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Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni

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Presentazione sul tema: "Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni"— Transcript della presentazione:

1 Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni
Galileo Galilei Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni

2 Galilei e la rivoluzione scientifica
Si chiama «rivoluzione scientifica» un avvenimento nella storia della cultura nel quale cambia in modo relativamente rapido il modo di considerare la realtà e si modificano i fondamenti del sapere. Esempio primario di rivoluzione scientifica è quello che vede l’affermarsi con Copernico (De revolutionibus orbium coelestium, 1543) del sistema eliocentrico, che offre un’immagine molto diversa del sistema dei pianeti rispetto alla precedente tradizione cosmologica aristotelico-tolemaica.

3 Da Copernico a Bruno Gli studi copernicani mettono in forse alcuni fondamenti dell’astronomia tradizionale che coinvolgono principi più generali della scienza fisica, considerati come assodati fino al Cinquecento: per esempio la distinzione tra mondo terrestre e mondo celeste e l’esistenza della quint’essenza (etere). Alle considerazioni di Copernico si associano sul piano filosofico gli studi di Giordano Bruno ( ) che arrivano a ipotizzare l’esistenza di infiniti mondi in un universo infinito: una concezione che ancora si discosta significativamente dal modello aristotelico di universo chiuso e finito.

4 Da Bacone a Galilei Sotto il profilo metodologico, in contrasto con il sapere tradizionale fondato sul ragionamento deduttivo, degradante da primi principi conosciuti tramite un’intuizione «induttiva», si pone con Francis Bacon ( ; Instauratio magna, 1626 ) l’idea che vero sapere non vi può essere se non attraverso un’induzione metodologicamente controllata. Questa risale progressivamente dalla raccolta di dati ottenuti tramite l’osservazione della natura fino a verità sempre più universali. Tali verità trovano il loro fondamento esclusivamente nei dati osservativi e poco o nessuno spazio è riservato alle deduzioni non controllate osservativamente. Nell’elaborazione di tale metodo Bacon elabora una serrata critica dell’orientamento aristotelico. Malgrado le sue proposte positive non vengano poi riprese dai successivi ricercatori, questa critica contribuisce a creare un clima in cui si avverte che le scienze del passato stanno crollando a favore di un nuovo modo di pensare. Sarà Galileo a dare a questa sensazione il carattere di un evento reale ed epocale.

5 La vita e le opere Galileo Galilei nasce a Pisa nel Nella sua città studia matematica e legge i classici latini e greci (particolarmente importante risulterà per lui Archimede). Dal 1592 al 1610 diventa insegnante di matematica all’università di Padova, famosa per gli studi naturalistici ad impronta aristotelica. Qui commenta gli Elementi di Euclide e aderisce al copernicanesimo. Sempre a Padova perfeziona il cannocchiale, uno strumento inventato in Olanda e da lui reso adatto agli studi astronomici.

6 La vita e le opere 2 A Padova infine pubblica i risultati delle sue ricerche astronomiche nel Sidereus nuncius del 1610. Acquisita molta notorietà viene chiamato a Pisa, diventando primo matematico del granduca Cosimo II de’ Medici. Del sono le Lettere copernicane su scienza e fede, ma nel 1616 la Chiesa condanna ufficialmente il copernicanesimo e intima a Galilei di non insegnare tale dottrina.

7 La vita e le opere 3 Nel 1623 pubblica Il saggiatore, un testo polemico sul tema della natura delle comete nel quale, pur prendendo una svista notevole sul tema (nello specifico avevano infatti ragione il gesuita Grassi e Tyco Brahe che egli voleva confutare), espone alcune idee fondamentali sul metodo della scienza e sulle qualità primarie e secondarie dei corpi naturali. Nello stesso anno (1623) diventa papa Urbano VIII che egli conosceva da tempo e che aveva mostrato tolleranza e interesse scientifico.

8 La vita e le opere 4 Nel febbraio 1632, confidando nella benevolenza papale, pubblica il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo nel quale mette a confronto le dottrine cosmologiche tradizionali con quella copernicana, facendo emergere, pur con la dovuta prudenza, le sue preferenze per il prete polacco. Nel settembre 1632 si muove il Sant’Uffizio, cioè l’ufficio vaticano che sorveglia sull’ortodossia delle dottrine insegnate nei paesi cattolici, chiamandolo a Roma. Recatosi a Roma nel 1633 è accusato di aver estorto fraudolentemente l’imprimatur al suo Dialogo, tacendo del precetto di non insegnare il copernicanesimo al cui rispetto egli era obbligato. Il processo si conclude con l’abiura del filosofo, la ritrattazione delle sue dottrine e la formale condanna al carcere.

9 La vita e le opere 5 Trasferito a Siena viene accolto con amicizia dal cardinal Antonio Piccolomini e successivamente viene trasferito nella sua villa di Arcetri agli arresti domiciliari, una pena tutto sommato molto lieve per i tempi (anche se la notizia spaventa molti intellettuali europei, tra cui Cartesio, che appena avutala, rinuncia alla pubblicazione di alcuni suoi testi scientifici). Ad Arcetri, assistito dalla sorella suora e poi dall’allievo Vincenzo Viviani può continuare le ricerche, nonostante le sue condizioni di salute si aggravino. La considerazione del suo stato di salute e la morte della sorella convincono le autorità ad ammorbidire l’ingiunzione di vivere ritirato, e a permettergli un maggiore contatto con l’esterno. Del 1638 sono i Dialoghi sopra due nuove scienze. Muore l’8 gennaio 1642. Nel 1822 le opere galileiane vengono espunte dall’Index librorum prohibitorum della Chiesa e nel 1979 viene riconosciuto dall’autorità ecclesiastica il sostanziale errore nella pronuncia della condanna.

10 La peculiarità galileiana
Le caratteristiche fondamentali dell’indagine galileiana della realtà sono le seguenti: Il campo d’indagine: la natura. La filosofia galileiana è filosofia della natura, improntata a ricercarne il funzionamento, la struttura e la relazione tra i fenomeni che essa ci presenta. Essa dà l’impronta a quella che propriamente dopo di lui diventeranno specifiche branche del sapere distinte dalla filosofia, cioè la scienza naturale, la fisica e l’astronomia. Il principio interpretativo di fondo della natura, secondo cui essa parla un linguaggio matematico-geometrico e dunque la sua conoscenza deve essere basata su una rigorosa misurazione quantitativa.

11 La critica agli aristotelici
Galileo conobbe molto bene la tradizione aristotelica padovana e in generale il modo di indagare degli esponenti della scienza ufficiale del tempo, i quali invece che promuovere un’indagine veramente imparziale sui fenomeni naturali, sembravano attenersi più spesso al principio di autorità, quasi che le osservazioni di Aristotele – del quale è riconosciuta la grandezza e genialità – fossero definitive e incriticabili. Tutto ciò, mentre lo stesso Aristotele converrebbe nel modificare le sue opinioni se l’esperienza – che deve sempre guidare l’indagine – ne dimostrasse l’infondatezza.

12 L’esperienza e la dimostrazione
L’esperienza guida l’indagine scientifica ma è monca senza il ragionamento: in ciò Galileo riprende un modo di vedere che stava facendo breccia nei ricercatori e nei filosofi europei del tempo (cfr. per esempio Bacon), pur nelle diverse prospettive teoriche di ciascuno. Dunque l’esperienza è necessaria, così come è necessario il ragionamento (diremmo è indispensabile l’induzione ma anche la deduzione). Ma di che esperienza si tratta e di quale dinamica del ragionamento?

13 La sensata esperienza L’esperienza deve partire dai sensi ma deve al tempo stesso essere metodica e scrupolosa: questi sono i significati della parola «sensata». L’esperienza va a costruire cioè alcune ipotesi generali. Ma essa, come in Bacon, deve ripudiare ogni frettolosità, perché i principi o assiomi di una scienza devono essere ben fondati.

14 Che cosa cercare Per garantirsi circa la bontà delle ipotesi sulla natura è necessario limitare le nostre pretese conoscitive. Non dobbiamo infatti ricercare l’essenza delle cose «il che cosa è» una cosa, la baconiana ipsissima res con le sua qualità fondamentali, cosa che ha ancora un sapore aristotelico, bensì «certe loro affezioni o aspetti» come il moto, il luogo, la figura». Insomma bisogna cercare il «come», ossia una descrizione dei fenomeni che si concentri sul loro comportamento misurabile.

15 Qualità primarie o secondarie
A tal fine bisogna distinguere nelle cose le proprietà soggettive e qualitative, che dipendono appunto da come il soggetto si rivolge alla realtà e dallo stato in cui il soggetto si trova, da quelle oggettive e quantitative, che riguardano l’oggetto a prescindere dalle condizioni personali del ricercatore. La prime sono le qualità come il salato o il dolce, il caldo o il freddo, il piacevole o il doloroso, il tenue o il consistente, il chiaro o lo scuro, il silenzioso o il rumoroso; le altre sono caratteristiche quantitative e misurabili, come appunto la figura, il moto, l’estensione, la figura. Le prime qualità vanno studiate solo «riducendole» alle seconde e nella misura in cui ciò è possibile farlo.

16 I due «strati» della natura
Con tale riflessione sulle qualità soggettive e oggettive si va oltre lo strato immediatamente superficiale della nostra percezione, cercando delle caratteristiche più profonde, uno strato più profondo della natura che ci permette di compiere deduzioni rigorose e ragionamenti sicuri. Questa visione riprende in chiave moderna, l’antica concezione platonico-pitagorea secondo cui la struttura profonda della realtà ha un carattere matematico. Dunque tra Platone e Aristotele, Galileo sceglierebbe sicuramente Platone, probabilmente risentendo del clima di rinascita degli studi platonici che aveva caratterizzato tutto il rinascimento fiorentino.

17 La matematica Le proprietà quantitative sono oggetto della matematica, che definisce in modo preciso i suoi oggetti, dei quali pertanto possiamo avere concetti precisi che non variano a seconda del nostro stato soggettivo: mentre un oggetto noi lo sentiamo caldo se veniamo da un ambiente più freddo, ma freddo se veniamo da un ambiente più caldo, se noi riusciamo a quantificarne la temperatura, cioè a misurare in una scala la dilatazione di un corpo, come il mercurio, che ha un comportamento costante in determinate condizioni di calore, noi riusciamo ad avere un concetto stabile del calore del corpo. Così siamo andati oltre il suo aspetto immediatamente qualitativo e abbiamo ridotto le sua qualità a precise quantità, con cui possiamo lavorare per valutare il comportamento dei corpi, la loro misura, il loro volume, in diverse condizioni ambientali. In questo modo lavoriamo ora con la matematica e non più con le nostre soggettive sensazioni.

18 Conoscenza extensive e intensive
Con la matematica e la geometria noi abbiamo un concetto delle cose che, dal punto di vista della correttezza e precisione (intensive = intensivamente), è pari a quello divino. Infatti la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a uno piatto per tutti, uomini, angeli, Dio, così pure è il risultato dell’addizione 2+2. La differenza tra la conoscenza divina e quella umana sta nella sua estensione (extensive=estensivamente): mentre Dio conosce tutto ciò che è possibile conoscere (tutti i teoremi, tutte le figure, il funzionamento di tutti i fenomeni), noi ne conosciamo solo una parte.

19 Dall’esperienza alla legge generale e dalla legge all’esperimento
Dall’esperienza depurata dei suoi aspetti qualitativi, io posso trarre induttivamente un’ipotesi di legge generale (il corpo X si comporta nel modo Y) sempre formulata in termini matematici. Tale ipotesi va confermata sperimentalmente: è necessario verificare di nuovo nell’esperienza la validità dell’ipotesi fatta. In che modo si procede alla verifica? Bisogna costringere la natura, incalzarla, in modo che essa dia le risposte che vogliamo. Questo è l’esperimento: una sorta di interrogatorio al quale noi sottoponiamo la natura alle condizioni che noi decidiamo. Così noi conduciamo la natura a rispondere in base alle conseguenza che noi deduttivamente traiamo dall’ipotesi. Se la natura risponde producendo i fenomeni che noi prevediamo in base all’ipotesi, allora l’ipotesi è confermata e diventa legge.

20 Le condizioni dell’esperimento
Nell’esperimento si ricreano artificialmente delle condizioni in cui si fa accadere il fenomeno studiato. L’artificio sta nell’aumentare le possibilità di osservare il fenomeno, escludendo la maggior parte degli eventi che non interessa conoscere e che, in condizioni naturali, disturberebbero l’osservazione, oppure controllandone la stabilità (ma questa è una clausola esplicitamente definita dopo Galilei, la clausola ceteris paribus secondo cui è possibile stabilire una connessione precisa tra un fenomeno e un altro quando si è sicuri che tutte le altre condizioni non si sono modificate e quindi che non sono altre le cause del mutamento del fenomeno oltre quelle da noi osservate).

21 Lo strumento Nell’esperimento ha funzione importantissima la strumentazione che concorre a creare le condizioni migliori di osservabilità del fenomeno. Essa è utilizzata per aumentare e moltiplicare le capacità dei sensi, in modo da poter condurre osservazioni altrimenti impossibili. La scienza è dunque legata alla tecnica, perché dalle capacità tecniche di produrre strumenti sempre più raffinati, dipende il suo progresso. Viceversa le conoscenze scientifiche contribuiscono a migliorare gli strumenti. Dunque tra scienza e tecnica vi è stretta interdipendenza, pur rimanendo a Galilei ben chiaro che le due discipline appartengono ad ambiti diversi: la scienza costruisce modelli teorici della realtà, la tecnica li applica al mondo naturale.

22 Le condizioni perfette
A volte non è possibile ricreare artificialmente un ambiente ideale, perché gli strumenti a disposizione non lo consentono. Per esempio per Galilei era molto difficile ricreare il vuoto per sperimentare esattamente la caduta dei gravi o l’oscillazione di un pendolo. In questo caso sarebbe stato necessario eliminare «mentalmente» l’impedimento, dopo avere riprodotto condizioni il più possibile vicine a quelle ottimali, integrando con una prudente e rigorosa astrazione quanto nell’esperimento non era possibile costruire.

23 La legge Una volta verificata l’ipotesi, cioè ottenuta la conferma che il fenomeno studiato effettivamente si comporta nel modo descritto dall’ipotesi, si può formulare la legge generale, la quale permette di prevedere il comportamento futuro di fenomeni analoghi, senza ulteriormente ricorrere all’esperienza per verificarli, perché la legge, confermata dall’esperimento, ha un valore di necessità matematica assolutamente irrefutabile.

24 Metodo e ricerca La consapevolezza metodologica di Galilei procede di pari passo con le sue scoperte scientifiche. Non accade cioè che egli prima elabori il metodo e poi lo applichi, ma il metodo viene consolidandosi progressivamente nel corso delle sue ricerche sulla natura, tanto che non abbiamo un testo «Sul metodo scientifico» in Galilei, ma una serie di considerazioni metodologiche sparse nei vari scritti in cui egli comunica e giustifica i risultati delle sue indagini.

25 La nuova immagine del mondo di Galilei
Le indagini galileiane portano a conclusioni rivoluzionarie rispetto alle convinzioni scientifico-naturalistiche del tempo, in armonia con le scoperte copernicane che dallo studioso italiano vengono confermate. Nel Sidereus nuncius del 1610, per esempio, grazie all’applicazione dello strumento del cannocchiale, Galilei, si accorge dell’irregolarità della superficie lunare, cosa che mina la teoria aristotelica secondo cui i corpi celesti sono fatti di una materia speciale, l’etere, diafana, regolare, perfetta, e quindi diversa dalla materia del mondo terrestre.

26 Sidereus nuncius Come la Luna ha una superficie irregolare, gli altri pianeti sono per loro natura tenebrosi, quindi sono probabilmente composti della stessa materia della Terra. Ciò appare confermato dallo studio delle fasi di Venere, condotto dal Pisano Accanto a ciò, Galilei scopre quattro satelliti di Giove (da lui chiamati «pianeti medicei») dimostrando che la Terra non è l’unico centro di moti planetari, come sosteneva Aristotele. La macchie solari, osservate da Galilei dimostrano inoltre, con il loro apparire e sparire, che i corpi celesti sono soggetti a mutamento e che quindi sono corruttibili, a differenza di quanto pensava Aristotele circa l’etere.

27 Copernico contro Aristotele
Le nuove idee di Galilei vengono approfondite nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo in cui l’Autore, mette a confronto il sistema aristotelico-tolemaico con quello copernicano, finendo per sostenere, pur con molta prudenza (una prudenza che non gli risparmierà gli attacchi del Sant’Uffizio), il secondo. Il dialogo è impostato in modo che i tre partecipanti rappresentino ciascuno una posizione cosmologica diversa. I personaggi più importanti sono Salviati (Filippo Salviati 1582 – 1614, scienziato appartenete alla nobiltà fiorentina) , portavoce delle nuove teorie copernicane e Simplicio (nome di fantasia, con un riferimento commentatore aristotelico e matematico bizantino Simplicio di Cilicia, , ma forse anche nome evocativo da un lato alla semplicità di coloro che non vogliono approfondire le dottrine tradizionali, dall’altro alla falsa semplicità delle osservazioni naturalistiche basate sui soli sensi) difensore della tradizione. A mediare tra i due vi è Sagredo (Giovan Francesco Sagredo, 1571 – 1620, nobile veneziano, medio intenditore di scienze), il quale ha la funzione di rappresentare il lettore-tipo del dialogo, le sue domande e le sue curiosità.

28 Lo sviluppo del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
Il Dialogo si sviluppa in quattro giornate. Nella prima si delineano le posizioni in campo (Copernico e Aristotele) e si comincia a criticare la distinzione aristotelica tra mondo terrestre e celeste. Nella seconda si tratta del moto di rotazione giornaliera della Terra sul proprio asse, e si dimostra in base al principio della relatività del moto – secondo il quale in un ambiente che si muove di moto uniforme, e in cui tutti i corpi sono solidali con il moto uniforme dell’ambiente, i corpi si comportano come se l’ambiente fosse fermo – che tale movimento avviene, malgrado le persone al suo interno non l’avvertano (per esempio non avvertono il «vento» che si percepisce quando ci si sposta, o non vedono che i corpi in caduta giungono a terra spostati rispetto alla perpendicolare). Ovviamente anche questa dimostrazione va nella direzione contraria alle idee di Aristotele, secondo cui la Terra era immobile al centro dell’universo.

29 Il Dialogo 2 Nella terza giornata si discute del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole, cominciando a citare come sostegno dell’ipotesi il fenomeno delle maree. Anche tale idea, introdotta originariamente da Copernico, sconfessa la dottrina aristotelico-tolemaica secondo cui il Sole ruotava intorno alla Terra e non viceversa. Nella quarta giornata si cerca di sostenere che la dinamica delle maree è dovuta alla combinazione dei moti di rotazione e di rivoluzione della Terra.

30 La nuova fisica Ovviamente se bisogna abbandonare la cosmologia aristotelica, è necessario riformulare anche la fisica che fondava il discorso cosmologico. In particolare viene meno con Galileo la dottrina dei luoghi naturali e dei cinque elementi, quattro sublunari e uno celeste, costitutivi dell’universo. I luoghi naturali spiegavano il moto dei corpi e la loro direzione: secondo Aristotele proprio perché il luogo naturale della Terra, data la sua composizione appunto terrestre, è il basso, essa è al centro dell’universo e le sfere dei pianeti girano attorno… e proprio perché è nel suo luogo naturale la Terra è ferma.

31 Il luogo e il vuoto Con il concetto di luogo naturale cade anche quello di luogo come terminus primus continentis immobilis, cioè come primo contenente immobile di ciò che è contenuto. Al posto del luogo-contenitore che presuppone sempre un contenuto e che semplicemente situa il contenuto senza differenziarsi da esso, si impone l’idea di luogo come spazio vuoto in cui si muovono i corpi.

32 I Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
In particolare nei Discorsi viene criticata l’impossibilità aristotelica del vuoto, adombrando una soluzione atomistica per quanto riguarda la costituzione della materia. Questo attiene alla nuova scienza che egli chiama statica. La possibilità del vuoto è la condizione «ideale» che permette di sperimentare la caduta dei gravi constatando che la loro velocità non dipende dalla massa ma è costante per ogni corpo.

33 I Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze 2
Nella seconda parte del testo Galilei parla della dinamica, cioè specificamente dello studio dei moti uniforme e uniformemente accelerato o ritardato, giungendo ad una prima formulazione del principio d’inerzia secondo cui un corpo permane nel suo stato di moto o di quiete fino a quando non intervenga una qualche forza a modificarlo.

34 L’inizio della scienza moderna
Tutto ciò costituisce un passo decisivo in direzione della specializzazione della scienza e della sua consapevolezza che Newton porterà poi alla sua compiutezza classica, quale ancora si studia nelle scuole. Tale sviluppo non è stato, nel caso galileiano, privo di difficoltà, come si è visto, con la Chiesa cattolica.

35 Scienza e fede: la questione
Il problema dello scontro tra le nuove dottrine copernicane e galileiane e la fede è da ritrovarsi nell’enorme sforzo compiuto dalla riflessione cristiana per dimostrare, in origine, la compatibilità della nuova fede con il sapere elaborato dai filosofi greci e latini. Questo sforzo di dare una dignità filosofica al cristianesimo, dimostrando la sua razionalità, aveva comportato l’assunzione entro una medesima immagine del mondo non solo della metafisica, ma anche della fisica greca, cioè della sua «scienza naturale».

36 Scienza e fede: la questione 2
L’itinerario per dimostrare la piena compatibilità della ragione con la fede si era concluso dunque con un esito positivo ma era anche andato al di là di quanto strettamente necessario. Ciò significa che non solo si era riusciti a esibire l’armonia tra la concezione metafisica del mondo propria dei greci e dei cristiani, relativamente cioè al senso complessivo della realtà e alla necessità di un suo fondamento ultimo che fosse all’origine dell’armonia, bellezza, ordine delle cose, ma si era giunti fino ad acquisire le conclusioni della scienza fisica nei suoi particolari come se fosse essa stessa parte integrante e indispensabile di una visione cristiana delle cose.

37 Scienza e fede: la questione 3
Per tale motivo nel crollo del sistema della fisica aristotelica si è potuto vedere il crollo dell’immagine del mondo cristiana. Per questa ragione un uomo come Giovanni Calvino può affermare: «Chi avrà l’ardire di anteporre la dottrina di Copernico a quella dello Spirito Santo?» e un raffinato intellettuale come Roberto Bellarmino, che conosceva Galilei e non era insensibile agli stimoli intellettuali della scienza dice: «Consideri hora lei, se la Chiesa può sopportare che si dia alle Scritture (accettando le dottrine copernicane, n.d.r.) un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci et latini».

38 La soluzione galileiana
Anche per Galilei, che era sinceramente cattolico, il problema non è di poco conto. Il suo tentativo di soluzione è quello di mantenere come veri e corrispondenti alla realtà delle cose i risultati della nuova scienza fisica, ma di separare gli ambiti di interesse. La Bibbia non è un trattato di astronomia, dice Galilei: gli autori della Scrittura non hanno mai preteso di insegnare la costituzione dei cieli e i movimenti delle stelle. Quando ne hanno parlato, lo hanno fatto dando alle parole una finalità didattica, ossia scopi morali o soteriologici, non una finalità descrittiva dei fenomeni fisici, per i quali Dio ha dato all’uomo l’ingegno e la voglia di ricercare. Ciò vale per qualsiasi altra scienza dei fenomeni naturali.

39 La soluzione galileiana2
Insomma la Bibbia ci ha spiegato COME si vada in cielo, non il modo in cui il cielo (materiale) sia fatto e quali leggi lo regolino. Anche perché essa mai sarebbe «entrata in un dibattito scientifico», laddove le proposizioni possono essere contraddette da nuove esperienze, mentre nel campo proprio della Bibbia, cioè la salvezza dell’uomo, non vi è possibilità che le sue affermazioni siano mai falsificate. Per tale motivo le affermazioni cosiddette scientifiche della Bibbia vanno interpretate in senso figurato, a causa del fatto che il linguaggio biblico utilizza a volte per farsi capire dai popoli non acculturati, cognizioni del loro senso comune molto lontane dai risultati di una ricerca rigorosa sulla realtà. E il senso figurato ritrova dietro le immagini «scientifiche» della Bibbia il loro significato morale o salvifico, nel quale risiede l’intenzione ultima dell’autore sacro. Dunque la Bibbia non è strumento con cui valutare la scienza, ma per mezzo del quale giungere a salvezza, dimodoché le affermazioni scientifiche risultano indifferenti alla sua autorità.

40 La soluzione galileiana 3
Pertanto Galilei stabilisce l’autonomia della scienza dalla fede, separando quegli ambiti che lo sforzo riflessivo medievale aveva indebitamente unito. In tal maniera egli può affermare la verità di entrambe: verità della scienza nel descrivere i fenomeni secondo un metodo matematico; verità della Scrittura per indicare all’uomo la via per la salvezza.

41 La soluzione di Bellarmino
Diversa è la soluzione proposta da Bellarmino. Egli riprende quanto l’intellettuale protestante Osiander aveva scritto nella prefazione del De revolutionibus orbium caelestium di Copernico, sostenendo che si possa benissimo dire che il sole è al centro e la Terra gira intorno al fine di «salvare le apparenze meglio che con il porre gli eccentrici et epicicli», ma che tale parlare può essere solo ex suppositione e non deve affermare che le cose stiano esattamente così. Io posso supporre che, con un determinato modello scientifico-matematico, la descrizione dei moti dei pianeti funzioni meglio, ma mi rivolgerei contro i Padri e le Scritture se sostenessi l’opinione che questa fosse la vera e assoluta rappresentazione dei fenomeni «reali», cioè realmente esistenti nella natura creata da Dio. Dunque lo scienziato «copernicano» deve parlare «come se» le cose stessero nel modo da lui descritto, lasciando invece alle Scritture e alla filosofia classica che le interpreta il compito di indicare la vera realtà delle cose. Tale impostazione è stata chiamata strumentalistica.

42 Strumentalismo o realismo
Per strumentalismo si intende una dottrina che ritiene le teorie scientifiche modelli strumentali per rappresentare il mondo in modo da poterne prevedere i fenomeni e calcolarne l’andamento, senza la pretesa di dire come i fenomeni veramente funzionino e che cosa essi siano. Lo strumentalismo di Bellarmino si scontra con il realismo di Galilei che, malgrado abbia prudentemente adombrato un’ipotesi strumentalistica su consiglio dei revisori del suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, sempre ha fatto capire, nel corso delle sue ricerche, che egli si affidava ai loro risultati come ad una verità reale sulle cose, e non come ad un modello interpretativo più agile e funzionale. “lo strumentalismo (moderno, n.d.r.) ritiene che le leggi scientifiche siano regole o ‘macchine’ per fare inferenze […]. Per fare un esempio, la legge ‘tutti i cigni sono bianchi’ viene tradotta dallo strumentalismo nella seguente regola materiale per fare inferenze: ‘Se A è un cigno, allora sei autorizzato a inferire che A è bianco’, la quale non è né vera né falsa, ma più o meno utile a fare previsioni” P. Barrotta, sv Strumentalismo in: Enciclopedia filosofica, Bompiani, 2006, p

43 Modernità dello strumentalismo
Nel corso dello sviluppo della scienza si è tuttavia giunti alla consapevolezza che i vari e sempre più numerosi modelli di interpretazione della realtà fenomenica da essa offerti non potevano sempre essere decisi in modo sicuro da esperimenti che confermassero definitivamente un modello piuttosto che l’altro. La soluzione molto spesso poteva venire da altre suggestioni come la funzionalità, semplicità, eleganza, applicabilità tecnica di una teoria, piuttosto che dalla sua aderenza alla realtà. Questi ultimi fattori, insieme talvolta anche agli interessi sociali, economici, politici ruotanti attorno alla scienza hanno pesato molto nella scelta di una teoria scientifica piuttosto che di un’altra. Per tale motivo nel Novecento si è proposta anche la soluzione strumentalistica come una possibilità di capire quale fosse il criterio che doveva usare la scienza per progredire: la dottrina che meglio funzionava, che appariva più coerente e convincente, e soprattutto più capace di fare previsioni e più utile agli copi dell’uomo, doveva essere scelta, senza interessarsi necessariamente alla sua verità (qualcuno dice: “Lasciando la questione della verità nelle mani di chi, filosofo o teologo che sia, ha tradizionalmente maggiore dimestichezza con il concetto”).


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