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Statistica elaborare informazioni: come e soprattutto perché alessandro polli facoltà di scienze politiche, sociologia, comunicazione 2 marzo 2015.

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1 statistica elaborare informazioni: come e soprattutto perché alessandro polli facoltà di scienze politiche, sociologia, comunicazione 2 marzo 2015

2 L'informazione non è fatta solo di notizie. È la struttura del mondo reale C'è un modo pratico per classificare le informazioni: Un'impronta digitale sulla scena di un delitto ci può dire chi è l'assassino (informazione su qualcosa), può essere utile per risolvere il caso (per qualcosa) e può svelare la dinamica dell'omicidio (come è stato commesso) Le informazioni possono essere Su Per Come qualcosa Luciano Floridi (2010), Information. A very short introduction, Oxford University Press

3 Ma allora, che cos'è l'informazione? L’informazione è una componente essenziale di tutto ciò che esiste: è il mezzo attraverso il quale entriamo in contatto con la realtà esterna «L'informazione ha un duplice aspetto. Può essere una componente interna delle cose o essere una descrizione generale di una data tipologia di cose» [Floridi, cit.] Esempio Ipotizziamo un oggetto (una t-shirt) esposto in una vetrina: dà informazioni sul suo colore, sulla sua consistenza, sulle finiture di quell'oggetto e, se lo compro, avrò proprio quello. La stessa t-shirt in vendita nel Web: sul catalogo troviamo informazioni generali, ma non su qualità come la consistenza del singolo esemplare. E se la si compra non è proprio quella della foto: solo una con le stesse caratteristiche

4 Una definizione in termini di processo di comunicazione Informazione è un termine che ricorre spesso nel linguaggio di tutti i giorni, ma non si presta a definizioni univoche Il principale ostacolo in tal senso nasce dal fatto che questo termine è utilizzato nei contesti più vari Una descrizione precisa dei fenomeni in cui interviene il concetto di informazione deve quindi essere preceduta da un'analisi dei fenomeni stessi, al fine di individuarne le principali caratteristiche

5 Il processo di comunicazione Il processo di comunicazione è uno schema interattivo tra 1.Una sorgente che ha la necessità o la potenzialità di comunicare informazioni 2.Un canale (mezzo di trasmissione, media), attraverso cui il messaggio si propaga e si diffonde 3.Un destinatario che riceve le informazioni

6 Il processo di comunicazione Lo schema può essere reso più completo: 1.La sorgente emette l’informazione utilizzando un trasmettitore 2.Prima di inviare un messaggio lungo il canale, il trasmettitore traduce l’informazione in forma adatta alla trasmissione. La traduzione dell’informazione da parte del trasmettitore può essere fatta in modo tale da: A.proteggere l'informazione trasmessa (problema della criptatura) B.adeguare il linguaggio usato dalla sorgente al linguaggio del destinatario 3.Il canale provvede al trasporto dell’informazione. In base alle proprie caratteristiche fisiche il canale può trasportare una quantità di informazione più o meno grande. Mentre viaggia all'interno del canale, l'informazione è sottoposta ad una serie di fenomeni, indicati dal termine rumore, che tendono a distorcerla 4.Il messaggio giunge al ricevitore, che svolge le operazioni inverse a quelle svolte dal trasmettitore e ritraduce il messaggio 5.Il messaggio giunge al destinatario. Non sempre il messaggio in arrivo è uguale a quello inviato originariamente

7 Il processo di comunicazione All’interno di un processo di comunicazione, l’informazione è una notizia (cioè un elemento cognitivo nuovo per il ricevente e in quanto tale suscettibile di risolvere una condizione di incertezza) codificata come testo scritto, discorso, sistema convenzionale di segni, dato numerico, codice binario (bit) In generale l’informazione è una sequenza di simboli: la sorgente di un processo è una qualunque entità che può trasmettere informazioni sotto forma di sequenze di simboli Il canale è il mezzo attraverso il quale è trasmessa l'informazione La caratteristica propria del canale è il fatto di produrre rumore (o distorsione, o errore), una caratteristica presente in tutti i processi di comunicazione

8 L’approccio in termini cognitivi L’approccio cognitivo enfatizza le relazioni tra la realtà fenomenica e la sua interpretazione da parte di un agente. Una teoria diffusa nell’ambito delle scienze cognitive è il c.d. modello input/output: Realtà Informazione Input Agente Teoria Controllo Output Congettura

9 Fenomeno/fatto/fenomenologia L’uso scientifico del termine fenomeno fa riferimento ad avvenimenti ed eventi che accadono intorno a noi (nel tempo e nello spazio) e che siamo in grado di osservare I «fenomeni» pertanto sono logicamente distinti dagli «oggetti» che pure si trovano intorno a noi, ma che mantengono nel tempo e nello spazio una sostanziale identità La definizione di fenomeno implica quindi un qualche tipo di mutamento di stato nel tempo e/o nello spazio

10 Fenomeno/fatto/fenomenologia Una parola spesso utilizzata come sinonimo di fenomeno è fatto Tuttavia l’uso di quest’ultimo termine è limitato a un singolo evento, mentre il fenomeno indica un insieme di fatti in qualche modo collegati tra loro Esempio: un crollo di borsa è un fatto economico; i corsi azionari, le operazioni di mercato, la produzione industriale sono fenomeni economici In alcuni casi il collegamento tra fatti può essere stabilito in maniera agevole e intuitiva attraverso l’osservazione. In altri casi l’individuazione del legame può richiedere il passaggio dall’osservazione all’esperimento

11 Fenomeno/fatto/fenomenologia Con il termine fenomenologia indichiamo un insieme di fatti e fenomeni posti convenzionalmente in relazione Il mondo «reale» è caratterizzato dall’esistenza di oggetti e dal verificarsi di processi, mutamenti, fatti e fenomeni Le caratteristiche di «realtà» di tali elementi sono definite in base a convenzioni, cioè ad accordi intersoggettivi tra osservatori L’attribuzione al fenomeno di qualificazioni quali «fisico», «biologico», «economico» implica sempre il riconoscimento di un contesto, di caratteristiche comuni e, talvolta, l’esistenza di una descrizione scientifica

12 Dall’osservazione alla descrizione, dalla descrizione alla teoria Nella vita di tutti i giorni siamo soliti descrivere i fenomeni limitandoci ad evidenziarne le caratteristiche più evidenti Queste descrizioni possono assumere il carattere di leggi anche se sono espresse esclusivamente in forma verbale Il problema nasce dal fatto che una descrizione verbale potrebbe rivelarsi inadeguata in presenza di concatenazioni di eventi particolarmente complesse, tanto da rendere impossibili previsioni accurate In questi casi è necessario definire meglio il fenomeno indicando le grandezze suscettibili di misurazione e che ne determinano l’evoluzione

13 Dall’osservazione alla descrizione, dalla descrizione alla teoria I fenomeni possono essere descritti in forma parzialmente unificata attraverso leggi empiriche, cioè relazioni tra le grandezze che ne influenzano manifestazioni e dinamica Il problema centrale nella descrizione scientifica di un fenomeno risiede quindi nella definizione e misurazione di tali grandezze, che prendono il nome di variabili È importante notare che la descrizione di un fenomeno attraverso leggi empiriche, fornendo indicazioni sulle sue modalità di manifestazione, potrebbe consentirci di formulare qualche tipo di previsione anche per fenomeni simili

14 Dall’osservazione alla descrizione, dalla descrizione alla teoria Una più ampia capacità predittiva si ha tuttavia se più fenomeni possono essere inquadrati in uno stesso schema teorico. Una teoria, a differenza di una legge empirica, definisce un mondo ideale che rappresenta il modello per descrivere e spiegare i fenomeni osservati In altri termini si elabora uno schema teorico per comprendere perché il fenomeno ha luogo e perché si manifesta nel modo osservato empiricamente

15 Dall’osservazione alla descrizione, dalla descrizione alla teoria Gli schemi teorici sono generalmente espressi in forma di relazioni funzionali tra variabili, il che rende necessaria l’adozione di una notazione logico-matematica Se il nostro obiettivo è verificarne la capacità esplicativa e l’applicabilità nel mondo reale, tuttavia, prima o poi saremo obbligati a “riportare la vita” nei nostri (più o meno) sofisticati schemi teorici e sostituire quantità numeriche alle variabili matematiche

16 Dall’osservazione alla descrizione, dalla descrizione alla teoria Questo passaggio dall’astrazione teorica alla realtà non è immediato come potrebbe sembrare L’analisi di situazioni concrete richiede che queste ultime possano essere individuate, definite e misurate Possiamo svolgere queste operazioni su un fenomeno considerato nella sua globalità o, più spesso, su un sottoinsieme ristretto di sue manifestazioni, spesso individuate tramite procedure di campionamento Va notato che a differenza delle scienze sperimentali, in cui l’esperimento può entro certi limiti essere ripetuto, nelle scienze sociali la possibilità di effettuare esperimenti in condizioni di laboratorio rappresenta un’eccezione e non la regola

17 Organizzare e analizzare le informazioni Formulare congetture, teorie, previsioni sul mondo circostante è un’attività abituale dell’essere umano e non è confinata agli operatori della conoscenza L’essere umano è posto nella necessità di interpretare fatti e fenomeni e risalire a concatenazione casuali che possono essere molto complesse In tale attività conoscitiva assume centralità il processo di organizzazione e analisi delle informazioni raccolte L’organizzazione e l’analisi delle informazioni è uno degli obiettivi delle discipline statistiche

18 Breve storia delle discipline statistiche La statistica nella sua evoluzione non si discosta dal percorso di altre discipline scientifiche: nasce come attività pratica, indirizzata alla soluzione di problemi concreti e contingenti, per poi sistematizzarsi in una successiva fase metologica In quanto disciplina scientifica, la statistica è relativamente recente: le prime attività ad essa riconducibili risalgono al XVII secolo e furono favorite dal grande sviluppo delle discipline matematiche e del c.d. metodo scientifico

19 La pratica statistica nell’antichità La pratica statistica si è sviluppata in epoche lontane. Ancora prima che si evolvesse la scrittura, l’uomo incideva tacche al fine di contare uomini, prodotti della caccia, animali allevati (cioè forme elementari di censimento e di inventario) Tali attività possono essere considerate le prime rudimentali statistiche (intese come descrizione quantitativa di fenomeni di interesse), nate dalla necessità di conoscere gli elementi rilevanti dell’habitat esterno all’osservatore

20 La pratica statistica nell’antichità Tracce di tali attività originarie sono evidenti nei sistemi numerici in uso nell’antichità:

21 La pratica statistica nell’antichità Con l’affermazione delle prime grandi civiltà (cinese, babilonese, egizia) nasce l’esigenza di raccogliere informazioni e sintetizzarle attraverso semplici elaborazioni statistiche La finalità prevalente delle rilevazioni pratiche è sempre stata quella di reperire dati ed elementi per consentire il miglior governo della cosa pubblica. In particolare, l’obiettivo di tali rilevazioni era costituito dalla raccolta di informazioni su la popolazione nel suo complesso; gli uomini idonei alle armi; la determinazione del gettito delle imposte; la ripartizione della proprietà terriera

22 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Cina. L’impero cinese era caratterizzato da una popolazione numerosa e da un vasto territorio. Era quindi fondamentale, per i suoi governanti, conoscere la numerosità dei sudditi e l’estensione dell’impero La fonte documentale di tali attività è uno dei testi sacri del confucianesimo, lo Shu-King, che narra come, nel 2200 a.C., dopo una grave inondazione, il ministro Yu dell’imperatore Yao, per conoscere i confini dell’impero e per richiedere i tributi: divide il territorio della Cina in 9 province; ne misura l’estensione; individua le produzioni economicamente rilevanti; censisce la popolazione, classificandola per attività e mestieri esercitati Successivamente si ha notizia di censimenti attuati circa ogni tre anni e, durante l’epoca Ming (1368-1644), ogni dieci anni

23 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità India. Informazioni sulle pratiche statistiche realizzate in India si ricavano dal Darmasastra, il codice civile e religioso compilato da Manu nel 1200 a.C. Questo testo illustra le regole che «da tempo immemorabile riguardano la condotta dei Principi», cioè quei principi di amministrazione del territorio che presuppongono, da parte del sovrano, la conoscenza dei principali elementi della vita economica della regione Le rilevazioni, attuate secondo regole indicate dal testo stesso, consentivano la disciplina delle industrie e dei commerci da parte dell’autorità statale

24 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Antico Egitto. Le notizie che abbiamo sulle attività statistiche nell’antico Egitto sono per lo più di fonte greca e latina (Erodoto, Diodoro,Tacito) Da tali autori apprendiamo che a partire dal 3000 a.C. si realizzarono censimenti della popolazione per motivi fiscali, militari ma anche per sapere quanta manodopera era disponibile per realizzare opere pubbliche Gli Egizi attribuirono l’esecuzione di operazioni statistiche a Sefchet (o Safhkit o Sashet), la dea dei libri e dei conti

25 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Mesopotamia. Presso i Sumeri sono state ritrovate tavolette di argilla in cui sono riportate liste di uomini e di beni, quasi sicuramente compilate a fini fiscali e risalenti al IV–III millennio a.C. Tali rilevazioni scritte sono fino ad oggi le più antiche in nostro possesso In Assiria, nella biblioteca del re Assurbanipal, erano custoditi documenti statistici sulle gerarchie degli ufficiali amministrativi, sulle province dell’impero e sulle principali produzioni di beni

26 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Ebrei. L’unica fonte documentale è la Bibbia (Esodo 12,37) Narra del censimento degli uomini che partirono dall’Egitto e quello ad un anno da tale partenza. Questo censimento fu attuato da Mosè e da Aronne che utilizzarono l’esperienza acquisita alla corte del faraone (Numeri 1, 1-4) Riporta le modalità di tale rilevazione, i nomi dei rilevatori e gli esiti. Furono così censiti 603.550 uomini corrispondenti ad una popolazione di circa 2.000.000 di persone (Numeri 26, 51) Alla fine dei quarant’anni nel deserto la popolazione fu nuovamente contata, e si trovò un totale di 601.730 uomini. Tale censimento fu compiuto al fine di individuare i soldati disponibili per la guerra volta alla conquista del territorio d’Israele (Samuele 24 1ss.) Racconta il censimento voluto dal re Davide

27 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Antica Grecia. Si ha notizia del censimento di Solone, in relazione alla riforma fiscale legata alla proprietà della terra e, in particolare, all’esigenza di stilare una lista degli elettori basata sul valore della terra da loro posseduta Tucidide applica semplici metodi statistici (in particolare la media aritmetica) per risolvere alcuni semplici problemi di stima. Lo stesso storico mette poi in guardia i lettori contro i dati riportati da Erodoto e Omero, che ritiene poco attendibili Gli ateniesi applicarono un sistema per rilevare nascite e morti: i parenti avevano l’obbligo di offrire alla sacerdotessa di Minerva una misura d’orzo (nel caso di nascita), una di frumento (in caso di morte) ed un obolo in occasione di ogni nascita e di ogni morte. Il conteggio di tali oboli consentiva quindi di risalire al numero dei nati e dei morti

28 Breve excursus delle rilevazioni statistiche svolte nell’antichità Antica Roma. La società romana era organizzata su basi censitarie. I cittadini erano così registrati congiuntamente ai loro beni nel «census», la radice latina del termine «censimento» La raccolta amministrativa di informazioni a Roma era basata sulla rilevazione congiunta dei cittadini e dei loro beni Ogni cittadino doveva dichiarare allo Stato il proprio nome e il patronimico; i nomi della moglie e dei figli; l’entità dei propri beni Tali dichiarazione erano in seguito registrate (censite) dall’amministrazione statale. Tali registri servivano poi alla ripartizione delle imposte. A tale compito erano preposti due «censores» - istituiti nel 443 a.C. - i più importanti magistrati romani dopo i consoli

29 Le rilevazioni statistiche dal Medioevo al Rinascimento Impero carolingio. Carlo Magno (808) istituisce nei possedimenti sottoposti alla sua autorità il breviarium fiscalium per rilevare e aggiornare l’entità e il valore delle terre poste sotto autorità imperiale; I benefici della chiesa; I benefici dei feudatari Inventari dei latifondi regi e delle grandi proprietà terriere private furono poi ordinati da Carlo il Grosso e da Lodovico il Germanico. Gli organismi ecclesiastici quali abbazie e monasteri attivarono un «registro dei beni» comprendente il numero degli abitanti e dei terreni ad essi soggetti, per determinare le decime

30 Le rilevazioni statistiche dal Medioevo al Rinascimento Inghilterra. In Inghilterra il re normanno Guglielmo il Conquistatore costituisce il Doomsday-book o Domesday (1083-86) che descrive le terre, il loro valore, il prezzo degli affitti ed i relativi proprietari; il numero dei servi sassoni; i mulini, gli stagni; gli alveari, gli aratri, il bestiame Da notare che il nome sassone domes daeg significa sia il giorno dell’udienza, sia il giorno del giudizio

31 Le rilevazioni statistiche dal Medioevo al Rinascimento Arabi. Nel periodo della loro espansione in Spagna svolsero molte rilevazioni statistiche. Nel 702 d.C. il governatore di Cordova inviò al Califfo d’Africa una descrizione particolareggiata della geografia della Spagna; del numero degli abitanti; delle fabbriche, degli operai; dei libri nelle biblioteche; dell’ammontare delle rendite

32 Le rilevazioni statistiche dal Medioevo al Rinascimento Repubblica di Venezia. La Repubblica Veneta tenta di organizzare le informazioni necessarie al governo del territorio sin dai suoi primordi. Nel 978 la Repubblica stila un elenco delle persone soggette al pagamento delle tasse e, nel 1171, una lista dei cittadini creditori verso lo stato (catasticus) Nel XII secolo è istituito il registro dei forestieri e degli iscritti alle corporazioni Nel 1311 si svolge il censimento di Corone e Modone, città soggette al dominio di Venezia, che costituisce il primo modello di rilevazione diretta, nominativa e universale Nel 1440 il Consiglio dei Dieci istituisce un piano di rilevazione che può essere considerato il primo censimento moderno della popolazione, distinta per età, sesso, professione, condizione sociale e nazionalità

33 Le rilevazioni statistiche dal Medioevo al Rinascimento Le rilevazioni parrocchiali. Sul finire del 1400 si diffuse l’uso di compilare «tavole genetliache» in cui venivano iscritti i nomi di tutti i battezzati, dei loro genitori e dei padrini sia in Italia sia in Francia; furono pure introdotti i “registri mortuari” nei quali venivano registrate le persone decedute Il Concilio di Trento (1565) accoglie questa pratica ed obbliga i parroci alla tenuta dei registri dei battesimi, dei matrimoni e delle morti Anche la neonata Chiesa Anglicana, su ordine del cancelliere Thomas Cromwell, impone ai suoi parroci, quasi contemporaneamente alla chiesa cattolica, l’obbligo di svolgere tali rilevazioni

34 La nascita della statistica come metodologia L’evoluzione delle scienze dopo Galileo coinvolge anche le rilevazioni pratiche delle informazioni, che si avviano a diventare statistiche vere e proprie. Difatti quando un’attività pratica diventa sempre più complessa e frequente sorge la necessità di stabilire un metodo per la sua realizzazione. La ricerca di un metodo proprio per la Statistica perseguì due scopi: dare basi scientifiche alle indagini e alle rilevazioni per garantirne l’affidabilità (la verosimiglianza) sintetizzare in modo appropriato un insieme di dati per identificare e leggere le caratteristiche del collettivo osservato

35 La nascita della statistica come metodologia Nel XVII secolo non ci si limita più ad osservare dati di per sé “statici”, a fare cioè pura e semplice contabilità, ma si inizia ad analizzare i dati Da attività di conteggio, enumerazione ed anche di calcolo di semplici medie su rilevazioni svolte per gli scopi più diversi, considerabili ancora ambito dell’Aritmetica, si passa all’osservazione di proprietà di un insieme di dati, del quale si cerca di studiarne i seguenti aspetti: la possibilità di sintesi delle osservazioni attraverso il calcolo di medie; la variabilità dei dati rispetto alla media; la dipendenza/indipendenza di due caratteri Questo passaggio segna l’origine una nuova disciplina che verrà successivamente denominata «statistica»

36 I precursori: John Graunt e William Petty La nascita della statistica metodologica è attribuita a John Graunt (1620-1674) Commerciante di tessuti nominato capitano delle milizie civiche e socio della Royal Society di Londra, Graunt pubblicò nel 1662 la memoria «Osservazioni naturali e politiche elencate nell’indice seguente ed eseguite sui bollettini della mortalità, dal capitano John Graunt, cittadino di Londra, con riferimento al governo, alla religione, al commercio, allo sviluppo, al clima, alle malattie e ai vari mutamenti della città di Londra»

37 I precursori: John Graunt e William Petty Graunt utilizzò i dati pubblicati settimanalmente, e di solito letti o per pura curiosità o per prevedere il sorgere di un’epidemia in città, e quindi prendere le debite contromisure quali quella di rifugiarsi nelle campagne Il scopo di Graunt era quello di ricavare da queste tavole regolarità scientifiche, quali l’inurbamento della popolazione contadina, il legame tra suicidio e professione, l’eccedenza delle nascite tra i due sessi L’innovazione di Graunt consiste nell’utilizzare nelle scienze sociali oggetto dei suoi studi, metodi logici e tecnici di tipo naturalistico, classificatorio ed induttivo che costituiscono il primo abbozzo scientifico della Statistica modernamente intesa Amico di Graunt e continuatore della sua opera fu William Petty (1623-1687) che con gli stessi metodi calcolò la popolazione di città come Londra e Dublino, la sua crescita, la distribuzione uomini/donne, la valutazione di beni e merci, nonché la prima stima del reddito nazionale inglese e francese

38 L’aritmetica politica L’indirizzo di studi nato da Graunt e Petty fu denominato «Aritmetica Politica», cioè «l’arte del ragionare per mezzo di cifre sulle cose aventi attinenza col Governo» e fu caratterizzato dall’utilizzo del metodo empirico induttivo, proprio delle scienze naturali, matematizzando i dati dell’esperienza Altri esponenti dell’aritmetica politica furono L. Huygens (1692-1695), de Witt e Jan Hudde che fecero studi sulla valutazione delle rendite sulle tavole di mortalità, speranza di vita, curva di mortalità. Anche Leibniz attuò ricerche sulla vita media, vita probabile, popolazione stazionaria, calcolo della fecondità.

39 L’aritmetica politica L’astronomo inglese Edmond Halley (1656-1742) raccolse le tabelle di mortalità della città di Breslavia per regolare il valore delle assicurazioni sulla vita, fondando così la matematica assicurativa. Il suo metodo fu corretto da Leonardo Eulero in modo tale da tener conto dell’eccesso delle nascite sulle morti Tra i fondatori della statistica ricordiamo anche Abraham De Moivre (1667- 1754): matematico francese ugonotto, costretto all’esilio in Inghilterra, sviluppa il calcolo della probabilità per sbarcare il lunario, consigliando i giocatori d’azzardo inglesi. De Moivre pubblicò nel novembre 1733 un saggio sulla distribuzione binomiale e sulla transizione concettuale delle colonne dell’istogramma alla curva continua e formulò l’equazione della curva normale

40 Nasce il termine «statistica» Corning (1660-1681), professore di diritto pubblico a Gottinga, tenne un ciclo di lezioni nelle quali descrisse ed esaminò le “cose notevoli” di uno stato (senza dati quantitativi) e denomina la disciplina elaborata in tali corsi come Notitia rerum publicarum o Staatskunde Achenwell (1719-1772), anch’egli professore a Gottinga, diede una struttura più organica alla disciplina iniziata da Corning definendo che “la conoscenza dello Stato” di cui si occupa la nuova disciplina è quella della sua costituzione nel presente. Tale disciplina prese il nome di Statistica universitaria La Statistica Universitaria si configurava come descrizione, per lo più qualitativa, dei fenomeni oggetto di studio: non era ancora volta alla ricerca di leggi in grado di spiegare i fenomeni descritti

41 La statistica come disciplina autonoma La Statistica nasce dalla confluenza della statistica universitaria tedesca e dell’aritmetica politica inglese A queste si aggiungono i contributi della corrente francese tramite lo sviluppo del calcolo delle probabilità ad opera di Pascal e Fermat e l’opera dell’architetto militare Vauban (1633-1707) che caldeggiò l’istituzione di statistiche ufficiali e la necessità dei censimenti, svolti tramite un’articolata modulistica Gli strumenti concettuali e materiali che favorirono la nascita della statistica furono la geometria analitica e l’analisi matematica, il calcolo delle probabilità, il calcolo dei logaritmi e lo sviluppo delle prime macchine calcolatrici, da quella di Pascal (1642) - che meccanizzava solo addizione e sottrazione - a quelle di Morland (1625-1695) e Leibniz che erano in grado di eseguire anche la moltiplicazione

42 Gli albori della statistica induttiva Un posto a parte nella storia della statistica è occupato da Thomas Bayes (1702-1761), uno dei precursori della statistica induttiva (o inferenziale) e della teoria del campionamento Nel suo saggio «Essay towards solving a Problem in the doctrine of chances» (uscito postumo nel 1764) Bayes si preoccupò di stabilire una concordanza tra le ipotesi enunciate a priori e le esperienze successive ed in particolare di come queste esperienze potessero modificare l’ipotesi relativa ad una situazione. In sostanza il Teorema di Bayes modellizza la verifica dinamica di ipotesi e la loro correzione in funzione delle informazioni via via disponibili

43 La statistica nel XIX secolo La statistica si struttura come una disciplina che offre un ampio campo speculativo negli ambiti demografico, economico, matematico, attuariale Notevole per lo sviluppo di questi filoni statistici il contributo matematico di Laplace e di Gauss, legati in particolare all’uso della probabilità Ricordiamo per la demografia il contributo di Malthus (1766-1834) che imposta scientificamente i problemi, raccoglie personalmente documenti demografici ed economici ed è tra i fondatori nel 1834 della Royal Statistical Society a Londra

44 La statistica nel XIX secolo Adolphe Quételet (1796-1864). Matematico ed astronomo belga, è considerato da molti il fondatore della Statistica moderna. Egli si occupò di calcolo delle probabilità e ne ricercò l’applicazione nel campo dei fenomeni sociali Nel 1846 Quételet pubblicò le «Lettres sur la théorie des probabilités appliquée aux sciences morales et politiques», dove illustra come, in una popolazione omogenea, i caratteri dei singoli individui si distribuiscano secondo una curva, avente ordinate proporzionali ai successivi termini dello sviluppo del binomio di Newton

45 La statistica nel XIX secolo Già nel 1835 Quételet aveva formulato la teoria «dell’uomo medio» che ipotizzava il tipo fisico di una popolazione ottenuto attraverso la media aritmetica dei vari caratteri fisici dei suoi componenti Quételet conclude che i caratteri umani si possono studiare con il calcolo delle probabilità e che per essi vale la legge dei minimi quadrati formulata da Gauss e Legendre per eliminare le discordanze tra le diverse misure di un fenomeno fisico Questa teoria era un’illusione che fu smentita dall’analisi sperimentale e statistica delle scienze naturali; tuttavia gli studi di Quètelet posero le basi per l’enorme sviluppo, in tutti i campi del sapere, della statistica

46 La statistica nel XIX secolo Francis Galton (1822-1911). Biologo (e cugino di C.Darwin), criminologo (propose la registrazione delle impronte digitali per individuare i delinquenti fuggiti o recidivi) ed esploratore africano, propugnò l’introduzione di metodi quantitativi in biologia, progettando scale di misurazione per tutte le caratteristiche fisiche Si occupò anche di meteorologia (suo è il termine “anticiclone” per indicare una zona di alta pressione) Nei suoi saggi (1886-1888), che si pongono sulla scia di Quételet, introduce la regressione lineare e la correlazione

47 La statistica nel XIX secolo Karl Pearson (1875-1936). Formula l’equazione della legge normale multidimensionale, scopre la correlazione parziale, il test del χ² e il metodo di costruzione di stimatori campionari noto come metodo della massima verosomiglianza Pearson si rende conto che esistono fenomeni che non si distribuiscono affatto secondo la legge «normale» e pone le basi per il loro studio Inoltre prende coscienza che se anche due variabili naturali si comportano secondo una data funzione, ciò non prova affatto che vi sia un legame effettivo che spieghi i relativi fenomeni

48 La statistica nel XIX secolo La statistica, che agli inizi del XIX secolo si occupava ancora della raccolta e della sistemazione dei «fatti illustranti la condizione e le risorse dello stato», nella prima metà del secolo amplia il proprio ambito analizzando la condizione della popolazione, in particolare negli aspetti riguardanti la povertà, il crimine e l’educazione Verso la fine del secolo si strutturò come analisi e studio di fenomeni dotati di variabilità attinenti a qualsiasi campo del sapere (botanica, agricoltura, zoologia, medicina, fisica). Ciò avvenne grazie al fecondo periodo di studi iniziato da Quételet e dagli altri studiosi che furono influenzati dal suo approccio

49 La statistica entra nel «secolo breve» Alla fine del XIX secolo si impone un nuovo indirizzo statistico, noto come inferenza statistica, che ricerca metodi per ricavare da campioni di osservazioni e da rilevazioni parziali conclusioni valide per la totalità della popolazione oggetto di studio In questi studi si distinse William S. Gosset (1876-1937). Chimico, lavorò presso la fabbrica della birra Guinness a Dublino Gosset individuò un metodo per trarre conclusioni consistenti da campioni piccoli o addirittura piccolissimi e pubblicò i suoi studi sotto lo pseudonimo Student (da cui la distribuzione nota come t di Student), non essendogli permesso di firmare lavori scientifici extraprofessionali

50 La statistica entra nel «secolo breve» Ronald A. Fisher (1890-1962). Matematico, astronomo e fisico. Ancora studente, iniziò ad occuparsi di statistica, interessandosi prevalentemente della distribuzione campionaria, della stima campionaria e della programmazione ed interpretazione degli esperimenti Riformulò la t di Student e costruì i metodi più comunemente usati per l’analisi statistica, in particolare l’analisi della varianza (ANOVA) e il piano degli esperimenti Molti sono gli statistici di questo periodo che approfondirono e precisarono gli strumenti ideati da Quételet, Galton, Pearson e Fisher, ma sarebbe troppo lungo elencarli tutti. Per chi volesse approfondire questo aspetto più propriamente tecnico rimando al testo seguente: Sthephen M. Stigler (1990), The history of Statistics. The Measurement of Uncertainty before 1900, Belknap Press

51 Il metodo statistico La statistica è l’insieme dei metodi logico-matematici per lo studio quantitativo e qualitativo di un fenomeno Tale disciplina studia i metodi attraverso i quali una realtà fenomenica può essere sintetizzata e quindi compresa attraverso: 1.La raccolta e l’analisi di informazioni 2.La traduzione delle informazioni in dati 3.La verifica di ipotesi La scienza statistica è comunemente suddivisa in due branche principali: A.statistica descrittiva B.statistica inferenziale

52 L’approccio descrittivo La statistica descrittiva è la branca della statistica che studia i criteri di rilevazione, di classificazione e di sintesi delle informazioni relative ad una popolazione oggetto di studio La statistica descrittiva raccoglie le informazioni sulla popolazione, o su una parte di essa (campione), in distribuzioni semplici o complesse (almeno due caratteri) e le descrive attraverso famiglie di indici: indici di posizione, indici di variabilità, indici di forma, rapporti statistici, relazioni statistiche I risultati ottenuti in tal modo si possono definire certi, a meno di errori di misurazione che, se dovuti al caso, in media si annullano. La statistica descrittiva ha come obiettivo quello di organizzare, riassumere e presentare i dati in modo ordinato; i suoi strumenti permettono quindi di sintetizzare i dati

53 L’approccio inferenziale Inferenza: trarre conclusioni logiche a partire dai dati osservati La statistica inferenziale ha come obiettivo quello di risalire alle caratteristiche di una popolazione incognita, oggetto di studio, dall’osservazione di un campione finito di sue manifestazioni, con una possibilità di errore predeterminata dal ricercatore Le inferenze possono riguardare il meccanismo generatore (la legge probabilistica) del fenomeno che si osserva. La conoscenza di tale struttura probabilistica permetterà poi di fare una previsione (si pensi, ad esempio, che quando si afferma che «l'inflazione il prossimo anno avrà una certa entità» ciò implica l’esistenza di un modello dell'andamento dell'inflazione formulato con tecniche inferenziali)

54 L’approccio inferenziale La statistica inferenziale è fortemente legata alla teoria della probabilità Sotto questo punto di vista descrivere in termini probabilistici o statistici un fenomeno aleatorio nel tempo, caratterizzabile dunque da una variabile aleatoria, vuol dire descriverlo in termini di densità di distribuzione di probabilità e dei suoi parametri: media (o valore atteso) e varianza La statistica inferenziale si articola poi in altri ambiti tematici, di cui i più importanti sono la teoria della stima (stima puntuale e stima intervallare) e la verifica (test) di ipotesi

55 Il concetto di grandezza Uno dei principali ambiti di applicazione dei metodi statistici è il confronto tra grandezze Nell’uso corrente, il termine grandezza ha un significato intuitivo. Tuttavia, da una rapida consultazione di un qualsiasi dizionario (il Sabatini Coletti nel nostro caso) appare evidente che il concetto sottostante non risulta affatto di immediata definizione Infatti il termine grandezza può essere riferito a: 1. Dimensioni, mole di un oggetto considerato in lunghezza, larghezza, altezza, volume (misurare la grandezza di qualcosa; anche con riferimento a persona: un uomo di media grandezza); 2. Eccedenza ed eccezionalità rispetto alle misure ritenute normali, anche in senso figurato (la grandezza di Shakespeare; avere manie di grandezza: ostentare un alto tenore di vita non adeguato alle reali possibilità finanziarie; grandezza d'animo: magnanimità); 3. (mat., fis.) Classe di enti a ciascuno dei quali può essere assegnata una misura; anche, la misura stessa: grandezze omogenee, commensurabili; grandezza scalare, vettoriale

56 Il concetto di grandezza Nell’ultima accezione il termine «grandezza» è indissolubilmente legato alle operazioni di misura. Appare quindi utile aprire una brevissima parentesi sulla sua definizione formale Nei «Principia Mathematica» Russell e Whitehead propongono la seguente definizione di grandezza: esiste una certa coppia di relazioni indefinibili, maggiore o minore; queste relazioni sono simmetriche e transitive e sono incompatibili l’una con l’altra. Ognuna è l’inverso dell’altra nel senso che ogni volta che una è valida tra A e B, l’altra è valida tra B e A. I termini che risultano suscettibili di queste relazioni sono grandezze. Ogni grandezza ha una certa relazione particolare con qualche concetto, espressa dicendo che essa è una grandezza di quel concetto. Due grandezze che hanno questa relazione col medesimo concetto, si dicono dello stesso genere; essere dello stesso genere è la condizione necessaria e sufficiente per la relazione di maggiore e minore Alfred N. Whitehead, Bertrand Russell (1910-12), Principia mathematica, 3 Vol., Cambridge University Press

57 Il concetto di grandezza Tentiamo di rendere meno criptica questa definizione, partendo dalla nozione di relazione di equivalenza In matematica il concetto di relazione di equivalenza esprime l’idea di similitudine tra oggetti. Formalmente, la relazione di equivalenza è una relazione binaria (cioè una corrispondenza tra due oggetti che indicheremo come ~ e leggeremo come “equivalente a”) Dato un insieme A, una relazione binaria ~ è una relazione di equivalenza se è riflessiva (per ogni elemento a appartenente all’insieme A, deve risultare che a~a); simmetrica (per ogni coppia a, b di elementi di A, a~b implica b~a); transitiva (per ogni terna (a, b, c ) di elementi di A, se a~b e b~c allora a~c)

58 Il concetto di grandezza Due elementi tra i quali sussiste una relazione di equivalenza ~ si dicono equivalenti, in quanto la proprietà di simmetria ci consente di prescindere dall’ordine con cui quegli elementi compaiono all’interno della relazione Un sottoinsieme di A che contiene tutti e solo gli elementi equivalenti a un qualche elemento a di A prende il nome di classe di equivalenza di a, in simboli [a]~ o anche {a}~ Definiremo insieme quoziente per la relazione di equivalenza ~ l'insieme delle classi di equivalenza su A e indicheremo questa particolare partizione su A con l'espressione A/~.

59 Il concetto di grandezza Esempio Un esempio di insieme quoziente è costituito dai numeri razionali. I numeri razionali possono essere costruiti come l’insieme delle classi di equivalenza di coppie di numeri interi (a, b), con b diverso da zero, dove la relazione di equivalenza è definita come (a, b) ~ (c, d) se e solo se ad = bc In questo caso, la classe di equivalenza a cui appartiene (a, b) è identificata con la frazione a/b.

60 Il concetto di grandezza Con queste nozioni, siamo in grado di definire formalmente il concetto di grandezza Definiamo grandezza una classe di equivalenza di proprietà misurabili. Condizione necessaria affinché una classe di equivalenza di proprietà sia misurabile è che sia possibile stabilire una relazione d’ordine fra quelle proprietà in sistemi diversi: poter giudicare quale sistema presenta «più» proprietà dell’altro Se il confronto si svolge tramite un rapporto fra le proprietà dei due sistemi, allora la classe di equivalenza di quelle proprietà è una grandezza

61 Il concetto di grandezza In questo caso, è possibile scegliere la proprietà di un particolare sistema ed eleggerla a unità di misura per quella grandezza Fissata l’unità di misura, la quantità di tale grandezza per un qualsiasi altro sistema potrà essere univocamente specificata da un valore numerico ottenuto dal rapporto con la proprietà scelta come campione di riferimento

62 Il concetto di grandezza Esempio Pensiamo al concetto di lunghezza. La lunghezza è una proprietà astratta dello spazio. Il chilometro è un termine astratto che partecipa del concetto di lunghezza; così pure il metro, il centimetro, il micron, sono tutti termini compresi nel concetto di lunghezza e quindi partecipano di quel concetto I termini «chilometro», «metro», «centimetro», «micron» stanno fra loro nel rapporto di maggiore o minore: infatti un chilometro è maggiore di un metro, un centimetro è maggiore di un micron ed è minore di un metro Quindi chilometro, metro, centimetro, micron sono grandezze, mentre la lunghezza è una classe di grandezze, riferita ad una proprietà astratta dello spazio

63 Il concetto di grandezza Torniamo adesso a quanto detto all’inizio della presente sezione e domandiamoci qual è lo scopo del confronto fra grandezze In generale, confrontiamo grandezze per cogliere le diversità esistenti tra gli stati attraverso i quali un fenomeno si manifesta, operazione indispensabile ai fini della conoscenza del mondo reale Il confronto fra grandezze è cruciale, anche quando non riguarda grandezze omogenee o, comunque, direttamente confrontabili: garantire coerenza e significatività ai risultati di un confronto, quindi, implica affrontare e risolvere problemi complessi

64 Le scale di misura Misurazione Assegnazione di valori numerici ad eventi/oggetti, secondo regole definite, che permette di rappresentare le proprietà di un evento/oggetto con le proprietà del sistema numerico Le regole tramite le quali i valori numerici sono assegnati agli eventi determinano le caratteristiche della misura

65 Le scale di misura Variabile: è la proprietà operativizzata, cioè rilevata sui casi attraverso una procedura di «definizione operativa». Nel caso di caratteri qualitativi (non definiti su spazi numerici) si parlerà di mutabile Le variabili si classificano in 1.Qualitative (variano in genere) e quantitative (variano in grandezza) 2.Nominali, ordinali e cardinali 3.Dicotomiche e politomiche 4.Continue/discrete

66 Le scale di misura Scala nominale 1.Permette di classificare eventi e oggetti in categorie 2.I differenti stati assunti dal fenomeno sono indicati da una qualità non numerica (es. colore, genere). Gli stati stessi non possono essere ordinati con un criterio del tipo maggiore/minore 3.Operazioni ammesse: uguale/diverso 4.Indicatori di sintesi: moda

67 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala nominale Ipotizziamo di domandare a 8 ragazzi di quale colore sceglieranno il prossimo smartphone e di raccogliere le loro risposte nel seguente prospetto:

68 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala nominale Possiamo sintetizzare le loro risposte in una tabella costruita nel modo seguente:

69 Le scale di misura Scala ordinale 1.Dispone oggetti ed eventi in sequenza in base a un ordine convenzionale (es. gradi militari) 2.Dà solo l’ordine degli oggetti/eventi 3.Operazioni ammesse: – uguale/diverso – maggiore/minore 4.Indicatori di sintesi: moda, mediana

70 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala ordinale Ipotizziamo di aver rilevato il livello di scolarità all’interno di un collettivo di N = 100 dipendenti di una società multinazionale e di aver sintetizzato i risultati della rilevazione nel seguente prospetto:

71 Le scale di misura Scala intervallare 1.Lo zero della scala (l’origine del sistema di riferimento) è arbitrario (es.: scala Celsius, scala Fahrenheit) 2.I confronti possono essere svolti solo tramite differenze 3.Operazioni ammesse: – uguale/diverso – maggiore/minore – somma, sottrazione 4.Indicatori di sintesi: moda, mediana, media aritmetica, altri parametri di forma Esempio: Sistema di riferimento Celsius: Roma 10C° Milano 5C° Sistema di riferimento Fahrenheit: Roma 50F° Milano 41F°

72 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala intervallare Ipotizziamo di aver registrato la temperatura alle ore 12 del 3 e del 4 marzo in alcuni capoluoghi italiani. Le informazioni potrebbero essere organizzate nel seguente prospetto:

73 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala intervallare Il relativo prospetto di sintesi potrebbe essere strutturato nel modo seguente:

74 Le scale di misura Scala proporzionale (o di rapporti) 1.Lo zero della scala è reale (corrisponde all’assenza della variabile) 2.I rapporti fra i valori numerici hanno significato 3.Operazioni ammesse: – uguale/diverso – maggiore/minore – addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione 4.Indicatori di sintesi: moda, mediana, medie di potenze, altri parametri di forma, altri rapporti statistici

75 Le scale di misura Esempio di fenomeno definito su scala proporzionale Ipotizziamo di rilevare la retribuzione netta mensile all’interno del collettivo di N = 100 dipendenti di una società multinazionale e di aver sintetizzato i risultati della rilevazione nel seguente prospetto:

76 Materiali per la preparazione dell’esame Giuseppe Leti, Loredana Cerbara (2009), Elementi di statistica descrittiva, Il Mulino, Bologna Slides Altro materiale (testi di esercitazioni, esercizi svolti, complementi) diffuso su Moodle e sul gruppo di discussione di Facebook Per ogni ulteriore chiarimento o esigenza informativa: alessandro.polli@uniroma1.it


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