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1 Parleremo di: Incapacità del bilancio di esercizio e dei tradizionali indicatori a dar conto del valore creato/distrutto dall’azienda;

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1 1 Parleremo di: Incapacità del bilancio di esercizio e dei tradizionali indicatori a dar conto del valore creato/distrutto dall’azienda;

2 2 I limite: L’incapacità dei prospetti contabili a dar conto del valore creato/distrutto Nowadays people know the price of everything, and the value of nothing (Oggi la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di nulla) Oscar Wilde, The Picture of Dorian Gray, 1891

3 3 La letteratura ci dice che “… creare valore significa realizzare qualcosa che valga la pena, che meriti gli sforzi, le energie, le risorse impiegate per ottenerla” “Il valore di un oggetto corrisponde al sacrificio che si è disposti a sopportare per acquisirne la disponibilità e questo sacrificio è funzione dei benefici che si ritiene di poter trarre dall’oggetto” (G. Donna, La creazione di valore nella gestione dell’impresa, Carocci, Roma, 2000, pag. 25)

4 4 Per chi deve essere creato valore? Per tutti gli stakeholder allo stesso modo? C’è una categoria di stakeholders privilegiata?

5 5 stakeholders Soggetti portatori di interessi nei confronti dell’azienda che nel tentativo di difendere tali interessi cercano di condizionare la dinamica aziendale.

6 6 stakeholders Secondo il grado di coinvolgimento sulla gestione: interni esterni Secondo l’entità dell’influenza: primari secondari

7 7 Stakeholders interni Azionisti; dipendenti; management.

8 8 Stakeholders esterni fornitori; clienti; imprese concorrenti; prestatori di capitale di credito; Stato; enti locali; associazioni di vario tipo; …

9 9 Stakeholders primari Influenzano in maniera immediata e particolarmente significativa le linee di governo: –proprietari; –management; –dipendenti; –clienti; –fornitori; –…

10 10 Stakeholders secondari Esercitano un’influenza in genere più debole e che ha effetti in particolare sul medio/lungo periodo: –comunità locale; –associazioni di consumatori; –sindacati; –…..

11 11 Principali stakeholder apporti Ritorni/benefici attesi AzionistiCapitale di rischio Rendimento residuale e apprezzamento del capitale FinanziatoriCapitale di prestito Interessi e rimborso Clientiprezzo beni Prestatori di lavoro lavoro Salario e condizioni di lavoro FornitoriFattori produttivi prezzo Amministrazioni pubbliche Beni pubbliciImposte e tasse

12 12 Impresa/stakeholder Inconciliabilità di interessi/benefici attesi? Quale principio guida per bilanciare gli interessi/benefici attesi ?

13 13 Proposte teoriche per il bilanciamento di interessi 1.Le imprese devono essere governate e gestite al fine di massimizzare il beneficio per gli azionisti = max valore creato per gli azionisti 2.Le imprese devono cercare di bilanciare tutti gli interessi che convergono in esse.

14 14 1.Il filone di studi della creazione del valore mette al centro l’interesse dell’azionista, cioè del portatore del capitale a pieno rischio Ma quando l’azienda crea valore per l’azionista? Quando soddisfa in maniera congrua le aspettative dell’azionista. Ma qual è il ritorno/beneficio atteso per l’azionista?

15 15 Abbiamo vito che: “Il valore di un oggetto corrisponde al sacrificio che si è disposti a sopportare per acquisirne la disponibilità e questo sacrificio è funzione dei benefici che si ritiene di poter trarre dall’oggetto” (G. Donna, La creazione di valore nella gestione dell’impresa, Carocci, Roma, 2000, pag. 25)

16 16 Qual è il ritorno/beneficio atteso dall’azionista? Il reddito realizzato e l’apprezzamento del capitale. La dottrina scinde perciò due componenti: dividendo + incremento del valore del capitale

17 Il dividendo si determina senza difficoltà MA Come stimare il valore del capitale investito in azienda, ossia se vi è stato apprezzamento o deprezzamento del capitale investito in azienda? 17

18 18 Il mercato può dire se la quotazione è aumentata o diminuita. Ma gli andamenti di mercato derivano anche da fatti estranei alle performance aziendali ( prezzo di mercato del capitale ≠ valore del capitale-E. Gonnella, Logiche e metodologie di valutazione d’azienda. Valutazioni stand-alone, Pisa University Press, 2008, pagg. 28-29)

19 Se anche l’azienda distribuisce dividendi, se anche la quotazione dei titoli aumenta, come stimiamo se tali elementi sono sufficienti a soddisfare le attese degli azionisti? manca un parametro di confronto per capire se il rendimento è adeguato, ossia soddisfacente alle attese. Con cosa si confrontano i prezzi di mercato e i dividendi? 19

20 20 Il bilancio di esercizio può fornire la misura del valore creato/ distrutto? Gli indicatori di bilancio sono capaci di misurare se ci sono stati dividendi soddisfacenti e apprezzamento soddisfacente del capitale investito in azienda? Se l’azienda ha soddisfatto le aspettative dell’azionista?

21 21 Gli indicatori di redditività tratti dal bilancio Privilegiano prospettive temporali di breve periodo (non considera la redditività prospettica o la capacità di generare flussi finanziari prospettici) es.: il reddito a breve può migliorare rinunciando a investimenti in R&S, formazione, sistemi informativi l’aumento di redditività nasconde una perdita i valore nel tempo

22 non consentono l’apprezzamento del rischio; risentono dei principi e criteri di valutazione adottati ai fini della determinazione del reddito di periodo e del capitale di funzionamento (prudenza o anche opportunistici) 22

23 23 Il bilancio di esercizio è inadeguato a segnalare la dinamica del valore, non consente di valutare se l’impresa ha creato valore Non consente di valutare se il ritorno per l’azionista è soddisfacente

24 Esistono indicatori di performance capaci di dar conto del valore creato o distrutto? Ossia esistono indicatori di performance capaci di dar conto dell’adeguatezza dei benefici creati per gli azionisti? 24

25 25 Il valore si basa su due concetti base: –l’apprezzamento del sacrificio del soggetto considerato –si fonda su aspettative, in quanto dipende dai benefici attesi per il futuro (è soggettivo)

26 26 possiamo formulare indicatori di performance integrativi di quelli contabili? ( A. Rappaport, La strategia del valore. Le nuove regole della performance aziendale, Franco Angeli, Milano, 1997) Ciò significa mantenere una prospettiva temporale di breve periodo (indicatori di performance), ma superare il II limite (ignoranza del rischio) e limitare il III (più circoscritta applicazione del principio di prudenza ed eliminazione dell’opportunismo fiscale)

27 27 Partendo dalla considerazione che: il capitale di rischio non è l’unica fonte di finanziamento, vi è anche il capitale di prestito si sono introdotti nuovi indicatori di performance che tengono conto della presenza di due soggetti finanziatori dell’azienda: azionisti + prestatori di capitale.

28 28 L’Economic Value Added (EVA®) (marchio registrato da Stern Stewart & Co nel 1990) È un risultato residuale, ossia è ciò che residua del risultato gestionale dopo aver sottratto il costo (attenzione!!!) del capitale È un risultato gestionale al netto della remunerazione attesa dai portatori a diverso titolo del capitale investito in azienda

29 29 Presupposto teorico sotteso un’azienda è in grado di creare valore per l’azionista solo quando le risorse in essa investite generano un rendimento superiore al costo delle risorse stesse.

30 30 “reddito differenziale” e risultato economico Creazione valore Distruzione valore Distruzione valore Creazione di valore Distruzione di valore Costo del capitale Risultato economico

31 31  Indicatore economico che misura la capacità dell’azienda di creare valore EVA = NOPAT – WACC  CIR dove: NOPAT=reddito operativo netto normalizzato (Net operating profit after taxes) WACC= costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital) CIR=capitale investito rettificato (C.N. + debiti finanziari + rettifiche) L’Economic Value Added (EVA ® ) ponendo: r = NOPAT CIR dove: r = RORAC (Return on Risk-Adjusted Capital) EVA = (r – WACC)  CIR allora:

32 Eva a consuntivo e NOPAT NOPAT = Reddito operativo rettificato al netto delle imposte (le rettifiche approssimano i flussi di reddito ai flussi di cassa disponibili per l’azionista) Si parte dai dati dal bilancio di esercizio ma si apportano rettifiche 32

33 Tutte le rettifiche sono al netto dell’effetto fiscale ad esempio i costi iscritti a conto economico, nella misura in cui sono riconosciuti dall’Erario come oneri deducibili, determinano una riduzione dell’imponibile e dell’imposta denominata «scudo fiscale». Se si esclude la voce di costo si esclude anche il beneficio fiscale. Le rettifiche apportate al NOPAT devono essere considerate anche nei riflessi che esercitano sul CIR 33

34 Rettifica preliminare Il NOPAT (Net Operating Profit After Taxes) esprime il risultato della gestione operativa, senza risentire l’influenza della struttura finanziaria Tutti i costi finanziari espliciti sono accolti nella II parte della formula, nel sottraendo dato dal prodotto del capitale investito per il costo medio ponderato del capitale 34

35 Rettifica preliminare Utile netto di bilancio + interessi e altri oneri finanziari al netto d’imposta = NOPAT Patrimonio netto + Debiti finanziari = Capitale investito 35

36 Rettifiche per la determinazione del NOPAT (fino a 162) Le rettifiche di dati contabili servono in particolare per: 1.per determinare la reale performance economica 2.mettere in risalto l’effettivo costo di utilizzo di capitale 36

37 Spese di R & S –Es.: riconoscimento della natura di investimento per costi aventi un beneficio economico pluriennale 37

38 Spese di R&S- rettifica: Es.: riconoscimento della natura di investimento per costi aventi un beneficio economico pluriennale Le spese vengono capitalizzate ed ammortizzate per il periodo di vita utile; Si aggiunge al NOPAT il costo capitalizzato imputando anche la quota annua di ammortamento; Riguardo a Capitale investito: le quote non ancora ammortizzate incrementano il capitale; Occorre tener conto della deducibilità fiscale degli ammortamenti 38

39 Spese di R & S NOPAT = utile netto di bilancio + interessi e altri oneri finanziari al netto d’imposta + costi di R&S – ammortamento costi di R&S – scudo fiscale sulla quota sospesa (escludendo il costo si esclude anche il beneficio fiscale = le imposte aumentano) Cap.inv.rettificato = capitale investito + costi di R&S capitalizzati – scudo fiscale sulla quota sospesa ( perdita beneficio fiscale ) 39

40 Capitalizzazione dell’ammortamento dell’avviamento Rettifiche di dati contabili per determinare la reale performance economica: l’avviamento si manifesta in occasione di acquisizione di aziende o rami di azienda nell’ipotesi in cui il prezzo pagato sia superiore al valore delle poste dell’attivo al netto delle passività trasferite. 40

41 Avviamento 2426 c.c. Se acquisito a titolo oneroso nei limiti del prezzo pagato per esso può essere capitalizzato e deve essere ammortizzato in 5 anni (eccezionalmente di più) Ma l’avviamento perde valore nel tempo? Non necessariamente 41

42 Rettifica per avviamento Si storna da CE la quota di ammortamento dell’avviamento e si attribuisce a cap. investito l’ammortamento già operato negli anni, tenendo sempre conto degli effetti fiscali 42

43 Rettifiche per l’avviamento NOPAT = utile netto di bilancio + interessi passivi + ammortamento dell’avviamento – scudo fiscale Cap. investito rett. = patr. Netto + Debiti Finanziari + ammortamenti cumulati – scudi fiscali cumulati 43

44 Altre rettifiche esempi: Eliminazione componenti straordinarie; stock option: diritto, non obbligo, per il beneficiario di acquisire un certo numero di azioni a un prezzo generalmente prefissato. La differenza tra prezzo di esercizio e prezzo di mercato delle azioni rappresenta un guadagno per il beneficiario. 44

45 Costo non contabilizzato per l’impresa: in occasione di aumento del cap. o di trasferimento di azioni ai beneficiari l’impresa incassa un controvalore inferiore a quello che avrebbe ottenuto collocando sul libero mercato le sue azioni Operazioni di leasing finanziario contabilizzate in alcuni contesti come operazioni di locazione (metodo patrimoniale) mentre nella realtà sono finanziamenti 45

46 Il costo del capitale Il costo del capitale è la media ponderata dei costi di ciascuna fonte di finanziamento (capitale netto e debiti di finanziamento). Ciascun costo va moltiplicato per l’incidenza che la fonte ha sul totale delle fonti. 46

47 47 La formula del costo medio ponderato del capitale (WACC) (Weighted Average Cost of Capital) dove: K e =costo del capitale di proprietà K d =costo lordo del debito t=aliquota delle imposte sul reddito D=debiti finanziari E=capitale di proprietà WACC = K e + K d (1-t) D D + E E D + E

48 Costo del debito K d =costo lordo del debito t=aliquota delle imposte sul reddito Ai fini della stima dell’indice EVA® il K d può considerarsi pari al ROD = Oneri finanziari/Debiti di finanziamento 48

49 Come si stima il costo del capitale di proprietà? Il modello più diffuso è il Capital Asset Pricing Model per il quale: il costo dei mezzi propri è inteso come costo opportunità cioè il rendimento che l’investitore a titolo di rischio potrebbe ottenere da investimenti a titolo di capitale di proprietà in aziende caratterizzate dal medesimo profilo di rischio 49

50 50 Tasso di rimunerazione normale del capitale di proprietà K e = R f + S Tasso di rendimento delle attività prive di rischio (Tasso risk-free) Premio per il rischio VARIA in funzione del tipo di investimento in relazione alla sua RISCHIOSITÀ per la sua stima si possono seguire varie metodologie tra cui il CAPM è la più diffusa Ogni termine dell’espressione necessita di stima, poiché non è direttamente osservabile sul mercato. Tali stime (sia pure supportate da metodologie statistiche) risentono delle ipotesi assunte dal valutatore.

51 Rf Rf=Tasso di rendimento delle attività tendenzialmente prive di rischio (Risk Free Rate) Si stima assumendo il tasso di rendimento di titoli di Stato di lungo periodi emessi da Stati dotati di affidabilità sul piano internazionale. 51

52 S premio per il rischio specifico (Capital Asset Pricing Model) S=  (R m - R f ) R m =Tasso di rendimento medio del mercato azionario (S&P Mib, Mibtel, ecc.) (R m – R f )=Premio per il rischio generale di mercato (Market Risk Premium) 52

53 R m =Tasso di rendimento medio del mercato azionario (S&P Mib, Mibtel, ecc.) (R m – R f )=Premio per il rischio generale di mercato (Market Risk Premium) Si tratta di stimare il sovrarendimento medio, rispetto al tasso in assenza di rischio, che gli investitori si attendono investendo in un portafoglio di mercato. Dovendosi stimare un indicatore di performance di un’impresa, il portafoglio andrà considerato composto da azioni. La serie storica dei differenziali di rendimento tra un portafoglio di titoli di Stato e un portafoglio azionario può servire allo scopo. 53

54  =Coefficiente di volatilità o di rischiosità sistematica dell’azienda;  misura il rischio dell’azienda in termini di variabilità del suo rendimento rispetto a quello generale di mercato, ovvero di reattività ai cambiamenti del mercato  misura cioè la tendenza del rendimento del titolo a modificarsi in corrispondenza di variazioni di mercato 54

55 La volatilità – cioè la variazione del valore di un titolo in relazione agli andamenti del mercato - è il “Beta”. Beta = 1: l’azione si muove in linea con il mercato. Beta > 1: l’azione amplifica i movimenti del mercato 0 1: un’azione che, pur influenzata dal ciclo economico, è meno volatile del mercato stesso Beta <0: l’azione si muove in controtendenza (raro) 55

56 Beta >1: settore automobilistico che cresce con la crescita del mercato ma si contrae drasticamente nei momenti di crisi. Beta tra 0 e 1: un’azione che, pur influenzata dal ciclo economico, è meno volatile del mercato stesso (ad es. aziende del settore alimentare) Beta negativo: l’azione si muove in controtendenza rispetto al mercato. Si parla anche di aziende «anticicliche», (questi titoli sono piuttosto rari). Es.: aziende del settore alimentare, farmeceutico. Il Beta aziendale dipende dal settore ma anche da fattori specifici, ad es. la struttura dei costi aziendali (grado di rigidità), il profilo strategico (grado di vantaggio competitivo, orientamento alla crescita) etc. 56

57 Rischi sistematici e rischi diversificabili Il Beta stima il rischio sistematico I rischi sistematici sono i rischi generati dalle più importanti variabili macroeconomiche e/o finanziarie, ad es.: la variazione del PIL, che misura l'andamento generale dell'economia; la variazione dell'indice dei prezzi al consumo, che misura il tasso d'inflazione dell'economia generale; il rendimento effettivo dei titoli di stato a breve scadenza, che misura l'andamento dei tassi d'interesse di mercato. E’ un rischio inevitabile, per quanto il portafoglio si diversifichi, perciò il rischio sistematico è detto anche rischio del mercato o rischio non diversificabile. 57

58 «Il rischio sistematico dipende dal fatto che esistono problemi e pericoli che interessano l’intera economia, rappresentando una minaccia per tutte le attività» (Brealey, Stewart C. Myers, Franklin Allen, Sandro Sandri, Principi di Finanza aziendale, p 228). «Questa è la ragione per cui le azioni hanno la tendenza a muoversi insieme ed è la ragione per cui gli investitori sono esposti alle incertezze del mercato a prescindere dal numero di azioni detenute» (Brealey, Stewart C. Myers, Franklin Allen, Sandro Sandri, op. cit., p. 229) 58

59 I rischi che non sono correlati alle variabili macroeconomiche e finanziarie sopra indicate, e che quindi non derivano dalle cosiddette fonti di rischio sistematico, sono definiti «rischi diversificabili» o «rischi specifici». Tale caratteristica rende applicabile a questa categoria di rischi il cosiddetto "processo di diversificazione", che consente, investendo in titoli diversi, di eliminare tutti o gran parte di essi. 59

60 «II rischio specifico deriva dal fatto che molti dei pericoli che interessano una certa azienda sono peculiari dell’impresa e forse dei suoi diretti concorrenti». :….. Nel CAPM l’unico rischio considerato è quello sistematico, ossia non diversificabile. A eliminare o ridurre il rischio diversificabile pensa il singolo investitore nella gestione del suo portafoglio personale, che sarà adeguatamente diversificato. 60

61 Il rischio viene inteso come variabilità e le misure statistiche della variabilità sono la varianza e la covarianza. Il coefficiente beta (ß) è inteso, nel modello di Sharpe, come: dove Cov(Rm, Rj) esprime la covarianza esistente tra il rendimento espresso dal portafoglio di mercato (Rm) e quello del titolo j-esimo (Rj), Var(Rm) rappresenta la varianza espressa dai rendimenti del portafoglio di mercato 61

62 62 Riassumendo: Capital Asset Pricing Model K e = R f +  (R m - R f ) La formula generale è: dove: R f =Tasso di rendimento delle attività prive di rischio (Risk Free Rate) R m =Tasso di rendimento medio del mercato azionario (S&P Mib, Mibtel, ecc.) (R m – R f )=Premio per il rischio generale di mercato (Market Risk Premium) (Generalmente compreso tra 4% e 6%)  =Coefficiente di volatilità o di rischiosità sistematica dell’azienda; misura il rischio dell’azienda in termini di variabilità del suo rendimento rispetto a quello generale di mercato Il CAPM (modello rischio/rendimento) stima il rischio in termini di variabilità dei rendimenti aziendali rispetto a quelli del mercato azionario  > 1  Rischio aziendale superiore a quello del portafoglio di mercato  = 1  Rischio aziendale a quello del portafoglio di mercato  < 1  Rischio aziendale minore di quello del portafoglio di mercato

63 Riferimenti bibliografici minimi: In merito alla Teoria della Creazione del valore: G. Donna, La creazione di valore nella gestione dell’impresa, Bari, Carocci, 2000 (in particolare pgg. 25-42) In merito all’ EVA®: E. Pavarani, G. Tagliavini, Pianificazione finanziaria. La gestione della solvibilità e del valore, Milano, McGraw-Hill, 2006 (in particolare pgg. 337-368) In merito al CAPM e EVA® : E. Gonnella, Logiche e metodologie di valutazione d’azienda. Valutazione stand- alone, Pisa, Edizioni Plus, Pisa University Press, 2008 (in particolare pgg. 87-104; pgg. 229-233). 63


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