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Capitolo 18 La politica fiscale

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Presentazione sul tema: "Capitolo 18 La politica fiscale"— Transcript della presentazione:

1 Capitolo 18 La politica fiscale

2 POLITICA FISCALE: insieme delle misure messe in atto dal policy-maker concernenti le entrate e le spese del settore pubblico.

3 Definizioni istituzionali
La politica fiscale è costituita dall’insieme dei comportamenti inerenti le entrate e le spese del settore pubblico. Il settore pubblico comprende: il settore statale ·       Le Amministrazioni Centrali dello Stato (ossia, gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale e i Ministeri) ·       (una volta, la Cassa Depositi e Prestiti –ora scorporata) 2) le Amministrazioni locali (Enti locali –Regioni, Provincie, Comuni-, ASL, Università, Enti lirici, Enti portuali e Camere di Commercio) 3) gli enti pubblici di previdenza (Inps, Inpdap, Inail,…)

4 Le entrate e le uscite del settore pubblico sono definite –in tutti i contesti istituzionali- dal bilancio dello stato. Esistono diverse versioni del bilancio dello stato. (a) Innanzitutto, esso può essere annuale o pluriennale, (b)Il bilancio può essere di previsione o consuntivo, (c) Il bilancio può essere a legislazione vigente o programmatico , (d)Infine, il bilancio può essere di competenza (se si riferisce alle entrate solamente accertate e alle spese solamente impegnate) o di cassa (se si riferisce ai flussi in entrata e uscita che effettivamente entrano o escono dalle casse).

5 Iter per le entrate Iter per le spese
Le entrate vanno dapprima accertate (l’accertamento è l’atto col quale l’autorità pubblica determina chi e quanto deve pagare al settore pubblico), quindi vengono riscosse (generalmente da un apposito agente incaricato alla riscossione), infine vengono effettivamente incassate dalla Tesoreria dello stato. Iter per le spese Le spese esse vanno dapprima impegnate (l’impegno è l’atto col quale l’autorità assume l’impegno di effettuare un certo pagamento) , un secondo momento avviene il pagamento.  Pertanto, non stupisce che il bilancio di cassa possa disostarsi da quello di competenza.

6 Le entrate sono costituite da quattro categorie o, in termini tecnici, da quattro titoli:
(1)  Le entrate tributarie, che comprendono: (a) le imposte e le tasse sui consumi, sui redditi, sulle ricchezze e sugli affari; (b) i proventi dei monopoli di stato; (c) i proventi di lotto, lotterie e altri giochi; (2)  Le entrate extra-tributarie, che comprendono i proventi dei beni dello stato, gli utili delle imprese a partecipazione pubblica e di aziende autonome e i proventi di servizi pubblici; (3)  L’alienazione (ossia la vendita) di beni patrimoniali e la riscossione di crediti; (4)  L’accensione di prestiti.  Il rapporto fra la somma delle entrate dei titoli (1) e (2) e il PIL dà il cosiddetto “indice di incidenza fiscale.

7 Le uscite sono costituite da tre titoli:
(1)  Le spese correnti, che comprendono (tra l’altro): (a) l’erogazione di compensi per il lavoro del personale dipendente e incaricato; (b) le spese di consumo corrente; (c) i trasferimenti in conto corrente alle famiglie e alle imprese; i trasferimenti all’U.E. e agli organismi internazionali; (d) il pagamento di interessi passivi sul debito pregresso; (2)  Le spese in conto capitale, che comprendono (tra l’altro): le spese per l’acquisto di macchinari (investimenti fissi), proprietà edilizie e terreni, nonché i trasferimenti in conto capitale (cioè una tantum) a famiglie e imprese e le spese per acquisire attività finanziarie; (3)  Il rimborso di prestiti precedentemente ottenuti. La differenza fra le entrate e le uscite rappresenta –come in ogni bilancio– il saldo, che può essere attivo o passivo, a seconda che le entrate siano maggiori o minori delle uscite.

8 Obiettivi primi della politica fiscale:
Obiettivi primi della politica fiscale: Il saldo corrente e il fabbisogno complessivo Obiettivi sostanziali dell’azione di politica fiscale macro-funzioni obiettivo. (1) Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; (2) Difesa; (3) Ordine pubblico e sicurezza; (4) Affari economici; (5) Protezione dell’ambiente; (6) Abitazioni e assetto territoriale; (7) Sanità; (8) Attività ricreative, culturali e di culto; (9) Istruzione; (10) Protezione sociale.

9 Il modus operandi della politica fiscale in Italia
In Italia, come in molti altri Paesi, il bilancio dello stato deve essere approvato per mezzo di un’apposita legge, che rappresenta il “cuore” dell’attività della finanza pubblica (LEGGE DI BILANCIO). L’art. 81 della Costituzione Italiana stabilisce che il bilancio preventivo, di durata annuale, predisposto dal Governo, deve essere approvato dal Parlamento; stabilisce altresì che il bilancio non può stabilire nuovi tributi e nuove spese; stabilisce infine che ogni nuova legge che importi nuove spese deve prevederne la copertura di tali spese. 1978: per evitare il divieto di introdurre nuove imposte in sede di bilancio, è stata prevista la predisposizione, accanto al bilancio dello stato, della “legge finanziaria”, che è una manovra di legge, da votare prima del bilancio, nella quale introdurre le modifiche legislative che introducono nuove spese ed entrate, in coerenza con gli obiettivi che si pone il disegno del bilancio.

10 Il processo del bilancio dello stato
Il processo del bilancio dello stato - La prima fase è quella di formulazione del bilancio di previsione dello stato. In questa sede, si approntano i bilanci di previsioni e –dal 1978– la legge finanziaria. : “finanziarie omnibus” : “finanziare snelle” : “finanziarie robuste” (con “unità previsionali di base”)

11 La seconda fase è quella della gestione del bilancio, ossia la realizzazione delle entrate e delle uscite. L’esercizio del bilancio, in Italia coincide con l’anno solare. Durante la fase della gestione possono essere modificati provvedimenti di legge che comportano nuove o diverse entrate e uscite, rispetto a quelle contenute nel bilancio approvato. Queste modificazioni impongono le coerenti modifiche al bilancio dello stato.

12 La terza e ultima fase è quella della rendicontazione, nella quale vengono rendicontate le entrate e le uscite che hanno avuto luogo durante l’esercizio. Il Rendiconto consuntivo viene esaminato dapprima dalla Corte di Conti; viene quindi firmato dal Ministro del Tesoro e da questi presentato al Parlamento, che lo deve approvare.

13 Effetti macroeconomici dell’imposizione progressiva
Effetti macroeconomici dell’imposizione progressiva # Effetti redistributivi, sotto il profilo della distribuzione personale del reddito ma anche, sotto il profilo macroeconomico ·       stabilizzatore automatico ·       drenaggio fiscale (fiscal drain)

14 Stabilizzatore automatico
Per "stabilizzatore automatico" intendiamo un qualsiasi meccanismo economico che porti endogenamente il livello del reddito a muoversi nel senso opposto rispetto a quello di uno shock esogeno che lo colpisca. Il motivo per cui l'imposizione fiscale progressiva rappresenta uno stabilizzatore automatico è molto semplice.

15 drenaggio fiscale (fiscal drag);
un aumento del reddito nominale, a cui non corrisponde un aumento del reddito reale, comporta comunque un aumento più che proporzionale dell'imposizione fiscale e quindi un aumento dell'incidenza fiscale, e quindi una riduzione del reddito disponibile reale. In un sistema di imposizione progressiva, l'aliquota di imposta dipende dal reddito nominale e i redditi sono divisi in scaglioni, a seguito dell'aumento delle grandezze nominali, aumenterà l'ammontare di imposizione nominale, ed aumenterà in misura più che proporzionale, data la natura progressiva dell'imposzione; il reddito disponibile -in termini reali- risulterà pertanto diminuito.

16 Effetti delle diverse modalità del finanziamento della spesa pubblica
La tradizionale economia keynesiana sostiene che gli effetti macroeconomici della spesa pubblica dipendano crucialmente dal modo in cui essa è finanziata; Altre impostazioni teoriche, invece, hanno un’opinione differente. Consideriamo un’economia che si trovi in una situazione di partenza di equilibrio, eventualmente di sottoccupazione. Consideriamo un incremento della spesa pubblica, pari a . Consideriamo quindi di seguito due casi: (i)              il caso in cui sia finanziata con aumento delle imposte; (ii)           il caso in cui generi un fabbisogno pubblico, che può essere finanziato –a sua volta- in due modi differenti: ·       con emissione di titoli del debito ·       con emissione di base monetaria.

17 caso (i): finanziamento con imposte.
caso (i): finanziamento con imposte. La spesa NON GENERA il suo finanziamento l’incremento endogeno nel gettito fiscale non può mai essere sufficiente a coprire l’iniziale spesa pubblica. Dimostrazione. A fronte dell’aumento nella spesa pubblica, il reddito di equilibrio aumenta in misura tale che pertanto, l’imposizione fiscale endogenamente aumenta in musura pari a , ossia Va ora dimostrato che ; affinché ciò avvenga, deve risultare che Ossia ossia (sempre soddisfatta)

18 Consideriamo quindi il caso che la spesa pubblica sia finanziata con un pari aumento dell’imposizione Nel caso davvero molto particolare che t=0 ed m=0, vale un risultato noto come “teorema di Haavelmo”, o “teorema del bilancio in pareggio”, che considera tuttavia un’economia molto particolare. Teorema di Haavelmo. In un’economia chiusa e con aliquota marginale d’imposizione nulla, un aumento della spesa pubblica interamente finanziato con un pari aumento dell’imposizione fiscale autonoma, determina un aumento esattamente uguale del reddito di equilibrio.

19 Dimostrazione. Limitando l’attenzione alla configurazione di equilibrio, sappiamo che in un’economia dove m=0 e t=0, vale:  La variazione del reddito di equilibrio è quindi:

20 Commento al teorema di Haavelmo
Il motivo del “successo” del teorema di Haavelmo va infatti ricondotto al clima ideologico (fortemente keynesiano) nel quale il teorema è nato. Il teorema stabilisce che se aumenta di un qualsivoglia ammontare la spesa pubblica, e di un pari ammontare l’imposizione, allora aumenta (della stessa dimensione) anche il reddito di equilibrio. L’azione del governo è in grado di fare aumentare il reddito, mantenendo il bilancio pubbico in pareggio: per fare questo è sufficiente aumentare la spesa pubblica e –della stessa dimensione- l’imposizione fiscale. Ovviamente, questo aumento di spesa pubblica e di imposizione, comporta che la domanda aggregata sarà via via composta da una quota crescente di consumo pubblico, cioè la struttura economica sarà caratterizzata da una presenza via via sempre più preponderante dello stato. Inoltre, il teorema cessa di Haavelmo essere valido nel momento in cui si raggiunge il reddito di pieno impiego. Una volta raggiunto tale reddito di pineo impiego, infatti, non è più possibile che il reddito di equilibrio aumenti a seguito di aumento della domanda autonoma. Infine, si ricordi che il teorema vale solo per t=m=0

21 caso (ii) – spesa pubblica che genera deficit
E’ il caso in cui la variazione di spesa pubblica è finanziata da nuove imposte soltanto per la parte valga cioè: In questo caso si verrà a determinare un fabbisogno pari a , ossia Calcoliamo in questo case quale è l’aumento del reddito di equilibrio. ossia, (18.2)

22 Casi limite a)    quando (cioè l’incremento di spesa pubblica non è accompagnato da alcun incremento di imposizione) si registra il massimo valore del moltiplicatore, che vale 1/(1-c); b)    quando (cioè l’incremento di spesa pubblica è accompagnato da un pari incremento delle imposte), si registra il minimo valore delo moltiplicatore che risulta pari a 1, esattamente come previsto dal teorema di Haavelmo; c)    nei casi intermedi in cui (cioè l’incremento di spesa pubblica è parzialmente finanziato con incremento delle imposte), il valore del moltiplicatore è compreso tra 1 e 1/(1-c) ed è tanto più elevato , quanto più l’incremento di imposte è ridotto.

23 Caso (iii) – Politica fiscale espansiva accompagnata da emissione di moneta
(ossia, politica fiscale espansiva + politica monetaria espansiva) politica monetaria accomodante. Il motivo per cui una politica di spesa pubblica accompagnata da una politica monetaria accomodante produce effetti espansivi sul reddito maggiori di quelli prodotti da un aumento della spesa pubblica non accompagnata da emissione di nuova moneta è semplice: la politica monetaria espansiva, infatti, consente di evitare l’aumento del tasso di interesse associato ad un aumento della spesa pubblica, e limita così l’effetto di spiazzamento della spesa pubblica ai danni della domanda privata. (Grafico IS-LM)

24 Il teorema di equivalenza ricardiana
Il teorema di equivalenza ricardiana Proposizione di equivalenza ricardiana. Data una sequenza di spesa pubblica,e imponendo il vincolo del pareggio intertemporale del bilancio pubblico, l’effetto che la spesa pubblica esercita sul reddito di equilibrio e sui consumi è esattamente il medesimo, a presindere dal fatto che essa sia finanziata con imposte oppure con l’emissione di titoli del debito pubblico.

25 Problemi di gestione del debito pubblico
Il debito pubblico (come qualsiasi altro debito, almeno in linea di principio) diventa insostenibile se, per finanziare il pagamento degli interessi è necessario accendere altro debito. Tuttavia, la dinamica del debito pubblico inizia a generare preoccupazioni ben prima di arrivare al caso limite di insostenibilià tecnica. La politica economica assume come obiettivo di sostenibilità del debito pubblico il seguente: ottenere che il rapporto tra stock del debito e PIL sia non-crescente nel tempo. Il rapporto tra debito pubblico e PIL è stato anche uno degli indicatori esplicitati dagli accordi di Maastricht, per consentire ai Paesi l’adesione alla moneta unica europea ed è quindi divenuto un indicatore sul quale si è sviluppato un ampio dibattito, sia teorico, sia giornalistico.

26 Siamo interessati a valutare come tale rapporto varia nel tempo. Più precisamente, il tasso di variazione percentuale di tale rapporto costituisce spesso un esplicito obiettivo della politica economica. Per ricavare l’espressione matematica della variazione percentuale di tale rapporto, ricordiamo che la variazione percentuale di un quoziente è la differenza fra la variazione percentuale del dividendo e la variazione percentuale del divisore): (18.4)

27

28 Commenti alla formula (1)           Il rapporto tra debito pubblico e PIL cresce nei periodi nei quali è elevato il deficit primario (2)          Il rapporto viene fatto crescere da tassi d’interesse reali elevati; (3)           Un basso tasso di crescita del PIL reale contribuisce a elevare il rapporto debito pubblico /PIL; (4)           Nel caso particolare di un saldo primario in pareggio (x=0), il rapporto tra debito pubblico e PIL cresce se il tasso reale d’interesse è superiore al tasso di crescita del PIL reale, mentre diminuisce quando il tasso di crescita del PIL reale eccede il tasso d’interesse reale.

29 Politiche del rientro dal debito pubblico
Tutte le misure messe in atto dai policy-maker al fine di ridurre la crescita del rapporto fra debito pubblico e PIL. (1)           Politiche di contenimento del deficit pubblico primario; (2)           Politiche monetarie accomodanti; ( Un caso estremo di politica monetaria accomodante è la “monetizzazione del debito pubblico”) (3)           Politiche di controllo dei tassi d’interesse; (4)           Politiche di crescita del reddito; (5) Ripudio - Default


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