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Dove comincia il conflitto? Elementi confinanti Discussione / Divergenza/ Polemica/ Disaccordo Discussione: si ha quando due o più parlanti si contrappongono.

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Presentazione sul tema: "Dove comincia il conflitto? Elementi confinanti Discussione / Divergenza/ Polemica/ Disaccordo Discussione: si ha quando due o più parlanti si contrappongono."— Transcript della presentazione:

1 Dove comincia il conflitto? Elementi confinanti Discussione / Divergenza/ Polemica/ Disaccordo Discussione: si ha quando due o più parlanti si contrappongono partendo da due diverse visioni della realtà. Si impegnano emotivamente nella discussione e la conversazione si anima. Il confine tra discussione e conflitto aperto è labile. Se la discussione si mantiene nei limiti della cortesia e non trascende preferendo l’accordo. Si può discutere su fatti, su una valutazione, su un’attività

2 Dalla discussione al conflitto La discussione può approdare al conflitto quando si intrecciano aspetti di tipo più ampio del contenuto che mettono in evidenza l’aspetto relazionale del contendere. Si può passare dagli argomenti sulle cose agli argomenti sulle persone. Non sempre è tutto, talvolta l’aspetto relazionale trapela a stento. Il conflitto stesso può non essere dichiarato o essere addirittura indicibile. Di qui nasce una notevole difficoltà comunicativa a districarsi nella comprensione dei livelli di conflitto e nella stessa interpretazione del suo essere e del suo significato

3 La percezione del conflitto E’ sufficiente la “superficie del conflitto” per comprenderne il senso? Certamente no, ma è sufficiente osservare con attenzione le sequenze interazionali per comprendere che nello scambio tra i parlanti ci sono delle frizioni che rimandano a qualche forma di conflitto tra loro. Gli elementi che ci fanno percepire il contrasto sono: la scarsa coerenza logica degli argomenti, la passionalità degli interventi, le allusioni, le insinuazioni. Questi elementi spingono il discorso aldilà della pacata discussione e lo portano su un terreno minato per la relazione.

4 Competenza comunicativa Abbiamo sufficiente competenza comunicativa per accorgerci quando la discussione cela il conflitto coperto e non dichiarato tra i parlanti. La conflittualità tra gli individui è qualcosa che noi possiamo vedere e sentire. Qualcosa di cui ci rendiamo conto a partire dalla stessa struttura narrativa presente tra le persone. Il conflitto più facile è quello aperto fatto di insulti, offese palesi, manifestazioni di rabbia. In un diverbio possono comparire “atti rappresentativi” > “atti direttivi” > “atti espressivi” >.

5 litigio aperto E’ più facile e frequente in età evolutiva e la competenza all’opposizione compare precocemente. Per il contenuto nei bambini è più frequente lo scontro sugli oggetti che scompare tra gli adolescenti. Scambi di insulti si ritrovano anche tra adulti in situazioni più spesso estemporanee (guida, parcheggi, file). Il litigio può manifestarsi come scena muta, porta sbattuta, uscita precipitosa, telefono sbattuto per chiudere la comunicazione. Più frequenti sono i litigi articolati in mosse coperte.

6 Litigio coperto La pragmatica della comunicazione può essere definita come “lo studio di quei meccanismi che consentono di comunicare più di quanto venga detto” (Green,1989). Non sempre il conflitto è aperto, spesso assume forme indirette, oblique, che risultano ambigue all’interpretazione. Perché avviene ciò? Per salvare l’immagine di sè, per sottrarsi alla responsabilità del dire, per salvare l’immagine dell’altro dalle reazioni aggressive. Per evitare l’innescarsi dell’escalation simmetrica e discutere sulla relazione si affrontano solo i contenuti. Non solo si può dire e non dire a parole ma anche attraverso il non verbale si possono mandare messaggi che esprimono o non esprimono fino in fondo l’atteggiamento ostile.

7 Forme linguistiche indirette Fare intendere: Alcune espressioni linguistiche veicolano significati che vengono fatti intendere senza essere espressamente manifestati con le parole dirette. Es: la madre dice al figlio “ Almeno potresti pulirti le scarpe quando entri in casa” Il marito dice alla moglie “Sei riuscita ancora a dimenticarti di mettere benzina”. In questi esempi la conflittualità viene veicolata attraverso termini che contengono delle presupposizioni che scoprono/ coprono intenzioni diverse da quelle apparenti.

8 Forme linguistiche indirette Sottintendere Ai fini conflittuali possiamo osservare che può essere violata la massima che implica di rispondere in modo esauriente ad una domanda. Es. La madre dice al figlio “ Dove vai?” Il figlio “ Esco”. Le implicature conversazionali (massime ) si collocano nella teoria degli atti linguistici che assicurano la cooperazione (Grise,1967) tra gli interlocutori. Le massime di quantità, qualità, pertinenza, modo non sono dedotte dalla realtà e perdipiù sono frequentemente disattese. Possono però essere considerate dei modelli conversazionali ideali per assicurare una buona comunicazione, ossia una comunicazione coooperativa e chiara con la quale ci si può confrontare in modo paritario.

9 Implicature Si tratta di intenzioni apertamente mascherate che il parlante si attende che vengano comprese dall’ascoltatore anche se non sono dichiarate. Le massime infatti possono entrare in contrasto con le regole della cortesia. Ad es.la chiarezza viene ad essere sostituita dalla vaghezza, oppure la pertinenza dell’argomento è sostituita dall’essere concisi per motivi di opportunità e/o di tatto. La violazione della massima serve talvolta ad attenuare la conflittualità che si connetterebbe all’essere più espliciti Es: “Chi ha fumato in questa stanza?” E’ una domanda vaga e meno accusatoria che prendersela direttamente con chi ha realmente fumato! A volte il confine tra cortesia e conflitto è incerto. Es: “Ti sei dimenticato il mio numero di telefono? Costituisce un rimprovero meno potente e più sarcastico.

10 Dare a intendere La comunicazione conflittuale fa uso anche di intenzioni necessariamente mascherate ossia finalizzate all’inganno senza che questo ci sia direttamente, Un dire o un fare che fa intendere qualcosa di non vero senza una menzogna diretta. L’esempio è la mossa del bluff a poker per cui si fa intendere di avere il gioco vincente senza averlo. Talvolta si può dire il vero come se fosse falso ad es. “ Stavamo parlando male di te!” all’amico che arriva all’improvviso. Un altro modo ancora di attaccare nella comunicazione è quello di contestare i presupposti stessi dell’interlocutore. Es: A dice “Perché hai fatto questo? B risponde: “Perché no?” Oppure replicare a una domanda dicendo “Perché dici questo? Si tratta di forme aggressive che tendono a squalificare l’interlocutore non attribuendogli credito.

11 Impertinenze comunicative Costituiscono una modalità di prendere alla lettera le parole, svincolandole dai contesti e dagli usi linguistici, ES. “Sai dirmi l’ora? “Si”. Costituiscono boicottaggi o impertinenze comuicative che mettono in atto lo sciopero bianco delle parole, ossia queste vengono usate come se avessero un unico significato sempre e ovunque, come se non si trascinassero dietro alcuna implicazione. In tal modo si mette in discussione il sapere condiviso che comprende la conoscenza non solo della grammatica ma anche degli usi linguistici. Di solito queste forme di impertinenza hanno un risvolto ludico ma possono anche prefigurare uno scenario conflittuale.

12 Malinteso intenzionale Il malinteso può essere considerato un inceppamento nello scorrere della relazione, un fallimento involontario a carico del ricevente. Un errore di percorso che può essere riparato con un chiarimento o può passare inosservato oppure può esitare in un conflitto. In un’ottica relativista il malinteso può essere considerato un evento inevitabile nel linguaggio ordinario e ci informa sul fatto che la comprensione è una questione di gradi ed è sempre più o meno approssimativa. Ai fini della comprensione del conflitto, un malinteso in quanto fraintendimento di ciò che uno dei due ha detto, può esserne la causa. Il malinteso necessita di una riparazione tra i parlanti.

13 Malinteso e conflitto Il malinteso può essere causa di conflitto e viceversa il clima conflittuale può alimentare i malintesi. Nel conflitto in generale vi è una caduta della lucidità interpretativa a vantaggio della volontà di prevaricazione che porta ad esasperare la dinamica del fraintendimento anziché cercare di risolverlo. Possiamo allora parlare di malinteso quasi-intenzionale, quando un malinteso accidentale può essere sfruttato ai fini conflittuali oppure quando il malinteso viene consapevolmente messo in atto allo scopo di fomentare il conflitto.

14 Convivere con il conflitto Il conflitto che si prolunga nel tempo riguarda quasi sempre i rapporti stretti (close relationships) ma può esistere anche tra persone che non hanno rapporti intimi e ogni volta che si incontrano trovano un pretesto per riaccendere la loro rivalità. Nelle relazioni intime il conflitto tende ad essere diffuso e rimanda ad una situazione che va avanti nel tempo. Il pretesto per confliggere può cambiare ma al di là del contenuto che diviene irrilevante si ha l’impressione che tutto si ripeterà. Chi ha iniziato il conflitto che noi osserviamo esistere tra due persone? Ciascuno considera l’altro la causa del litigio e il proprio comportamento l’effetto. Il conflitto è per sua natura circolare.

15 Fonti e presupposti Il conflitto esplode quando la relazione viene messa in gioco. attraverso generalizzazioni. ”Sei sempre così!” oppure attraverso una attribuzione interna alla persona stabile e globale. Nel conflitto vi è compresenza del contenuto e della relazione al punto che risultano essere confusi. Un conflitto sui contenuti cela spesso un conflitto sulla relazione di cui non si parla né si metacomunica. La forma di comunicazione che ne deriva è di tipo obliquo (obliquità comunicativa) alla cui origine vi è l’esigenza di confliggere senza esporsi eccessivamente o senza esporre le ragioni del conflitto, oppure “salvare la faccia” mettendosi al riparo dal rifiuto, dal rischio di reazioni troppo forti attraverso il fingere di non capire.

16 Circolarità e punteggiatura Ogni interazione si struttura in modo che il comportamento dell’uno è insieme causa ed effetto del comportamento dell’altro. Es: “più lei vuole parlare più lui si allontana”e viceversa “più lui si allontana più lei vuole parlare”. Tuttavia ciascuno dei due incolpa l’altro del proprio comportamento percepito come effetto e non come concausa. “Io mi chiudo perché lei brontola” “Io brontolo perché lui si chiude”. Questa punteggiatura discrepante non è utile alla risoluzione del conflitto e anzi aggrava le attribuzioni di colpa.

17 Profezia che si autoavvera La discrepanza di punteggiature può produrre la profezia che si autoavvera, ossia avviene che pensando a qualcosa che si potrà determinare, quel qualcosa si determinerà. Le nostre aspettative prefigurano gli accadimenti come nel noto “effetto Pigmalione”. Ciò è particolarmente vero per gli accadimenti negativi e vale sia per le eteroprevisioni sia per le autoprevisioni. Se ritengo di essere una persona “scostante” farò in modo di convalidare la mia aspettativa comportandomi in modo scostante e avvalorando la percezione che ho di me.

18 Obliquità comunicativa La presenza nella comunicazione di aspetti di contenuto e relazione fa sì che nel conflitto ripetuto queste due dimensioni vengano confuse generando una sorta di obliquità comunicativa che risponde all’esigenza di salvare la faccia, di non scoprire il conflitto, di confliggere senza esporsi eccessivamente. Vengono formulate richieste che possono essere accolte o non accolte lasciando all’altro la possibilità di intendere o far finta di non aver inteso.

19 Generalizzazione Consiste nel generalizzare il dissenso su caratteristiche di personalità, tratti stabili e globali della persona, qualità non transitorie che colpiscono l’altro e lo lasciano indifeso. Es. “ So come sei” “ Ecco fai sempre così” La causa scatenante del conflitto è quasi sempre pretestuosa e al di là dei singoli accadimenti il conflitto rivela la sua natura ricorsiva. Le attribuzioni generalizzate alimentano il conflitto e non consentono di relativizzare le discrepanze di opinione.

20 Simmetria e complementarietà Le relazioni sono governate da due opposte tensioni : parità e differenza. La prima porta allo strutturarsi di una relazione complementare, la seconda di una relazione simmetrica. La relazione complementare tende alla differenza (up e down) la seconda aspira all’uguaglianza ma dà necessariamente luogo all’escalation simmetrica a carattere competitivo. Più complesso si fa il quadro della relazione quando queste forme assumono il carattere di pseudocomplementarietà o di paseudosimmetria (dove la regola della parità di fatto è imposta da uno dei due).

21 L’obliquità comunicativa La pretestuosità è parte saliente della scena conflittuale, ossia l’uso di accuse specifiche che stanno per recriminazione di accuse di natura più generale. Spesso quella che appare la causa scatenante si rivela un pretesto ricercato per ottenere la prova che si ha ragione a perpetuare il conflitto. Si ha sempre in questi casi la sensazione che la mossa conflittuale presente si innesti su una situazione di conflitto preesistente. Altre forme di obliquità sono : Dire l’opposto es: “Ti odio” al posto di “Ti amo”

22 Impegno vs. evitamento Lo schema fondamentale del conflitto nelle relazioni intime riguarda la dimensione dell’impegno vs. evitamento (Canary, Cupach e Messman,1995). Due diversi atteggiamenti per cui ad un estremo abbiamo: - la ricerca del confronto verbale aperto e paritario; - dall’altro la tendenza a non prendere atto del conflitto evitando di aprirlo e di affrontarne le conseguenze. L’evitamento può in certi gradi e situazioni essere positivo, anche finalizzato a non alzare il conflitto ed evitare l’escalation. L’evitamento sotto forma di “muro di pietra” è invece l’ultimo anello di una catena di evitamenti che compromettono la salute della relazione.

23 Il terzo nel conflitto Nel conflitto ricorrere alla parola altrui vuol dire anche utilizzare il terzo ai propri fini quando ad es. il terzo non è il destinatario diretto dello scambio. Dire o non dire di fronte al terzo è funzione di ciò che il parlante vuole fare intendere o no ai presenti. Nel conflitto il terzo incide fortemente e può essere usato per la finalità del conflitto stesso. Il terzo può agire da moderatore del conflitto ma può anche produrre un effetto di amplificazione, alimentando il dissenso. A volte la sua presenza porta ad uno spostamento del conflitto stesso su di sé. Ad es. nel conflitto tra un genitore e figlio l’altro genitore può fare diverse mosse, allearsi con il figlio può spostare il conflitto tra i due.

24 La triangolazione comunicativa Parliamo di triangolazione quando un messaggio è rivolto a un interlocutore solo apparentemente, in realtà ha come destinatario un altro che è il target (Levinson 1988). Es. A rivolto a B ” Guarda come è elegante C questa sera” in cui il complimento è rivolto in modo indiretto usando un terzo. Questa modalità ha effetti diversi quando è usata all’interno di uno scambio ironico che il terzo non può capire. Il terzo è usato perché l’altro intenda ed ha la funzione di attaccare indirettamente senza rompere decisamente il tabù che si è creato tra i due. Es. “A a B “Non esco mai di sera perché lui ha da lavorare” implica un’informazione a B e un’altra per C presente.

25 Il terzo come giudice Il terzo è chiamato in causa anche come giudice, come testimone dei torti dell’altro e delle proprie ragioni.”Guardate un po’ com’è!” L’ascolto altrui può essere richiamato in causa anche in loro assenza “ “C’erano anche Tizio e Caio”. La triangolazione mette il terzo in una posizione “forzata” di alleanza e lo costringe in talune situazioni più critiche a fare una mossa di de-triangolazione. Nel conflitto di coppia agito di fronte al terzo accade che egli sia destinatario di una presa di superiorità di uno dei due di fronte al partner. L’accusa sottostante più o meno implicita di chi attacca e triangola è:” Io non condivido quello che il mio partner dice/pensa”. Il messaggio è esplicito ma traverso.

26 Il terzo come pubblico E’ molto usato nelle trasmissioni che mettono in scena il conflitto tra amici o in famiglia e provoca una situazione in genere di amplificazione. Il pubblico diventa giudice e viene invocato per consentire una certa impunità nel muovere accuse possibili grazie alla sua presenza. Nel pubblico come nel terzo si cerca una solidarietà/alleanza, valore delle proprie ragioni attraverso un consenso della maggioranza. Colui che va in minoranza si sente doppiamente attaccato e il conflitto originario si espande.

27 Il linguaggio conflittuale E’ preponderante rispetto al linguaggio che tende a preservare l’accordo? Socialmente tendiamo a usare forme di cortesia che minimizzano il disaccordo. Tuttavia il linguaggio conflittuale ha regole precise, ben conosciute dai parlanti, anche nella gestualità. Non è scontato che il linguaggio della cortesia debba essere la regola. Alcune forme di cortesia inoltre celano una certa dose di aggressività in rapporto al contesto di significato che assumono.

28 La lotta per la parola Interruzioni e sovrapposizioni( infrazioni al turno che rappresenta un modello ideale o dichiarato “Si parla uno alla volta”) Sottrazione di parola ( in situazioni pubbliche e private) Scismi conversazionali(canali di conversazione laterali che non tengono conto del canale principale es. a tavola si ha l’effetto “cocktail party”) Comunicazione egocentrica( tende a prevaricare la capacità di ascolto)

29 Il litigio che perpetua il conflitto Quasi sempre si litiga per proseguire il conflitto e non per cercare l’accordo. La ricorsività fa riferimento a dinamiche non dichiarate. Il conflitto evidenzia una lotta per la diversità che non trova un riconoscimento reciproco. Le parole sono insegne di riconoscimento elementi per dire chi siamo e che ci siamo. “Ti dico chi sono” Di conseguenza parlare può anche avere il significato di cancellare l’immagine dell’altro

30 Il litigio che perpetua il conflitto Si litiga per trovare l’accordo e il conflitto tende a una conclusione concordata? ( ipotesi di una dinamica cooperativa) Si litiga per ribadire l’opposizione e perpetrare la contrapposizione? (ipotesi di una dinamica aggressiva che tende alla ricorsività delle differenze) Castelfranchi (1994) critica la base cooperativa del conflitto e riconosce nelle conversazioni conflittuali una delle due radici indipendenti della società. Il conflitto sembrerebbe fine a sé stesso e lo scopo che persegue comporterebbe una costruzione delle diversità (Orletti 1994). Anche nel conflitto bisogna cooperare a mantenerlo e condividere l’interpretazione del disaccordo.

31 Risoluzioni del conflitto Da numerose ricerche (Vuchinic,1990) risulta la tendenza dei conflitti episodici a rimanere in una situazione di stallo. Studiando le registrazioni di 64 cene di famiglia l’autore ha individuato alcuni meccanismi di chiusura dei conflitti. Sottomissione: uno dei due confliggendi accetta la posizione dell’altro. Può avvenire anche ad opera di una terza parte dominante. Compromesso: quando si vengono incontro a mezza strada. E’ per sua natura instabile Lo stallo: ogni partecipante mantiene la sua posizione oppositiva La ritirata: un componente lascia il campo anche fisicamente


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