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Multiculturalità La multiculturalità è un dato di fatto, il concetto descrive la fattuale compresenza di culture diverse entro una società. La presenza.

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Presentazione sul tema: "Multiculturalità La multiculturalità è un dato di fatto, il concetto descrive la fattuale compresenza di culture diverse entro una società. La presenza."— Transcript della presentazione:

1 Multiculturalità La multiculturalità è un dato di fatto, il concetto descrive la fattuale compresenza di culture diverse entro una società. La presenza di molte culture in uno stesso contesto culturale è legata ai processi dell’età contemporanea:

2 Multiculturalità (continua)
internazionalizzazione dei rapporti di produzione e consumo mondializzazione dei sistemi informativi e mass-mediali globalizzazione delle relazioni economiche, di mercati tecnologici e culturali.

3 Interculturalità L'interculturalità descrive uno specifico "progetto" di interazione tra le parti entro le società multiculturali. In una logica interculturale i processi di socializzazione non mirano all’annullamento delle diversità. Non si può pensare di rendere uno ciò che è costitutivamente diverso. Ovvero lo si può fare, si può tentare di farlo, a prezzo di cancellare, nella sua memoria, la sua diversità.

4 Finalità della pedagogia interculturale

5 Finalità della pedagogia interculturale
è la risposta pedagogica alla società multiculturale, si fonda su un concetto di cultura allargato ed egualitario, che difende l’uguaglianza del valore di tutti gli uomini di tutte le culture, sostiene la possibilità di una convivenza collaborativa di tutti gli uomini, propugna un concetto aperto dell’apprendimento politico-interculturale, dispone di una consapevolezza politica che va al di là dell’apprezzamento paternalistico di forme di folclore o esotismo

6 Finalità della pedagogia interculturale 2
rifiuta l’identificazione con una singola istanza pedagogica, con un’istituzione determinata o con una sola materia d’insegnamento, assume una posizione problematicista, sempre in movimento, che svolge una funzione trasversale a diversi campi della pedagogia, si ricollega ai concetti di orientamento comune, lavoro collettivo e Community Education, si riconosce come contributo all'educazione alla pace ed alla comprensione reciproca a livello internazionale. G.Friesenhahn (1988)

7 I nodi dell' intercultura
l' intercultura è un dato strutturale e non passeggero o marginale della società. E' risorsa positiva per la crescita sia dei singoli che della società (costruzione dell'identità entro la società globale ) l'intercultura va declinata nella logica della democrazia che esiste se - e solo se - esistono differenze (relazione tra diversità secondo una logica costruttiva: verso una casa comune da costruire assieme) le differenze non vanno eliminate (omogeneizzate), ma devono positivamente interagire secondo la logica della democrazia e della "convivenza costruttiva": l'obiettivo non è l'integrazione ma la creazione di una società che si fonda sulla diversità (interrelazione tra universalismo e relativismo)

8 I nodi dell' intercultura 2
le relazioni interculturali sono relazioni fra differenti identità: occorre che tali identità siano riconosciute e riconosciute proprio nella loro "differenza" (riconoscimento) ciò implica, sia per gli "autoctoni" che per chi "immigra", fare i conti con la propria cultura: riconoscerla, decostruirne gli aspetti ritenuti universali mentre in realtà sono solo frutto del divenire storico di una specifica esperienza di umanità (decostruzione-costruzione) L'intercultura non nega il conflitto (anzi lo riconosce, lo tematizza, lo porta a galla) ma educa (ed apprende) a risolvere il conflitto secondo modalità nonviolente o comunque non distruttive (gestione e conflittualità nonviolenta tra differenze)

9 Pratiche "interculturali"
educazione interculturale come elemento del più ampio progetto educativo sui temi socio-politici del nostro tempo educazione interculturale come educazione alla cittadinanza (europea) educazione interculturale come pedagogia dell'accoglienza interculturalità come educazione antirazzista intercultura e nuove tecnologie della comunicazione

10 Educazione interculturale e scienze affini:
LINGUISTICA (affronta le problematiche poste dalla compresenza di soggetti di lingua e cultura diverse) ANTROPOLOGIA (studia il concetto di cultura e il problema dei rapporti tra sistemi culturali differenti) PSICOLOGIA (analizza lo sviluppo del soggetto trasferito in abienti linguisticamente e culturalmente diversi dal proprio e le evoluzioni del concetto di identità nella società multiculturale) SOCIOLOGIA (studia fenomeni e concetti diffusi nella società multiculturali in seguito all'arrivo dell'"altro").

11 Concetti mutuati dalla Sociologia:

12 Assimilazione Le pratiche educative di matrice assimilativa tendono alla omologazione ed all’integrazione ad un modello culturale e sociale definito o come universale oppure come specifico di una certa società La logica dell’assimilazione nega le differenze considerandole un elemento negativo da neutralizzare, un dato a cui rinunciare pena il mancato inserimento nella società. Secondo il progetto assimilativo solo l’altro deve cambiare e lasciarsi assorbire nella cultura ospitante adattandosi ad essa. Ciò che si presuppone è l’adattamento della minoranza alla maggioranza. Per realizzare ciò agli stranieri si richiede di diventare “simili”, rinunciando a usi e costumi della patria di origine. In casi estremi, l’assimilazione comporta anche la rinuncia alla propria religione e tradizione. Una nuova cultura prende il posto di quella originaria. Per lo straniero questo processo presuppone una deculturazione, cioè il fatto di disimparare atteggiamenti e comportamenti abituali.

13 Assimilazione 2 Se alla fine del processo il comportamento automatico ed istintivo dello straniero in certe situazioni corrisponde alle norme ed ai valori della nuova cultura, si parla di assimilazione avvenuta. Se l’integrazione viene intesa, o meglio malintesa, in questo modo la società del paese d’accoglienza non cambia, rimane rigida e monoculturale. Dal fallimento delle pratiche assimilative prende l’avvio l'approccio etnico che tende a riconoscere la diversità ma secondo logiche da "riserva indiana". Il diritto alla lingua ed alla cultura originaria viene sì riconosciuto ma, non non entrando esso nel confronto sociale complessivo, tende a costituire isole etniche che portano all’isalmento ed al conflitto (ghettizzazione/segregazione).

14 Integrazione Integrare implica letteralmente una reductio ad unum, una funzionalizzazione, seppure non eliminazione, delle alterità ad un unico progetto alla cui elaborazione non hanno partecipato le alterità che ad esso si devono "integrare". Il suo obiettivo prevede che una minoranza possa entrare a far parte di una maggioranza, acquisendone gli stessi diritti e mantenendo però le proprie peculiarità culturali. Nei casi riusciti questo accade senza che il sistema sia messo in pericolo, attraverso la cooperazione delle parti coinvolte, che si propongono un’unità di intenti che genera un nuovo equilibrio. Habermas propone un modello procedurale fondato sull’accordo raggiunto discorsivamente dai partecipanti all’interazione sociale. Essi prendono razionalmente e liberamente posizione sugli argomenti avanzati da ciascuno, sino a quando non si raggiunge il consenso sul contenuto della norma da ritenere valida e legittima.

15 Integrazione 2 e Questa proposta ha il pregio di sottolineare la necessità di "ridefinire consensualmente" le mete dell’integrazione. In questo senso non esiste una meta come dato di fatto a cui alcuni sono chiamati ad integrarsi quanto piuttosto tutti sono chiamati ad integrarsi in una meta rispetto alla quale tutti (sia stranieri che autoctoni) sono stranieri-estranei. Tale meta deve essere definita di comune accordo. Ruolo centrale riveste, a questo punto, il conflitto: la strategia proposta è infatti conflittuale e si propone una gestione "nonviolenta" o perlomeno non distruttiva del conflitto. Dahrendorf ha riconosciuto la funzione positiva del conflitto sociale come fattore di integrazione purché inquadrato entro le regole consensuali (si devo stabilire assieme i confini e le regole del confliggere) che permettono di neutralizzare le spinte distruttive implicite in ogni conflitto sociale.

16 Individualizzazione Indica il processo messo in moto nelle società moderne da fattori come l’industrializzazione, la scolarizzazione, l’urbanizzazione, che stanno progressivamente portando allo scioglimento dei legami sociali tradizionali con tutti i problemi e le contraddizioni che necessariamente accompagnano il cambiamento. Rispetto agli immigrati, soprattutto se provenienti dalle culture del sud del mondo o da regimi politicamente autoritari, questo processo innesca nel paese d'accoglienza un'acuta situazione di ambivalenza: gli individui dispongono sì di maggior libertà personale, o comunque la loro vita non è più minacciata, ma al tempo stesso si ritrovano improvvisamente liberi da quei legami sociali che in patria erano vitali.

17 Pluralizzazione Sottolinea il moltiplicarsi delle possibilità di realizzazione individuale e sociale, fenomeno che permette la strutturazione di percorsi ed itinerari personali a patto di possedere gli strumenti culturali e i mezzi materiali idonei al perseguimento dei propri obiettivi. Per gli stranieri provenienti dai paesi più poveri e organizzati in modo molto tradizionale questo processo rappresenta non solo un cambio culturale, ma anche un’accelerazione storica. Queste accelerazioni storiche hanno ripercussioni anche sui cittadini del paese ospite, che dovranno confrontarsi con i comportamenti tradizionali dei nuovi arrivati, con sistemi di pensiero e comportamenti forse una volta presenti ma ormai superati della propria società tradizionale.

18 Status Indica l’attribuzione di una determinata posizione all’interno di un sistema sociale. Per funzionare il sistema ha bisogno di un consenso minimo sull’attribuzione delle posizioni di individui o gruppi all’interno del tessuto sociale. Se questo non avviene, sono inevitabili continue lotte e conflitti per l’acquisizione di status, che producono pesanti oneri individuali (malattia, tossicodipendenza, delinquenza) e disintegrazione sociale. I migranti si trovano molto spesso in una situazione di insicurezza per quanto riguarda la propria posizione sociale. Le principali cause di questa insicurezza sono le seguenti:

19 Status (continua) Lo status sociale ricoperto nel paese d’origine non vale più. Nella maggior parte dei casi la migrazione verso il paese d’accoglienza comporta uno stato sociale inferiore rispetto a quello del paese d’origine. Nella nuova cultura, lo stato sociale viene definito secondo criteri diversi e ciò crea una grande insicurezza negli immigranti. La propria definizione relativa alla posizione nella società non corrisponde sempre alla definizione valida nel paese d’accoglienza e ciò crea malintesi nei rapporti con le autorità.

20 Concetti mutuati dalla Psicologia
Stereotipi, distanza sociale e pregiudizi sono classificati dalla psicologia sociale come conoscenze di intergruppo lo stereotipo è prevalentemente cognitivo (ovvero ci dice quale concezione le persone hanno di un altro gruppo e/o del proprio); la distanza sociale è volitiva o conativa (ci manifesta come la gente appartenente ad un gruppo intende comportarsi nei confronti di un altro gruppo); il pregiudizio - che è più propriamente un atteggiamento - è sostanzialmente affettivo.

21 Distanza sociale I gruppi che si rapportano sviluppano convinzioni di vario genere su ciò che li unisce e su ciò che li divide nella vita sociale quotidiana. In senso stretto, per distanza sociale la psicologia intende la disponibilità dei membri di un gruppo ad avere contatti sociali con persone di un altro gruppo. In particolare si studia sino a che punto e in che cosa le persone sono pronte a escludere o ad ammettere quanti appartengono ad un altro gruppo.Che tipo di contatto viene ritenuto accettabile? In quale misura si è disposti a parlare di sé? A che grado di coinvolgimento emotivi si è disposti a giungere? A che punto può giungere la prossimità fisica, ovvero quanto si è disposti a condividere uno spazio?

22 Pregiudizio Opinione preconcetta (di una persona o di un gruppo sociale) concepita non per conoscenza diretta di un fatto, quanto piuttosto in base alle opinioni comuni o alle voci. G.W. Allport sostiene che un concetto errato si trasforma in pregiudizio quando rimane irreversibile anche di fronte a nuovi dati conoscitivi. L’irreversibilità è facilmente constatabile nella logica della "eccezione". Se riteniamo, pregiudizialmente, che ad un dato gruppo di persone ben si attagli l’etichetta di "ladri" (per esempio i rom), ben difficilmente cambieremo opinione di fronte a persone che in tutta evidenza si comportano in modo da smentire il nostro pregiudizio. E se non riusciamo a reggere la dissonanza cognitiva generata da un comportamento impensato (ad esempio un ragazzo rom che ci insegue per restituirci il portafoglio perso o la borsa dimenticata) facciamo ricorso alla logica dell’eccezione: i nomadi sono tutti ladri e ciò che mi è accaduto è una eccezione che conferma l’assunto di fondo.

23 Stereotipo Gli stereotipi sono raffigurazioni di gruppi, largamente condivise, schematiche, che nascono da relazioni di intergruppo e guidano le conoscenze e i comportamenti sociali delle persone. Lo stereotipo è un pensiero organizzato, uno schema, una porzione di sapere che utilizziamo per comprendere la realtà sociale di un gruppo. Esso necessita di un bersaglio, identificato da una etichetta linguistica (ad esempio: albanesi, marocchini, tedeschi, zingari). Attorno al bersaglio vengono organizzate un insieme di caratteristiche (dall’aspetto fisico - i tedeschi sono biondi - alle modalità tipiche di comportamento - gli italiani gesticolano mentre parlano, ecc.). Lo stereotipo viene costruito a partire da un ordine gerarchico che tassonomizza alcuni tratti come più tipici di altri e quindi più adatti per descrivere il bersaglio. Per costruire la gerarchia dei tratti si utilizzano normalmente dei prototipi, basati spesso sulla conoscenza reale di una persona che abbiamo conosciuto e che ci ha in qualche modo colpito. Le varie caratteristiche sono poi collegate fra loro in un quadro coerente.

24 Stereotipo (continua)
Tutto ciò che pensiamo del gruppo bersaglio entra inoltre in diretta connessione con le nostre precedenti conoscenze, con il nostro linguaggio e l’insieme dei nostri valori e/o dei nostri giudizi (idee a riguardo dei comportamenti positivi/negativi, lodevoli/disdicevoli, devianti/normali, ecc.). Lo stereotipo schematizza e cristallizza una realtà in movimento rifiutandosi, nel contempo, di cogliere l’evoluzione che contraddistingue lo stesso gruppo bersaglio.

25 Capro espiatorio I gruppi sociali che vedono minacciata la propria posizione cercano un gruppo esterno o un singolo emarginato su cui indirizzare in forma proiettiva le proprie aggressioni. Questo gruppo esterno, ridotto a pura figura negativa, sarà additato come colpevole della crisi che sta attraversando il gruppo dominante. "Le energie aggressive di una persona o di un gruppo si concentrano su un altro individuo, gruppo od oggetto, anche se la violenza dell'attacco e dell'accusa è in parte o del tutto ingiustificata. Le pratiche del capro espiatorio derivano da normalissime opinioni, preferenze e pregiudizi. Soprattutto sotto la pressione di delusioni e povertà, falsamente interpretate attraverso dimostrazioni primitive, esplodono gli eccessi di tutte le cacce spietate ai capri espiatori.

26 Capro espiatorio (continua)
La scelta della vittima è fatta in modo che essa abbia spiccate caratteristiche che la distinguano dal proprio gruppo (colore della pelle, religione, lingua, culto, caratteristiche nazionali). La vittima inoltre ha pochissime possibilità di ritorsione, essendo più debole. Un capro espiatorio è un capro da abbattere. Di regola la vittima viene attaccata e demoralizzata fin dall'inizio e molto raramente può restituire il colpo. Infine, il pregiudizio e la caccia alle streghe vengono favoriti dal fatto che la vittima è a portata di mano. " I pregiudizi, che sottendono alla scelta del capro espiatorio, funzionano da filtri: l'individuo tende a raccogliere le informazioni che confermano le sue concezioni. Le informazioni che invece se ne discostano non vengono da lui prese in considerazione o vengono trasformate in modo da corrispondere alle sue credenze. La tendenza alle percezione selettiva (e inconscia) è presente nella maggior parte degli esseri umani e quindi "normale", però il grado di selettività varia da soggetto a soggetto

27 Implicazioni pedagogiche
Per l’insegnante è molto utile conoscere i meccanismi menzionati per riuscire a trattare meglio i problemi legati all’emarginazione di singoli bambini o di interi gruppi di bambini: Sul piano dell’analisi si possono esaminare le cause della necessità di emarginare altri. Quali difficoltà e debolezze di coloro che favoriscono l’emarginazione sono la causa del loro comportamento e come si potrebbe aumentare la loro autostima in modo costruttivo? Sul piano delle azioni pedagogiche-didattiche, nel rapporto con i bambini colpiti da atteggiamenti di rifiuto è molto importante un comportamento di sostegno solidale. Sul piano didattico, si cerca di far comprendere i meccanismi di questi processi e di trasmettere informazioni e nozioni sulle possibili conseguenze

28 Nuclei fondanti del razzismo
Da caratteristiche esteriori riguardanti gli appartenenti ad una razza, ad una religione o ad un gruppo etnico si traggono conclusioni circa la loro personalità complessiva. A partire da queste deduzioni semplici e stereotipate vengono formulati giudizi, nella maggior parte dei casi, dispregiativi. Questi giudizi servono a giustificare azioni che sarebbero altrimenti considerate disprezzabili ed illegittime. Gli stessi giudizi servono inoltre alla delimitazione del proprio gruppo nei riguardi degli “altri” e quindi della propria identità.

29 Con il termine identità si intende sottolineare che:
il processo di costruzione di identità avviene mediante un processo di identificazione/differenziazione che ha costantemente necessità dell’altro: non esiste identità senza alterità. Questo è il nodo centrale del paradigma interculturale. non esiste una sola identità ma esistono identità plurime. l’identità, come sostiene l’interazionismo simbolico, è frutto di una continua negoziazione sociale (sia con il proprio gruppo di appartenenza che con gli altri gruppi sociali) l’identità non data una volta per tutte, una volta per sempre, ma continuamente si rinnova e si definisce

30 ESSERE STRANIERI IN ITALIA
QUATTRO IPOTESI IDENTITARIE

31 ESSERE STRANIERI IN ITALIA: QUATTRO IPOTESI IDENTITARIE
Il progetto di educazione interculturale, in quanto interazione tra identità, richiede di indagare il processo di costruzione della identità nei bambini e nei ragazzi stranieri presenti in Italia. L’istituto di ricerca Degli Innocenti ha curato per la Presidenza dei Ministri, Dipartimento degli affari sociali il "Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza" a cui è stato posto il titolo emblematico Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione dell’identità. Il rapporto dedica un intero capitolo allo studio delle diverse ipotesi identitarie con cui si confrontano i ragazzi stranieri in Italia: "I bambini e le bambine [stranieri], nel corso della loro socializzazione devono confrontarsi con diverse ipotesi di identità etnica: quella originaria, quella del paese d’arrivo, quella che nel paese d’arrivo è ritenuta l’etnicità presente nel paese di partenza, quella che la famiglia ritiene essere l’etnicità del paese d’immigrazione"

32 ESSERE STRANIERI IN ITALIA: QUATTRO IPOTESI IDENTITARIE (continua)
Da questo stato di fatto derivano quattro ipotesi identitarie, quattro percorsi che delineano quattro speficiche interazioni comunicative, quattro modalità di relazionarsi tra stranieri e non stranieri. Quattro modi di costruire e riconoscere identità. Ma anche quattro diversi modelli di società, quattro diversi riferimenti teorici:

33 1. Resistenza culturale L’atteggiamento del bambino/ragazzo straniero è quello di continuare a fare riferimento prevalentemente alla cultura e all’identità etnica dei propri genitori riducendo al minimo i rapporti ed i contatti con la società ospitante. Crescono così comunità incapsulate che spesso abitano in zone circoscritte. Secondo alcuni studiosi - critici della società occidentale e dei sui processi di omologazione - la resistenza culturale dovrebbe rappresentare un preciso obiettivo delle politiche sociali ed educative, in quanto consentirebbe di rafforzare l’identità originaria, permettendo al bambino di sviluppare quella maggiore stima di sé che gli consentirebbe di evitare percorsi di marginalizzazione. La proposta di rafforzare la resistenza culturale è assunta tuttavia anche dai sostenitori del razzismo differenzialista per i quali l’etnicità è un obbligo, correlato ad un altro obbligo, quella di andare a realizzare questa etnicità - per il bene dell’immigrato - a casa propria, nel paese di provenienza

34 2. Assimilazione Il minore straniero aderisce pienamente alla proposta identitaria che gli viene dalla società d’accoglienza e rifiuta, anzi rinnega, tutto ciò che ha a che fare con la sua cultura d’origine. In alcuni casi si evidenziano addirittura fenomeni di socializzazione anticipatoria, ovvero il soggetto che intende emigrare assume già nel proprio paese i valori e gli orientamenti del futuro paese d’accoglienza, facendo proprie le proposte di omologazione veicolate dai media. L’assimilazione ha costituito per decenni l’obiettivo principale della politica migratoria proposta dai governi dei paesi occidentali. Oggi questo modello di convivenza è superato, ma continua ad avere significative conseguenze sui minori della seconda o terza generazione di immigrati, che cercano di "farsi assimilare", giungendo persino a disprezzare le proprie origini, mentre la società d’accoglienza continua a considerarli irrimediabilmente "diversi".

35 3. Marginalità Si tratta della condizione più frequente: i ragazzi vivono al di fuori, ai margini, sia della cultura d’orgine sia di quella di arrivo, incapaci di proporre essi stessi una reale proposta identitaria alternativa. A questo livello l’Istituto degli Innocenti distingue due tipi di marginalità:

36 3. Marginalità (continua)
la marginalità da frustrazione: soluzione adottata in seguito alla frustrazione subita nel tentativo di inserirsi nella nuova società. la marginalità da passaggio: identifica invece la fase di passaggio verso una nuova identità e non necessarimente va intesa come momento negativo o patologico. "Tutto questo sembrerebbe confermare che l’identità sta diventando sempre più simbolica. D’altra parte, l’ipotesi della possibilità di un’ identità plurima per molti studiosi rappresenta la soluzione più idonea per una società come quella moderna, in cui le rapide trasformazioni che la interessano, rendono estremamente difficile sviluppare un reale e costante sentimento di appartenenza, nella quale si ha, almeno apparentemente, maggiore libertà di modellare la propria identità e la propria vita. Il passaggio dalla marginalità all’identità plurima può rappresentare una soluzione assai vicina all’identità proposta nella società segnata dalla modernità, dove però la stessa scelta di non appartenenza appare una possibilità di sottrarsi alle identità costituite, con l’obiettivo di formarne delle nuove"(Rapporto1997,p. 53).

37 4. La doppia etnicità In genere frutto di un lento e profondo lavoro analitico in cui l’identità viene formata dal continuo confronto fra i due mondo. E’ frutto di una strategia relazionale che è risultata idonea nel processo di integrazione nella società d’arrivo, evitando l’appiattimento folklorico e la marginalità. In questo secondo caso è anche merito della società l’esser riuscita a favorire questa doppiezza, senza farla divenire una condizione schizofrenica. In genere la doppia etnicità è ritenuta la soluzione migliore, perchè permette al ragazzo un maggiore equilibrio, una maggiore capacità critica, una maggiore obiettività e sensibilità. La critica, ovviamente, è che questa soluzione rappresenti una aspirazione difficilmente realizzabile.


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