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ONCOSOPPRESSORI Nabissi 2014.

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1 ONCOSOPPRESSORI Nabissi 2014

2 Geni oncosoppressori Geni la cui mancata o ridotta attività all’interno della cellula favorisce la crescita tumorale. L’alterazione nella struttura o nell'espressione di questi geni (inattivazione) se è a carico di entrambi gli alleli determina perdita di funzione e fenotipo tumorale. ● Inibitori della crescita (TGF-beta) ● Recettore di inibitore (TGF-beta Receptor) ● Inibitore di trasduttore del segnale (NF1, PTEN) ● Inibitori dei fattore di trascrizione (Rb) ● Inibitori del ciclo cellulare (CDKI, p16, p21) ● Fattori apoptotici (Bad, Bax) Nabissi 2014

3 ● Funzione di controllo dell’integrità del genoma (p53)
Corretta duplicazione del genoma Riparazione del DNA • BRCA-1 Integrità del genoma (stabilità cromosomi riparazione DNA) • BRCA-2 Integrità del genoma (stabilità cromosomi, riparazione DNA) • NER Integrità del genoma (riparazione DNA per escissione dei nucleotidi) • MSH2 Integrità del genoma (riparazione DNA da errato appaiamento) ATM Integrità del genoma attiva sistemi riparazione, attiva p53, rallenta ciclo mitotico in fase G2 Nabissi 2014

4 Meccanismi di inattivazione di geni oncosoppressori
Perdita del prodotto o formazione di prodotto inattivo (troncato) a causa di: ● Delezione (perdita gene, perdita intero cromosoma) ● Mutazione (non senso, di senso, frameshift) ● Epigenetica (es metilazione) (ipermetilazione del promotore di MLH1 impedisce il mismatch repair) ● Prodotti virali Nabissi 2014

5 TP53 Nabissi 2014

6 TP53 p53 è spesso mutato nei tumori.
Mutazioni che producono un p53 troncato o malfunzionante o mutazioni che interferiscono con il DNA Binding Domain sono predizione di una pessima diagnosi. Nabissi 2014

7 Per quanto la perdita o mutazioni in p53 sia associate ad un incremento della suscettibilità a sviluppare un tumore, topi -/- per p53 sviluppano normalmente e altre osservazioni indirizzano p53 anche verso un ruolo nella normale fisiologia cellulare. Questi studi includono il ruolo di p53 nel regolare la longevità e l’invecchiamento, la glicolisi e la risposta apoptotica dopo ischemia, la sopravvivenza cellulare dopo danni genotossici o stress ossidativo, angiogenesi, rimodellamento osseo ed autofagia. Nabissi 2014

8 TP53 Mutazioni Germinali predispongono a diversi tipi di cancro
Tumor spectrum in TP53 mutation carriers Breast 28.9 Soft tissues 16 >80% 15.4 Brain Bones 12.8 Adrenal gland 6.8 Lung 3.4 Leuk/Lymph. 3.2 Stomach 2.5 Colorectum 1.7 Skin 1.5 Ovary 1.5 Other 5.9 5 10 15 20 25 30 Nabissi 2014

9 TP53 è un oncosoppressore
% topi con tumore p53+/+ 1% at 18 mesi p53+/- 2% at 9 mesi p53-/- 75% at 6 mesi Nabissi 2014

10 Famiglia TP53 : similitudini strutturali
1983 1997 1998 FATTORI DI TRASCRIZIONE DOMINIO DI TRANSATTIVAZIONE DNA-binding DOMINIO DOMINIO DI REGOLAZIONE Nabissi 2014

11 P53 è un fattore di trascrizione
Transactivation (1-42; 43-62) Oligomerisation ( ) Regulation ( ) DNA binding ( ) Proline-rich (63-97) I II N- -C P Ac Phosphorylation site Acetylation site P53 è un fattore di trascrizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 ATG Nabissi 2014

12 Mutazioni in p53 Nabissi 2014

13 TAD regolazione negativa attraverso interazione con MDM2
TAD N-terminal [aa1-42] TAD regolazione negativa attraverso interazione con MDM2 Domino transattivante (TAD): attiva geni che codificano per prodotti che esercitano un ruolo inibitorio sulla progressione del ciclo cellulare (p21/WAF), ed inibiscono l’espressione di geni coinvolti nella progressione della fase G1/S (geni delle cicline). La regolazione dell’espressione di questi geni avviene quando p53 trasloca nel nucleo, previa fosforilazione del residuo di serina 316 (ser316), svolta da specifiche chinasi. Contiene anche il sito di legame per MDM2 Nabissi 2014

14 Pro-rich region fra TAD e DBD PxxP presenti 5 zone nella regione 61-94
Delezione della P- rich region  riduce la risposta apoptotica e il blocco del ciclo cellulare, ma non la normale risposta trascrizionale Contiene residui che diventano fosforilati dopo la risposta apoptotica Regione ricca in prolina: regione ricca di aminoacidi basici, che attivati in seguito a fosforilazione permette il legame al DNA tramite il DNA Binding Domain Nabissi 2014

15 2 “-helical loops” che contattano il DNA
p53 DBD 2 “-helical loops” che contattano il DNA Altre strutture deputate Al legame al DNA Nabissi 2014

16 Mutazioni alla DBD La maggior parte delle mutazioni che causano il tumore si trovano nella DBD Destabilizzando le interazioni. p53 lega il DNA come tetramero Nabissi 2014

17 Dominio di tetramerizzazione
2 + 2 struttura Legata alla DBD via 37aa Nabissi 2014

18 C-terminal allosteric domain Diversi eventi nella regione C-terminale possono riattivare la regione DBD Dominio legante il DNA: permette l’interazione con il DNA Nabissi 2014

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20 le quali riconoscono il DNA danneggiato.
ATTIVAZIONE di p53 Il funzionamento di p53 è regolato da alcune proteine effettrici: ATM e ATR, le quali riconoscono il DNA danneggiato. ATM e ATR attivano le chinasi CHK2 e CHK1. CHK1 attraverso una serie di processi inibisce le CDKs, mentre CHK2 come ATM stesso attivano p53, il quale a sua volta attiva p21/waf (bloccando la proliferazione), attiva geni pro-apoptotici (Bad, Bax, PUMA, …) ed attiva GADD45 (growth arrest and DNA-damage inducible). Se il DNA viene riparato p53 attiva il suo inibitore MDM2, che a sua volta lega p53 e lo porta a degradazione. Se il danno non viene riparato p53 attiva il processo di apoptosi. Nabissi 2014

21 Attivazione della Cdc25 fosfatasi.
Chk2 è una protein chinasi che si attiva in risposta al danno al DNA e regola il blocco del ciclo cellulare. Cellule Chk2-/- hanno difetti nella stabilizzazione di p53 e nelle trascrizione di geni regolati da p53 come p21 .Chk2 fosforila p53 in serina 20, nella regione che interagisce con MDM2 . Attivazione della Cdc25 fosfatasi. Chinasi e fosfatasi regolano il ciclo cellulare (A) Cdks sono mantenute inattive mediante fosforilazione Mediante defosforilazione delle Cdk, la CDC25 attiva le fasi G1/S e G2/M Nabissi 2014

22 La famiglia Cip/Kid è composta da tre mebri : p21Waf, p27 e p57.
I meccanismi che controllano il passaggio dalla fase G1 alla S, consistono anche di processi d’inibizione della proliferazione cellulare, i quali regolano l’attività dei complessi C/CDK. Le due principali classi d’inibitori sono fattori proteici della famiglia Cip/Kid e INK4/Arf. La famiglia Cip/Kid è composta da tre mebri : p21Waf, p27 e p57. p57 funziona come freno all’interno del ciclo cellulare, mentre p21/waf sono principalmente dei mediatori di segnali citostatici. Ink4 e Arf agiscono rispettivamente bloccando il ciclo cellulare ed agendo sul fattore trascrizionale p53. Nabissi 2014

23 Inibizione di P53 MDM2 associata con p53 TAD MDM2-binding comporta
1. Repressione della transattivazione 2. Destabilizzazione di p53 in quanto MDM2-binding stimola degradazione di p53 Nabissi 2014

24 p53 and MDM2 formano un feedback loop autoregolatorio.
p53 stimola l’espressione di MDM2; MDM2 inibisce p53 bloccando la sua attività trascrizionale, favorendo la sua degradazione. DNA damage favorisce la fosforilazione di p53, prevenendo la sua associazione con MDM2. ARF, previene la degradazione di p53 MDM2-mediata. Quindi inibitori dell’interazione p53–MDM2 possono attivare p53 nei tumori esprimenti p53. Nabissi 2014

25 Diverse strategie per rompere il legame MDM2-p53
Prima dell’attivazione attivato fosforilazione  Rottura del legame attivazione  fosforilazione Inattivata l’azione di E3 Activated  ARF-binding  inactivated E3-act Nabissi 2014

26 Se la riparazione del DNA non viene effettuata allora p53 puo’ indurre apoptosi attraverso l’attivazione di geni proapoptotici della famiglia Bcl-2, Fas e repressione di geni anti-apoptotici. L’azione di p53 come fattore responsabile del blocco del ciclo cellulare o dell’attivazione dell’apoptosi sembra sia regolata dai sui livelli all’interno della cellula. Bassi livelli inducono blocco del ciclo cellulare mentre alti livelli l’apoptosi. Nabissi 2014

27 Bersaglio: Microambiente
La terapia che agisce piu’ sull’ospite (cellule endoteliali) che sul tumore è sicuramente meno soggetta a resistenza farmacologica, in quanto le cellule normale hanno sicuramente meno plasticità genetica delle tumorali. Le interazioni tumore-stroma rivelano un complesso scambio d’informazioni che non riguardano solo la vascolarizzazione. Lo stroma comprende oltre ai fibroblasti un numero elevato di cellule infiammatorie che possono chiaramente influenzare la crescita del tumore. Uno dei fattori stromali maggiormente studiato è TGF-b, il quale svolge diversi ruoli che possono influenzare positivamente o negativamente la crescita tumorale. Nabissi 2014 27

28 TGF-beta (TGF-b) Nei tessuti, l’omeostasi richiede un bilanciamento delle interazioni fra le cellule e la matrice extracellulare. Queste interazioni cooperative coinvolgono numerose citochine che agiscono attraverso specifici recettori di membrana. Quando il bilanciamento tra cellule e matrice extracellulare è perturbato si possono sviluppare diverse patologie. Questo fenomeno è particolarmente evidente per il TGF-b che è un membro della famiglia di fattori di crescita che include la proteina morfogenetica ossea e l’activina. Quasi tutti i tipi di cellule producono TGF-b ed hanno i recettori per il TGF-b il quale regola la proliferazione e la differenziazione delle cellule, lo sviluppo embrionale, la riparazione delle ferite e l'angiogenesi. Nabissi 2014

29 Il ruolo essenziale del TGF-b, dimostrato in diversi esperimenti, dimostra che l'incremento o decremento di TGF-b è legato a diversi tipi di patologie, fra cui il cancro. Ci sono tre isoforme di TFG-b (1, 2, 3) ognuna codificata da geni distinti ma strutturalmente altamente conservate ma differenti nell’affinità di legame al recettore. Il TGF-b è sintetizzato come un largo precursore contenente una regione che viene tagliata prima della secrezione del precursore, ma che rimane attaccata mediante legami non covalenti. Una volta secreto il TGF-b viene immagazzinato nella matrice extracellulare, in un complesso comprendente una proteina di legame (TGF-b binding protein, TGFBP), che ne evita il legame al recettore. Il TGF-b viene poi rilasciato mediante una glicoproteina di matrice (trombospondina-1) la quale cambia la conformazione della TGF-b BP. Il TGF-b attivo agisce su tre tipi di recettori (I, II, III), ma i tipi I e II sono quelli specifici solo per TGF-b. Nabissi 2014

30 Contatto cellula-cellula, proteasi, trombospondina
TGF-β è immaganizzato nella ECM in forma inattiva complessato con beta-glicani e decorina Dopo il taglio TGF-β forma omodimeri via legami S-S precursore maturo Tagliato ma ancora legato alla ECM TGFBP TGF-β attivo puo’ essere rilasciato tramite acidificazione Contatto cellula-cellula, proteasi, trombospondina Nabissi 2014

31 I recettori di tipo I e II contengono delle chinasi serina-treonina nel loro dominio intracellulare che attivano la fosforilazione di diversi fattori di trascrizione conosciuti come SMAD (10 membri). SMAD2 e SMAD3 sono fosforilati mediante attivazione del TGF-RI, SMAD4 è un partner comune di tutti gli SMAD attivati da recettori, mentre SMAD6 e SMAD7 bloccano la fosforilazione di SMAD2 e SMAD3, inibendo così il segnale attivato da TGF-b. Un meccanismo generale dell’azione del TGF-b, consiste nel legame del TGF-b al TGF-RII che recluta, lega e fosforila il TGF-RI il quale stimola l’attività chinasica. che fosforila SMAD2 o SMAD3 i quali formano un complesso che migra nel nucleo e lega altri fattori trascrizionali regolando la trascrizione di specifici geni Nabissi 2014

32 TGF-β /SMAD Nabissi 2014

33 Ruolo del TGF-b nel cancro
Regolazione del ciclo cellulare ed effetto sulla proliferazione. Nelle cellule ematopoietiche, endoteliali ed epiteliali il TGF-b è un potente inibitore della proliferazione cellulare, stimolando la sintesi delle CDKI (p15) ed inibendo le funzioni e la produzione delle CDK2, CDK4, ciclina A ed E. Questi effetti risultano in una riduzione della fosforilazione di Rb, bloccando cosi’ l’attivazione dei fattori E2F. Nei tumori le mutazioni a carico del pathway TGF-b, comportano una proliferazione incontrollata. Questa perdita nel controllo della proliferazione ha come conseguenza anche un’induzione della secrezione di TGF-b da parte dei fibroblasti, che agisce (essendo le cellule tumorali resistenti) sugli stessi fibroblasti, sul sistema immunitario, sulle cellule endoteliali e sulla muscolatura liscia causando immunosoppressione, angiogenesi e stimolando l’invasività del tumore. Nabissi 2014

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35 Stimola l’espressione dei CDKI come p15 e p21e reprime l’espressione di c-myc
TGF-β L’ arresto è mediato dalla down-regolazione di Myc, il quale rilascia Miz1. Miz1 si lega al promotore del p15 e lo attiva in co-operazione con il complesso Smad. Nabissi 2014

36 ed infiltrazioni di eosinofili a 6-12 mesi
Topi SMAD4 +/- sviluppano polipi duodenali e gastrici con abbondante stroma ed infiltrazioni di eosinofili a 6-12 mesi Carcinomi Smad4 +/- Apc +/- mostrano proliferazione delle cellule stromali e forte invasione tissutale. Nabissi 2014

37 Effetto sulle metastasi
TGF-b è uno dei piu’ potenti stimolatori della produzione e deposizione della matrice extracellulare. Stimola la produzione e influenza le proprietà adesive della matrice extracellulare, attraverso principalmente due meccanismi. TGF-b stimola i fibroblasti ed altre cellule a produrre le proteine della matrice extracellulare e le proteine di adesione cellulare, incluso il collagene, fibronectina ed integrine. Secondo, TGF-b decrementa la produzione di enzimi che degradano la matrice extracellulare, incluso collagenasi, eparinasi e stromelisine ed incrementa la produzione di proteine che inibiscono gli enzimi che degradano la matrice extracellulare come gli inibitori dell’attivatore del plasminogeno e gli inibitori delle metalloproteasi (TIMPs). Nei tumori TGF-b è aumentato e la sua azione induce stimolazione delle molecole di adesione cellulare, stimolando l’invasività e l’angiogenesi. Nabissi 2014

38 Cosa succede alle cellule tumorali quando TGF-β pathway è spento(via perdita di SMAD o TGFB-R2)
Le cellule non sono piu’ responsive a TGF-β ma continuano a produrlo e rilasciarlo Cellule di carcinoma sono immerse nelle cellule stromali normali interagendo Produzione locale di TGF-β sopprime la risposta immunitaria antitumorale 2. TGF-β stimola l’angiogenesi TGF-beta1 è spesso elevato nel plasma di pazienti con tumore al seno, polmone, fegato e prostata Nabissi 2014

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41 I VIRUS Le particelle virali o virioni, hanno piccole dimensioni (da 0,02 a 0,4 m) e una semplice organizzazione strutturale. Sono costituiti da piccole particelle formate essenzialmente da solo materiale genetico (RNA o DNA), detto core, avvolto da membrane protettive, quali capside e pericapside di natura lipo e/o glicoproteico, che ha una duplice funzione di proteggere il genoma e mediare la penetrazione nella cellula ospite. La mancanza di ribosomi e di sistemi enzimatici deputati alla produzione di energia (ATP) fa si che il processo di replicazione possa avvenire solo quando il genoma virale, penetrato nella cellula ospite, si spoglia della capsula ed inizia il suo processo replicativo con il contributo della cellula ospite. nabissi 2014

42 Molti virus hanno invece un secondo rivestimento, proveniente dalla membrana cellulare della cellula ospite e formato da fosfolipidi. Questo secondo rivestimento è chiamato envelope, su cui sono evidenti le molecole necessarie per l’infezione. nabissi 2014

43 Virus oncogeni Le caratteristiche generali che sono rappresentative della trasformazione virale delle cellule eucariotiche sono: 1) la singola interazione di una particella virale con la cellula suscettibile è sufficiente per indurre la trasformazione 2) La trasformazione induce una modificazione genetica spesso irreversibile nella cellula infettata, in quanto il genoma virale s’integra stabilmente nel DNA cellulare. Per alcune forma virali il DNA virale rimane nella cellula ospite in forma episomiale (DNA non integrato). nabissi 2014

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46 3) La trasformazione comporta l’espressione dei geni virali necessari al mantenimento del DNA virale nella cellula infettata. 4) Le cellule trasformate possono rilasciare il virus, esprimere antigeni virali (nucleari, citoplasmatici o di membrana), acquisire un fenotipo immortalizzato (perdere i meccanismi di controllo della proliferazione e crescere in modo indefinito). nabissi 2014

47 Il comportamento dei virus dipende dalla permissività della cellula ospite, infatti nelle cellule permissive in cui viene permessa la replicazione delle particelle virali, dopo integrazione del genoma virale in quello dell’ospite si ha una infezione di tipo produttivo con effetto citopatico litico e quindi morte della cellula. Di conseguenza non si ha trasformazione cellulare con possibile sviluppo di cellule tumorali. nabissi 2014

48 Nelle cellule non permissive non si ha produzione delle particelle virali necessarie a completare il ciclo replicativo del virus e quindi i pochi geni virali espressi possono spingere la cellula verso la trasformazione. La trasformazione puo’ contribuire allo sviluppo di tumori in quanto puo’ indurre la modifica di meccanismi cellulari (proliferazione, apoptosi, sopravvivenza, immunosoppressione) grazie all’integrazione di porzioni di DNA virale nel DNA della cellula ospite che avrà introdotto un nuovo gene o alterata l’espressione di geni preesistenti, inoltre la cellula trasformata non rilascia mai il virus infettivo. nabissi 2014

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50 Nell’ambito del processo di trasformazione numerose proteine virali interagiscono con le proteine cellulari dell’ospite formando dei complessi che modificano i normali processi regolatori cellulari, spesso regolando attivando proto-oncogeni o disattivando le funzioni dei proto-oncosoppressori. nabissi 2014

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52 I virus oncogeni a DNA appartengono a cinque famiglie:
PAPOVAVIRUS: PA (papilloma), PO (polioma), VA (virus vacuolizzante) ADENOVIRUS: isolati per la prima volta dalle adenoidi HERPESVIRUS: induce delle striscianti progressioni di lesioni erpetiche (herpes dal greco strisciare) POXVIRUS: deriva dalla parola inglese pock (pustola) HEPADNAVIRUS: deriva da HEPA(tic), DNA, virus nabissi 2014

53 Incidenza relativa delle patologie umane neoplastiche
ad eziologia virale nabissi 2014

54 PAPOVAVIRUS Famiglia di virus di piccole dimensioni con DNA bicatenario racchiuso in un capside privo di envelope, costituita da due generi: i poliomavirus ed i papillomavirus. Il genoma dei poliomavirus è costituito da 7 geni codificanti proteine precoci e tardive, le tardive sono proteine virali strutturali e quindi non vengono mai espressi nelle cellule trasformate. Le proteine precoci (antigene T piccolo, medio e grande),sono necessarie per la replicazione del DNA virale nelle cellule permissive e per la trasformazione. Nelle cellule trasformate l’antigene T medio si associa alla membrana plasmatica ed attiva la protein-chinasi c-src, antigene T piccolo si localizza nel nucleo mentre il T grande è in parte associato alla membrana plasmatica diventando bersaglio dei linfociti T citotossici. Comunque l’infezione da poliomavirus non è attualmente associato a tumori umani, pur essendo presenti in diverse patologie umane regioni geniche del virus. nabissi 2014

55 SV 40 Poliomavirus nabissi 2014

56 regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma
PAPILLOMAVIRUS La particella del Human Papillomavirus (HPV) consiste di un DNA circolare di 8000 bp racchiuso in un capside composto da due molecole (L1 e L2). Il genoma ha la capacità di codificare per queste due proteine e per almeno sei proteine precoci (E1, E2, E4-7) che sono necessarie per la replicazione del DNA virale e per l’assemblamento di nuove particelle virali all’interno della cellula infettata. I due gruppi di geni sono separati da delle regioni regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma contengono cis-elementi necessari per la regolazione genica, la replicazione del genoma e per il suo impacchettamento nelle particella virali nabissi 2014

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58 Il ciclo infettivo del HPV inizia quando le particelle infettive raggiungono lo strato basale dell’epitelio, dove esse si legano ed entrano nelle cellule, attraverso piccole lesioni. Il ciclo replicativo all’interno dell’epitelio puo’ essere suddiviso in due parti: il genoma virale viene replicato in circa 100 copie e mantenuto per un periodo di tempo variabile a questo basso numero di copie all’interno delle cellule permissive. Le proteine E1 e E2 sono essenziali per questa replicazione del DNA. Nella seconda fase le cellule basali sono spinte verso il compartimento sub-basale, perdono la loro capacità di dividersi ed iniziano il loro programma di differenziamento. Il HPV replica in questo compartimento e per il suo rilascio nell’ambiente extracellulare approfitta della disintegrazione delle cellule epiteliali che avviene in conseguenza del loro naturale turn-over nello strato superficiale nabissi 2014

59 Le proteine critiche nel processo di replicazione virale sono le proteine E6 ed E7 che interagiscono con diverse proteine cellulari. Pur essendoci differenze fra le proteine E6/E7 nei sottotipi HPV ad alto e basso rischio, le principali interazioni caratterizzate delle proteine E6/E7 sono con le proteine cellulari p53 ed Rb, le quali sono molecole centrali nel controllo del ciclo cellulare. Il legame di E7 a Rb attiva il fattore trascrizionale E2F il quale attiva la trascrizione di geni coinvolti nella replicazione del DNA. La proteina virale E6 interagisce ed inattiva (portandolo a proteolisi) il fattore trascrizionale p53. nabissi 2014

60 La conseguenza di questa infezione è la perdita del controllo del ciclo cellulare, della riparazione del DNA ed il rallentamento del processo differenziativo delle cellule epiteliali. L’abilità del HPV di persistere ed indurre progressione verso la malignità puo’ essere spiegata da una particolarità di questo stadio del suo ciclo replicativo. La costante attivazione delle proteine E6/E7 portano ad un incremento dell’instabilità genomica, perdita del controllo del ciclo cellulare ed in ultimo al cancro. Durante la progressione del tumore il genoma virale s’integra spesso nel genoma della cellula ospite con il risultato di una costante espressione delle proteine E6/E7 mediante stabilizzazione del loro trascritto (mRNA), grazie all’influenza sulle modifiche della cromatina o mediante la perdita della regolazione negativa della trascrizione mediata dalla proteina virale E2. nabissi 2014

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62 Gli HPV attualmente caratterizzati sono piu’ di 100, di cui 40 capaci di infettare le mucose del tratto genitale e sono caratterizzati come a basso rischio ed alto rischio in conseguenza della loro prognosi clinica. Quelli a basso rischio sono principalmente associati con le lesioni anogenitali mentre quelli ad alto rischio con i tumori ano genitali. Due dei tipi a basso rischio (HPV-6 e HPV-11) causano la maggior parte delle lesioni ano genitali e dei papillomi respiratori ricorrenti. Le infezioni con HPV ad alto rischio causano virtualmente il 100 % dei tumori alla cervice, 90 % dei tumori all’ano, 50 % di quelli alla vulva, vagina e pene. HPV-16 e HPV-18 od entrambi sono responsabili del 70 % dei tumori della cervice. nabissi 2014

63 CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali
La progressione dell’infezione da HPV a cancro alla cervice è accompagnata da una sequenza di cambiamenti istologici. La neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) è un’anormalità istologica dell’epitelio squamoso della cervice che è associata con l’infezione da HPV ed è riconosciuta come un potenziale precursore del tumore alla cervice. La CIN è classificata in tre gradi: CIN 1: presenza di una leggera displasia, con presenza di cellule anormali CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali CIN 3: displasia severa con cellule anormali che occupano la maggior parte dell’epitelio della cervice. nabissi 2014

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65 Nel caso di CIN 2 e 3 la persistenza della displasia è associata con lo sviluppo del cancro, con percentuali rispettivamente del 57 % e 70 %. I due vaccini che sono stati sviluppati prevengono l’infezione primaria da HPV e sono costituiti dalle proteine L1 assemblate fra loro in particelle virali-simili che sono morfologicamente identiche al virione HPV ma non contengono il genoma virale. Cosi’ il vaccino induce una risposta anticorpale virus-neutralizzante. I due vaccini contengono uno particelle virus simile dei ceppi HPV mentre il secondo per HPV nabissi 2014

66 HERPESVIRUS La famiglia degli Herpesvirus è costituita attualmente da otto membri di cui i piu’ noti sono: Herpes simplex di tipo I e II, Herpes-zoster (varicella),il tipo 6 e 7 che infettano i linfociti T, il tipo 8 associato al sarcoma di Kaposi e Epstein-Barr virus (EBV) associato al linfoma di Burkitt. EBV è costituito da un nucleocapside contenente DNA a doppia elica costituito da circa 80 geni che vengono trascritti durante il ciclo replicativo rimanendo presenti all’interno della cellula in forma episomale. Le proteine del nucleocapside sono di due tipi, un polipeptide maggiore non glicosilato di 160 kD ed uno minore di 125 kD che vanno a costituire il complesso dell’antigene viricapsidico. nabissi 2014

67 L’envelope è invece costituito da almeno tre glicoproteine, denominato complesso degli antigeni di membrana (MA), di queste la gp350 e gp 250 sono le molecole responsabili dell’adesione del virus al recettore presente sulla membrana dei linfociti B, mentre la proteina gp 85 è responsabile della fusione del virus dopo legame alla membrana della cellula bersaglio. Il legame del virus alla membrana del linfocita B avviene grazie all’interazione del complesso gp350/250 con il CD21 (recettore del frammento C3 del complemento; CR2) e durante l’infezione non produttiva vengono espressi durante la fase di latenza, circa 10 geni virali (6 proteine nucleari EBNA, EB nuclear antigens) denominate EB1, 2, 3°, 3b, 3c 3 LP e tre proteine associate alla membrana (latent membrane protein, LMP 1, 2a, 2b) piu’ una serie di piccoli RNA virali (EBERs) con funzione attualmente ignota. nabissi 2014

68 L’espressione di questi prodotti virali causa l’immortalizzazione della cellula infettata, l’overespressione della proteina antiapoptotica Bcl-2 e quella di diversi markers d’attivazione come CD23, CD30 e CD39 piu’ molecole d’adesione come le integrine leucocitarie LFA-11 e LFA-3 (leukocyte function-associated ). Nelle biopsie tumorali si riscontrano spesso linfociti B esprimenti il CD10 e CD77, che caratterizzano un fenotipo cellulare con un numero piu’ ristretto di geni virali espressi, quali la EBNA-1 (permette la replicazione del DNA virale in forma episomica) e gli EBER che caratterizzano cloni cellulari in grado di sfuggire alla risposta immunitaria citotossica EBV-specifica. nabissi 2014

69 In un’altra forma di infezione latente, presente nei pazienti AIDS+ e nel linfoma di Hodgkin si ha l’espressione di EBNA-1. Comunque una volta avvenuta l’infezione il virus rimane permanentemente nella cellula, in fase di quiescenza e in conseguenza di fenomeni di immunodeficienza si ha la riattivazione del virus latente. Le patologie correlate con infezione litica da EBV sono la mononucleosi infettiva e la leucoplachia buccale causata da riattivazione del virus in cellule epiteliali, mentre nel caso di stimolazione della proliferazione cellulare indotta da infezione da EBV si possono sviluppare patologie tumorali. nabissi 2014

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71 Un esempio riguarda il linfoma di Burkitt, che è costantemente caratterizzata da traslocazione cromosomica tra il cromosoma 8 e 14, 2 o 22; tali traslocazioni reciproche inducono sempre l’over-espressione di c-myc in quanto le traslocazioni comportano il posizionamento dei geni delle immunoglobuline presenti nei cromosomi 14 (catene pesanti), 2 (catene leggere) o 22 (catene leggere lamda) e costitutivamente espresse nei linfociti B al gene esprimente c-myc. Il virus EBV provoca una proliferazione policlonale non maligna dei linfociti B e sembra sia l’agente iniziante del processo di formazione del clone maligno. nabissi 2014

72 Il virus EBV è associato anche al tumore nasofaringeo ed al linfoma di Hodgkin, in quanto la presenza del DNA virale e spesso presente nelle cellule tumorali responsabili di queste patologie e da studi epidemiologici è stato riscontrato un rischio aumentato di sviluppare tumore nei soggetti con pregressa mononucleosi infettiva. nabissi 2014

73 HBV (famiglia Hepadnavirus)
Il virus dell’epatite B (HBV) appartiene alla famiglia degli Hepadnavirus, virus con una forte preferenza nell’infettare cellule epatiche, anche se piccole quantità di DNA hepadnavirale possono essere riscontrate nel rene, nel pancreas e nelle cellule mononucleate. Il virione HBV è costituito da un doppio rivestimento con lo strato piu’ esterno lipoproteico che contiene glicoproteine (antigeni di superficie). All’interno dell’envelope è presente il core (nucleocapside virale) che contiene il genoma virale, costituito da una particella di DNA covalente circolare chiuso (cccDNA) e una polimerasi che è responsabile della sintesi del DNA virale nelle cellule infettate. Le cellule infettate producono oltre al virione, due lipoproteine virali e una proteina filamentosa, tutte di circa 20 nm, che costituiscono gli antigeni virali (HBsAg). nabissi 2014

74 Il genoma è formato da quattro open reading frame (ORF)
Il genoma è formato da quattro open reading frame (ORF). La regine S che codifica per i tre antigeni di superficie, la proteina S (HBsAg), la M e la proteina L che sembra sia importante nel legame del virus alla cellula ospite, nell’assemblare il virione e nel suo rilascio dalla cellula. La regione C codifica per l’antigene del core (HBcAg) e l’antigene e (HbeAg). La proteina c è il polipeptide strutturale del capside, mentre la proteina e viene secreta dalla cellula e rilasciata nel plasma, ma il suo ruolo non è chiaro. La regione P codifica per la polimerasi virale, necessaria per la sintesi e l’incapsulamento del RNA virale. La regione X codifica per la proteina X (HBx) la quale modula la trasduzione del segnale della cellula ospite e può influenzare sia l’espressione genica del virus che della cellula. La proteina X è fondamentale per la replicazione e la diffusione del virus. nabissi 2014

75 CICLO DI REPLICAZIONE VIRALE
I virioni HBV si legano ai recettori della superficie cellulare e dopo fusione alla membrana i CORE sono presentati nel citosol e trasportati nel nucleo. Il DNA virale viene convertito nella forma ccc (circolare chiusa covalente), la quale serve come stampo per la RNA polimerasi dell’ospite che genera una serie di trascritti. Tutti gli RNA virali sono trasportati nel citoplasma dove vengono tradotte le proteine virali dell’envelope, del core e le polimerasi, cosi’ come le proteina X e pre-C. Successivamente i nucleocapsidi sono assemblati nel citoplasma e durante questo processo una singola molecola di RNA genomico viene incorporato nel core virale. Dopo che il RNA genomico è incapsulato, inizia la trascrizione inversa con la sintesi di due filamenti di DNA virali. Alcuni CORE contenenti il genoma virale vengono trasportati al nucleo dove viene sintetizzato del nuovo ccc-DNA in modo da mantenere un pool di DNA trascrivibile. La maggior parte dei CORE acquisiscono le lipoproteine dell’envelope contenenti gli antigeni L, M e S e vengono esportati all’esterno della cellula nabissi 2014

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77 Patogenesi dell’epatite B.
HBV non è direttamente citotossico per le cellule, infatti molti portatori del virus HBV sono asintomatici o hanno lievi danni epatici per quanto vadano incontro a replicazione intraepatica del virus. Quindi si pensa che la risposta immunitaria dell’ospite sia il principale determinante del danno epatico, infatti pazienti con difetti immunitari che sono infettati da HBV mostrano spesso lievi danni epatici acuti ma alta possibilità di andare incontro a danni cronici. La risposta immunitaria a HBV coinvolge risposta mediata da linfociti T MHC-classe II CD4+ helper e MCH-classe I CD8+ diretti contro diversi epitopi del core ed envelope dell’HBV, mentre nei portatori cronici la risposta linfocitaria è attenuata, con una maggiore presenza di anticorpi anti-HBs nabissi 2014

78 Questo tipo di risposta suggerisce che la maggior parte del danno epatico sia dovuto piu’ ad una risposta antigene-non specifica infiammatoria secondaria data dal rilascio di prodotti citotossici come TNF, ROS, proteasi e cellule natural killer (NK). nabissi 2014

79 Carcinoma epatocellulare
Un altro aspetto dell’infezione da HBV è dato da un alto rischio di sviluppare carcinoma epatocellulare nei pazienti infettati cronici, con un incidenza 100 volte superiore a quella dei non-portatori. Terapia Il successo della terapia nei pazienti con infezione da HBV è nella riduzione dei livelli di viremia (livelli di antigene HBe) e delle disfunzioni epatiche (valutabili dai livelli di aminotransferasi). Attualmente comunque la scomparsa completa del virus si ha solo nel 5% dei pazienti, sebbene lo sviluppo di nuovi antivirali potrebbe incrementare questo dato. nabissi 2014

80 Interferone Per molti la somministrazione d’interferone alfa è stata la terapia principale, con una risposta positive nel 30 % dei casi (perdita di HBeAg), sviluppo di anticorpi anti-HBe e riduzione dei livelli di aminotrasferasi. Tuttavia gli effetti collaterali, dati in parte dalla stimolazione interferone alfa indotta,di antigeni MHC classe I sugli epatociti, con conseguente attività citotossica da parte dei linfociti T o effetti come febbre, mialgia, trombocitemia e depressione hanno reso difficile l’uso di tale trattamento per molti pazienti. Farmaci antivirali Analoghi nucleosidici o nucleotidici (ex. Lamivudine), che bloccano la replicazione virale mediante inibizione dell’attività delle trascrittasi inversa (RT) senza dare hanno effetto immunomodulatore ma la terapia induce resistenza farmacologica, mediata da mutazioni puntiformi nel sito catalitico della RT. nabissi 2014

81 Cancerogenesi batterica e parassitaria
1. Helicobacter pilori carcinomi gastrici e linfomi MALT (Mucosa Associated Linfoid Tissue) 2. Schistosomiasi (Schistosoma) carcinoma della vescica 3. Opistorchiasi o Clonarchiasi colangiocarcinomi e carcinomi epatici nabissi 2014

82 Helicobacter pylori Carcinoma gastrico e linfomi-MALT
Identificazione di H. pylori su cellule gastriche. H. pylori causa più del 90% delle ulcere duodenali e più dell’80% delle ulcere gastriche Entrambe le immunità cellulo-mediata ed umorale sono attivate dall’infezione, ma l’infezione batterica persiste se non viene eradicata con una mirata terapia antibiotica nabissi 2014

83 Schistosomiasi o bilharziosi
Schistosoma mansoni (intestinale) S haematobium (urinario) S. japonicum (intestinale) S. mekongi (intestinale) S. intercalatum (intestinale) I molluschi gasteropodi di acqua dolce sono ospiti intermedi Una volta penetrato nell’uomo attraverso la cute, il parassita passa allo stadio larvale (schistosomula). Quindi migra nei polmoni e nel fegato dove matura nella forma elmintica adulta. La forma adulta migra nell’intestino, nel fegato o nella vescica nabissi 2014

84 Vena porta o plesso vescicale
Schistosomiasi Ciclo vitale Vena porta o plesso vescicale uomo Forma elmintica adulta Entro 48 h chiocciola Uova provviste di spine (lesioni della parete intestinale o vescicale) Miracidio Bulinus globosus, la chiocciola ospite intermedio di Schistosoma haematobium nabissi 2014 Cercaria

85 * intensa reazione granulomatosa
Uova a livello vescicale Uova di Schistosoma mansoni nel fegato * intensa reazione granulomatosa Uova a livello epatico nabissi 2014

86 Clonorchiasi o Opistorchiasi
Opistorchis viverrini O. felinus O. sinensis ex Clonorchis sinensis nabissi 2014

87 Clonorchiasi ciclo vitale
Opisthorchis viverrini forma elmintica adulta Ingestione da parte del mollusco e ingestione del mollusco da parte del pesce Azione patogena per la presenza di forme adulte all’interno delle vie biliari (talora nel dotto pancreatico) con reazione infiammatoria nell’epitelio dei dotti che esita nella ostruzione delle vie biliari. nabissi 2014

88 Colangiocarcinoma epatico: le frecce mostrano le uova
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