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Istituzioni di Economia M-Z prof. L. Ditta

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Presentazione sul tema: "Istituzioni di Economia M-Z prof. L. Ditta"— Transcript della presentazione:

1 Istituzioni di Economia M-Z prof. L. Ditta
Le componenti del Pil: Consumi ed investimenti Facoltà di Giurisprudenza Università di Perugia Presentazione tratta da materiali del prof. Rodano

2 Perché la macroeconomia
I temi illustrati nelle lezioni precedenti (disoccupazione,inflazione, fluttuazioni del Pil) mostrano evidenti legami tra i fenomeni che quelle variabili rappresentano (legge di Okun). Perciò essi non vanno studiati isolatamente. Al contrario, occorre tener conto di questi legami. La macroeconomia fa appunto questo. Studia il funzionamento di un sistema economico nel suo in-sieme, mettendo in luce i legami tra i vari fenomeni economici. Per far ciò occorre fare un esercizio di astrazione, in modo da ridurre drasticamente il numero dei soggetti e perciò anche dei beni e dei mercati),considerando grandezze aggregate.

3 Grandezze aggregate Invece di considerare n beni generici (come si fa in microeconomia) in macroeconomia si concentra solo su: 1. Il prodotto (Y ) (ovvero il Pil). Esso é composto da due tipi di beni: beni di consumo (C ) o di investimento (I ), ovvero beni e servizi che aumentano la capacità produttiva. Questa è il risultato dell’accumulazione passata (il capitale (K ). 2. Il lavoro (N ). 3. La moneta (M ), che è l’unico mezzo di pagamento. 4.Un titolo a reddito fisso (B ) acquistato da chi risparmia. Ciò vale per una economia “chiusa” agli scambi con l’estero.

4 Anche il numero dei soggetti viene drasticamente ridotto:
Soggetti aggregati Anche il numero dei soggetti viene drasticamente ridotto: 1. Le FAMIGLIE. Esse aggregano tutti i consumatori della microeconomia. Sono proprietarie delle imprese (di cui incassano i profitti) e offrono lavoro. Spendono i loro redditi (da capitale o da lavoro) acquistando “pezzi” di Y per consumo (C ) o titoli B per risparmio (S ). 2. Le IMPRESE. Esse producono Y , impiegando N e K , e lo vendono alle famiglie (C ), alle stesse imprese - investimenti (I ) - o allo Stato (G ); per finanziarsi possono emettere titoli. 3. Lo STATO. Acquista beni e servizi - spesa pubblica (G ) - ed effettua trasferimenti alle famiglie (Tr ). Si finanzia col prelievo fiscale (T ), oppure emettendo moneta e titoli. Questo vale per i modelli più semplificati. Ma possono esse inclusi anche altri soggetti (come le BANCHE COMMERCIALI e la BANCA CENTRALE).

5 Prezzi e mercati Abbiamo quattro beni, perciò anche quattro prezzi e quattro mercati : del prodotto, del lavoro, del titolo e della moneta. 1. Il prezzo del prodotto è il livello generale dei prezzi P. 2. Il prezzo del lavoro è il salario nominale W. 3. Il prezzo del titolo ; vedremo che esso ha una relazione inversa col tasso di interesse i . P b 4. Il prezzo della moneta è 1 (la moneta funge da numerario). I prezzi relativi si ottengono dividendo i prezzi per P : abbiamo perciò il salario reale W/P e il valore reale della moneta 1/P. La distinzione tra grandezze nominali , ossia espresse in euro, e grandezze reali , ossia espresse in unità di prodotto, è molto importante. Le grandezze reali si ottengono dividendo le corrispondenti grandezze nominali per P.

6 Spesa aggregata e domanda effettiva
Nel mercato dei beni c’è equilibrio quando la produzione è sufficiente a soddisfare tutte le richieste (di famiglie e imprese): Y = C + I L’espressione al secondo membro si chiama domanda aggregata : C + I = AD Quando non c’è equilibrio (Y  AD) i prezzi non variano (per ipotesi). Variano invece le quantità prodotte : se la produzione supera la domanda aggregata (Y > AD ), le imprese producono meno (DY < 0); se il prodotto è inferiore alle richieste (Y < AD ), le imprese accrescono la produzione (DY > 0). La produzione si adegua alla domanda. Questo è noto come il “principio della domanda effettiva ”.

7 Le ipotesi del modello Ricordiamo ancora le ipotesi del modello:
1. prezzi “fissi”; 2. la produzione si adegua alla domanda. Perché valga 2 occorre una terza ipotesi: 3. esistenza di capacità produttiva inutilizzata. Perciò si tratta di un modello di breve periodo. Abbiamo una condizione di equilibrio (Y = AD ) e una equazione che descrive il comportamento di Y fuori dell’equilibrio, cioè il principio della domanda effettiva, ossia DY = b(AD - Y ). Per determinare il valore di equilibrio di Y, e per studiarne la “convergenza” all’equilibrio, dobbiamo stabilire da che dipende la spesa aggregata AD, ossia da che dipendono le sue componenti, il consumo, C e l’investimento, I.

8 Fatti stilizzati su C e I
Sul consumo : 1. c’è una forte correlazione, nel lungo periodo, tra consumo, C , e prodotto, Y :

9 Andamento congiunto di C e Y - Italia
2. C’è una chiara correlazione tra fluttuazioni di C e fluttuazioni di Y : Italia.

10 Andamento congiunto di C e Y
…e Usa

11 Consumo e reddito disponibile
3. il consumo varia col reddito disponibile: Nel grafico è rappresentata la situazione negli Usa: il consumo è praticamente proporzionale al reddito disponibile.

12 Fatti stilizzati sull’investimento
1. l’investimento è più volatile del consumo; le sue fluttuazioni sono più ampie:

13 Investimento e Pil 2. la correlazione tra le fluttuazioni di I e quelle di Y è meno chiara; ce ne occuperemo in seguito.

14 Da che dipendono C e I ? Per cercare di tener conto dei fatti stilizzati su C e I, assumeremo, in prima approssimazione, quanto segue: Sul consumo : C = C(Yd ) < C  < 1 Il consumo è una funzione crescente del reddito disponibile (ma gli incrementi sono decrescenti). Sull’investimento : I = I0 L’investimento è autonomo. Una grandezza è detta “autonoma” quando non dipende da Y.

15 La funzione del consumo
Assumiamo una specificazione lineare della relazione tra consumo e reddito disponibile : C = C0 + c Yd C0 > 0 è il consumo autonomo . 0 < c < 1 è la propensione marginale al consumo . In questo caso Yd = Y . Segue allora: Y C C = C0 + c Y C = C0 + c Y Il grafico della funzione del consumo è presentato nella figura. È una retta crescente con intercetta positiva e inclinazione inferiore a 45° C0 c


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