi dei principali risultati per l’Italia dell’indagine OECD Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

22 22 Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

23 23 In seguito Peruzzi (2004), in uno studio sugli effetti della riforma dei servizi idrici sulle tariffe e sulla spesa delle famiglie, ha nuovamente affrontato il tema della sostenibilità delle tariffe idriche, aggiornando le stime dell’OECD con i nuovi dati disponibili, e focalizzando l’analisi sulle fasce più deboli della popolazione, ossia, le famiglie i cui livelli di spesa sono al di sotto delle soglie di povertà (assoluta e/o relativa) fissate dall’ISTAT. Si riportano i principali risultati dello studio su 22 gestioni italiane Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

24 24 Le analisi effettuate sulle simulazioni dimostrano, in particolare, che le tariffe di tipo IBT adottate in Italia, composte di una quota fissa e una quota variabile progressiva per scaglioni crescenti di consumo, possono influire negativamente sulla sostenibilità. È il caso delle fasce di consumo definite per utenza, che penalizzano le famiglie più numerose. Si assume infatti che il consumo della famiglia aumenti meno che proporzionalmente (secondo una relazione loglineare) al crescere dei componenti del nucleo familiare, tralasciando dunque le differenti preferenze e inclinazioni al risparmio dei singoli consumatori. L’analisi di sostenibilità condotta sugli scenari simulati dimostra che le categorie di utenza più penalizzate sono le famiglie numerose (con 4 e 5 o più componenti) in condizioni di povertà relativa e assoluta secondo la classificazione ISTAT. Lo studio dimostra infine che la sostenibilità delle tariffe a blocchi crescenti può essere notevolmente migliorata introducendo un’articolazione per numero di componenti in luogo dell’articolazione per utenza Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

25 25 A risultati analoghi perviene anche uno studio più recente, riguardante la sola Regione Toscana, pubblicato nel novembre 2007, in cui sono stati analizzati i possibili effetti di alternativi metodi di tariffazione sulla spesa per il servizio idrico e sul reddito disponibile delle famiglie toscane. L’indagine è stata condotta su 4 scenari, costruiti sulla base dei seguenti criteri di tariffazione: 1)il primo relativo alla situazione attuale (al 2005) negli ambiti toscani, ove il numero di bacini tariffari è pari a 6 (uno per ogni ATO), in ognuno dei quali è applicata una determinata articolazione di tipo IBT con fasce per utenza; 2)il secondo scenario prevede l’applicazione di un consumo pro capite minimo, garantito e gratuito, pari a 40 l/ab/giorno, basato su una proposta di legge inoltrata dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua; 3)il terzo scenario ipotizza l’adozione di una tariffa di tipo IBT con fasce per componente del nucleo familiare; 4)infine, il quarto scenario prevede l’applicazione delle agevolazioni ISEE, previste in 4 dei 6 ambiti toscani, per le famiglie in condizioni disagiate che ne facciano richiesta l’analisi di affordability, condotta sul complesso delle famiglie toscane, al contrario delle precedenti indagini, non prevede focus sui redditi disagiati Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

26 26 I risultati proposti in tabella rivela che, allo stato attuale, l’onere della tariffa ricade soprattutto sulle famiglie numerose (4 e più componenti). La mancata disponibilità di un’analisi per classi di reddito familiare non ci permette di rilevare se le famiglie più numerose siano anche quelle che si trovano in situazioni economiche più svantaggiate, potendo questo costituire uno sviluppo interessante per futuri approfondimenti Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

27 27 L’applicazione del regime tariffario della proposta di legge migliorerebbe la sostenibilità della spesa idrica per le famiglie numerose, a scapito di una maggiore incidenza degli oneri per le coppie e le famiglie con 3 componenti. L’adozione di una struttura IBT per componente apporterebbe benefici ancora più rilevanti per le famiglie con 4 o più componenti, bilanciati da maggiori oneri per le coppie e i singles. Infine, la disposizione di agevolazioni ISEE da parte di tutti gli Ato condurrebbe a miglioramenti, di minore portata, per le famiglie con più di 4 componenti a fronte di variazioni lievi per le altre tipologie familiari Un altro studio particolarmente interessante, in relazione agli indici proposti, è opera di Miniaci, Scarpa e Valbonesi (2008), ed esamina gli effetti delle recenti riforme del settore dei servizi pubblici locali sulla sostenibilità delle tariffe di energia elettrica, gas naturale (teleriscaldamento) e servizi idrici L’affordability è qui valutata tramite categorie di indici che si distinguono sia per la formulazione sia per le variabili considerate. La prima distinzione riguarda le categorie di indici “ headcount ” e “ poverty gap ”. Gli indicatori del primo tipo mettono in evidenza la quota della popolazione che paga “troppo” per i servizi idrici rispetto a una soglia fissata, seguendo opportuni criteri, all’1,8% della spesa familiare. Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

28 28 Il limite di questa tipologia di indice si riscontra nella mancata considerazione delle condizioni di vita delle famiglie. In particolare, non è in grado di discriminare le famiglie i cui problemi di sostenibilità sono aggravati da una situazione di spesa al di sotto della soglia di povertà I “ poverty gap ” sono indici più sofisticati che tengono conto anche di quanto la spesa delle utenze non sostenibili sia effettivamente prossima alla soglia critica. Il parametro α (descritto nella tabella successiva) riflette il peso che i policy makers attribuiscono alla questione della sostenibilità. L’indice può essere costruito attribuendo valori diversi di per differenti categorie d’utenza, e effettuando una somma ponderata in rapporto alla proporzione di famiglie, rispetto al numero totale, che rientrano in una determinata categoria. Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

29 29 Indicatori di sostenibilità proposti da Miniaci, Scarpa e Valbonesi (2008) Gli indici riferiti alla spesa sono calcolati sia rispetto al consumo osservato, sia sulla base di un profilo standard, ritenuto il minimo necessario per la soddisfazione di bisogni essenziali e per garantire adeguate condizioni di vita. In accordo con il pensiero di Hancock (1993), il consumo (minimo) di un servizio pubblico è assimilato al consumo di un bene di merito, e il livello dello standard va fissato tenendo conto di opportune determinanti, tra cui, la composizione della famiglia (n° componenti, presenza di anziani, bambini) e l’efficienza delle water appliances. Miniaci et al (2008) propongono uno standard pari alla spesa mediana, per ogni servizio pubblico, sostenuta dalle famiglie in condizioni di povertà relativa, distinte per dimensione del nucleo familiare e area di residenza Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

30 30 I differenti approcci conducono, per gli indici “ headcount ” a risultati molto diversi: se per circa il 13% delle famiglie italiane nel 2005 la spesa per servizi idrici non era sostenibile, solo per il 5% i consumi essenziali erano effettivamente non sostenibili. Il secondo risultato è maggiormente significativo in quanto il riferimento a livelli essenziali di consumo ci consente di evitare alcuni errori concettuali, riconducibili all’inserimento delle famiglie con consumi elevati e alti redditi tra i potenziali bersagli di un problema di affordability. Un altro elemento innovativo introdotto da Miniaci et al. è l’esame dei profili di affordability dei servizi pubblici in relazione al reddito residuo (il reddito che rimane alla famiglia dopo aver pagato le fatture alle utilities). Quest’ultima categoria di indici nasce da un approccio diverso L’idea di base è che la questione “affordability” riguardi le famiglie che non hanno reddito sufficiente a finanziare livelli minimi di spesa per servizi idrici e altri consumi essenziali (accorpati in un unico “bene composito” che identifica un determinato paniere di riferimento). Nell’analisi, le famiglie considerate “sensibili” sotto il profilo sostenibilità sono quelle i cui profili di spesa per servizi idrici e/o “altri beni” sono inferiori alla soglia dei consumi essenziali Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

31 31 In particolare, si sono considerate le tre seguenti categorie di utenze: 1.le famiglie in condizione di povertà assoluta, che non possono finanziare consumi essenziali e/o livelli minimi di servizio; 2.le famiglie “over-consuming”, con redditi al di sopra della linea di povertà, il cui “eccessivo” consumo di servizi idrici non gli permette di finanziare gli altri consumi essenziali; 3.le famiglie “under-consuming”, con redditi al di sopra della linea di povertà ma che non possono accedere a livelli minimi di servizi Purtroppo non è possibile esaminare il caso dei soli servizi idrici perché sono disponibili solo i risultati relativi al complesso dei servizi analizzati. Tuttavia, l’analisi di sostenibilità dei servizi idrici in termini di reddito residuo rappresenta uno spunto interessante per ricerche future. Infine, l’ultima e più recente indagine italiana sulle tariffe dei servizi pubblici locali, che affronta anche il tema della sostenibilità della spesa delle famiglie per i servizi idrici, risale al 2009 e riguarda la sola regione Piemonte Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

32 32 L’analisi riguarda l’impatto della spesa complessiva per acqua, gas e rifiuti sui consumi totali delle famiglie residenti nei capoluoghi di provincia e in altre otto città piemontesi, distinte per numerosità del nucleo familiare. Anche in questo caso non sono disponibili dati sull’incidenza della spesa per il solo servizio idrico. L’esame dell’intero settore dei servizi pubblici individua negli anziani soli, le famiglie numerose e i monoreddito le categorie più colpite da problemi di sostenibilità Sostenibilità della spesa per il servizio idrico integrato

33 33 L’universo di riferimento è composto da 155.550 utenze suddivise in 9 classi di consumo di cui circa135mila classificate negli “usi domestici”. In coerenza con gli obiettivi fissati dalla ricerca le analisi di sostenibilità si focalizzeranno su questo segmento servito il quale rappresenta il 72% della domanda di risorsa idrica corrispondente a 21.372.968 mc d’acqua consumata nel 2009. Profili di consumo nell’ATO Cremonese Padania AcqueAEMSCSASPMASMAPESSoncinoRivoltaTorlinoATO N° osservazioni/utenze 80.030 43.711 11.983 5.024 4.688 4.016 3.377 2.576 145 155.550 1Uso domestico 70.935 36.604 10.324 4.470 4.112 3.516 2.925 2.302 135 135.323 2 Uso commerciale - artigianale 3.327 3.826 888 489 439 237 209 187 6 9.608 3 Uso enti pubblici - comunita' 1.429 229 170 40 37 66 22 38 1 2.032 4Uso industriale 371 111 104 6 50 18 51 12 686 5Uso agricolo 129 - 3 6 6 - 1 - 1 146 6Uso zootecnico 250 - - - 3 23 - - 276 7Case di cura 25 3 3 1 2 - 2 3 39 8Altri usi 2.800 2.973 404 12 39 156 158 23 2 6.567 9Uso antincendio 764 2 87 - - 9 11 873 Utenze Singole 78.791 43.244 11.000 4.984 4.682 ND 3.271 2.333 ND 148.305 Utenze Condominiali 1.239 467 983 40 6 ND 106 243 ND 3.084

34 34 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Tipologia di utenze ATO n° utenze ATO mc Acq ATO mc Fogn ATO mc Dep Volumi Acq % Volumi Fogn % Volumi Dep % Totale 155.587 29.821.188 29.838.825 27.633.078100% Uso domestico 135.323 21.372.968 20.965.311 19.227.30271,7%70,3%69,6% Uso commerciale - artigianale 9.608 2.695.574 2.625.654 2.533.5249,0%8,8%9,2% Uso enti pubblici - comunita' 2.032 1.112.832 986.201 884.6563,7%3,3%3,2% Uso industriale 723 1.692.607 2.657.106 2.604.6935,7%8,9%9,4% Uso agricolo 146 40.413 27.832 22.5960,1% Uso zootecnico 276 322.888 77.277 44.4801,1%0,3%0,2% Case di cura 39 680.132 567.1042,3% 2,1% Altri usi 6.567 1.797.830 1.752.055 1.688.8976,0%5,9%6,1% Uso antincendio 873 105.944 67.258 59.8270,4%0,2% Ripartizione dei volumi fatturati per tipologia di utenza

35 35 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Suddivisione dei bacini tariffari acquedotto per Gestore

36 36 Le informazioni di partenza contenute nel data base dei gestori sono state rielaborate al fine di rendere i bacini di utenze servite omogenei tra loro. In particolare si è proceduto ad un riallineamento della classificazione delle tipologie di utenze (domestiche, commerciali, etc.) con una ricodifica delle definizioni adottate dalle aziende, piuttosto difformi tra loro I bacini sono stati analizzati singolarmente per mettere a fuoco i peculiari comportamenti di consumo determinati dagli specifici livelli tariffari applicati Le utenze condominiali sono un sottoinsieme ridotto che incide per il 2,02% sul totale delle utenze. Si rilevano però alcune situazioni in cui il fenomeno ha un peso maggiore: 8,9% nella città di Crema e 10,4% a Rivolta, quest’ultimo rappresentativo del 2,02% della popolazione residente. Si è ritenuto opportuno ricondurre le utenze condominiali a quelle singole attribuendo il valore medio (volumi totali rapportati al numero di nuclei che compongono il condominio). L’elevata numerosità dell’universo osservato riesce a compensare l’errore che deriva da questa approssimazione. Profili di consumo nell’ATO Cremonese

37 37 Al termine delle procedure di riallineamento della base dati sono state elaborate le distribuzioni percentili per decili di volumi fatturati per i domestici per ciascun bacino tariffario Attraverso tale metodologia è possibile individuare: -Il posizionamento della fascia di consumo modale -Le utenze che sebbene siano attive hanno fatto registrare volumi nulli (abitazioni non occupate) -Le osservazioni “outlier” che si posizionano con livelli di consumo estremamente ridotti o eccessivamente elevati. -I nuclei che ricadono in questi sottoinsiemi configurano situazioni particolari, nel primo caso si tratta di nuclei non propriamente domestici (uffici). -Le osservazioni con volumi d’acqua fatturati elevati hanno un uso improprio della risorsa (irrigazione giardini, piscina, attività commerciale scambiata per domestica, etc.) Profili di consumo nell’ATO Cremonese

38 38 L’obiettivo di questa prima fase dello studio è quello di individuare i profili di consumo dei domestici in funzione della numerosità del nucleo familiare Questo livello di conoscenza è stato raggiunto attraverso un processo deduttivo e di stima in quanto la base dati dei gestori non distingue le utenze in base al requisito della numerosità dei componenti. Le rappresentazioni grafiche che seguono descrivono la ripartizione delle utenze per classe di consumo. Gli istogrammi individuano: le classi modali, ovvero con la frequenza più elevata di utenze L’incidenza delle utenze nulle o con consumi molto bassi La numerosità dei nuclei con consumi anomali La scelta delle fasce di consumo attraverso cui rappresentare il fenomeno prende spunto dai criteri di articolazione utilizzati nell’ATO Profili di consumo nell’ATO Cremonese

39 39 Profili di consumo nell’ATO Cremonese La classe modale del bacino servito da AEM Spa è nella fascia di consumo “100-150” e la numerosità degli estremi è simmetrica Al fine di poter utilizzare nel prosieguo strumenti di analisi più sofisticati è necessario verificare la normalità della distribuzione osservata, non è, infatti, sufficiente che vi sia una forma “campanulare” visivamente percettibile per stabilire che la distribuzione approssima ad un gaussiana.

40 40 Per essere certi della “normalità” della distribuzione osservata sono state effettuate delle verifiche statistiche, di comune applicazione, i cui risultati sono presentati nel seguito Infatti, l’“attraente” distribuzione a forma di campana potrebbe essere l’effetto del tipo di raggruppamento utilizzato nel costruire le classi di consumo, la conferma metodologica che il fenomeno si distribuisce come una gaussiana proviene dalla verifica sulla media tramite il T-test, in cui risulta una significatività molto alta con un errore residuo pressoché nullo L’esemplificazione riportata per il caso AEM Cremona è stata applicata su tutti i bacini serviti confermando tale caratteristica One-Sample Statistics NMean Std. Deviation Std. Error Mean EROG 38.619120,9860,7564,380 One-Sample Test Test Value = 0 tdf Sig. (2- tailed) Mean Difference 95% Confidence Interval of the Difference LowerUpper EROG 27,602386180,0000120,9112,31129,48 Profili di consumo nell’ATO Cremonese

41 41 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Si sottolinea che nelle rappresentazione grafica la fascia “0-30” include le utenze con consumi fino a 5 mc/anno Padania Acque, il gestore con il bacino più numeroso ed esteso territorialmente, presenta la medesima classe modale di AEM Cremona, la società che serve il capoluogo, e fa riferimento ad un profilo di utenti che, contrariamente a Padania Acque, è concentrato e urbanizzato.

42 42 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Scs, Società Cremasca Servizi, opera nella città di Crema ed in alcuni comuni limitrofi. E’ il terzo gestore per dimensione dell’ATO. La classe modale in questo caso è spostata alla fascia successiva “da 150 a 200”. Questo bacino si caratterizza, infatti, per una propensione dei consumi più elevata rispetto alle altre realtà.

43 43 Profili di consumo nell’ATO Cremonese ASPM Soresina e ASM Castelleone sono società monocomunali.

44 44 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Nel comune di Rivolta e Soncino il servizio è svolto direttamente dal Comune. Per le aree relative ad APES Pandino e al Comune di Torlino Vimercati, rispetivamente la società di gestione del servizio ed il Comune non hanno potuto fornire il dettaglio della base utenti, pertanto non è stato possibile effettuare questo tipo di rappresentazione grafica e neanche le successive. Per questi due comuni le osservazioni sono state inserite in modo fittizio utilizzando i dati aggregati messi a disposizione dagli operatori, simulando che si distribuiscano come la distribuzione standard dell’ATO

45 45 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Su scala provinciale si evidenzia quanto segue:  Il numero di osservazioni con consumi nulli supera le 7mila unità, mentre quelle che superano i 450 mc sono circa 2000.  La classe con la più alta frequenza si conferma essere quella da 100 a 150 mc Come era prevedibile l’aggregazione delle osservazioni porta ad una riduzione delle differenze territoriali che convivono nell’ATO

46 46 Profili di consumo nell’ATO Cremonese Le differenze territoriali hanno origine sia da specifici comportamenti di consumo legati al modello di urbanizzazione (piccoli centri, città) sia dai criteri di articolazione tariffaria adottati dai singoli gestori che hanno effetti di incentivazione o disincentivazione della domanda di risorsa Lo studio si pone l’obiettivo di:  allineare tutte le sub-aree di gestione ad un unico criterio di articolazione  simulare gli effetti dell’applicazione di un’agevolazione tariffaria per nuclei familiari numerosi che riguardi in modo uniforme l’intero ATO Come detto in precedenza lo strumento di analisi corretto per studiare i profili di consumo è l’analisi della distribuzione di frequenze per percentili di volume d’acqua fatturato Il percentile ripartisce le osservazioni di una distribuzione, organizzate in ordine crescente rispetto alla variabile oggetto di studio, in modo uguale nelle classi di percentile, le quali possono essere a seconda dell’analisi condotta: quartili (le osservazioni sono ripartite in quattro classi ognuna contenente il 25% delle unità), o quintili (ciascun percentile contiene il 20% delle osservazioni), etc.

47 47 Nel caso in esame è stato scelto di utilizzare la distribuzione per decili di consumo costruita togliendo le osservazioni “estreme” evidenziate nei grafici precedenti Il taglio è stato effettuato, oltre che per le utenze nulle, anche per quelle che consumano al di sotto dei 40 mc annui e per quelle che si posizionano al di sopra dei 365 mc Per le prime si configura un consumo giornaliero inferiore ai 110 litri/ab/g considerato “anomalo”, le seconde presentano un consumo superiore ai 1000 litri/ab/g. In entrambi i casi si tratta di modelli di utilizzo della risorsa al di fuori degli standard delle famiglie Le osservazioni scartate rientreranno nell’elaborazione successivamente in quanto rimangono a tutti gli effetti utenze assoggettate a tariffa e quindi fonte di ricavo Per le specifiche finalità dell’analisi sono invece di disturbo. Infatti l’obiettivo è di ricostruire una funzione di consumo in grado di assegnare, in base ai volumi fatturati, la dimensione del nucleo familiare a ciascuna utenza Metodologia di studio della base dati

48 48 Le distribuzioni per decili di consumo rappresentano il punto di partenza attraverso cui assegnare alle osservazioni la dimensione del nucleo, si presentano i risultati per singolo gestore in quanto la ricostruzione dei profili di domanda della risorsa è stata elaborata a partire dalle sub-aree Le rappresentazioni indicano per ciascun decile la media del consumo rilevata al suo interno Metodologia di studio della base dati

49 49 Bacino di AEM Cremona Metodologia di studio della base dati Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 6.617 379.20422,82 57,3 9,9 2do 4.411 758.48238,03 86,0 6,8 3zo 3.516 1.137.69650,15 107,9 5,6 4to 2.994 1.516.87860,47 126,6 5,2 5to 2.621 1.896.23169,51 144,7 5,4 6to 2.311 2.275.46377,48 164,1 5,9 7mo 2.030 2.654.64884,48 186,8 7,2 8vo 1.764 3.033.91790,56 215,0 9,0 9no 1.512 3.413.11495,77 250,8 11,3 10mo 1.224 3.792.49999,99 310,0 25,2

50 50 Metodologia di studio della base dati Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 13.780 959.97123,06 69,7 16,4 2do 8.578 1.920.02537,41 111,9 8,5 3zo 6.969 2.880.05449,07 137,8 6,6 4to 5.998 3.840.14659,11 160,1 6,2 5to 5.314 4.800.16468,00 180,7 6,0 6to 4.764 5.760.14975,97 201,5 6,2 7mo 4.279 6.720.16383,13 224,4 7,0 8vo 3.821 7.680.36389,52 251,3 8,7 9no 3.370 8.640.20695,16 284,8 11,1 10mo 2.893 9.600.459100,00 331,9 17,7 Bacino di Padania Acque

51 51 Metodologia di studio della base dati Bacino di Scs Crema Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 2.992 210.78422,21 70,4 17,1 2do 1.853 421.66135,96 113,8 8,5 3zo 1.518 632.50647,23 138,9 5,5 4to 1.352 843.40357,27 156,0 4,6 5to 1.225 1.054.31166,36 172,2 4,7 6to 1.116 1.265.19974,64 189,0 4,4 7mo 1.021 1.476.04182,22 206,5 5,4 8vo 919 1.686.86889,04 229,4 8,2 9no 811 1.897.76095,06 260,0 10,9 10mo 665 2.108.674100,00 317,2 22,9

52 52 Metodologia di studio della base dati Bacino di ASPM Soresina Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 842 54.40423,63 64,6 14,2 2do 526 108.93038,39 103,7 8,3 3zo 418 163.35450,12 130,2 7,2 4to 358 217.78160,16 152,0 5,7 5to 319 272.34069,11 171,0 6,3 6to 281 326.66476,99 193,3 6,8 7mo 248 381.13683,95 219,6 8,0 8vo 218 435.69290,07 250,3 10,0 9no 190 490.05995,40 286,1 10,2 10mo 164 544.737100,00 333,4 16,7

53 53 Metodologia di studio della base dati Bacino di ASM Castelleone Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 789 55.05923,72 69,8 17,1 2do 485 110.17038,30 113,6 9,4 3zo 387 165.20249,94 142,2 7,3 4to 333 220.31559,95 165,5 6,6 5to 293 275.53168,76 188,5 6,7 6to 257 330.50576,49 213,9 7,2 7mo 230 385.73983,41 240,1 8,4 8vo 206 440.77289,60 267,2 7,8 9no 184 495.96795,13 300,0 10,2 10mo 162 551.128100,00 340,5 14,4

54 54 Metodologia di studio della base dati Bacino del Comune di Rivolta Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 555 43.61921,04 78,6 18,7 2do 365 87.28834,88 119,6 8,3 3zo 303 130.87946,37 143,9 5,7 4to 271 174.60456,64 161,3 4,1 5to 248 218.19566,04 175,8 4,7 6to 224 261.88274,53 195,0 6,2 7mo 201 305.42782,15 216,6 6,6 8vo 181 349.13789,01 241,5 7,8 9no 158 392.68395,00 275,6 11,2 10mo 132 436.527100,00 332,2 18,0

55 55 Metodologia di studio della base dati Bacino del Comune di Soncino Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 566 37.22524,00 65,8 15,2 2do 345 74.40638,63 107,8 9,2 3zo 273 111.65250,21 136,4 7,0 4to 236 148.91860,22 157,9 5,8 5to 207 186.14069,00 179,8 7,1 6to 183 223.35876,76 203,4 6,7 7mo 164 260.73083,72 227,9 8,1 8vo 145 297.81989,87 255,8 7,9 9no 129 335.06195,34 288,7 12,0 10mo 110 372.579100,00 341,1 15,4

56 56 Metodologia di studio della base dati Provincia di Cremona Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 26.523 1.740.64323,24 65,6 14,5 2do 16.628 3.481.30437,81 104,7 8,3 3zo 13.367 5.221.93449,52 130,2 6,6 4to 11.498 6.962.58759,60 151,4 5,9 5to 10.154 8.703.24768,50 171,4 5,8 6to 9.058 10.443.86776,44 192,2 6,2 7mo 8.098 12.184.49783,54 214,9 7,0 8vo 7.189 13.925.18389,84 242,1 8,7 9no 6.298 15.665.83395,36 276,4 12,0 10mo 5.311 17.406.603100,01 327,8 19,3

57 57 E’ noto dalla letteratura sul tema che il consumo procapite si riduce all’aumentare del numero dei componenti il nucleo familiare. Vi è un effetto positivo sui livelli di domanda di risorsa nell’economia di scala attivata dai nuclei con più componenti Tale risultato è evidenziato dall’andamento della media per decile dei volumi fatturati per singola utenza I grandi consumatori si ipotizza siano le famiglie più numerose, tuttavia la crescita non è proporzionale all’aumentare dei componenti. La curva che meglio approssima le medie dei decili è, infatti, una funzione di potenza Dalla distribuzione per decili dei volumi fatturati per utenza è possibile ricavare una ipotesi di stima del consumo procapite per abitante, rapportando la media di ciascun percentile al numero di componenti che si presume possano esprimere quel livello di domanda y = 63,8 (x) 0,65 Metodologia di studio della base dati

58 58 L’associazione consumo-dimensione famiglia, senza il reale incrocio tra la banca dati Istat o l’anagrafica del comune e l’archivio clienti del gestore ha richiesto alcuni passaggi specifici I dati censuari permettono di ricostruire la distribuzione delle famiglie per dimensione. Trattandosi di informazioni obsolete, sono state aggiornate al 2007, ultimo anno per il quale è noto il numero di nuclei familiari per comune dell’Ambito La numerosità delle due popolazioni (anagrafica e utenze servite) non coincidono N° Fam 2007 Distribuzione Istat 2001 1 persona 11.55833,1% 2 persone 10.81730,9% 3 persone 7.51421,5% 4 persone 4.06911,6% 5 persone 8062,3% 6 o più persone 1890,5% Tot. 34.953 Fonte: elaborazione su dati Istat e camera di commercio di Cremona Metodologia di studio della base dati

59 59 I confini tra decili rappresentano i punti ove è maggiore la probabilità di compiere l’errore di considerare delle osservazioni appartenenti ad una tipologia di nucleo sbagliata. Infatti, utenti particolarmente “spreconi” possono essere scambiati per famiglie numerose, o viceversa, comportamenti virtuosi possono essere assegnati a nuclei dalla numerosità ridotta Nasce una criticità nelle “code” delle distribuzioni all’interno dei decili, evidente nei casi in cui vi è un’elevata variabilità come nei primi decili come dimostra la distribuzione totale ATO Metodologia di studio della base dati Decile N° Osserv Volumi Cum% Utenze Media St Dev 1mo 26.523 1.740.64323,24 65,6 14,5 2do 16.628 3.481.30437,81 104,7 8,3 3zo 13.367 5.221.93449,52 130,2 6,6 4to 11.498 6.962.58759,60 151,4 5,9 5to 10.154 8.703.24768,50 171,4 5,8 6to 9.058 10.443.86776,44 192,2 6,2 7mo 8.098 12.184.49783,54 214,9 7,0 8vo 7.189 13.925.18389,84 242,1 8,7 9no 6.298 15.665.83395,36 276,4 12,0 10mo 5.311 17.406.603100,01 327,8 19,3

60 60 La situazione come quella descritta nel grafico rappresenta due distribuzioni “tipo” utilizzate nell’inferenza statistica, in cui vi è una sovrapposizione di aree alle quali sottendono le medesime osservazioni Il “problema” si risolve attraverso un Test di Ipotesi sulla varianza stimata con media nota, per sottoporre a verifica la varianza osservata nel secondo decile (ipotesi alternativa), considerato che la variabilità degli altri decili rappresenta l’ipotesi nulla (quella di partenza) H 0 : σ 2 0 = 14.98 H 1 : σ 2 1 > σ 2 0 Si vuole verificare se osservazioni con varianza superiore possono appartenere alla stessa distribuzione di H 0 Ovvero possiamo accettare tra le famiglie con due componente livelli con variabilità più alta? Metodologia di studio della base dati

61 61 La statistica test impiegata è il Chi-quadro E la relazione da verificare è la seguente: Dai calcoli (test ad una coda) risulta che si può accettare l’ipotesi alternativa di varianza superiore a quella della popolazione con 2 componenti, quindi l’errore che si compie è minimo ampliando l’insieme delle osservazioni con 2 componenti verso il decile precedente (il secondo) Si effettua il “taglio” della distribuzione più ampio facendo migrare un gruppo di osservazioni inizialmente attribuite alle famiglie monocomponente Metodologia di studio della base dati

62 62 L’allocazione della tipologia di nucleo ai profili di consumo osservati è l’operazione più soggetta ad errori sulla quale influiscono fattori peculiari del territorio, quindi, non è definibile attraverso strumenti di benchmark Inoltre, il quadro demografico descritto dalle fonti ufficiali è risultato essere lontano dalla base dati degli abitanti serviti nell’ambito. Pertanto il riferimento ai dati Istat è stato, da un certo punto in poi dell’elaborazione, del tutto marginale Contribuiscono a modificare il quadro anagrafico le circa 24mila utenze definite di “basso consumo”, le quali si trovano al di sotto della soglia minima di domanda caratterizzante il nucleo monocomponente L’output della metodologia esposta è sintetizzato nelle tabelle che seguono dove si riporta, a livello di aggregato provinciale, l’assegnazione dei volumi e del numero di utenze alla tipologia di nucleo familiare, con evidenziazione delle attribuzioni di volumi ed osservazioni da una classe all’altra in base alle verifiche Test prova di Ipotesi Metodologia di studio della base dati

63 63 Attribuzione dei Volumi fatturati domestici alla tipologia di famiglia in funzione della dimensione del nucleo - ATO Metodologia di studio della base dati Attribuzione delle utenze domestiche alla tipologia di famiglia in funzione della dimensione del nucleo - ATO Distribuzione00_BC10D0110D0210D0310D0410D0510D0610D0710D0810D0910D1099_HCGrand Total 00_BC 355.542 00D01 1.805.324 1.324.379 3.129.703 00D02 416.282 1.830.078 1.740.653 341.057 4.328.070 00D03 1.399.604 1.851.005 1.740.630 349.872 5.341.111 00D04 1.390.814 1.813.414 316.571 3.520.798 00D05 1.454.255 99_HC 3.069.987 Grand Total 355.542 1.805.324 1.740.661 1.830.078 1.740.653 1.740.660 1.851.005 1.740.630 1.740.686 1.813.414 1.770.825 3.069.987 21.199.465 Distribuzione00_BC10D0110D0210D0310D0410D0510D0610D0710D0810D0910D1099_HCGrand Total 00_BC 24.080 00D01 36.402 13.033 49.435 00D02 3.595 20.996 11.498 2.085 38.174 00D03 8.069 15.737 8.098 1.518 33.422 00D04 5.671 9.548 1.043 16.262 00D05 5.334 99_HC 6.094 Grand Total 24.080 36.402 16.628 20.996 11.498 10.154 15.737 8.098 7.189 9.548 6.377 6.094 172.801

64 64 Il consumo medio dell’ATO si attesta a 122,68 mc/a con una distribuzione stimata del consumo procapite per nucleo familiare descritta nel grafico. Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

65 65 Una politica tariffaria che veicoli anche obiettivo di benessere sociale può seguire strade di attuazione differenti, a seconda del significato che si attribuisce ad utenza debole: A.Sussidio a favore dei redditi bassi B.Agevolazione per i nuclei familiari numerosi La scelta operativa prioritaria è stata quella di studiare un sistema che andasse incontro ai nuclei numerosi. A supporto di tale scelta sono state approfondite le variabili che agiscono sulla disponibilità di spesa delle famiglie. A tal fine è stata acquisita la base dati dell’Istat relativa all’indagine campionaria sulle famiglie “ Reddito e condizioni di vita ”, condotta sulla base del Regolamento dell’Unione Europea (n° 1177/2003). Si tratta di uno studio longitudinale per gli anni 2004-2008 Il campione analizzato dall’Istat è composto da 20.928 famiglie e circa 52mila individui. Rispetto al corposo set di variabili sono state estrapolate quelle di interesse per la ricerca da cui trarre delle indicazioni sulle dinamiche associate alle condizioni di vita disagiate Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

66 66 Nello specifico è stata condotta una verifica sui seguenti fattori descrittivi: HY020reddito disponibile netto tasse HS010arretrati pagamento rate mutuo HS010_Funa volta, due, nessuna HS020arretrati pagamento bollette public utitlities HS020_Funa volta, due, nessuna HS030arretrati pag atri debiti e rateizzazioni HS030_Funa volta, due, nessuna HX040Dimensione della famiglia Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

67 67 La ricchezza espressa dal campione Istat, misurata dal reddito disponibile (no tax) fornisce un quadro abbastanza variegato dei livelli sociali. Il range dei ricavi osservato varia da un minimo di 14mila euro anno ad un massimo di 82mila, con un trend che segna una riduzione nel triennio. La rilevazione del 2004 –primo anno di attuazione dell’indagine in base ai crieri UE- non è stata considerata poichè rileva un campione di dimensione sensibilmente inferiore rispetto agli anni successivi Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

68 68 L’analisi condotta sulle famiglie che hanno dichiarato di aver pagato in ritardo le bollette delle utenze, che include quindi tutti i servizi (igiene urbana, acqua, gas, energia) è stata affiancata dalla variabile che segnalava il ritardo nel pagamento della rata del mutuo. Questa seconda tipologia di “ritardo” è più grave, per importo della spesa e conseguenze, rispetto al debito verso terzi per l’erogazione di servizi, ed è stata considerata per avere un parametro di riferimento e di controllo nel valutare i risultati relativi all’ambito di più stretto interesse Le frequenze di risposta evidenziano, come prevedibile, che la difficoltà del pagamento del debito è maggiore per al rata del mutuo. Le percentuali sono tendenzialmente stabili Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli 200520062007 Ritardato pagamento del mutuo9,2% 9,0% Ritardato pagamento delle bollette SPL7,9%8,0%7,3% Num tot oss 11.573 16.596 14.864

69 69 Le indicazioni che emergono dal profilo delle famiglie in difficoltà mette in luce due elementi tra loro interdipendenti:  Il reddito medio disponibile delle famiglie in difficoltà non sembrerebbe appartenere alle classi più basse  La dimensione media del nucleo in difficoltà risulta sempre maggiore rispetto alle famiglie che non hanno dichiarato di avere problemi nell’affrontare debiti Il legame tra le due variabili è spiegato dal fatto che molto spesso nei nuclei con oltre due elementi il reddito proviene da più di un familiare e per tale ragione risulta maggiore Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli Reddito medio delle famiglie in difficoltà 200520062007 Ritardato pagamento del mutuo 19.561 20.217 19.895 Ritardato pagamento delle bollette SPL 21.714 21.621 22.162 dimesione media del nucleo 200520062007 In ritNon in ritIn ritNon in ritIn ritNon in rit Ritardato pagamento del mutuo2,912,622,852,632,882,64 Ritardato pagamento delle bollette SPL2,962,51 2,872,502,952,49

70 70 La dimensione del nucleo familiare sembra essere la variabile discriminante che agisce, in modo sfavorevole, anche in presenza di un reddito non eccessivamente basso L’adozione del criterio di sostentamento alle famiglie basato sulla dimensione ha come contropartita il rischio di disincentivare comportamenti responsabili nell’uso della risorsa. Infatti, attraverso un’agevolazione di questo tipo vengono ad essere sostenuti i consumi elevati di alcune tipologie di utenze le quali, a loro volta, potrebbero essere indotte a dare un valore minore al bene acqua. Al contrario coloro che non beneficiano degli sconti in bolletta, si fanno carico delle agevolazioni concesse ad altri con una ricaduta sulla loro spesa. Di conseguenza questo segmento di utenze è portato a contenere oltremodo l’uso di acqua riducendo la domanda. Questi effetti a catena possono essere parzialmente messi sotto controllo scegliendo un tipo di articolazione che induca “fisiologicamente” al risparmio, sebbene, come descritto all’inizio, qualunque strada venga scelta a tal proposito esiste sempre un trade off tra benefici e controindicazioni. Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

71 71 La simulazione proposta è impostata come segue: a) Ricavo obiettivo: Euro 25.446.593 b)Modello di articolazione: tariffa a due blocchi con parte fissa così composta: o Quota fissa: €15 o 1° scaglione: 0-120 o 2° scaglione: 121- ∞ c)Agevolazione famiglie di 4 componenti e oltre attuata sul secondo scaglione di consumo pari al 30% sull’importo della spesa d) Ipotesi di lavoro di consumo procapite: Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli Caregorie Consumo procapite mc/a/nucleo Basso Consumo 14,76 1 componente 63,31 2 componenti 113,38 3 componenti 159,81 4 componenti 216,51 > 4 componenti 272,64 Alto consumo 503,79 Totale ATO 122,68

72 72 Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli Distribuzione Famiglie per Numerosità Quota Fissa Volumi per Fascia e Numerosità Importi per Fascia e Numerosità SOGLIA NUMEROSITA % AGEVOLAZIONE 0120 430,0% € 15,0 120999999Importi Tipo FamigliaNumerosità Consumo Medio Annuo Percentuale Famiglie Famiglie Da 0 a 120 mc Da 120 a 999999 mc Quota FissaDa 0 a 120 mc Da 120 a 999999 mc Importi Medi Annui per Famiglia Bolletta (incl. IVA) Basso Consumo014,76513,935%24.080 355.538 - € 361.200,00€ 363.145,99€ 0,00€ 30,08€ 33,09 1 componente163,30928,608%49.435 3.129.686 - € 741.525,00€ 3.196.656,02€ 0,00€ 79,66€ 87,63 2 componenti2113,37822,091%38.174 4.328.099 - € 572.610,00€ 4.420.713,70€ 0,00€ 130,80€ 143,88 3 componenti3159,80719,341%33.421 4.010.520 1.330.403 € 501.315,00€ 4.096.338,75€ 2.038.307,63€ 198,56€ 218,41 4 componenti Famiglie Numerose 4216,5079,411%16.262 1.951.440 1.569.401 € 243.930,00€ 1.395.238,40€ 1.683.132,92€ 204,30€ 224,73 + di 4 componenti Famiglie Numerose 5272,6413,087%5.334 640.080 814.188 € 80.010,00€ 457.643,69€ 873.190,99€ 264,50€ 290,95 Sup.0503,7893,526%6.094 731.280 2.338.808 € 91.410,00€ 746.928,23€ 3.583.281,68€ 725,57€ 798,13 100,00%172.801 15.146.643 6.052.800 € 2.592.000,00 € 14.676.664,77 € 8.177.913,23€ 147,26€ 161,99 L'agevolazione tariffaria si intende solo sulla Prima Fascia di consumo 21.199.443 € 25.446.578,00 Simulazione della spesa media, sia al netto che lordo IVA, per dimensione del nucleo familiare a seguito dell’agevolazione del 30%

73 73 Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli Simulazione della spesa media, sia al netto che lordo IVA, per dimensione del nucleo familiare senza alcuna agevolazione Distribuzione Famiglie per Numerosità Quota Fissa Volumi per Fascia e Numerosità Importi per Fascia e Numerosità SOGLIA NUMEROSIT A % AGEVOL 0120 4 0% € 15,00 120999999Importi Tipo FamigliaNumerosità Consumo Medio Annuo Percentuale Famiglie Famiglie Da 0 a 120 mc Da 120 a 999999 mc Quota FissaDa 0 a 120 mc Da 120 a 999999 mc Importi Medi Annui per Famiglia Importi Medi Annui non Agevolati Basso Consumo014,76513,935%24.080 355.538 -€ 361.200,00€ 335.413,37€ 0,00€ 28,93 € 31,82 1 componente163,30928,608%49.435 3.129.686 -€ 741.525,00€ 2.952.534,86€ 0,00€ 74,73 € 82,20 2 componenti2113,37822,091%38.174 4.328.099 -€ 572.610,00€ 4.083.114,11€ 0,00€ 121,96 € 134,16 3 componenti3159,80719,341%33.421 4.010.520 1.330.403 € 501.315,00€ 3.783.510,91€ 1.882.646,83€ 184,54 € 202,99 4 componenti Famiglie Numerose 4216,5079,411%16.262 1.951.440 1.569.401 € 243.930,00€ 1.840.981,85€ 2.220.851,40€ 264,77 € 291,25 + di 4 componenti Famiglie Numerose 5272,6413,087%5.334 640.080 814.188€ 80.010,00€ 603.849,29€ 1.152.153,48€ 344,21 € 378,63 Sup.0503,7893,526%6.094 731.280 2.338.808 € 91.410,00€ 689.887,06€ 3.309.634,82€ 671,30 € 738,44 100,00%172.801 15.146.643 6.052.800 € 2.592.000,00 € 14.289.291,47 € 8.565.286,53€ 147,26 € 161,99 L'agevolazione tariffaria si intende solo sulla Prima Fascia di consumo 21.199.443 € 25.446.578,00

74 74 Risultati a confronto Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli Profilo dell'utenza Importi annuo per famiglia netto IVA Importo Bolletta con IVA Ipotesi di tariffazione non agevolata: spesa delle famiglie netto IVA Importo Bolletta non agevolata con IVA Delta bolletta Basso Consumo Agevolazione sul secondo scaglione di eccedenza pari al 30% per nuclei >= 4 componenti 30,1 33,1 Ipotesi di non agevolazione 28,931,8-3,8% 1 componente79,7 87,6 74,782,2-6,2% 2 componenti130,8 143,9 122,0 134,2 -6,8% 3 componenti198,6 218,4 184,5 203,0 -7,1% 4 componenti204,3 224,7 264,8 291,3 29,6% > 4 componenti264,5 291,0 344,2 378,6 30,1% Alto consumo725,6 798,1 671,3 738,4 -7,5% Totale ATO147,3162,0147,3162,0 Tariffa nell’ipotesi di agevolazione delle utenze numerose Tariffa Prima Fascia Tariffa Seconda Fascia 1,0211,532 Tariffa senza nessuna agevolazione Tariffa Prima Fascia Tariffa Seconda Fascia 0,9431,415

75 75 Nel momento in cui si introduce un sistema di agevolazione destinata a sostenere una categoria “obiettivo” viene posto in atto un meccanismo di sussidiazione di cui si fanno carico altre parti sociali. Nel caso in esame, per costruzione del modello e ipotesi di partenza, i gruppi di individui che vengono chiamati a sostenere le famiglie più deboli sono principalmente i nuclei costituiti da 2 e 3 componenti i quali hanno un incremento in bolletta rispettivamente del 6,8% e 7,1% corrispondente a € 9,7 l’anno il primo e € 15,4 l’anno pagate in più, per il secondo. Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

76 76 Il segmento di utenze che si fa maggiormente carico, sia in termini relativi che assoluti, di sussidiare le agevolazioni nella bolletta delle famiglie numerose è quello dei grandi utenti (+7,5%; pari a 59,7 € l’anno), che esprime modelli di consumo tendenzialmente fuori media e che potrebbero nascondere un uso improprio della risorsa. Da un certo punto di vista la maggiorazione di cui si fanno carico avrebbe anche un carattere di maggiore equità L’ipotesi di lavoro si presta a innumerevoli varianti, a partire dalla modifica dell’aliquota di risparmio in bolletta, fissata pari al 30%, fino all’implementazione di modelli di agevolazione che operano attraverso articolazioni tariffarie specifiche per tipologia di utenza attraverso l’applicazione di aliquote per fasce di consumo procapite Un approccio di questo genere implica la conoscenza approfondita e puntuale, da parte del regolatore, dei profili di consumo associati ad ogni singola utenza. Infatti, l’implementazione di sistemi di sostenibilità orientati alle famiglie numerose pone un vincolo tecnico-metodologico molto forte affinchè possa essere attuato Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

77 77 Il superamento della mancata conoscenza delle dimensioni del nucleo familiare potrebbe essere risolto, in una prima fase, attraverso l’autocertificazione degli utenti mediante un’indagine svolta dal gestore del servizio. La bolletta costituisce lo strumento più idoneo per veicolare la richiesta di informazioni circa la composizione del nucleo familiare Nel lungo periodo, tuttavia, è necessario costruire una metodologia più strutturata in grado di aggiornare la base dati utenze con le dinamiche demografiche e migratorie. Questo è possibile attraverso la realizzazione di un collegamento della base utenti del gestore con le anagrafiche dei Comuni la quale, pero, richiede la pianificazione di un consistente investimento iniziale. Ipotesi di agevolazione delle utenze deboli

78 78 P ARTE SECONDA P OLLUTTER P AY P RINCIPLE

79 79 Negli ultimi decenni si è affermata con crescente evidenza nei paesi sviluppati la scarsità nell’offerta di risorsa idrica, in particolare per gli usi “nobili”: i recenti incrementi di domanda e i cambiamenti climatici hanno contribuito ad aggravare tale problema A fronte di tale evidenza, l’intero ciclo dell’acqua viene quindi a chiedere una nuova attenzione ai vari livelli della sua gestione: dall’approvvigionamento, agli usi, alla depurazione della risorsa. Una risposta recente e comunemente adottata è stata quella di intensificare e migliorare le attività di misurazione negli usi della risorsa, con l’obiettivo di avvicinare il costo opportunità dell’uso della risorsa alla tariffa applicata (Cowan, 2010) A livello di Unione Europea, è con la Water Framework Directive 2000/60/CE che viene a sancirsi con precisione l’obiettivo di istituire un “quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee” attraverso: l’equilibrio del bilancio idrico l’analisi e la gestione economica degli usi delle acque l’informazione e la partecipazione pubblica di tutte le parti interessate all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrogeografici che gli Stati della UE sono tenuti a promuovere. Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

80 80 All’art. 9.1 la WFD stabilisce che gli Stati membri provvedano entro il 2010 ad un “adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell’analisi economica effettuata secondo l’allegato III e tenendo conto del principio “chi inquina paga”. La Direttiva incentiva quindi fortemente ad adottare misure adeguate per far sì che le tariffe idriche riflettano i) il costo complessivo del servizio (gestione, manutenzione delle attrezzature, investimenti effettuati e futuri), e ii) i costi ambientali La Direttiva Quadro, divenuta punto di riferimento generale per l’individuazione dei principi posti a regolazione del settore idrico, è stata, peraltro, preceduta da ulteriori direttive, volte a disciplinare ambiti più specifici. A titolo di esempio si richiamano la Direttiva 76/464/CEE (modificata dalla Direttiva 91/692/CEE) sulla riduzione dell’inquinamento provocato da sostanze pericolose, la Direttiva 80/778/CEE (modificata dalla Direttiva 98/83/CE) relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, la Direttiva 91/271/CEE (modificata dalla Direttiva 98/15/CE) concernente il trattamento delle acque reflue urbane, la Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, la Direttiva 2008/105/CE, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, e la Direttiva 2009/90/CE, che stabilisce specifiche tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio delle stato delle acque Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

81 81 I criteri generali per la delimitazione dei distretti idrografici, suggeriti dalle linee guida redatte nell'ambito della “Common Implementation Strategy” per l'attuazione della citata Direttiva Quadro, hanno previsto, a partire dall'individuazione dei bacini idrografici, i seguenti passi sequenziali: la delimitazione degli acquiferi principali; l'accorpamento dei bacini di piccole dimensioni; l'attribuzione ai distretti degli acquiferi; l'attribuzione ai distretti delle acque costiere. Partendo da ciò, nella nostra Nazione tale compito non appare affatto agevole, se si tengono in considerazione vari fattori, fra i quali si annoverano un territorio caratterizzato da un reticolo idrografico naturale molto articolato e da un'orografia particolarmente complessa; una rete idrica artificiale molto estesa, soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, che ha modificato il reticolo idrografico naturale e la relativa disponibilità della risorsa idrica in funzione della distribuzione territoriale della domanda; una complessa organizzazione amministrativa, anche specificamente relativa al settore delle acque (vedi in particolare i compiti delle autorità d’ambito) La Direttiva in questione, peraltro, oltre a dettare le linee guida ed i principi cardine in materia di tutela delle acque e di garanzia di ecosostenibilità dello sviluppo del comparto idrico, ha esplicitamente imposto agli Stati membri di determinare le tariffe dei servizi idrici rispettando il principio della copertura dei costi, compresi quelli ambientali, e il principio secondo cui “chi inquina paga” Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

82 82 In particolare, è stato introdotto il criterio del pieno recupero dei costi, che comporta l’inclusione nei costi dei servizi idrici non solo di quelli sostenuti per la fornitura, ma anche di quelli dovuti per la compensazione dei danni ambientali o per il consumo di risorse, legati alla necessità di assicurare la fornitura stessa. La Commissione Europea, con la Comunicazione dal titolo “Politiche di tariffazione per una gestione più sostenibile delle riserve idriche” (Bruxelles, 26.07.2000 COM (2000) definitivo), ha affrontato diversi aspetti riguardanti le nuove politiche di tariffazione, il cui obiettivo deve essere quello di assicurare una gestione più sostenibile delle risorse idriche. Secondo la Commissione, nella definizione della tariffa si dovrebbe tener conto delle seguenti tipologie di costo: costi finanziari: comprendono gli oneri legati alla fornitura ed alla gestione dei servizi idrici, ossia tutti i costi operativi e di manutenzione e i costi capitale; costi ambientali: sono legati ai danni che l’utilizzo delle risorse idriche causa all’ambiente, agli ecosistemi e a chi usa l’ambiente, ad esempio per la riduzione della qualità ecologica degli ecosistemi acquatici o la salinizzazione di terreni produttivi; costi delle risorse: sono legati alle mancate opportunità imposte ad altri utenti come conseguenza dello sfruttamento delle risorse idriche oltre il loro livello di ripristino e ricambio naturale (ad esempio l’eccessiva estrazione di acque sotterranee) Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

83 83 In linea di principio ogni utilizzatore deve sostenere completamente i costi legati alle risorse idriche consumate, comprensivi di quelli ambientali, con prezzi legati anche alle quantità utilizzate o all’inquinamento prodotto. La Comunicazione della Commissione Europea dal titolo “Verso una gestione sostenibile delle acque nell’Unione Europea” fissa al 2010 il termine entro il quale gli Stati membri devono istituire una politica tariffaria orientata agli obiettivi che hanno ispirato la Direttiva 2000/60/CE. Con precipuo riferimento all’attuazione della citata direttiva nel nostro ordinamento, va ricordato che lo Stato italiano è stato raggiunto da una condanna, da parte della Corte di Giustizia europea, nel gennaio 2006, per tardivo recepimento, e, nel dicembre dello stesso anno, da una lettera di costituzione in mora con la quale la Commissione UE ha rilevato che le modalità attuative della direttiva (trasposta nel d.lgs. n. 152/2006) non fossero del tutto in linea con quanto prescritto a livello sovranazionale. In particolare, la Commissione Europea ha a più riprese criticato la procedura adottata dall’Italia, lamentando la scarsa chiarezza in merito all’individuazione delle responsabilità per la preparazione dei Piani di gestione di bacino idrografico e censurando il metodo utilizzato per la determinazione dei distretti idrografici, ritenuto non in linea con quanto richiesto dalla direttiva Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

84 84 Ad oggi, il legislatore italiano, non avendo ancora dato attuazione all'articolo 63 del D.Lgs 152/2006 e, quindi, nelle more della costituzione delle autorità di bacino distrettuali, con la L. n. 13/2009, di conversione del D.L. n. 208/2008, ha inteso affidare alle autorità di bacino di rilievo nazionale importanti compiti di coordinamento nell'elaborazione dei piani di gestione delle acque, configurando queste ultime quali autorità competenti per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE I principali “water uses” presi in considerazione dalla WFD sono: a) uso idropotabile; b) uso agricolo; c) uso industriale; d) uso idroelettrico. Ai fini dell’oggetto d’interesse del presente elaborato, la riflessione che segue prende in specifica considerazione l’analisi dell’uso industriale, pur sapendo che - nella prospettiva indicata dalla WFD - tale trattazione deve poi necessariamente coordinarsi con approfondimenti ed azioni relative agli altri usi sopra citati Gli studi sui metodi per determinare il valore della risorsa idrica nell’uso industriale non sono particolarmente numerosi, a differenza di quanto si può trovare per l’uso agricolo e domestico. Spesso, si tratta di contributi molto specifici che riferiscono a processi produttivi particolari Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

85 85 Inoltre, la scarsità di dati sui volumi e sulla qualità della risorsa idrica impiegate/scaricate nell’uso industriale rende queste analisi non particolarmente estese. I principali contributi sull’uso industriale della risorsa idrica distinguono lo studio sulle problematiche connesse al prelievo della risorsa da una parte, e allo scarico e riciclo dall’altra Processi industriali per produzioni diverse richiedono contestuali utilizzi della risorsa idrica, spesso quindi in quantità diverse: dal raffreddamento-condensazione negli impianti di generazione dell’energia elettrica tramite vapore, al lavaggio delle materie prime e degli impianti, all’impiego come input produttivo nelle stesse lavorazioni. Anche la qualità della risorsa richiesta nel processo produttivo, in base all’uso, può risultare decisamente diversa: l’acqua utilizzata nelle industrie alimentari e farmaceutiche deve rispettare standard molto elevati, e viene reperita da acquedotto o da altre fonti potabili; invece, per generiche lavorazioni o processi di raffreddamento può venire utilizzata acqua di minor qualità, come per esempio acqua salata - o da pozzi privati - non trattata. Il principio utilizzare qualità diverse di acqua in base alla qualità richiesta dal processo produttivo è uno dei principi che dovrebbe guidare l’efficiente allocazione della risorsa idrica, lasciando quella di qualità maggiore per gli usi nobili Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

86 86 Giuliano e Spaziani (1985) stimano l’incidenza dell’input acqua sul valore dell’output prodotto a partire da un dataset di imprese italiane. Nello specifico, i due autori, raccolgono attraverso un questionario dati sul: a)tipo di produzione dell’impresa e ammontare; b)sulla tipologia di approvvigionamento; c)sulla localizzazione dello scarico; d)sul trattamento dell’input acqua nel processo produttivo; e)sulle condizioni della risorsa al rilascio; f)sui flussi di acqua utilizzata (acqua come input; acqua riciclata con o senza trattamento, totale acqua utilizzata; acqua scaricata). I loro risultati possono risultare poco rilevanti all’oggi poiché datati rispetto alle tecnologie produttive attualmente operative: rimangono tuttavia un valido contributo all’analisi metodologica sulla stima del valore dell’uso della risorsa idrica nell’industria Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

87 87 Recentemente, il Water Development Report 2006 dell’Unesco su “Water, a shared responsability”, mette in luce (tab. 8.4, p. 300-301-302) come nei numerosi paesi studiati, il valore aggiunto della risorsa idrica calcolato con riferimento alle produzioni industriali assuma dimensioni molto diverse e correlate positivamente con il livello di sviluppo del paese considerato Quantità e qualità dello scarico industriale sono elementi fondamentali per disegnare una tariffazione ottimale (i.e. una tariffazione che faccia internalizzare i costi dell’inquinamento all’impresa). Il processo di riciclo deve esser reso ottimale (i.e. dare gli incentivi per la sua convenienza) ove le produzioni industriali lo permettano Le considerazioni sul trattamento degli scarichi industriali e riciclo delle acque nei processi produttivi vanno affiancate dalle caratteristiche del contesto studiato. Se – per esempio - nel sito considerato la qualità e quantità dell’acqua sono in riduzione, il riciclo diventa una opzione di enorme interesse e deve esser trattato come una componente del rischio dell’attività imprenditoriale, dal momento che il suo utilizzo andrebbe a ridurre il rischio di insostenibilità dell’approvvigionamento idrico (Unesco, 2006) Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

88 88 L’aumentare delle tariffe di prelievo della risorsa darà di per sé incentivi ad incrementare il riciclo della risorsa, ove il processo produttivo lo renda possibile. Al tempo stesso, l’aumentare delle tariffe per il trattamento dei reflui industriali darà incentivi diretti alla definizione di processi produttivi caratterizzati da impatti ambientali minori. In altre parole, quello che diventa essenziale nella determinazione del livello tariffario in questo contesto sarà la differenza tra valore reso dall’acqua nella produzione industriale e costi di approvvigionamento e di trattamento dei reflui. Fin tanto che questa differenza assumerà valore positivo, ci sarà un incentivo per l’impresa a continuare la produzione, pagando le tariffe di prelievo e di trattamento reflui dovute In accordo con la WFD e la prospettiva da questa disegnata di completa copertura dei costi economici ed ambientali dell’uso della risorsa idrica attraverso tariffa, la decisione delle imprese relativamente alla scelta di utilizzo di tale risorsa dovrebbero prender quindi in considerazione Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

89 89 1.i costi di approvvigionamento (prelievo): costi nell’acquisire acqua da acquedotto, o acqua grezza da pretrattare; 2.costi per il riciclo: costi negli investimenti di impianti per trattamento al fine di metter in funzione cicli interni di riutilizzo; 3.i costi per lo scarico: costi di trattamento per ottenere la qualità necessaria al rispetto degli obblighi di scarico L’aumentare dei costi di approvvigionamento di acqua all’ingresso fornisce di per sé incentivi diretti ad aumentare il riutilizzo della risorsa. All’aumentare della tariffa di approvvigionamento, per esempio, un’impresa sarebbe disposta a pagare un valore maggiore per il trattamento e riutilizzo della risorsa stessa, valore almeno pari al costo tariffario di tale approvvigionamento Come afferma Gibbons (1986) nella sua analisi, il valore dell’acqua di riuso è crescente all’aumentare delle regolamentazioni e dei controlli ambientali. Nella prospettiva di una intensificazione di questi ultimi (cfr. WFD e normative da essa derivanti), risulta quindi molto importante sviluppare un’analisi di costi e benefici su depurazione e “riuso” della risorsa nei diversi processi industriali. A questo fine è essenziale sviluppare analisi empiriche che portino alla stima del valore dell’uso industriale della risorsa idrica nei diversi processi produttivi (Renzetti 2002) Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

90 90 La tariffa di trattamento dei reflui industriali, più di quella sul prelievo, deve raccogliere nella sua costruzione i principi propri della letteratura di economia/sostenibilità ambientale Infatti, deve basarsi sul principio che “chi inquina, paga”, al fine di far internalizzare - nel valore dell’ouput prodotto dall’impresa - i costi/danni provocati attraverso la realizzazione del processo produttivo In questo modo l’imprenditore si troverà davanti alla scelta di ridurre i reflui o pagare per la loro produzione. E risulterà così sempre correttamente incentivato a ridurre la produzione di reflui: l’imprenditore dovrà quindi sempre porre attenzione ai progressi tecnologici relativi: a metodi di produzione che generino minori quantità di reflui (o reflui di qualità “migliore”); ai trattamenti dei reflui che permettano risparmi nei costi Gli imprenditori normalmente lamentano che le tariffe sui reflui industriali causino eccessive riduzioni del profitto e, quindi, nel lungo periodo minaccino la creazione di valore Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

91 91 Le autorità pubbliche, dall’altra parte, si dichiarano preoccupate dal fatto che tali tariffe spingano gli imprenditori a ridurre l’output e quindi - corrispondentemente – l’occupazione; questo genererebbe effetti negativi sulle entrate fiscali con i conseguenti effetti. Le autorità di regolamentazione – da parte loro – per attivare queste tipologie di tariffe sui reflui industriali devono adattare le loro pratiche di monitoraggio e di applicazione delle sanzioni Infine, le associazioni dei consumatori sollevano la questione che tali tariffe “mercificano “ un bene essenziale, attribuendo un prezzo al suo inquinamento (Unisco, 2006) Nonostante le critiche/perplessità degli agenti economici coinvolti che vengono rivolte a questa tipologia di tariffe, la loro applicazione sta diventando sempre più frequente. Il loro disegno deve quindi tenere in considerazione: la tipologia produttiva dell’impresa e la connessa qualità dei reflui industriali; la quantità dei reflui da trattare. In base a questi due elementi, il disegno della tariffa di trattamento dei reflui industriali determinerà delle soglie oltre le quali per l’impresa sarà conveniente pre- trattare e scaricare in corpo superficiale e al di sotto delle quali sarà conveniente l’allacciamento alla pubblica fognatura e il pagamento della tariffa stessa Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

92 92 L’obiettivo perseguito dalla presente analisi è esattamente quello di individuare nel contesto specifico dell’Ato di Cremona la soglia che rende conveniente per l’impresa l’allacciamento alla pubblica fognatura e il pagamento della corrispondente tariffa di trattamento. Nella determinazione di tale soglia, un elemento rilevante è il criterio della ripartizione della spesa per il trattamento dei reflui. In particolare tale ripartizione potrebbe avvenire: solo a carico dei nuovi scarichi industriali allacciati; tra tutti gli allacciati Come impostazione di base si protende verso questa seconda ipotesi che si fonda su un principio di sussidio incrociato che avrebbe l’effetto di ripartire gli aumenti tariffari tra più utenti e, quindi, di ridurre l’impatto di spesa Effetti tariffari del Pollutter Pays Principle

93 93 L’impiego della risorsa idrica all’interno del ciclo produttivo, nella misura in cui essa rappresenta una materia prima, ha un impatto sulla struttura dei costi dell’impresa alla stregua degli altri fattori che concorrono nel processo di lavorazione l’esborso per approvvigionamento idrico a carico delle utenze industriali si quantifica indirettamente attraverso l’introito tariffario dei gestori che ammonta, per il solo servizio acquedotto a 1,5 Mln di euro. A questi vanno aggiunti gli incassi per il vettoriamento reflui e la loro depurazione che determinano 1,56 Mln euro. Tale introito rappresenta in contropartita la spesa a carico del tessuto produttivo cremonese per l’uso della risorsa Per quanto già visto nell’universo dei domestici anche in questo caso non è possibile tipizzare gli approvvigionamenti industriali, ad esempio, per categoria ATECO, né tanto meno dal punto di vista della dimensione (numero degli addetti) Sebbene sia noto puntualmente il volume consumato questa informazione senza ulteriori dettagli rende il dato praticamente inutilizzabile, in fase di progettazione delle attività dello studio, infatti, era già noto che questa fonte non sarebbe stata utile agli scopi I data set nei quali si sono riposte le attese per la popolazione della base dati di osservazione del fenomeno, sono gli archivi delle autorizzazioni allo scarico e altri di cui si è detto in precedenza Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

94 94 Il grado di compilazione delle fonti raccolte è risultato piuttosto deludente, infatti gli archivi consultati se da un lato presentano massima informazione sulla parte anagrafica dei soggetti autorizzati allo scarico, sotto il profilo quantitativo, di maggiore interesse per la ricerca, evidenziano gravi carenze Gli attributi tecnici degli scarichi sono mediamente compilati, tuttavia riguardano aspetti qualitativi dello scarico che senza un riferimento alla dimensione dell’utenza restano scarsamente utili all’indagine. Le variabili quantitative di interesse sono: volumi scaricati, Addetti dell’impresa All’origine del mancato aggiornamento degli archivi in questione vi è la pianificazione, da parte della regione Lombardia, di una nuova procedura per la raccolta e organizzazione dei registri autorizzativi allo scarico volta ad integrare le informazioni e rendere più chiari i centri di responsabilità dei dati. In ultimo è stata acquisita anche la base dati AIAP –Archivio Integrato Attività Produttive- della provincia di Cremona, popolato da 64383 osservazioni di cui sono riportati attributi legati all’anagrafica per tipizzare il sito produttivo anche in relazione al territorio (coordinate vettoriali). L’unica informazione quantitativa riguarda il numero di addetti che è compilata in circa 24mila campi. Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

95 95 Grado di compilazione RIAL (Risorse Idriche ARPA Lombardia) Acque di superficie # Oss 301 # Scarichi 645 Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona ANAGRAFICA% Compilazione Nome o Ragione sociale100% Partita IVA/Codice fiscale100% Sede Legale: via / piazza; Comune99% Codice impianto0% Indirizzo impianto (depuratore o impianto che genera lo scarico) 87% Via ; Comune99% codice ISTAT attività1% Uso insediamento (per le acque reflue domestiche)4% Fonti di approvvigionamento17% Addetti (per acque reflue industriali)0% Fabbisogno idrico [m3/h] (compilare solo per processi produttivi di Tab. 3/A - All. 5 d.lgs.152/99) 0% Codice infrastruttura (per scarichi di acque reflue urbane con recapito in corpo idrico superficiale/suolo - All.1 della Dgr 8/293 del luglio 2005) 0% Nome infrastruttura0% Codice agglomerato0% Nome agglomerato0% Capacità idraulica di progetto [m3/g] (per i depuratori)0% Capacità organica di progetto [AE] (per i depuratori)0% DATI TECNICI SCARICO% Compilazione Partita IVA/Codice fiscale100% Codice impianto0% Progressivo scarico0% CODICE SCARICO RIAL101% Comune (in cui recapita lo scarico)100% Origine scarico57% Recapito scarico100% X GB punto scarico0% Y GB punto scarico0% X UTM punto scarico0% Y UTM punto scarico0% Scarico in bacino drenante a lago (v. All. 11 Dgr 8/293 del 2005) 100% Corpo idrico nome95% Corpo idrico codice0% Bacino idrografico nome0% Numero autorizzazione50% Rilascio/rinnovo57% Data prima autorizzazione (gg/mm/aaaa)0% Data scadenza autorizzazione (gg/mm/aaaa)0% Tipo di autorizzazione12% Prescrizioni100% Prescrizioni allegate all'autorizzazione0% Q medio annua [m3/s]0% Q media giornaliera [m3/s]0% Q max [m3/s]0% V totale annuo [m3]1% Modalità di scarico33% Tipologia trattamento1% Sistemi di depurazione adottati15% Sistema di monitoraggio0% Origine dei reflui trattati11% Presenza di sostanze pericolose9% Misuratore Q2% Autocampionatore (per i depuratori)2%

96 96 Grado di compilazione RIAL (Risorse Idriche ARPA Lombardia) Scarichi in fognatura # Oss 200 # Scarichi 274 Per le autorizzazioni allo scarico la base dati mostra un livello di completezza migliore Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona ANAGRAFICA Nome o Ragione sociale100% Partita IVA/Codice fiscale91% Sede legale via / piazza; Comune96% Codice impianto RIAL (ditta, azienda, ecc.)100% Indirizzo impianto: Via; Comune100% codice ISTAT attività68% Fonti di approvvigionamento28% Addetti (acque reflue industriali)21% Fabbisogno idrico [m3/h] (compilare solo per processi produttivi di Tab. 3/A - All. 5 d.lgs.152/99) 1% LEGALE RAPPRESENTANTE91% NOTE50% DATI SCARICO Partita IVA/Codice fiscale86% Codice impianto RIAL100% Progressivo scarico100% CODICE SCARICO RIAL100% Comune (in cui recapita lo scarico)100% Origine scarico87% Recapito scarico100% X GB punto scarico5% Y GB punto scarico5% X UTM punto scarico0% Y UTM punto scarico0% Fognatura codice SIRIO93% Numero autorizzazione92% Rilascio/rinnovo93% Data autorizzazione (gg/mm/aaaa)93% Data scadenza autorizzazione (gg/mm/aaaa)93% Tipo di autorizzazione93% Modalità di scarico52% Sistemi di depurazione adottati57% Misuratore Q24% Q media giornaliera [m3/s]1% V medio annuo [m3]19% Q max [m3/s]2% Origine dei reflui trattati87% Presenza di sostanze pericolose89% Prescrizioni93%

97 97 Tra le variabili qualitative di maggior rilievo rientra, invece, il codice ATECO dell’impresa il quale rappresenta un elemento chiave negli studi sui carichi di inquinamento. Esiste un’ampia letteratura che sviluppa modelli quantitativi di valutazione del carico inquinante di un’impresa basati sulla classe ATECO di appartenenza e sul numero di addetti Nello specifico lo studio IRSA-CNR (Quaderno 90/99) propone dei coefficienti di conversione in abitanti equivalenti per la stima dei carichi organici di origine industriale, calcolati in base al numero degli addetti del sito produttivo e parametrizzati alla categoria ATECO. Questa metodologia è stata adottata dalla Regione Lombardia per l’individuazione degli agglomerati (DGR n. 8/2557). La definizione di agglomerato fornita nel Delegato Ambientale all’articolo 74 recita: “ agglomerato: l’area in cui la popolazione ovvero le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile, e cioè tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane e verso un punto di scarico finale ” Il data base necessario all’individuazione degli agglomerati è stato realizzato dall’Arpa Lombardia integrando varie fonti informative e tra quelli analizzati è risultato il più completo e robusto Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

98 98 Il data base costituito da 5.275 osservazioni codifica gli insediamenti produttivi della provincia di Cremona, riportando in modo completo l’anagrafica (ragione sociale, partita iva, etc.) la collocazione spaziale (coordinate vettoriali), codifica Ateco e soprattutto il numero di addetti, con un grado di compilazione molto elevato. Fra tutte le basi dati analizzate la variabile dei volumi (scaricati nell’ambiente o prelevati) è quella che ha dimostrato essere la meno accessibile pur essendo fra le più indispensabili per creare un legame tra i profili qualitativi ed economici dei siti produttivi rispetto all’uso della risorsa Il divario informativo è stato parzialmente colmato attraverso le liste delle utenze servite dai gestori dell’ambito gestite attraverso un sistema di tariffazione differente rispetto alle altre tipologie Si tratta delle utenze produttive che scaricano in pubblica fognatura per le quali è definita una tariffa in base alla quantità e qualità delle acque reflue immesse e degli scarichi complessivi trattati dall’impianto di depurazione finale. La tariffa è articolata in base al DPR 24/5/77 che individua la seguente relazione tra prezzo e refluo ceduto Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

99 99 I parametri indicati quantificano il grado di scostamento delle concentrazioni di inquinanti di BOD, COD e altre sostanze presenti nel refluo, rispetto ai limiti presenti all’impianto di trattamento che accoglie i reflui. Rispetto al concetto del PPP ( pollution pay principle ) i criteri su cui si fonda l’elaborazione indicata nel DPR non hanno nulla a che vedere, piuttosto l’obiettivo è di coprire i costi industriali sostenuti per il convogliamento e la depurazione delle acque scaricate Attraverso una sequenza di incroci a catena tra gli archivi raccolti, dove il listato fornito dalle aziende relativo alla tariffazione degli scarichi produttivi ha svolto il ruolo chiave essendo l’unico ad evidenziare i volumi dei reflui, è stato ricostruito un campione di 83 unità in cui sono rilevabili le seguenti variabili –compilate al 99%-: Anagrafica del sito produttivo Codice Ateco di attività Numero di addetti Volumi scaricati Bolletta pagata per il trattamento e depurazione (73% di compilazione) Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

100 100 Le fonti utilizzate: Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona R.I.A.L. Risorse idriche Arpa Lombardia - Scarichi in acque di superficie ed in fognatura Utenze scarichi produttivi tariffati a DPR 77 Listato dei gestori Archivio Arpa georeferenziato per la definizione degli agglomerati Data set studio profili di sostenibilità PPP nelle utenze produttive

101 101 Il meccanismo di recupero dei costi è determinato dalla struttura del prezzo o tariffa o tassa che ciascun utilizzatore paga. La WFD afferma che gli utenti devono versare un corrispettivo proporzionale al costo che hanno attivato nel consumo di risorsa. Di conseguenza l’allocazione del costo totale di copertura del servizio idrico e del costo ambientale deve essere basato sulle quantità d’acqua –o di servizio- che vengono richieste Il costo ambientale valutato in funzione della spesa necessaria per riportare l’ambiente danneggiato alle condizioni originarie non ha trovato fino ad oggi una concreta attuazione, senza contare che se dovessero essere considerate anche le esternalità legate al danno ambientale l’elaborazione raggiungerebbe livelli di complessità difficili da controllare Una via percorribile di cui si propone una esemplificazione, è di rapportare il costo ambientale al valore che la risorsa idrica occupa all’interno del processo produttivo, in accordo con quanto è stato detto riguardo al fatto di mettere in relazione le quantità consumate al prezzo (industriale, finanziario e ambientale). L’acqua, quindi, come input della funzione di produzione Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

102 102 Le 86 osservazioni del data set ricostruito mancano di un ulteriore variabile in grado di individuare “l’output” della produzione in rapporto al quale misurare il peso del valore dell’acqua. Tale fattore è rappresentato dal fatturato delle imprese Nel caso in esame non è stato possibile individuare l’ammontare del fatturato, al suo posto è stato ricostruito l’aggregato provinciale del Valore Aggiunto per addetto per macro classe di attività economica (Ateco 2002) Il Valore Aggiunto esprime la ricchezza prodotta dall’azienda destinata a remunerare i fattori produttivi, capitale e lavoro La metodologia di stima è partita dall’incrocio di due fonti informative: Istat e Tagliacarne che riportano il valore del Valore aggiunto disaggregato rispettivamente una a livello provinciale, l’altra con un dettaglio per classi Ateco ma su base regionale Il contesto industriale delle unità locali e addetti ottenuto a partire dai dati censuari Istat “industria e servizi” ha permesso di rapportare il Valore aggiunto di ogni comparto di attività della provincia di Cremona ai rispettivi addetti, dando luogo al valore aggiunto per addetto Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

103 103 Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Va /Add Prov Cremona Agricoltura, silvicoltura e pesca 1.024.658 Industria 50.338 Industria in senso stretto 53.199 Estrazione di minerali 160.862 Industria manifatturiera 49.849 - Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 19.619 - Industrie tessili e dell'abbigliamento 53.515 - Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari 101.639 - Fabbricazione della pasta-carta, della carta e dei prodotti di carta; stampa ed editoria 62.791 - Cokerie, raffinerie, chimiche, farmaceutiche 112.309 - Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 53.148 - Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo 43.546 - Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, eletttrici ed ottici; mezzi di trasporto 60.901 - Industria del legno, della gomma, della plastica e altre manifatturiere 48.326 Produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas, di vapore e acqua 159.931 Costruzioni 36.787 Servizi 88.096 Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 52.168 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa 46.393 Alberghi e ristoranti 43.045 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 81.985 Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari ed imprenditoriali 108.229 Intermediazione monetaria e finanziaria 114.488 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprenditoriali 106.486 Altre attività di servizi 224.813 Valore aggiunto ai prezzi base 74.349 Stima del Valore aggiunto per addetto nella provincia di Cremona

104 104 Le elaborazioni condotte portano alle seguenti considerazioni: La misura delle portate giornaliere per addetto mette in luce il peso del consumo idrico rispetto al fattore lavoro. Per comprenderne appieno il senso è necessario confrontarla con le portate medie giornaliere, infatti, l’incidenza per addetto varia a seconda che il comparto sia capital o labour intensive. Ne è un esempio il settore della gomma e materie plastiche con portate medie giornaliere elevate (660,9 mc/g) in cui il peso dei volumi sugli addetti è assai meno rilevante che in altri settori (la produzione di prodotti in metallo ad esempio). L’industria della gomma e plastica è quella che ha il più elevato rapporto tra Valore aggiunto per addetto e volumi procapite (€/mc/add). Questo indicatore si può assumere come misura sintetica del valore della risorsa all’interno del processo produttivo. La provincia di Cremona evidenzia un rilevante grado di specializzazione nell’industria alimentare, non a caso la composizione del campione è sbilanciata verso le imprese del settore (15992 addetti). L’indicatore del valore aggiunto per addetto per le portate giornaliere procapite misura intrinsecamente un peso della risorsa inferiore a molti altri comparti. Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

105 105 Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Utilizzo giornaliero di acqua, addetti per settore, Valore Aggiunto per addetto Tot Add Portate Medie giorno (mc/gg) portata media gg per addetto (mc/gg/ad d) VA stimato medio per m3 (€/mc) VA per addetto stima / Portata per add (€/mc/add) Incidenza oneri tariffa F, D su VA per add stimato % Spesa bolletta F e D per Add €/Add 1 AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 16 14,6 5,2 715,5 1.578,9 0,41% 4.316 15 INDUSTRIE ALIMENTARI E DELLE BEVANDE 15.992 109,2 2,6 11,1 478,1 7,86% 1.542 19 PREPARAZIONE E CONCIA DEL CUOIO… 3 10,1 3,4 33,5 100,6 1,53% 1.557 21FABBR DELLA PASTA-CARTA 1.182 14,0 0,1 26,9 3.069,5 0,04% 26 23 FABBR COKE, RAFFINERIE DI PETROLIO 309 127,3 0,4 2,9 908,4 0,04% 39 24FABBR PROD CHIMICI 371 51,8 0,3 14,1 1.467,2 0,18% 204 25FABBR GOMMA E MAT PLASTICHE 524 660,9 1,8 533,3 25.901,7 0,08% 40 26 FABBR PROD LAV MINERALI NON METALLIFERI 23 3,2 0,9 71,8 454,3 1,21% 644 28FABBR LAV PROD IN METALLO 392 444,6 6,1 119,8 522,6 1,29% 560 29 FABBR RIP MACCHINE ED APPARECCHI MECCANICI 42 1,3 0,03 162,4 6.820,9 0,02% 14 34FABBR DI AUTOVEICOLI 1.373 46,6 0,2 6,4 1.403,0 0,03% 18 50 COMMERCIO, MANUT E RIP DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI 198 9,8 0,10 16,3 1.618,5 0,11% 51

106 106 Tuttavia dall’analisi delle portate medie giornaliere e procapite è riscontrabile l’importanza dell’uso dell’acqua nel processo industriale. Si osserva che gli oneri tariffari pagati dal comparto sono i più elevati nella provincia di Cremona rispetto al Valore aggiunto per addetto, infatti hanno un peso pari al 7,8% Lo scenario proposto prende come dato di input i volumi scaricati dalle aziende in pubblica fognatura, ipotizzandoli uguali a quelli in entrata. Questa approssimazione in realtà dà origine ad una potenziale sottostima verificata anche dall’indagine condotta sul campo Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona

107 107 Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Valore della risorsa nel processo produttivo

108 108 Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Spesa della bolletta per addetto (€/add) per il servizio fognatura e depurazione

109 109 Tra le attività eseguite è stata svolta un’indagine sul campo per indagare i legami tra i processi produttivi e l’impiego di acqua. Su un campione di circa 20 aziende è stato somministrato un questionario di cui si riportano le variabili rilevate La percentuale di ritorno è stata piuttosto esigua, anche per una fisiologica resistenza delle imprese ad esporre i costi sostenuti per la gestioni della depurazione –tema affrontato nel questionario- Vale la pena esaminare i risultati più salienti dei questionari compilati come focus sui parametri riscontrati nella realtà Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona 1Codice Ateco9a_1pre_tratt fisico 2Addetti (n.)9a_2pre_tratt chim-fis 3Vol prelevati (mc)9a_3pre_tratt biol 4aApprov acq (%)9b_1sedim primaria 4bApprov pozzo (%)9b_2sec massa sosp 4cApprov sup (%)9b_3sec massa adesa 5aRiuso acque processo (mc)9c_1ispessimento 5bRiuso acque meteroriche (mc)9c_2dig anaerobica 6Vol acqua di processo (mc)9c_3disidrat no anaerob 7aRiscaldamento (%)9c_4dig anaerobica_disidrat 7bRaffreddamento dir (%)9c_5dig anaerobica_disid_essic 7cRaffreddamento indir (%)9c_6disidrat essicamento 7dLavaggi (%)9c_7dig anaerobica_disid_incener 7eProcesso produt (%)9c_8disidrat incenerimento 7fCongelamento (%)10aFanghi (ton) 7gAltro (%)10bfanghi costo (€) 7g_1Altro 111ascarico pubbl fogn (mc) 7g_2Altro 211bscarico corpo idrico (mc) 7g_3Altro 311cscarico canali irriguo (mc) 8areflui di processo (mc)11dscarico altro (mc) 8breflui di processo COD (Kg/giorno)11cscarico totale (mc) 8creflui di processo BOD (Kg/giorno)12aresiduo COD (Kg/g) 8dass.ti domestici (mc)12bresiduo BOD (Kg/g) 8eass.ti domestici COD (Kg/giorno)12cresiduo pericoloso - 1 8fass.ti domestici BOD (Kg/giorno)12dresiduo pericoloso - 2 8galtri siti indus (mc)12eresiduo pericoloso - 3 8haltri siti indus COD (Kg/giorno)13aammortamento (€) 8ialtri siti indus BOD (Kg/giorno)13bcosti operativi (€) 8lagglom urb (mc)13cmanutenzione straordinaria (€) 8magglom urb COD (Kg/giorno)13doneri per esternalizzazioni (€) 8nagglom urb BOD (Kg/giorno)14acosto storico inv (€) 8pTot reflui (mc)14betà iimpianto (anni) 15previsioni inv 16acanone derivazione (€) 16bapprovvigionamento acq (€) 16cscarico reflui (€)

110 110 Le risposte riguardano due comparti: alimentare (trasformazione carni e oleificio) e chimico (organico e inorganico) Si osserva che il ciclo produttivo assorbe fino al 50% dell’input di risorsa idrica immessa. La portata media giornaliera per addetto si allinea alle elaborazioni sviluppate sul campione più esteso di 86 unità, così pure l’incidenza della bolletta reflui per addetto Uso della risorsa nelle attività produttive della provincia di Cremona Codice Ateco 201409 - fabbricazione di altri prodotti chimici a base organica 205940 fabbricazione prodotti chimici vari per uso industriale 104120 - raffinazione e confezionamento oli di semi e confezionamento oli di oliva 101300 trasformazione delle carni Addetti (n.) 48 67 103 35 Vol prelevati (mc) 16.199 500.000 155.194 72.560 Tot reflui (mc) 13.462 500.000 80.753 67.128 % residua dal processo produt83%100%52%93% Smaltimento fanghi depur costo (€) € 4.969 nd € 150.000 € 93 canone derivazione (€) € 4.200 € 10.000 approvvigionamento acq (€) € 10.000 € 25.000 € 27.000 scarico reflui (€) € 5.500 € 100.000 € 12.000 € 60.000 Impianto di depurazione aziendale costo storico inv (€) € 300.000 nd € 300.000 nd età iimpianto (anni) 5 nd 4 indicatori osservati: confronto con stime Portata media gg per addetto -reflui- 0,93 24,88 2,61 6,39 Costo bolletta reflui per addetto (€/add) 115 1.493 117 1.714

111 111 L’attuazione di una tassa ambientale all’area Cremonese potrebbe collocarsi all’interno delle componenti tariffarie ed essere costruita in funzione della sostenibilità/disponibilità a pagare da parte degli attori maggiormente responsabili del depauperamento ed inquinamento della risorsa Il comparto alimentare ed agricolo –per quanto attiene le attività di allevamento fortemente sviluppate nella provincia di Cremona- sostengono una spesa per il servizio di raccolta e trattamento reflui per addetto nettamente superiore rispetto ad altri comparti in cui è stato dimostrato che l’input di acqua riveste un ruolo di altrettanto rilievo all’interno del ciclo produttivo Tale asimmetria è da attribuire anche ai criteri di definizione dei carichi ambientali orientati per la maggior parte ad individuare gli AE e quindi come emissioni di sostanze organiche Sintesi delle principali evidenze


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