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Disturbi del Linguaggio

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Presentazione sul tema: "Disturbi del Linguaggio"— Transcript della presentazione:

1 Disturbi del Linguaggio
Psicologia dell’handicap e della riabilitazione Prof. Maria Francesca Pantusa

2 Il linguaggio è: Un sistema di segni (tanto parole che ideogrammi)
usati in modi regolari di combinazione, secondo regole convenzionalmente stabilite, allo scopo di comunicare

3 Sottosistemi del sistema linguistico
FONOLOGICO MORFOSINTATTICO SEMANTICO PRAGMATICO Interagiscono funzionalmente e si determinano a vicenda

4 Apprendimento del linguaggio
Acquisire il linguaggio significa diventare competenti in questi 4 aspetti: Fonologia Semantica Sintassi Pragmatica

5 FONOLOGIA ORGANIZZAZIONE e CLASSIFICAZIONE dei suoni che hanno una funzione distintiva all’interno di un dato sistema linguistico ci informa su quali suoni facciano parte di una lingua e quali no I suoni linguistici che fanno parte di una lingua formano il SISTEMA FONOLOGICO di quella data lingua (es. suono R non esistente nel S.F cinese, difficoltà di discriminazione R/L)

6 FONOLOGIA ES: per un italiano /R/ è un suono vibrato
apicale anteriore, per un francese /R/ è un suono vibrato velare; regola le combinazioni possibili Con la /T/posso mettere /S//R//L/ ma non /V/; /RN/ o /NG/ non possono stare in inizio di parola, ecc)

7 La semantica Semantica riguarda il significato:
delle parole (s. lessicale) delle frasi (s. proposizionale)

8 MORFOSINTASSI Racchiude tutte le abilità grammaticali del linguaggio
16 – 18 mesi sono presenti i morfemi liberi (articoli, preposizioni, congiunzioni) e i morfemi legati (genere e numero dei nomi, flessione dei verbi). Compaiono alcuni tempi dell'indicativo (presente, passato, futuro), il condizionale, il gerundio e l'infinito. 2 anni si passa da enunciati di tipo telegrafico ad enunciati più strutturati con articoli e preposizioni. 3 anni concordanza fra soggetto e verbo. 4 – 5 anni elaborazione della strategia di tener conto dell'ordine delle parole.

9 PRAGMATICA La pragmatica analizza in maniera sistematica il rapporto tra significato e contesto, le inferenze che permettono ai parlanti di assegnare un senso a parole e frasi. L'insieme dei meccanismi e delle rappresentazioni mentali che consentono di risolvere le ambiguità nell'ambito del linguaggio verbale. (Orsolini 1995)

10 Esempio della parola SENTI
- Senti bene adesso? Viene chiesta conferma all'interlocutore se é in grado di udire bene il messaggio. - senti, sai che cosa mi è accaduto? La parola “senti” è un richiamo per sollecitare l'attenzione. - che cosa senti quando ti dicono che sei il miglior calciatore? In questo caso “senti” ha il significato di quale sentimento provi

11 La comprensione del linguaggio
precede la produzione

12 TAPPE di SVILUPPO La percezione sonora guida la produzione, il bambino produce ciò che ascolta. Il bambino apprende un certo numero di suoni (consonantici e vocalici) e contemporaneamente riesce a combinarli fra di loro perché abbiano un significato.

13 Tappe di sviluppo Tutti i bambini, a prescindere dalla comunità
linguistica in cui crescono, passano attraverso gli stessi stadi: per questo si parla di “universalità” dello sviluppo vocale prelinguistico

14 TAPPE DI SVILUPPO 1° mese comportamenti comunicativi gestuali (smorfie, sorrisi) e vocali (diversificazione del pianto, tosse, vagiti). 3° mese suoni linguistici senza intenzione comunicativa. Impara ad ascoltare, si gira verso chi gli parla o risponde alla voce, e stimolato a vocalizzare.

15 TRIANGOLAZIONE Alternanza di sguardo fra: BAMBINO OGGETTO MADRE
Vocalizzazione

16 6-7 mesi babbling canonico
8 – 9 mesi comunicazione intenzionale ● 1 anno intenzione: ● Richiesta : il bambino si tende verso l'oggetto, guarda l'adulto, vocalizza. Denominazione Gesti comunicativi deittici ● Mostrare ● Indicare ● Dare ● Vocalizzazione prime parole ● Gesti comunicativi referenziali : il bambino comunica i suoi stati e i suoi bisogni ( bravo, buono, ciao, più grande, aprire, bere, mangiare....)

17 17 – 20 mesi arricchimento lessicale, progressiva soppressione dei processi di semplificazione (cancellazione di una sillaba /TALO/ per TAVOLO 24 mesi combinazione di 2 o 3 parole parola – frase Si può dire che dai 2 ai 4 anni il bambino deve acquisire tutti i fonemi della sua lingua e a 4.6 anni non ci devono più essere processi di semplificazione.

18 Universalità del linguaggio
Tutti i bambini, a prescindere dall’ambiente linguistico in cui vivono, si evolvono nello stesso modo Le caratteristiche della lingua parlata influiscono sul tipo di suoni che verranno privilegiati Il rafforzamento ambientale porta il bambino a scegliere i suoni da produrre

19 Meccanismi di controllo
Il feed back ambientale Il bambino che produce dei suoni ha la possibilità, Attraverso il feed back ambientale e l’esercizio ripetuto, di controllarli sempre di più rendendo più preciso il movimento: scopre la relazione tra i movimenti del cavo orale e il risultato sonoro che ne consegue Il feed back uditivo aiuta il bambino a prestare attenzione ai segnali vocali che lo circondano, in particolare a quelle parole che sono più simili ai suoni che lui stesso produce L’esercizio ripetuto e il controllo del feed back uditivo rafforzano le caratteristiche di volontarietà del babbling e creano le basi per il linguaggio verbale

20 SEGNALI DI RISCHIO PER IL DISTURBO DI LINGUAGGIO
La presenza di due o più segnali associati può essere una spia di disordine fonologico: 1. Assenza di lallazione dai 5/7 ai 9/10 mesi; 2. Assenza di gesti deittici e referenziali dai 12 ai 14 mesi; 3. Mancata acquisizione di schemi d’azione con oggetti a 12 mesi; 4. Assenza o ridotta presenza di gioco simbolico da 24 a 30 mesi; 5. Vocabolario ridotto: meno di 20 parole a 18 mesi e meno di 50 parole a 24 mesi; 6. Ritardo nella comparsa della combinazione tra gesto e parola; 7. Deficit nella comprensione di ordini non troppo contestualizzati; 8. Persistere di espressioni verbali incomprensibili dopo i anni.

21 Disturbi del Linguaggio
1.Disturbi dell’Espressione del Linguaggio 2.Disturbo Misto dell’Espressione e della Ricezione del Linguaggio 3.Balbuzie 4.Ritardo semplice del Linguaggio (2-4 anni) 5.Disturbo della Fonazione 6.Mutismo: a) Mutismo totale acquisito (adolescenza) b) Mutismo selettivo stabile (6-7 anni) I BAMBINI LT (LATE TALKERS) POSSONO ESSERE DISTINTI IN Truly late: b che non recuperano il ritardo di linguaggio e sviluppano successivamente un DSL Late bloomers: bambini che recuperano il ritardo di linguaggio entro l’età scolare (ritardo DSL transitorio: recupero entro i m; recupero tardivo:entro i 4 aa)

22 Il ritardo del linguaggio
La prevalenza è dell’1-32% Late talkers Bloomer Talkers Alto grado di comorbidità

23 Il ritardo del linguaggio
In genere arrivano allo specialista tra i 18 ei 36 mesi Non esiste un approccio chiaro e netto su come intervenire Il primo passo: 1- definire lo schema del ritardo di linguaggio (isolato, globale, associato ad altra patologia come ADHD , Autismo ecc)

24 Il ritardo del linguaggio
2-identificare l’eziologia ( trauma, prematurità , meningiti,otiti medie persistenti, sordità, un’audiometria va sempre fatta) 3- valutazione cognitiva 4- se c’è stata una regressione va eseguita anche una REM 5- valutare cause ambientali 6- valutare la gravità del ritardo

25 I disturbi del linguaggio
Disturbi della voce e della parola (speech) o fonetici Disturbi del linguaggio (language) o fonologici

26 Disturbi fonetici E’ alterata la componente fonetica, cioè la capacità di realizzazione articolatoria dei suoni, con la comparsa di errori nella produzione, uso, rappresentazione od organizzazione dei suoni, come per es. sostituzione di un suono con un altro (T → D), distorsioni oppure omissioni di suoni, come le consonanti finali.

27 Disturbi fonetici 1-DISFONIA:alterazione della voce, dovuta a cause infiammatorie, malformative o traumatiche dell’apparato fonatorio o della sua innervazione. 2-DISARTRIA, disturbo di articolazione dei fonemi complessi, dovuto ad anomalie strutturali o funzionali degli organi fonatori (es anomalie morfologiche bucco-laringo-laringee, quali la labiopalatoschisi o labbro leporino)

28 Disturbi fonetici 3-DISLALIE o DISTURBO SPECIFICO DELL’ARTICOLAZIONE DELL’ELOQUIO alterazioni articolatorie isolate. I suoni più frequentemente interessati sono s, r, sc, l. 4-DISRITMIE O BALBUZIE: alterazione di ritmo, cioè del normale fluire e della cadenza, dell’eloquio, che interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione Sociale.

29 La balbuzie La manifestazione principale della balbuzie consiste in una anomalia del normale fluire e della cadenza dell’eloquio, caratterizzata da frequenti: ripetizioni involontarie di parole, sillabe, frasi intere pause all’interno di una parola prolungamento dei suoni parole emesse con eccessiva tensione fisica circonlocuzioni (sostituzione di parole per evitare quelle problematiche)

30 La balbuzie La costante mutabilità di tale disturbo fa pensare più ad una causa di carattere psicoaffettivo, che non ad un’anomalia funzionale. La sua gravità infatti varia in base: all’interlocutore, al contenuto del discorso, allo stato emotivo del bambino Si attenua durante: il canto, il soliloquio o il colloquio con oggetti e animali. Talvolta è il segnale di un disagio psicologico in seguito al verificarsi di situazioni nuove e traumatiche per il bambino come la nascita del fratellino, l’inserimento scolastico, lunghe malattie e ospedalizzazioni, separazione dei genitori, perdita di una persona cara. Spesso alla balbuzie si associano anche turbe motorie e respiratorie come tic, contrazioni del viso, tremori delle labbra, scosse del capo, respiro affannoso.

31 Le neuroscienze Secondo Kidd la balbuzie rimanda ad un problema organico di base, e le funzioni “secondarie” di questo sintomo, quale la severità, sono esacerbate dagli eventi stressanti.  Nelle ricerche di Biermann-Ruben e collaboratori, basate sull’elettroencefalogramma (MEG) , mediante l’ascolto di stimoli linguistici, in soggetti balbuzienti è stata studiata l’attivazione della zona rolandica. Le conclusioni dei ricercatori hanno messo in luce un’attivazione supplementare nella spettrografia delle aree cerebrali

32 Le neuroscienze Anche per i ricercatori Sommer M. et al. , il disordine potrebbe essere collegato ad una ridotta dominanza emisferica di sinistra, dove i dati neuroimaging suggeriscono una sovrastimolazione nell’ emisfero destro I ricercatori Lutz et al. hanno trovato un aumento di volume di WM (materia bianca) nella rete dell’ emisfero destro

33 Le neuroscienze Le conclusioni di questi risultati forniscono la prova ben fondata che gli adulti, con balbuzie conclamata, hanno un’anatomia anomala non soltanto nelle zone perisilviane deputate al linguaggio, ma anche nelle zone prefrontali e sensomotorie.  Tuttavia, secondo gli autori, anche se sono state rintracciate ampie differenze morfologiche fra i due campioni (balbuzienti e non), non si potrà mai escludere la possibilità di considerare le differenze anatomiche come conseguenza della balbuzie, piuttosto che la causa.

34 Le neuroscienze Gli autori presumono che, con l’esordio della balbuzie, il cervello dovendo far fronte a questa nuova situazione, ricerca un certo genere di adattamento, o di riorganizzazione corticale.  Se è vero che tutti i bambini balbuzienti sviluppano un’anomalia strutturale durante lo sviluppo, sarebbe allora molto importante che la terapia cominci già in tenera età per ottenere un effetto maggiore nel normalizzare questa anomalia.

35 La balbuzie Generalmente insorge dopo i 4/5 anni, con un rapporto maschi femmine di 4:1. Prima di tale età di solito si tratta di una balbuzie fisiologica transitoria dovuta alla forte eccitazione del bambino nell’esprimere i suoi pensieri o nel raccontare un fatto, che solitamente scompare da sola col tempo. In ogni caso è opportuno iniziare un trattamento prima che il bambino inizi la scuola elementare (massimo entro i 6/7 anni), poiché la balbuzie oltre a interferire con l’acquisizione della lettura e della scrittura, influisce in modo negativo sullo sviluppo armonico del bambino .

36 La balbuzie L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce questo complesso sintomo nel seguente modo: “La balbuzie è un disordine nel ritmo della parola, nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di involontari arresti, ripetizioni o prolungamenti di un suono.”

37 La balbuzie Tale definizione ben sottolinea l’intreccio della componente psicologica con una difficoltà dell’articolazione del sistema linguistico. l soggetto sa con precisione cosa vorrebbe dire e nell’intenzionalità di esprimersi, non riesce a coordinare i centri motori del linguaggio con i centri che organizzano la struttura linguistica. 

38 La balbuzie Esistono 5 forme di balbuzie:  1) Balbuzie tonica, caratterizzata da difficoltà fonica o prolungamento di una sillaba all’inizio della frase. I blocchi iniziali variano secondo il grado d’ansia. Questo tipo di balbuzie colpisce la maggioranza dei casi. Solitamente la persona affetta da questa forma di disfluenza, si presenta timida, schiva verso i rapporti umani, introversa e riflessiva. 2) Balbuzie clonica, contraddistinta dalla ripetizione del fonema all’interno della frase. Questa forma di balbuzie è tipica dei bambini di età compresa tra i cinque e sette anni.

39 La balbuzie 3) Balbuzie mista che comprende la prime due forme, con un aggravamento del problema. Si presentano blocchi e prolungamenti del fonema. Questa forma di balbuzie compare dopo i sette anni. 4) Balbuzie labio-coreica, la quale si caratterizza con movimenti convulsivi dei muscoli labiali e linguali, determinando contrazioni a livello delle labbra e della lingua, con difficoltà nella pronuncia dei suoni labiali e dentali. 

40 La balbuzie 5) Balbuzie gutturo-tetanica, determinata dalla rigidità dei muscoli faringei e laringei, che sono causa di una forte difficoltà nella pronuncia dei suoni gutturali e delle vocali.  Queste due ultime forme sono quasi sempre associate ad un momentaneo soffocamento, con la comparsa di sincinesie, ossia movimenti involontari a carico del viso e di altre aree del corpo

41 La balbuzie Nella maggioranza dei casi, i soggetti affetti da questi due ultimi tipi di balbuzie, appaiono impacciati nei movimenti; si presentano chiusi ed eccessivamente introversi. A livello relazionale spesso si associa un comportamento oppositivo ed eccessivamente guardingo. Non lasciando trapelare alcuna emozione, questi soggetti tendono a censurare un alto tasso di aggressività, che spesso si manifesta con scoppi d’ira in ambito famigliare.

42 La balbuzie Intervenire precocemente con la comparsa delle prime avvisaglie, al fine di evitare l’instaurarsi di un pericoloso circolo vizioso, che potrebbe durare tutta la vita. Il trattamento potrebbe essere proposto al di sotto dei sei anni, prima che il bambino si confronti con la realtà scolastica.

43 La balbuzie Risparmiare al bambino la negatività delle esperienze future associate al sintomo, diventa fattore determinante e fondamentale per una prognosi positiva I primi provvedimenti dovrebbero essere presi già a partire dai quattro anni.  Non confidare nella bontà della natura

44 La balbuzie E’ anche vero che con l’evolversi della persona il sintomo potrebbe dissolversi nel 70%, ma questo chi può predirlo? Certamente un’attesa passiva, non rappresenta in alcun modo una risposta adeguata al problema da attutire. 

45 La balbuzie Consigli per i genitori/insegnanti
Per contenere la balbuzie e altri comportamenti ansiogeni correlati, sarà importante saper ascoltare con amore, pazienza e fiducia. E’ necessaria anzitutto una forma di “comunicazione fiduciosa”,

46 La balbuzie- Non interferire nella produzione linguistica del bambino con frasi del tipo: Stai calmo! Ripeti lentamente! Controllati o impegnati nel parlare adagio! ecc. Anche quando il bambino riesce a trovare la normale fluenza, riuscendo a parlar bene è sempre meglio evitare affermazioni di tal sorta: “Vedi che quando t’impegni parli bene!”. Tutti questi accorgimenti instillano nel bambino un forte senso di inadeguatezza riguardo alla sua “capacità d’impegno”, creando così dei forti sensi di colpa.  E’ bene sottolineare che il controllo del sintomo non dipende dalla volontà o dall’impegno

47 La balbuzie in adolescenza
In questa fase il linguaggio assume un ’importanza fondamentale, diventando l’esteriorizzazione della individualità nascente che si afferma in un mondo competitivo e coinvolgente. Nella maggioranza dei casi, proprio in questo periodo la balbuzie tende a peggiorare. A questo sintomo se ne associano altri, come: cattivo rendimento scolastico, bocciature, fobia sociale, condotta aggressiva ed eccessiva chiusura. Aumenta il tasso di ansia e di aggressività, e solitamente compaiono fobie di varia natura, con tics o movimenti muscolari involontari, che rendono ancor più complicata l’esposizione verbale.

48 La balbuzie in adolescenza
L ’età più sconvolgente si attesta attorno ai 17/18 anni. A questa età viene istituzionalizzata la rottura con il mondo famigliare, e nello stesso tempo l’ immaginario interno si colora di tinte cupe e depressive, diventando sempre più dirompente. L’adolescente è sempre più consapevole dei limiti che la balbuzie frappone fra il proprio Sè nascente e quello degli altri. 

49 La balbuzie Per la maggioranza degli adolescenti disfluenti, il più grande peggioramento si verifica con l’approssimarsi dell’ esame di maturità. Nell’ultimo anno delle scuole superiori, angosce persecutorie coloreranno negativamente questa fase conclusiva. Con l’esame di maturità il balbuziente è chiamato a dar prova di una maturità raggiunta, che sarà valutata principalmente attraverso il codice verbale. 

50 La balbuzie: trattamento
La balbuzie è un problema complesso che va trattato con molta cautela e con tecniche specifiche, e sempre sulla base di una diagnosi foniatrica, neuropsichiatrica e psicologica.  Secondo le nostre ricerche, un buon trattamento terapeutico dovrebbe tenere conto di tutte le variabili che determinano la balbuzie. 

51 La balbuzie: trattamento
All’interno della terapia, oltre ad un esame attento del tipo di balbuzie, di necessità bisogna effettuare un esame diagnostico della personalità. Tale esame diventa fondamentale per essere certi che oltre al sintomo balbuzie, non vi siano altre patologie associate, che potrebbero inficiare la prognosi.

52 La balbuzie: trattamento
Il trattamento non può risolversi con una “pratica intensiva”, che il più delle volte lascia inalterato il quadro sintomatico Una procedura che tenga conto solo della balbuzie, senza considerare il quadro psicologico del bambino o dell’adulto , potrebbe notevolmente peggiorare la sintomatologia.

53 La balbuzie: trattamento
Il quadro terapeutico non si dovrebbe focalizzare esclusivamente sul trattamento della balbuzie. Deve prendere in esame altri sintomi spesso correlabili alla disfluenza, quali: variabili somatiche (aggressività, ansia, insonnia, ecc.) disorganizzazione ideativa, scarso rendimento scolastico, difficoltà di concentrazione, difficoltà di lettura, difficoltà di adattamento e di inserimento sociale, difficoltà di comunicazione in senso lato. 

54 La balbuzie: il caso di Claudia
E’ una bambina di dieci anni e mezzo, affetta da balbuzie mista e disturbo d’ansia. L’intervento è stato sviluppato su un percorso integrato di: -psicoterapia cognitivo-comportamentale -l’uso di una tecnica di facilitazione della fluidità verbale che integra i metodi della lettura regolata ed esercizi di lettura mediati dal computer con un programma di sintesi vocale.

55 La balbuzie: il caso di Claudia
Dall’anamnesi non emergevano elementi significativi a parte la familiarità con il disturbo e una moderata difficoltà di adattamento all’ambiente scolastico nel periodo della scuola materna. La madre la descriveva come una bambina sufficientemente attiva ed energica, impegnata nelle attività tipiche dell’età, molto coscienziosa nello svolgimento dei propri impegni fino al perfezionismo, e dotata di una discreta curiosità ed apertura mentale

56 La balbuzie: il caso di Claudia
Area emotiva: C. era riferita instabile, ansiosa e con difficoltà di adattamento. La bambina stessa era consapevole della propria vulnerabilità emotiva e descriveva la propria propensione all’ansia soprattutto come irritabilità e senso di irrequietezza. Percepiva chiaramente che disagio aumentava nell’ambito della vita scolastica in rapporto sia agli impegni didattici e sia all’esposizione sociale del proprio eloquio disfluente

57 La balbuzie: il caso di Claudia
La storia del disturbo di fluenza era un po’ più antica. Esso era insorto all’età di circa quattro anni con un’evoluzione irregolare. La sua espressione subiva l’influenza di elementi psicosociali (aumentava in presenza di adulti, con i coetanei di sesso maschile). Il disturbo era alquanto modesto in lettura, ma aumentava decisamente nel corso dell’eloquio spontaneo mostrandosi ancora più consistente quando le si chiedeva di rielaborare verbalmente un brano letto.

58 La balbuzie: il caso di Claudia
In considerazione degli elementi che emergevano fu posta la doppia diagnosi di Balbuzie e Disturbo d’Ansia Generalizzata secondo i criteri del DSM-IV TR

59 La balbuzie: il caso di Claudia
-psicoterapia cognitivo-comportamentale -l’uso di una tecnica di facilitazione della fluidità verbale che integra i metodi della lettura regolata ed esercizi di lettura mediati dal computer con un programma di sintesi vocale.

60 La balbuzie: il caso di Claudia
Le tecniche di trattamento Il trattamento fu impostato con un piano di intervento abbastanza ampio orientato alla modificazione degli aspetti ideativi disfunzionali ed all’acquisizione di maggiori capacità di fronteggiamento dello stress. Il percorso psicoterapeutico sviluppato secondo le tecniche della Psicoterapia Cognitiva (Beck, 1976; Ellis, 1962) durò quasi un anno e fu condotto con sedute settimanali di 50 minuti.

61 La balbuzie: il caso di Claudia
Esso includeva programmi terapeutici diretti : al trattamento dell’ansia in età evolutiva (Kendall & Di Pietro, 1996) Al sostegno dell’autostima (Pope, McHole & Craighead, 1988) ma anche un intervento più specificamente comportamentale orientato al controllo della fluenza. condotto con tecniche informatizzate .

62 Il mutismo psicogeno Il mutismo psicogeno consiste nell’assenza di linguaggio in bambini che abbiano già parlato prima dell’insorgere del disturbo. Si può distinguere un mutismo elettivo che compare intorno ai 6/7 anni e in variabili contesti (ambito scolastico, familiare o extrascolastico). E un mutismo globale acquisito tipico dell’età adolescenziale che di solito si manifesta in seguito ad uno shock affettivo. Ha una durata variabile e per lo più passeggera, a cui spesso può succedere un periodo di balbuzie.

63 Il mutismo psicogeno elettivo
Il mutismo selettivo è un disturbo dell’infanzia che riguarda la capacità di parlare in certi ambienti o con particolari persone, ma non in altre situazioni. Per esempio, un bambino può parlare normalmente a casa, ma non riuscire a parlare a scuola, o fra i compagni di gioco. Si stima che il problema riguardi meno dell’1% della popolazione (Viana, Beidel, & Rabian, 2009), ma è abbastanza allarmante perché può provocare isolamento sociale e fallimenti scolastici (Kolvin & Goodyer, 1982).

64 Il mutismo psicogeno: interventi
VSM: intervento di tipo comportamentale sul mutismo selettivo consistente in giochi di ruolo e la visione di video di self-modeling (o VSM, cioè una procedura in cui il paziente si può osservare in azione in un filmato). Il gioco di ruolo (o role-palying) permette di mettere in atto un comportamento, ricevendone un feedback e un rinforzo. Questa procedura si è mostrata utile per migliorare le competenze sociali in persone con disabilità intellettiva (vedere ad esempio, Huang & Cuvo, 1997)

65 Il mutismo psicogeno: interventi
Un concetto importante è quello della gradualità. Non ha nessun senso forzare il bambino a parlare o arrabbiarsi con lui. Quello che si è rivelato utile è un “avvicinamento prudente e graduale all’interazione verbale”. Ad esempio invitando a casa l’amichetto con cui il bambino ha legato in asilo (la casa è un contesto rassicurante e un solo bambino crea meno ansia di venti bambini), favorendo a scuola alcuni momenti più protetti e accettando qualsiasi modalità comunicativa.

66 Il mutismo psicogeno: il caso di Maria
Maria era una bambina di 9 anni, con mutismo selettivo. A casa parlava in modo chiaro e frequente, ma non riusciva a parlare in altre situazioni sociali. Il suo atteggiamento durava da più di un anno ed interferiva pesantemente con le attività extra-scolastiche (per esempio, campo estivo o lezioni di nuoto). Maria non aveva mai ricevuto alcun intervento psicologico prima dell’inserimento nel programma

67 Il mutismo psicogeno Sono state individuate dapprima tre situazioni sociali in cui era previsto il dover parlare: fare un ordine in un ristorante (tipo tavola calda), parlare in una sala riunioni con degli adulti sconosciuti giocare con un nuovo compagno di pari età.

68 Il mutismo psicogeno Sono stati misurati in tutte e tre le situazioni sociali i seguenti items: le risposte, le iniziative, i fallimenti. Per risposte si intendono le risposte che Maria ha dato a delle domande espresse in modo chiaro e a voce alta, entro 5 secondi dalla domanda. Le iniziative sono dei discorsi fatti da Maria dopo un periodo di 5 secondi o più in cui non vi era stato uno scambio verbale fra interlocutori, espresse a voce abbastanza alta, da essere udibili dagli altri e non erano pronunciate in risposta ad una domanda

69 Il mutismo psicogeno I fallimenti si riferiscono a quelle comunicazioni in cui: l’interlocutore ha dovuto ripetere la domanda l’interlocutore ha chiesto a Maria di ripetere la risposta Maria non ha risposto entro 5 secondi ad una domanda. Tutte e tre le sessioni sono state registrate utilizzando un videoregistratore

70 Il mutismo psicogeno:Giochi di ruolo e video di auto-modeling.
Prima della intervento, lo sperimentatore ha chiesto a Maria su quale situazione sociale avrebbe voluto lavorare per prima. Maria ha scelto di lavorare: prima sul ristorante, poi sugli adulti e in ultimo sul gioco con i coetanei. Pertanto, l’intervento è stato programmato in questo ordine.

71 Il mutismo psicogeno L’intervento è consistito in sessioni in cui venivano praticati giochi di ruolo e video, fornendo dei rinforzi. Le sessioni sono state tenute a casa di Maria Il terapeuta e Maria negli incontri a casa della bambina hanno discusso le situazioni sociali proposte nei giochi di ruolo.

72 Il mutismo psicogeno Alla bambina sono stati dati dei suggerimenti riguardo alle modalità per rispondere a domande specifiche durante il gioco di ruolo (ad esempio la domanda prevedibile: ”Lo mangi qui o lo porti via?” al momento dell’ordine al ristorante) o sui possibili modi di avviare una conversazione (ad esempio dire: ”Ciao, come ti chiami?”quando si incontra una persona nuova). Durante il gioco di ruolo, il ricercatore ha finto di essere l’interlocutore della situazione (ad esempio, l’addetta della tavola calda). I giochi di ruolo e i video duravano da 30 a 45 min per sessione

73 Il mutismo psicogeno Precedenti ricerche sui trattamenti per il mutismo selettivo sostengono che il trattamento è abbastanza lungo (Standart & Le Couteur, 2003), e molti studi segnalano una durata superiore a 1 anno (Cohan et al., 2006). Il miglioramento osservato in questo studio, dopo l’intervento terapeutico, ha richiesto invece poche sessioni (10-15 sessioni)

74 Disturbi fonologici E’ alterata la componente simbolica che sottintende la rappresentazione-formulazione del messaggio verbale. PRIMITIVI (disfasie evolutive) o specifici o dello sviluppo, in cui non è riconoscibile una causa apparente. SECONDARI che rappresentano la conseguenza o il sintomo di una causa chiaramente riconoscibile (deficit uditivo, ritardo mentale ecc),

75 Disturbi fonologici Essi si realizzano a livello delle seguenti componenti della comunicazione verbale: comprensione produzione entrambe LE ABILITÀ DI PRODUZIONE E LE ABILITÀ DI COMPRENSIONE SONO TRA LORO STRETTAMENTE COLLEGATE PUR AVENDO RITMI DI SVILUPPO DIVERSIFICATI

76 Disturbi fonologici DISTURBO DELLA COMPRENSIONE (ICD-10) O MISTO DELL’ESPRESSIONE E DELLA RICEZIONE DEL LINGUAGGIO (DSM-IV) La comprensione del linguaggio è al di sotto del livello appropriato all’età mentale del soggetto. In quasi tutti i casi anche l’espressione del linguaggio è marcatamente disturbata ed oltre ai difetti già elencati nei disturbi recettivi sono inoltre presenti difficoltà a capire parole, frasi o tipi specifici di parole come i termini spaziali e le frasi complesse. Il bambino sembra non sentire o prestare attenzione, appare confuso o non riesce a seguire le istruzioni. Sembra che non senta o che non presti attenzione quando gli si parla Si associano disturbi dell’apprendimento.

77 Disturbi fonologici DISTURBO DEL LINGUAGGIO ESPRESSIVO
L’espressione verbale è marcatamente al di sotto di quanto prevedibile per età a fronte di capacità intellettive non verbali e di uno sviluppo del linguaggio recettivo nei limiti della norma. I sintomi variano a seconda della gravità e dell’età del bambino:   - frasi prive di senso logico (ho mangiato una nuvola) - linguaggio limitato sul piano quantitativo (rari e brevi interventi) - vocabolario limitato - difficoltà ad imparare parola nuove - utilizzo di strutture grammaticali semplici - omissioni di parti importanti della frase - uso delle parole in un ordine insolito - errori di coniugazione dei verbi - frasi molto corte L’uso e la comprensione della comunicazione non verbale e delle funzioni del linguaggio immaginativo sono entro i limiti di norma

78 DIFFICOLTA' NELLO SVILUPPO FONOLOGICO
A. 4 anni e 8 mesi. E' un bambino vivace, comunicativo, interessato a ciò che lo circonda. L'intelligenza di A. è nella norma. Test di ripetizione di frasi: S. “Anna legge il libro al bimbo” A. “Mamma etto libo bibo” S. “Anna porta la torta in cucina” A. “totta anna e ita” Tratto da Orsolini (2000)‏

79 COSA OSSERVARE IN ETÀ PRESCOLARE?
3 anni Difficoltà di comprensione Assenza di linguaggio (“non parla, parlerà”) Linguaggio incomprensibile Frase telegrafica: senza articoli, preposizioni (“mamma gioca me”) Linguaggio a scatti

80 Inventario fonetico limitato a pochi suoni
Presenza sistematica di un suono (TATO=gatto, dado, salto….) Presenza di processi fonologici insoliti : NAIE=grande, CIE=scrive, CALA:scala, CELLINO: uccellino

81 A 4 anni Difficoltà di comprensione Frase telegrafica
Frase compromessa (scorretto uso di articoli, preposizioni….) “METTO LO GIOCO DELLA SCATOLA” Persistenza di processi fonologici: CIMENA per cinema CAPPA per scarpa BABANA per banana….. Assenza dell’abilità narrativa

82 A 5 anni Difficoltà di comprensione linguistica
Difficoltà di strutturazione morfosintattica Assenza o difficoltà nella competenza narrativa Assenza o difficoltà nelle competenze metafonologiche

83 INTERVENTO PRECOCE Monitoraggio attento dello sviluppo del linguaggio con controlli ravvicinati (2-3 m) Fornire indicazioni ai genitori per incrementare il grado di responsività e la qualità delle interazioni comunicative con il loro bambino far progredire le abilità del bambino impedendo che si consolidino e che diventino un disturbo alla scuola dell’infanzia e primaria

84 OBIETTIVI Far conoscere ed acquisire ai genitori le strategie che promuovono la comunicazione e il linguaggio del bambino Sviluppare nel genitore la capacità di rilevare i progressi del bambino Aiutare e sostenere i bambino nello sviluppo lessicale e sintattico

85 ESEMPI DI STRATEGIE Centrarsi sul bambino e seguire il suo interesse
Parlare con un ritmo lento Rispettare i turni nella conversazione, lasciando al bambino il tempo di prendere la parola e di finire il suo enunciato Cogliere e confermare (rinforzo) i successi comunicativi Fare domande aperte Semplificare il linguaggio Ripetere le frasi

86 Trattamento L’individuazione ed il trattamento dovrebbero essere multidisciplinari,coinvolgendo: i genitori, gli insegnanti i pediatri, i neuropsichiatri infantili, Gli otorinolaringoiatri, gli psicologi dell’età evolutiva, i logopedisti

87 Trattamento L’eziologia, lo schema e la gravità del ritardo di linguaggio dovrebbero determinare la scelta del trattamento in termini di: intensità (estensione d’indagine), obiettivi (figure professionali coinvolte nel trattamento), modalità (tipo di trattamento offerto).

88 Trattamento L’obiettivo del trattamento dovrebbe includere il minimizzare la disabilità e massimizzare il potenziale del bambino.


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