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Fondazione Giuseppe Bonaviri Mineo e Bonaviri

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Presentazione sul tema: "Fondazione Giuseppe Bonaviri Mineo e Bonaviri"— Transcript della presentazione:

1 Fondazione Giuseppe Bonaviri Mineo e Bonaviri
Mineo - Panorama a cura di Agrippino Perrotta note tecniche,cenni storici e traduzioni a cura di Simona Raneri Tratta dal Documentario Bonaviri ritratto – regia di Massimiliano Perrotta …Come altre volte ho detto, Mineo, il mio paese, in provincia di Catania, ha sempre favorito la nascita di poeti e pensatori tra contadini e artigiani: per tradizione, per clima, aure, venti, fasce elettromagnetiche terrestri, lunari, solari, metabolizzati per fantasiose spirali di acidi desossiribonucleici. Mio padre, che fece il sarto sino a trentasei anni, scriveva, con un segreto pudore tutto suo, poesie da me raccolte nel volumetto L'arcano. Quindi, attorno a me avevo i modelli d'un assoluto immaginario, gli specchi simbolici trasfiguranti parole e sensi vitali. Scrivere in proprio, ossia al di fuori d’una lingua corrente e tecnicamente terminologica, forse è un gioco mutevole per pervertire il reale, per farcene una versione fittizia ma alternativa per finzioni d’immagini e aeree trame di suoni. Finito l’imbastimento delle nostre catene significanti, non ci dovrebbe nulla preoccupare, ma un po’ tutti vorremmo che lo smontaggio si inveri in insemenzamenti, in alvei mobili e che il tutto si territorializzi in altri uomini in un diverso topos fantastico. … Tratto da Follia, Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, Catania 1976, pp. 19 – 20

2 Porta Adinolfo / Adonolfo Door
... Dallo stesso Ibn Zafer sappiamo che le porte del castello servirono ai religiosi per la riedificazione dei quattro ingressi di Zebulonia: l’Odigitria, la Udientiam, la Iacò detta di Bacco e quella intestata all’eroe Adinolfo1… Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1978 p.10 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and Caratteristiche architectonic characteristics Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices [1] Insieme a Giovanni da Procida, Adinolfo e lo zio Alàimo furono l’anima della rivolta contro i francesi nel 1282, durante i Vespri Siciliani. Ma traditisi col Re di Spagna, terra nella quale erano stati condotti, furono condannati ad essere buttati a mare. Vi si lanciarono coraggiosamente, avvolti nei loro mantelli, sotto gli occhi dei soldati. Ma le onde che battono lungo le coste della Spagna, dove perirono, a chi le sa ascoltare, dicono che non bastano le quindici lune, contornate di laminette d’oro, emergenti dal mare nel grande anno lunisolàre, a spegnere il forte desiderio di vita dei predetti eroi. Largo S. Agostino - Tomba Gallica /S. Agostino square – French buried Cenni storici e caratteristiche tecniche / Historic notices and architectural characteristics Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta

3 Piazza dei Vespri - Casa nonno paterno / Vespri Square – Granfather’s house
[...]Dolcissimo non superava un metro e sessantacinque, era magro, pronto alla meditazione e alla tristezza come pure alla ilarità. […] Da giovane aveva frequentato la casa di mia nonna paterna. donna Cecè, che aveva sette figli, mio padre Settimo Emanuele, Pino, Ignazina, Peppino, Totò, Carmelo chiamato Tutù, Gino. Abitavano in Piazza dei Vespri e sotto la loro casa c’era un fondaco, appartenente a mio nonno Papè, che faceva il macellaio... Tratto da Dolcissimo,Rizzoli, Milano 1978, pp Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics Foto Vincenzo Perrotta

4 Chiesa S. Tommaso Apostolo
Piazza Buglio Palazzo Comunale – ex collegio dei Gesuiti Comunal Palace – ex Jesuits College Chiesa S. Tommaso Apostolo Church of S. Tomas Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta ... Il regio milite aurato Giantommaso de Guerriero dopo una vita di turpitudini si era rivolto alla religione cattolica a seguito della perdita prematura della giovane figlia Angela, principessa del Biscaro. Per questo nel 1588 fece costruire il grande caseggiato che servì come dimora ai Gesuiti venuti da ogni parte dell’isola. Distrutto l’edificio dallo spaventoso terremoto del 1693, i proseliti di Gesù lo ricostruirono per mezzo dei duemilasettecento contadini sopravvissuti, che divisero in due schiere. Una ebbe il compito di utilizzare i frontoni, i pilastri, le arcate e i massi del castello normanno di Zebulonia, ridotto dal sisma in macerie; l’altra schiera fu costretta a trasportare con brocche, bòmboli e secchie l’acqua dai torrenti prossimi scorrenti nei vallivi terreni. Coloro che non possedevano bestie da soma, in file concatenate, di mano in mano, per lunghissimi tratti, si passavano i recipienti. Quei zabulonesi si nutrivano di erbe mangerecce, di fave e crusca impastata.... Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Mlano 1978 pp. 9-10 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices

5 Caratteristiche tecnico-architettoniche/
Atrio Palazzo Comunale - Ex collegio dei gesuiti / Cloister – ex Jesuits monastery ...[…]Le dirute dodici torri del castello servirono ai Gesuiti per la costruzione d’un ampio terrazzo dove fu creato un insolito giardino pensile. Vennero importate da mercanti marinari, trafficanti con le terre del sol levante, molte piante esotiche come alberi di spezia nera, palme di cocco, i primi loti, nespoli, fiori pavonazzi che inturgidivano sul mattino, melograni, fichi frigi, quelli borgiotti dolcissimi, piante sensitive ritraenti nel fusto le foglie allorché arrivano le calure estive... tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1978 p. 10 Foto Vincenzo Perrotta Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices

6 Palazzo Comunale - Aula Consiliare / Comunal Palace – Conciliar Hall
BENEDETTO CIRMENI ANTONIO ALBERTINI DUCEZIO STEMMA CITTA’ DI MINEO SALVATORE GRECO LUIGI CAPUANA LUDOVICO BUGLIO “LA ROTTA DEL CONTE” CLICCARE SUL NOMINATIVO DEL PERSONAGGIO PER VISUALIZZARE BIOGRAFIA CLIC HERE Caratteristiche tecniche pannelli Foto Simona Raneri

7 Festa di Pasqua – Inchinata / Easter
... Forse per una modalità ciclica del pensare, in primavera scoppiava l’estro sentenzioso fra i villani e artigiani a Mineo. Riuscivano a racchiudere ogni frammento di realtà in un motto, in un proverbio, in un giro epigrammatico, in un sonetto. E contemporaneamente si accentuavano certi riti agresti di antica origine pagana. Come per Pasqua. Nel cui giorno, il simulacro di Gesù, in fulgore di giovinezza, scende in piazza, dove già si trova, tutta chiusa nel suo velo nero, la Madonna. E prima di fare la cosiddetta inchinata (che in fondo è un ossequio di amore) consistente in tre corse in avanti e indietro di Cristo e della Madre per poi fermarsi e abbracciarsi, le due statue sono state già ornate di fave novelle, di frumento ancora non granito, di rami di mandorlo, o di pero comune pallido... Tratto da L’incominciamento, - Primavera - Sellerio, Palermo 1983 p. 81 Cenni storici / Historic notices Foto Vincenzo Perrotta

8 Casa Natale Luigi Capuana / Birth house of Luigi Capuana
Piazza Buglio - Monumento a Luigi Capuana / Buglio Square – Monumet dedicated to Luigi Capuana Casa Natale Luigi Capuana / Birth house of Luigi Capuana Foto Vincenzo Perrotta ... Con la guerra del 1940/1945 il fascismo era caduto, e a Mineo non si vedevano più, in Piazza Buglio, attorno al monumento di Luigi Capuana, le adunanze dei ragazzi chiamati balilla, in camicia nera, e col berretto a fez, comandati dal federale che pettoruto stendeva le braccia come aquila in volo... Tratto da Il treno blu, La Nuova Italia, Firenze 1978, p. 49 Foto Vincenzo Perrotta Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics Caratteristiche artistiche e tecniche/ artistic and architectural characteristics

9 Circolo di Cultura “Luigi Capuana” / Circle of Culture “Luigi Capuana
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic haracteristics Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices Foto Vincenzo Perrotta ... Di fronte al caffè c’è il Casino dei Nobili o Cavallacci come noi qui, a Mineo, lo chiamiamo. E’ un vecchio edificio in cui non sono mai entrato, con le porte chiuse in alto dai vetri gialli e rossi e una terrazza all’entrata, protetta da una inferriata che si consuma e si fa rossastra di ruggine. I cavallacci una volta erano baroni o ricchi feudatari, ma oggi sono gli impiegati del municipio, qualche prete e dei contadinotti che posseggono, un paio di salme di terra e hanno i figli, a Catania, agli studi... Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981 pp

10 Primo tratto – Via Carlo Alberto
LA STRADALUNGA [...] La stradalunga è la strada più lunga di Mineo e incomincia dalla piazza proprio accanto al Casino dei Nobili e via via che sale si fa stretta, con varie gominature, sinché si apre e finisce sul Piano di Santa Aria Maggiore: uno spiazzo giallo dove si accumulano la polvere, il sole e i ragazzi che gridano. Le case che vi sorgono, sono tutte uguali nel loro biancore di calcina che sbiadisce e si sgretola, a un solo piano, coi tetti pendenti che s’affacciano sulla strada con le loro tegole d’argilla cotta, e le porte quasi tutte chiuse mattina e sera, inverno ed estate.... Tratto dai Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, pp Continua... Primo tratto – Via Carlo Alberto Foto Vincenzo Perrotta

11 Secondo tratto – Via Ducezio inizio da Piazza dei Vespri
Foto Vincenzo Perrotta Via Ducezio inizio da Piazza dei Vespri Foto Vincenzo Perrotta Continua...

12 BOTTEGA DEL SARTO DELLA STRADALUNGA
[...] La mia bottega si trova nella stradalunga e in passato serviva a mio nonno Peppi per abitazione..[...] Nei mesi di freddo quando mi siedo dietro i vetri della bottega con le mani penzoloni, mi piace vedere la pioggia fare dei torrentelli per la stradalunga e bollire e brontolare e farsi gialla per la polvere e l’immondizia che si scioglie. La mia bottega è a pianterreno, con una porta robusta e un catenaccio che si annerano e una finestra rettangolare che trema e tinnisce quando passano i carretti, carichi di paglia o di legna fino ai tetti... Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, pp Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics BOTTEGA DEL SARTO DELLA STRADALUNGA

13 Terzo tratto – Via Ducezio
VICOLO BLU Foto Vincenzo Perrotta Continua...

14 Cortile Baudanza (il Vicolo Blu) – Casa Natale / Birth-house
…Abitavamo in vicolo Baudanza a cui si accedeva, sulla destra, a metà della salita della stradalunga. Dopo una trentina di passi, il vicolo svoltava ad angolo retto per internarsi, stretto, e finire contro la casa del vecchio Incatasciato su un fondo di terra indurita da sassi, di colori diversi. Sulle crepe dei muri perenne cresceva la parietaria in ciuffi solitari. Allora vi stavano nove famiglie. … Tratto da Il vicolo blu, Sellerio, Palermo p. 113 …Dopo il catoio di massaro Giuseppe, c’era la nostra casa. Alla quale in passato si accedeva attraverso la scala di un piccolo ballatoio, ormai abbattuto per dare maggior spazio al vicolo. Era appartenuta ai nostri nonni, Salvatore Casaccio, panettiere, e Maria Palermo. Dopo una scala interna, si sboccava in quattro stanze che l’una all’altra si susseguivano finchè si aprivano, attraverso un’altra porta, verso il colle delle Mura, ricco di parietaria e di bianca erba artemisia. Fra i giovani eucalipti, la mattina – collocati sui rami – cantavano i galli. Avevano creste zigzagate di bottoni carnei, penne scintillanti, e, qualche gallo, forse per devianza genetica, era di colore azzurro. … Ivi, p. 147 Foto Vincenzo Perrotta Caratteristiche tecnico - architettoniche /Architectural and architectonic characteristics Continua... Foto Pippo Bellino

15 Ultimo tratto - Via Ducezio
Foto Pippo Bellino

16 Chiesa S. Maria Maggiore / S. Greater Virgin Mary Church
Foto Vincenzo Perrotta Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices Foto Vincenzo Perrotta […]Sul rione più alto, che noi vedevamo alla nostra destra, detto di Santa Maria, la famiglia normanna degli Altavilla, di cui bisogna ricordare il Gran Conte Ruggero, dal 1081 al 1099 circa, come mi fa sapere Gino, costruì nel pianoro dove c’era il tempio del Sole, una cattedrale gotica che, per i forti basamenti, non fu distrutta dal terremoto del 1693 che apportò rovine, pianti e lutti a tutta la Sicilia. E’ una costruzione di stile gotico, tuttora ammirabile nelle tre guglie che si impennano altissime nel cielo che sopra vi si stende purpureo. E’ fornita di novantadue (quanti furono gli ani di mia madre da poco scomparsa) merli di fattura marmorea, sulle cui vetrate tinte in minio, con orlature auree, era stata incisa, con fine tecnica vetraria, la storia del paese sin dal re siculo Ducezio... Tratto da Il Dormiveglia, Mondadori, Milano 1988, p. 26

17 Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices
Via Castello – Ruderi del Castello Ducezio / Castle Strett – Ducezio Castle Torre maestra Castello Ducezio Foto Vincenzo Perrotta Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices Foto Vincenzo Perrotta ... Non si dimentichi il terremoto ad altissima magnitudine che l’11 gennaio 1693 rase al suolo Zebulonia: Le dirute dodici torri del castello servirono ai Gesuiti per.... Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1878

18 Largo S. Maria Maggiore/Via Roma - casa della madre / the mother’s house
…La casa di mia madre, là sul sagrato, era abbandonata. Il portone, di noce color bruno, era chiuso. Non potevo aprirlo non avendo più la chiave lunga, di ferro, con anello terminale. Da fuori guardai l’architrave che con tre solette sporgeva sulla porta, delimitato da un arco rotondo distinto in bordi semiovali. Sotto questi in un semicerchio di ferro battuto, in dentro intramato a raggiera, c’era la sigla P.S. del primo proprietario, Patrizio Simili, poichè la casa materna si trovava in Cortile Baudanza, in un vicolo dove il sole in primavera arrivava soltanto a mezzogiorno Devi sapere, o Sinus, che dipinta in chiaro, con bande marrone, di là dal portone c’è una scala in due rampe. Nella prima ai lati ci sono due vasi in terracotta, in cima una porticina di noce già crepata.[…] Tratto da Dolcisimo Rizzoli, Milano 1978, p. 33 ... Sotto la balconata che aggira la casa ci sono un fico selvatico e un mandorlo da cui mia madre in estate coglie frutti minimi ma dolci. Le mura pare siano state costruite con massi del castello distrutto dal terremoto del Se qualcuno vi guarda attentamente, o vi gratta il calcare, sia da Via Roma che dalla parte opposta dove una finestrella, una porta finta e una d’accesso ad uno stanzone pianoterra caratterizzano la facciata vi intravede pomelli di spade, resti di raffigurate chimere, frammenti di pergamena in una delle quali si può leggere: «Ciò che è quì, è là, ciò che è là, è quì», ossia il tramonto è l’alba e l’anima del singolo, per coglitura di sicomori e per bontà, diventa Assoluto.... Ivi p. 34 Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta Interni Casa della madre Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics

19 Interni Casa della madre / Indoor of the mother’s house
CLIC HERE Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta

20 Monastero S. Maria degli Angeli / Convent of S. Virgin Mary of Angels
…Appunto gli spilli e gli aghi sul petto del manichino posto accanto alla porticina della cisterna, e vado a trovare Antonio, il mio amico fabbroferraio. La sua bottega è a San Francesco, in un isolato che in passato nascondeva le monache e i loro canti pieni di noia e di buio. Antonio se ne affittò uno stanzone quando aveva vent’anni e l’arredò con l’incudine, la forgia e varie spranghe di ferro crudo che bisognava lavorare nel fuoco… Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, pp Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices

21 Statua Immacolata Largo S. Francesco / Statue of Virgin Mary
… Dinanzi la bottega per fortuna c’è uno spiazzo che dà sulla salita San Francesco dove, nascosta dalle case, s’alza una vecchia statua della Regina degli Angeli con una corona di ferro arrugginito attorno al capo e una testa del Diavolo che si sgretola sotto i piedi… Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, p 25 Caratteristiche tecnico-artistiche / Architectural and architectonic characteristics

22 Via Luigi Capuana – Casa dello zio Michele Rizzo / Uncle Michele Rizzo’s house
…Mio zio Michele e mia zia Pippi abitavano in Via Luigi Capuana, 13, al limite basso del quartiere di Santa Maria là dove questo quartiere si interseca con quello di San Pietro presso l’ampia piazza Buglio. Il loro appartamento si trovava al secondo e ultimo piano, d’un fabbricato rettangolare dall’ intonaco bianco. Girando il sole, dai tre balconi, dopo mezzogiorno, si proiettavano sul basolato della strada le ombre delle persiane verdi che raggiungevano le due acacie cresciute accanto alla casa di don Nello Maglione, venditore di stoffe. Il portoncino sull’architrave era ornato d’un semicerchio arricciolato di ferro. Al piano sotto abitava don Beniamino L. ... Tratto da Ghigò , Arnoldo Monadadori Editore, Milano 1990, p. 90 Foto Vincenzo Perrotta Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics

23 Via Palica (Varanna) … Quando fummo alle prime case di Zebulonia, Mario Sinus disse: -Quanto silenzio! Fu incuriosito dagli abituri del quartiere della Varanna dove una donna si tirava dietro una capra, un contadino tornava con un carico di frasche, molte galline starnazzavano. Fenditure segnavano i muri, il legno delle porte era crepato, con strisce di stoffa scura inchiodatevi per lutto. […] Il tipo di edilizia era quello di sempre, un misto arabo-normanno con richiami alla Andalusia e alla Catalogna. Per l’impasto venivano usati rena e calce anche per le pareti interne dove gli unici sfiatatoi erano le finestre abbastanza piccole. Le fondamenta sorgevano su roccia intrusiva di natura ghiaiosa. Le case per lo più erano ad un piano, qualcuna a due piani, fatte con pietre trasportate dai massicci cacuminali dei monti. Il legno usato era l’ulivo, o quercia o carrubo, alberi insomma che rarefacendo l’umidità rendono blando il filtraggio solare. Qualche volta si ricorreva al corniolo o al freddo salice. Erano sconosciuti il larice, il frassino e le piante della valle profonda. Le abitazioni frequentemente avevano una stortura di direzione dovuta a precedenti microsismi, ma per Sinus si trattava di un vero autoorientamento in senso sud perché le stesse case potessero godere sin nei comignoli della profumata flora che la mite temperatura primaverile apportava negli svalanghi. […] Per la rapida salita le case si addossavano l’una all’altra e noi notammo che i vasi di ruta e di basilico alle finestre erano trattenuti da cordicelle di rame che in altri punti, annodate in opportune trame, puntellavano primitive architravi, gradini e muri sbilenchi. […] Lungo le cinte perimetrali di ovili vedemmo delle ammoniti ritorte miste a fossili fogliosi. Sui muri di una casa abbandonata distinguemmo due monete incuneate, di origine greca, da cui ci guardava in effigie la civetta. […] Nei cantoni, sotto le grondaie, nei retrocortili tinnivano bronzi e monete forse perché il vento precipitandosi dai tetti veniva ingrandito dal fogliame dei piccoli alberi. … Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1978, pp Foto Pippo Bellino

24 Chiesa di S. Vito / Church of Saint Vito
Convento Padri Cappuccini con annesso cimitero / Capuchins Monastery and grave yard Chiesa di S. Vito / Church of S. Vito Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta […] Con le pietre delle case, i frati cappuccini risistemarono con adatti lavori il loro convento che tuttora sorge su un monticello in cui, attorno al 1850, fu fatto il cimitero. Questi monaci sfruttarono i sentimenti delle donne le quali di buon grado, aiutati dai bambini, portarono, in cesti e cofani, rena, piriti, ocre, fanghi, radici, sassi, vaiolai, agate, opali e terricci vergini […] Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1878 p. 10 Chiesa di S. Vito / Church of Saint Vito Cenni storici – artistici / Historic and arstistic notices

25 Rabbato […] pasta chiamata «metti e rimescola» (metti-e-rìmina). Si impastava – aggiungendovi gradualmente con un mestolo dell’acqua in minuscolo granelli. […] […]Questa pietanza era consumata dall’intera famiglia nello stesso grande piatto d’argilla che per lo più erano fabbricati a Caltagirone., la nota cittadina della ceramica. Le brocche, i bòmboli, le giare, o fiaschi per vino, e mozzòni, erano fatti a Mineo, al Ràbbato: un cocuzzolo pieno di mucchi di paglia che servivano ai broccai per temperare, e adattamente cuocere nei forni, quegli oggetti di argilla. Sotto il Ràbbato (anche questa è una parola di origine araba), oltre la ripida discesa dove crescevano rari alberi di ailanti o i primi ulivi dei boschi limitrofi, si vedeva il cimitero su un terrapieno che ai lati si affossava in terrazzoni di terra. I cipressi vi svettavano; bianche, o rosate erano, per lo più, le tombe. O poveri rettangoli coperti da pietre nude che il sole faceva scintillare. … Tratto da Il vicolo blu, Sellerio, Palermo 2003, p. 134

26 Viale delle Rimembranze – Fuoriporta / Outdoor
Foto Vincenzo Perrotta ... A Mineo nelle lunghe passeggiate fatte a Fuordiporta, vigente ancora l’oscuramento, sotto l’ampia volta celeste inondata di stelle o di luna, noi giovani discutevamo, a gruppi, su tutti questi problemi. Io ero unitario, come allora erano definiti gli antiseparatisti, e in questo mio atteggiamento giocava ruolo importante una componente sentimentale di estrazione didattico-storica:dopo aver fatto i nostri nonni l’Italia, noi volevamo spezzettarla nuovamente! Decisi di dar vita ad un giornaletto a cui diedi il titolo di Zufoletto paesano, di cui se ne batterono a macchina circa dodici numeri con l’aiuto di Jacopo Aloisi, proprietario di una macchina per scrivere e… nostro tipografo pronto a sbagliare ortografia e ad essere richiamato da me che gli stavo vicino. E l’amico Vincenzo Zimbone da Catania in questi giorni di fine d’anno 1975 mi ha telefonato per dirmi di aver ritrovato i fogli dello Zufoletto paesano di cui mi manderà tutta la serie. Eravamo nell’anno La guerra era al colmo del suo gonfio mareggiare in ogni dove. Sullo Zufoletto paesano oltre a trattare – eravamo in pochi a scrivere, tra cui l’amico Turi Passante e poi Pippino Tamburino, segretario del partito comunista di Mineo, - di temi unitari e separatisti, o di bozzetti di personaggi locali fatti da me, via via cominciammo anche a svolgere un’azione marxista con fortissime sfumature anticlericali, il che portò alla fuga di diversi collaboratori. Si era nel frattempo costituita la Camera del Lavoro dove la sera mi incontravo con tanti contadini, che presto, dietro la guida di Tamburino e Pino Di Carlo e del pronipote di Luigi Capuana, dottor Sidoti (che poi si allontanò), occuparono in un’alba rosata le terre del principe Grimaldi, a Castelluccio, tornando la sera come un vero mare di muli asini zappe bisacce e bandiere. … Tratto da Follia, Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, Catania 1976, pp

27 Via Millicucco – Viottolo delle mura – Contrada Acquanuova (parte Ciccio Incarbone)
CLIC HERE Via Millicucco Terrazzo Casa Bonaviri Foto Vincenzo Perrotta [...]Quell’estate m’accorsi che restavo sola e vidi partire Ciccio Incarbone a cercare fortuna in America, col sacco sulle spalle e senza speranza di rimpatrio. Poveretto, voleva venire a casa nostra per salutarci e dirmi l’ultima parola, ma mio padre lo trattò male e non volle che si presentasse nemmeno a mia madre. … Continua... Foto Vincenzo Perrotta

28 Viottolo delle Mura Contrada Acquanuova
[…] Lo vidi scendere per il viottolo delle Mura e per il dirupo pieno di cocci di quartare rotte e di porcherie che ognuno vi faceva, senza nessuno che lo accompagnasse, con la camicia rattoppata e il sole forte sulla testa... Foto Vincenzo Perrotta Contrada Acquanuova [...]Il treno passava nel pomeriggio alla stazione, lontana due ore di strada da Mineo sita a Callari su un piano in cui si incurvano le ristoppie e in cui seccano i cardi spinosi. Non seppi piangere quando Ciccio scomparve oltre il poggio di S. Giuseppe e s’era fatto piccolo piccolo per la distanza come una rondine che naviga su un terreno basso pieno d’arsura. Rammento che nei primi giorni non volevo sedermi sul ballatoio a chiacchierare con le vicine e a veder scendere i tramonti foschi e torridi dalle montagne di Militello... Foto Vincenzo Perrotta Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, p. 90

29 Mineo visto dalla calata di S. Giuseppe / Mineo seen from S
Mineo visto dalla calata di S. Giuseppe / Mineo seen from S. Giuseppe district Foto Vincenzo Perrotta ... Ritornavamo a Mineo per le trazzere in cui si arrampicavano gli asini e la nebbia che infittiva. Io avevo un sonno infinito e mio nonno, ogni tanto, voltandosi, mi tirava per la giacca: - Peppi! Proprio ora devi dormire? Attento se ruzzoli a terra dall’asino! – Mi sentivo invadere di gioia quando dalla calata di San Giuseppe, vedevo, sul colle, Mineo con qualche rara lampada nebbiosa che or si or no luceva... Tratto da Il sarto della stradalunga, Einaudi, Torino 1981, p. 126

30 Contrada Nunziata – Proprietà dello zio Michele Rizzo / Nunziata district – Ownership of Michele Rizzo Foto Vincenzo Perrotta …. Spesso passavo le vacanze estive alla Nunziata con zia Pippi e zio Michele. Di giorno, sotto il pergolato, facevo lunghe partite a scopa col vecchio massaro Filippo Mammana che, negli intervalli, mi parlava dei tanti modi per catturare le lepri, o mi spiegava il pensiero politico di don Luigi Sturzo che per lui «era un siciliano dall’ingegno sottile che avrebbe sommerso a lungo, per decenni di decenni, Mussolini, superandolo». Oppure, nel pomeriggio, con mio compare andavo nella contrada San Giuseppuzzo, davanti la casa del nostro parente Mario Privitera (il cui figlio, Elio, oggi è un grande grecista)… Tratto da Ghigò, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1990, p. 133 Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics

31 Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices
Contrada Nunziata - Monte Carratabia / Nunziata district - Mount Carratabia Foto Vincenzo Perrotta Cenni storici – artistici / Historic and artistic notices

32 Cenni storici / Historic notices
[…] la mia matrice la cerco la trovo a Mineo, nel suo ampio ambito di terre rupestri, e vallate, nella sua tradizione, sebbene elettivamente contadina, di proliferante mitopoiesi. Quale migliore amico del vento, onnipotente e multiforme a seconda le ore e le stagioni dolci per suoni e trasportati profumi campestri? quale migliore amico di un padre – tanto timido da sfuggire per non impacciarlo il cliente contadino che non gli poteva pagare il vestito – che in segreto scriveva poesie? Quale migliore amica d’una madre che nelle sere d’inverno, raccontava a noi cinque figli (io il più vecchio) delle fiabe con un aedica attitudine di parole sentimenti gesti sorrisi? o quando ci raccontava come raggiungere New York per ragioni di lavoro con la sorella Agrippina, il cognato Michele e la nipote Maria? L’ultima parte della traversata dell’oceano fu tempestosa se dei due vapori, il Madonna e il Patria, si salvò, tra grida pianti e onde altissime, il primo, ossia quello dove lei viaggiava in terza classe. E per pagarsi il biglietto era stata costretta, attorno ai venti anni, a lavorare per mesi e mesi delle calze ad uncino. E come dimenticare la minuta documentante descrizione del suo lavoro in una camiceria di New York, le tante espressioni d’americano da lei imparato, e i rari straordinari film visti tra cui in lei predomina il ricordo del Monello di Charlot? Tratto da Follia, Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, Catania 1976, pp Vallata di Fiumecaldo Foto Vincenzo Perrotta Cenni storici / Historic notices

33 Altopiano pietroso di Camuti/ Camuti plateau
Camuti - Casa rurale Casaccio-Bonaviri / Camuti Casaccio-Bonaviri’s Farm-house Altopiano pietroso di Camuti/ Camuti plateau Foto Vincenzo Perrotta Foto Vincenzo Perrotta Casa Casacccio-Bonaviri Cenni storici ALTOPIANO DI CAMUTI / Historic notices … Ritornavamo a Camuti in settembre; sia per la temperatura mite che nasceva, in molli onde corte, dai monti, o dal mare che indifferente scintillava in leggeri movimenti attorno alla nostra isola; sia per i fichidindia che, già maturi, mangiavamo il mattino col pane, sbucciati, con coltello e forchetta, da nostro padre che ce li faceva trovare bell’e pronti in un grande piatto di ceramica di Caltagirone. […] Altre siepi di fichidindia, più fitte e più basse, sorgevano accanto alla casa di là dal viottolo che conduceva alla casa dei Manduca nelle cui terre, a quelle nostre limitrofe, come mezzadro lavorava massar’Angelo. […] Dopo la colazione, andavamo a giocare; Pippuzzo era spesso presente. La campagna era mutata perché settembre la rendeva d’un giallo intenso a causa del mare di stoppie, sia nei pianori che negli acrocori, o negli infossati e perfino nei burroni sulle terre rocciose. … Tratto da il vicolo blu, Sellerio, Palermo 2003, pp

34 Cenni storici / Hostoric notices
Altopiano di Camuti – Pietra della poesia / Camuti plateau – Stone of poetry Cenni storici / Hostoric notices Foto Vincenzo Perrotta …Comunque, in agosto, secondo un calendario ben preciso, da ogni parte della Sicilia, vuoi dai vicinissimi monti Erei, o dagli Iblei, o dalle Madonie, o da paesi immersi in canaloni e crepacci, o, ancora, da borgate lungo il mare, venivano a Mineo tanti poeti dialettali per riunirsi sull’altopiano pietroso di Camuti, attorno al masso della poesia: lì vicino si dice, il poeta Paolo Maura, morto a Mineo nel 1711, si costruì una casetta. Pareva si rinnovellasse il mito delle religioni del sottosuolo, come in Grecia, a Delfi o a Dodona mormorante di querce. Tratto da L’incominciamento - I poeti - Sellerio, Palermo 1983 pp

35 Mineo vista dall’altopiano di Camuti / Mineo seen from Camuti’s plateau
Foto Vincenzo Perrotta …Quando noi guardavamo dall’altopiano di Camuti, su cui brillava il vento misto al grano, lui, indicandomi difronte, oltre la vallata di Fiumecaldo, il nostro paese che si arrotondava sul monte in splendore, mi diceva: «Senti, Pippino, dinanzi a noi due c’è Mineo con i suoi artigiani che lavorano, con le donne che senza interrompimento accudiscono alle faccende ordinarie; e, sotto, nelle valli, nelle giunture dei picchi abbinati, e sulle alture, lavorano i villani; o vanno, per cercare nutrimenti, le capre tra macchie e cocuzzoli senza alberi. Se tu con la mente unisci tutto questo per fili, per esempio di seta, e lo cuci come faccio io con un vestito, nella stessa gugliata imbrigli artigiani, contadini, donne, bestie e albereti. Cioè, hai un tempo tondo, perfetto, che in ogni suo punto circolarmente vibra d’armonia»…. Tratto da L’incominciamento – Armonia – Sellerio, Palermo 1983, p. 54

36 Mineo – Panorama / Mineo - Landscape
CLIC HERE CHIESA S. MARIA MAGGIORE Foto Vincenzo Perrotta CHIESA S. AGRIPPINA CHIESA S. PIETRO ... Il paese è tutto dentro il nostro occhio, -sorrise lo psichiatra. - Lo possiamo delimitare con tre linee che fanno come un triangolo equilatero. Il primo nucleo è nato attorno a quest’altura che per origine era una roccaforte[...]una linea passa per la Chiesa di Santa Maria che una volta era il tempio del Sole di cui restano due spuntoni leoniformi davanti all’ingresso principale. L’altro vertice lo troviamo nel campanile di San Pietro alla nostra sinistra. L’ultimo vertice si ingrana perfettamente nella torre mozza della Chiesa di Santa Agrippina... Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1978 pp

37 Breve percorso tra le vie del paese / Running through Mineo
Città di Mineo Foto Vincenzo Perrotta Breve percorso tra le vie del paese / Running through Mineo

38 CLIC HERE Agrippino Pietrasanta, BONAVIRI E MINEO: RAGIONI DI UNA VERIFICA Da Tabella di marcia, Atti del Convegno Nazionale dedicato a G. Bonaviri (Mineo, Catania, Messina, il Novembre 1981) raccolti da Anna De Stefano n. 4 Maggio 1983

39 CLIC HERE Giorgio De Rienzo, BONAVIRI E MINEO Da La Fusta Special Issue on Giuseppe Bonaviri , Department of Italian Rutgers University New Brunswick, Sping-Fall 81 Vol. VI

40 Tramonto a Mineo / Sunset by Mineo
Foto Vincenzo Perrotta La Jaluna ci disse che l’uomo per la memoria della figlia seguiva i tramonti: […] Lui diceva alla figlia: «Vedrai che lo raggiungeremo. Quello segue il corso di Fiumecaldo, dov’è l’asse del mondo, e noi di sotto lo vedremo farsi sempre più grande. Via corri!». Rimasto solo per la malattia della figlia, inseguiva per felci e rovi il sole tramontante. E tu sai, o fratello Timor, che da noi i tramonti sono lunghissimi a causa delle diffuse rifrazioni solari nascenti dai deserti e specchiati dagli abissi marini... Tratto da Dolcissimo, Rizzoli, Milano 1978, pp

41 Bibliografia telematica
Can Giuseppe Gambuzza, Mineo nella storia, nell’arte e negli uomini illustri, Edizione a cura dell’Autore, Mineo 1995 Comune di Mineo, Conoscere Mineo Storia Arte Cultura Folklore, ED INSIEME, 1998 AA.VV., Kalòs – Luoghi di Sicilia, Mineo, Edizioni Ariete, maggio-giugno 1996 Bibliografia telematica

42 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics
PORTA ADINOLFO / ADINOLFO DOOR La struttura ad arco presenta, nella parte superiore, una torre su ciascun lato sovrasta dal sole, simboli che stanno ad indicare rispettivamente il Castello Ducezio e il Tempio del dio Sole. L’arco, dal lato interno del paese, è ribassato, direttamente impostato su una delle strutture murarie contigue, sottolineando l’interrelazione tra gli elementi che affiancano la porta, da un lato l’ex Collegio dei Gesuiti, dall’altro l’ex Chiesa di S. Maria della Porta. Dal lato esterno, invece, l’arco è a tutto sesto, sorretto da due paraste con capitelli e affiancato da altrettante paraste con capitelli e basamento. L’archivolto è decorato con modanature dritte e rovesce recanti iscrizioni. A coronamento, un cornicione ad arco aggettante verso l’esterno. The structure introduces, in the advanced part, a tower on every side overhangs from the sun, symbols that indicate respective the Ducezio Castle and the Temple of the God Sun. The arc, from the inner side, is lowered, directly set up on one of the near building, emphasizing the interrelation between the elements that place side by side the door, on one side the College of the Jesuits, from the other the Church of S. Maria of the Door. From the external side, instead, the arc is supported from two paraste and adorned with capitals and it placed side by side from capitals and base. The archivolt is decorated with straight and reverse mouldings with inscriptions. At the top, an arc cornice jutting out outside.

43 Cenni storico-artistici/ Historic and artistic notices
LARGO S. AGOSTINO – TOMBA GALLICA / S. AGUSTINE SQUARE – FRENCH BURIED Il toponimo è legato agli eventi che coinvolsero la città di Mineo durante i Vespri Siciliani. Dopo che i palermitani fecero scoccare la scin­tilla dinnanzi la chiesa di S. Spirito il lunedì di Pasqua del 1282, la guerriglia contro le guarni­gioni francesi dilagò in tutta la Sicilia. Il presidio francese di Mineo, composto da tre­dici uomini, fu massacrato nel largo S. Spirito, oggi chiamato Piazzetta dei Vespri, nella stessa primavera del I Francesi uccisi vennero sepolti nel forte d’Alia, che poi fu chiamato Largo S. Agostino per la chiesetta e il convento omonimo. Nel luogo, sul frontone di una casa, si trova una lapide, fatta porre dall’Amministrazione Comunale nel 1896, sulla quale si legge un’epigrafe, fatta dettare da Luigi Capuana, che recita: “Qui la pietà cittadina diede tomba ai tristi francesi, contro i quali suonarono i memorandi vespri siciliani”. The name is connected to the events that involved the city of Mineo during the Sicilian Vespri. After that the citizens of Palermo take a fight in front of the church of S. Spirit on the Monday of Easter in 1282, the fight spreaded in all the Sicily against the French. The French garrison of Mineo, composed by thirteen men, was massacred in front of the Church of S. Spirit, today called Vespri Square, in the same spring of The murdered French came buried in the fortress of Alia, place actually called Saint Augustine square for the homonymous convent and church. In the place is placed a inscription, on the fronton of a house, made to place from the Communal Administration in 1896, on which a epigraph, dictated from Luigi Capuana, it recites,: “Here the city mercy gave a buried to the sad French, against which they fought the Sicilian Vespri”. Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics LARGO S.AGOSTINO – TOMBA GALLICA Il luogo dove vennero sepolti i Francesi al tempo dei memorabili Vespri Siciliani, ora Largo S. Agostino, era parte di un sistema di difesa che comprendeva avanzi di mura e di torre circolare, costituito da grandi blocchi calcarei e atto a precludere l’accesso alla città dal lato ovest. Allo stato attuale è alto cinque metri e non si può determinare la sua epoca. Lo stato di alterazione e di degrado del materiale fa supporre, tuttavia, che si tratti di un opera muraria risalente forse al periodo arabo, parte di un bastione costruito al tempo della contesa tra Arabi e Bizantini, essendo Mineo una delle fortezze da espugnare. The place where came buried the French to the memorable time of the Sicialian Vespri, now Wide S. Augustin, was part of a system of defense that comprised remainders of walls and of circular tower, constituted by great limestone blocks and built in order to defence the access to the city from the west side. Actually, it is high five meters and its age cannot be determined. The state of alteration and degradation of the material makes to suppose, however, that the building going back perhaps to the Arabic period, part of a bastion constructed at the time of the fight between Arabi and Bizantini, being Mineo one of the fortresses to storm.

44 Cenni storico-artistici / Historic and artistic notices
PORTA ADINOLFO / ADINOLFO DOOR Fra le quattro porte che nel Medioevo davano accesso alla città – l’Odigitria, la Udentiam, la Iacò – la porta Adinolfo (1) detta anche porta “del mercato” dato la vicinanza con la piazza nella quale si svolgeva, è l’unica ad essere ancora visibile. Tuttavia l’attuale costruzione, eseguita sulla forma dell’originale che andò distrutta nel terremoto del 1693, risale al 1896, come si evince dalla iscrizione sull’archivolto. Sulla porta appare anche la data del 746, ma non indica di certo la data di prima costruzione della stessa a protezione dell’accesso orientale della città. Infine, ancora un’iscrizione sul fronte esterno, posta al di sopra del capitello sinistra, testimonia il ripristino generale e la pulizia della facciata in pietra, nel 1971. Among the four doors that in the Middle Ages they gave approached the city - the Odigitria, the Udentiam, the Iacò - the Adinolfo door, said also door “of the market”, as near the public square in which it was carried out, is the only one to being still visible. However, the actually door goes back to 1896, as written on the archivolt, was built on the model of the first one, that was destroyed in the earthquake of 1693. On the door appears also the date 746, but it does not indicate certainly the date of the first construction of the same one in order to protect the eastern access of the city. At last, another inscription on the external forehead, on the left capital, shows the date of the general restoration and the cleansing of the facade in stone, in 1971. (1) Insieme a Giovanni da Procida, Adinolfo e lo zio Alàimo furono l’anima della rivolta contro i francesi nel 1282, durante i Vespri Siciliani. Ma traditisi col Re di Spagna, terra nella quale erano stati condotti, furono condannati ad essere buttati a mare. Vi si lanciarono coraggiosamente, avvolti nei loro mantelli, sotto gli occhi dei soldati. Ma le onde che battono lungo le coste della Spagna, dove perirono, a chi le sa ascoltare, dicono che non bastano le quindici lune, contornate di laminette d’oro, emergenti dal mare nel grande anno lunisolàre, a spegnere il forte desiderio di vita dei predetti eroi.

45 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics
PIAZZA DEI VESPRI / VESPRI SQUARE CASA DI ABITAZIONE DEL NONNO PATERNO GIUSEPPE BONAVIRI/ GRANFATHER’S HOUSE Il prospetto dell’edificio si affaccia tra Piazza dei Vespri e l’ingresso di Piazza Buglio, dirimpetto al Palazzo Comunale. Al primo piano campeggiano due balconi con ballatoi sostenuti da tre mensole ciascuno. In alto, quello di sinistra, è chiuso da un timpano triangolare, mentre, quello di destra, da un timpano a semicerchi al di sotto del quale scorre l’architrave sostenuto da due paraste decorate con triglifi. Come appare dalle linee architettoniche, dalla parasta mancante che chiudeva il prospetto a destra, e dal mezz’arco di una apertura ancora esistente sulla parete verso destra, doveva esserci un terzo balconcino del tutto simile a quello di sinistra. Infatti, in asse con il balconcino con timpano a semicerchi, che scavalca lo stesso cornicione, si apre sul registro inferiore della facciata un elegante portone d’ingresso con fornice e paraste laterali addossati a pilastri terminanti con triglifi sui capitelli, che richiamano quelli sul balcone sovrastante. The prospect of the building shows oneself between the Vespri Public square and the Buglio Public square, opposite to the Communal Palace. At first storey two balconies supported by three consoles. The left one, is closed from a triangular tympana, while, the right one, from a semicircles tympana under which is placed the lintel supported by two pilasters decorated with triglyph. As appears from the architectonic lines, from the pilaster lacking that it closed the prospect on right, and from the half arc on the wall towards right, had to be a third balcony completely similar to that one on the left. In fact, in axis with the balcony with semicircles tympana, that pass over the cornice , is opened an elegant main door with aperture and lateral parasite side by side to pillars with triglyphs on capitals, that call to mind the superior registry.

46 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics
PIAZZA BUGLIO / BUGLIO SQUARE - PALAZZO COMUNALE – EX CONVENTO DEI GESUITI / COMUNAL PALACE – EX JESUITS COLLEGE - ATRIO COMUNALE / CLOISTER - CHIESA DI S. TOMMASO / CHURCH OF S. TOMAS Piazza Buglio, dedicata al gesuita missionario Padre Ludovico Buglio, si trova la centro del paese. Sulla piazza si affaccia il Palazzo Comunale, con il prospetto principale, su tre registri sovrapposti. Il primo costituito da una serie di portoni ad arco che danno accesso al primo piano; il secondo alterna balconi a grandi finestre; infine, il terzo, presenta una serie di finestre architravate, tutte delle stesse dimensioni. Il portale d’ingresso, poggiante su una scalinata attraverso la quale si accede al chiostro interno, è affiancato da una struttura architravata costituita da due colonne circolari poggiate su basamento quadrangolare e sormontate da capitelli e architrave. Sul portale d’ingresso, in corrispondenza del registro superiore, si innesta una seconda e ridotta struttura architravata, al centro della quale è posto lo stemma della città[i], che riprende quella inferiore, con colonne circolari poggiate su basi quadrangolari e sormontate da capitelli e architrave. Sull’ultimo registro si innesta un coronamento con funzione di campanile, raccordato lateralmente alla struttura inferiore a mezzo di volute trasversali. All’interno del Palazzo si apre un loggiato, sorretto da pilastratura, con funzione di raccordo dentro l’edificio. Gli archivolti dello stesso sono evidenziati da una singola ghiera in corrispondenza della cui chiave è posto un elemento decorativo. Buglio public square, dedicated to the missionary Jesuit Father Ludovico Buglio, is in the centre of the city On the square shown his frontal prospect the Communal Palace, on three overlapped levels. The first one constituted by a series of front doors to arc that gives access to the first floor; the second one alternates balconies to great windows; the third one, introduces finally, a series of lintel windows, all of the same dimensions. The portal of income, leaning on a stairway through which is accessed into the inside cloister, it is placed side by side by a structure constituted by two circular columns leaned on quadrangular plinth and surmounted by capitals and lintel. On the portal of income, in correspondence of the superior register, there is a second and redoubt lintel structure at the centre of which the coat of arms of the city is set with circular columns leaned on quadrangular bases and surmounted by capitals and lintel. On the last level a top with function of bell tower is placed, joined to the structure through transversal volutes. Inside the Building it opens an open gallery supported by pillars, with function of link inside the building. The archivolts of the same are underlined by a single line of stone in correspondence of key is set a decorative element. Continua..

47 All’interno del chiostro si affaccia il prospetto laterale della Chiesa di S. Tommaso Apostolo.
Il tempio è a croce latina ed unica navata con transetto trasversale. Sui lati della navata si aprono otto nicchie delle quali quattro raccolgono altari minori e due erano destinate ad aperture laterali, una soltanto delle quali è oggi praticabile, mentre l’altra risulta murata. L’altare maggiore prende posto nel presbiterio, ricavato dalla chiusura del portare d’ingresso sul lato posteriore, in corrispondenza del quale si erge il catino absidale. La quota del pavimento sopraelevata rispetto all’esterno comporta la presenza di scale anche all’interno, in corrispondenza dell’ingresso principale. Le coperture a volte a botte, della navata e del transetto, fanno da contorno alla cupola centrale sorretta da pennacchi. Il prospetto principale con profilo a capanna è chiuso da due paraste angolari in pietra intagliata, sormontato da cornicione aggettante al di sopra del quale di trova un timpano triangolare senza decorazione, ed è diviso in due ordini sovrapposti da una fascia a rilievo. Nell’ordine inferiore si apre il portale d’ingresso, preceduto da una scalinata in marmo, composto da una cornice con modanature sia sui ritti che sull’architrave e sovrastato da un timpano triangolare semiaperto al di sotto del quale si osserva un fregio iscritto e due bassorilievi. Nell’ordine superiore si apre una finestra rettangolare con cornice a due ghiere di conci lisci e decorati in bassorilievo alternati. Nei prospetti laterali si aprono sul registro superiore finestre ad arco ribassato, mentre sul registro inferiore due portali d’ingresso (di cui solo uno praticabile) a struttura architravata con paraste sormontate da capitelli. In corrispondenza del prospetto laterale sinistro, a pianta quadrangolare aggettante, si erge la torre campanaria, affacciata sul chiostro del Palazzo Comunale. Inside the cloister shown its prospect the Church of S. Thomas Apostle. The temple is cross Latin and only nave with transversal transept. On the sides of the aisle eight niches are opened, among which four pick up smaller altars and two were destined to side openings, one only of which is practicable today, while the other one results walled up. The main altar takes place in the presbytery, obtained by the closing of the entry on the back side, in correspondence of which the apse risen. The height of the floor cause the presence of staircases inside, in correspondence of the principal entry. The barrel vault, on the aisle and on the transept, surroundings the central dome supported by plumes. The principal prospect with hut profile is closed from two you angular pillars in carved stone, surmounted by projecting moulding above which of it finds a triangular tympana without decoration, and separated in two overlapped levels by an embossed band. In the below level it opens the portal of income, preceded by a stairway in marble, composed by a frame with mouldings both on the upright ones that on the lintel and overhung by a half-open triangular tympana below which an ornament and two bas-reliefs are observed. In the superior level a rectangular window opens with frame in smooth stone and decorated in bas-relief alternated. In the side prospectuses on the superior level windows to reduced arc open, while on the inferior level two portals of entry (of which only one practicable) to lintel structure with pillars surmounted by capitals. In correspondence of the left side prospectus, quadrangular plant, the bell tower is risen, shown on the cloister of the Communal Palce.

48 Cenni storici / Historic notices
PIAZZA BUGLIO / BUGLIO SQUARE - PALAZZO COMUNALE – EX CONVENTO DEI GESUITI / COMUNAL PALACE – EX JESUITS COLLEGE - ATRIO COMUNALE / CLOISTER - CHIESA DI S. TOMMASO / CHURCH OF S. TOMAS Il complesso che si affaccia su Piazza Buglio, comprendente il Palazzo Comunale e la Chiesa di S. Tommaso, fu edificato nel 1581, grazie alle ingenti somme di denaro devolute dai coniugi De Guerriero. Gian Tommaso De Guerriero, dice uno storico gesuita, era stato nel passato un prepotente barone feudale. Tuttavia, a seguito della morte dell’unica figlia di nome Angela[1], il genero Gian Vincenzo Lo Castello, Barone del Biscari, ed il nipote Ferdinando, decise di lasciare i suoi beni ad opere di carità e di fondare nella città un collegio gesuitico dotandolo di una rendita annua prima di 300 ducati e poi di 500. Il grandioso convento venne innalzato sul luogo del palazzo dei De Guerriero e sull’area circostante. I lavori iniziarono nel 1589, in concomitanza dell’arrivo nella città dei primi otto padri gesuiti, e vennero portati a termine nel Il convento era ancora nel pieno delle sue attività quando, nel 1767 la Compagnia di Gesù venne espulsa anche dalla Sicilia per ordine di Ferdinando III e i beni dei Gesuiti incamerati. I locali del Convento, il 21 ottobre 1841, per decreto del luogotenente del Re e ordinanza del sindaco Giuseppe Morgana, vennero in parte destinati a sede comunale, in parte ad uffici pubblici, in parte a scuola elementare. Preservatosi dal sisma del 1693, forse perché ancora di recente costruzione, ha mantenuto quasi intatto il loggiato interno secentesco, né ha subito rilevanti cambiamenti rispetto alla sua struttura originaria. La Chiesa, oggi dedicata a S. Tommaso apostolo, fu iniziata nello stesso anno del convento e terminata nel 1588; solo l’anno successivo vi si stabilirono i Gesuiti, reggendola per molti anni. Tuttavia non si hanno notizie certe sullo stato della costruzione prima del 1693, anche se sembri non abbia subito particolari danni. Sono evidenti le modifiche alla struttura originaria: la porta del prospetto sinistro fu murata e inoltre, nel 1962, venne ricavato il presbiterio chiudendo il vano corrispondente al portale esterno posteriore. The complex that shows oneself on Buglio square, composed by Communal Palace and Church of S. Tommaso, was built in 1581, thanks to sums of money devolved by the spouses De Guerriero. Gian Tommaso De Guerriero, as says a Jesuit historian, had been in the past an overbearing feudal baron. However, as a result of the death of the only daughter Angela, the death of her husband Gian Vincenzo Lo Castello, Baron of Biscari, and their son Ferdinand, he decided to leave his wealthy to charity institute and to found in the city a college for Jesuits equipping it with life annuity (before 300 ducat and after 500). The huge convent was built on the place of the De Guerriero palace and on the surrounding area. The intense activities began in 1589 and stopped in 1601, during the arrive in the city of the first eight Jesuit fathers. The convent was still in the full of its activities when, in the 1767 Company of Jesus came expelled also from the Sicily by Ferdinand III and the Jesuits proprety INCAMERATI. On 21 October 1841, for royal decree and decree of the mayor Giuseppe Morgana, the Convent came partially destined to Communal Centre, partially to offices publics, partially to elementary school. Preserved from the earthquake of 1693, perhaps because of recent construction, it maintained the inner structure intact, neither has had important changes regarding its original structure. The Church, today dedicated to S. Tommaso apostle, was built in the same year of convent and it’s finished in 1588; only next year the Jesuits settled in it, resisting it for many years. However sure news is not had on the state of the construction before 1693, even if seems doesn’t have damns. The changes to the original structure are obvious: the door of the prospect left was walled up and moreover, in 1962, the presbytery was obtained closing the posterior external portal. [1] Vedi scheda tecnica Chiesa di S. Agrippina (altare del braccio sinistro della pianta a croce greca – sarcofago di Angela del Guerriero)

49 Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics
PIAZZA BUGLIO / BUGLIO SQUARE - PALAZZO COMUNALE – EX CONVENTO DEI GESUITI / COMUNAL PALACE – EX JESUITS COLLEGE - ATRIO COMUNALE / CLOISTER - CHIESA DI S. TOMMASO / CHURCH OF S. TOMAS Piazza Buglio, dedicata al gesuita missionario Padre Ludovico Buglio, si trova la centro del paese. Sulla piazza si affaccia il Palazzo Comunale, con il prospetto principale, su tre registri sovrapposti. Il primo costituito da una serie di portoni ad arco che danno accesso al primo piano; il secondo alterna balconi a grandi finestre; infine, il terzo, presenta una serie di finestre architravate, tutte delle stesse dimensioni. Il portale d’ingresso, poggiante su una scalinata attraverso la quale si accede al chiostro interno, è affiancato da una struttura architravata costituita da due colonne circolari poggiate su basamento quadrangolare e sormontate da capitelli e architrave. Sul portale d’ingresso, in corrispondenza del registro superiore, si innesta una seconda e ridotta struttura architravata, al centro della quale è posto lo stemma della città[i], che riprende quella inferiore, con colonne circolari poggiate su basi quadrangolari e sormontate da capitelli e architrave. Sull’ultimo registro si innesta un coronamento con funzione di campanile, raccordato lateralmente alla struttura inferiore a mezzo di volute trasversali. All’interno del Palazzo si apre un loggiato, sorretto da pilastratura, con funzione di raccordo dentro l’edificio. Gli archivolti dello stesso sono evidenziati da una singola ghiera in corrispondenza della cui chiave è posto un elemento decorativo. Buglio public square, dedicated to the missionary Jesuit Father Ludovico Buglio, is in the centre of the city On the square shown his frontal prospect the Communal Palace, on three overlapped levels. The first one constituted by a series of front doors to arc that gives access to the first floor; the second one alternates balconies to great windows; the third one, introduces finally, a series of lintel windows, all of the same dimensions. The portal of income, leaning on a stairway through which is accessed into the inside cloister, it is placed side by side by a structure constituted by two circular columns leaned on quadrangular plinth and surmounted by capitals and lintel. On the portal of income, in correspondence of the superior register, there is a second and redoubt lintel structure at the centre of which the coat of arms of the city is set with circular columns leaned on quadrangular bases and surmounted by capitals and lintel. On the last level a top with function of bell tower is placed, joined to the structure through transversal volutes. Inside the Building it opens an open gallery supported by pillars, with function of link inside the building. The archivolts of the same are underlined by a single line of stone in correspondence of key is set a decorative element. Continua..

50 All’interno del chiostro si affaccia il prospetto laterale della Chiesa di S. Tommaso Apostolo.
Il tempio è a croce latina ed unica navata con transetto trasversale. Sui lati della navata si aprono otto nicchie delle quali quattro raccolgono altari minori e due erano destinate ad aperture laterali, una soltanto delle quali è oggi praticabile, mentre l’altra risulta murata. L’altare maggiore prende posto nel presbiterio, ricavato dalla chiusura del portare d’ingresso sul lato posteriore, in corrispondenza del quale si erge il catino absidale. La quota del pavimento sopraelevata rispetto all’esterno comporta la presenza di scale anche all’interno, in corrispondenza dell’ingresso principale. Le coperture a volte a botte, della navata e del transetto, fanno da contorno alla cupola centrale sorretta da pennacchi. Il prospetto principale con profilo a capanna è chiuso da due paraste angolari in pietra intagliata, sormontato da cornicione aggettante al di sopra del quale di trova un timpano triangolare senza decorazione, ed è diviso in due ordini sovrapposti da una fascia a rilievo. Nell’ordine inferiore si apre il portale d’ingresso, preceduto da una scalinata in marmo, composto da una cornice con modanature sia sui ritti che sull’architrave e sovrastato da un timpano triangolare semiaperto al di sotto del quale si osserva un fregio iscritto e due bassorilievi. Nell’ordine superiore si apre una finestra rettangolare con cornice a due ghiere di conci lisci e decorati in bassorilievo alternati. Nei prospetti laterali si aprono sul registro superiore finestre ad arco ribassato, mentre sul registro inferiore due portali d’ingresso (di cui solo uno praticabile) a struttura architravata con paraste sormontate da capitelli. In corrispondenza del prospetto laterale sinistro, a pianta quadrangolare aggettante, si erge la torre campanaria, affacciata sul chiostro del Palazzo Comunale. Inside the cloister shown its prospect the Church of S. Thomas Apostle. The temple is cross Latin and only nave with transversal transept. On the sides of the aisle eight niches are opened, among which four pick up smaller altars and two were destined to side openings, one only of which is practicable today, while the other one results walled up. The main altar takes place in the presbytery, obtained by the closing of the entry on the back side, in correspondence of which the apse risen. The height of the floor cause the presence of staircases inside, in correspondence of the principal entry. The barrel vault, on the aisle and on the transept, surroundings the central dome supported by plumes. The principal prospect with hut profile is closed from two you angular pillars in carved stone, surmounted by projecting moulding above which of it finds a triangular tympana without decoration, and separated in two overlapped levels by an embossed band. In the below level it opens the portal of income, preceded by a stairway in marble, composed by a frame with mouldings both on the upright ones that on the lintel and overhung by a half-open triangular tympana below which an ornament and two bas-reliefs are observed. In the superior level a rectangular window opens with frame in smooth stone and decorated in bas-relief alternated. In the side prospectuses on the superior level windows to reduced arc open, while on the inferior level two portals of entry (of which only one practicable) to lintel structure with pillars surmounted by capitals. In correspondence of the left side prospectus, quadrangular plant, the bell tower is risen, shown on the cloister of the Communal Palce.

51 Personaggi / Personages
SENATORE BENEDETTO CIRMENI / SENATOR BENEDETTO CIRMENI Il giornalista e senatore Benedetto Cirmeni nacque a Mineo il 23 Agosto Alunno del liceo di Catania, nel 1873 ricevette il diploma onorario da Torino inviato ai migliori studenti del Regno. Conseguita la laurea in Diritto all’Università di Roma, vinse il concorso per i corsi di perfezionamento all’estero e nel 1882 lo troviamo all’Università di Berlino. È in questo periodo che iniziò a collaborare con giornali quali “Capitano Fracasso”, “Il Diritto di Roma”, “la Gazzetta del popolo” di Torino. Durante il congresso internazionale svoltosi a Berlino nel 1884 Cirmeni, portavoce del pensiero italiano in merito ad una divergenza tra Germania e Inghilterra, mostratosi favorevole alla causa inglese, fu dichiarato da Bismarch “soggetto non gradito all’impero tedesco” e per questo espulso dalla Germania. Nel 1892 il Cirmeni venne eletto deputato al parlamento del Collegio di Militello, che gli confermò la fiducia per sette legislature consecutive, durante le quali assunse la carica di Segretario dell’ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione e membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, finché con regio decreto del 2 Ottobre 1920 fu nominato Senatore del Regno. Morì a Roma nel 1935. The journalist and senator Benedetto Cirmeni was born in Mineo on 23 August Pupil of the grammar school of Catania, in 1873 received the honorary degree from Turin sent to the best students of the Reign. Graduated in Low at the University of Rome, he won the competition for the improvement course abroad and we find him in 1882 at the University of Berlin. It is in this period that he began to collaborate with newspapers as “Captain Failure”, “The Right of Rome”, “the Gazette of the people” of Turin. During the international conference in Berlin in the 1884 Cirmeni, spokesman of the Italian thought about a divergence between Germany and England, shown himself favourable for English cause, he was declared from Bismarch “subject not welcome in the German empire” and for this reason he was expelled from the Germany. In the 1892 Cirmeni was elected deputy at the parliament of the Militello College, that confirmed to him the confidence for seven consecutive legislatures, during which he assumed the charge of Secretary of the office of Presidency of the Chamber of deputies, Undersecretary of State to Public education and member of the Higher Council of Public Education, until with regal decree on 2 October 1920 he was name Senator of the Reign. He died in Rome in 1935.

52 Personaggi / Personages
SENATORE ANTONIO ALBERTINI / SENATOR ANTONIO ALBERTINI Il Magistrato Antonio Alberini nacque a Mineo il 18 Settembre Laureatosi all’Università di Catania nel 1893, fu pretore a Rosolini, Alatri, Montefiascone, Bracciano e Viterbo, finché passò al terzo Mandamento di Roma. Promosso Sostituto Procuratore continuò ad operare a Roma. Procuratore del Re prima a Velletri e poi a Napoli, tornò a Roma alla procura generale per poi vincere il concorso per l’unica Cassazione del Regno ed essere destinato quale Presidente della seconda sezione di Accusa presso la Corte d’Appello di Roma. Con tale carica si occupò del caso Matteotti, assolvendo gli imputati per mancanza di prove e mandando in Corte d’Assise coloro i quali furono poi condannati. Inoltre, l’Albertini fece parte della Commissione istituita al fine di modificare il Codice Penale per volontà del governo fascista. Nel dicembre 1927 passò al Ministero di Grazia e Giustizia e degli Affari di Culto con il titolo di Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e di Pena, e nell’aprile del 1929 venne eletto deputato per la circoscrizione di Roma. Nello stesso anno, il 13 giugno, con regio decreto, fu promosso Sostituto Procuratore Generale di Corte di Cassazione, con funzioni di Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano, e nel 1932 fu nominato Sottosegretario di Stato al Ministero di Grazia e Giustizia e poi Senatore del Regno. Morì a Roma il 5 Gennaio 1966. The Magistrate Antonio Albertini was born in Mineo on 18 September Graduated at the University of Catania in 1893, was pretore in Rosolini, Alatri, Montefiascone, Bracciano and Viterbo, until passed to the third District of Rome. Promoted Substitute Proxy he continued to operate to Rome. Proxy of the King before to Velletri and then to Naples, returned to Rome to the Attorney General's Office in order then to gain the competition for the only Cassation of the Reign and destined being which President of the second section of Accusation near the Appeals Court of Rome. With such charge tooks care Matteotti case, acquitting the accused for lack of tests and sending in Court of assizes those ones which then were condemned. Moreover, Albertini take part to the Commission instituted with the aim to modify the Criminal code during fascist government. In December 1927 he passed to the Ministry of Justice and of the Transactions of Cult with the title it of General manager of the Institutes of Prevention and Pain, and on April 1929 he was elected deputy in Rome. In the same year, the on the 13th of June, with regal decree, was promoted Substitute Attorney general of Court of Cassation, with functions of Attorney general near the Appeals Court of Milan, and in 1932 he was made Undersecretary of State to the Ministry of Justice and then Senator of the Reign. He died on 5 January 1966 in Rome.

53 Personaggi / Personages
DUCEZIO Quando i Greci giunsero in Sicilia, verso la metà dell’VII sec. a.C., se da un alto presero a fondare nuovi e floridi centri, dall’altro, molto spesso, si stanziarono in città già esistenti occupate dalla popolazione sicula, nella parte orientale dell’isola, e dalla popolazione Sicana ed Elima, nella parte occidentale della stessa. La convivenza tra geci e siculi si mantenne pacifica per circa tre secoli, ovvero dall’VII al V sec circa, fin quando i Siculi, consci del pericolo di una totale ellenizzazione della Sicilia, non tentano di rientrare in possesso di quei territori loro sottratti dall’espansione greca e soprattutto siracusana. È quindi questo il “momento di Ducezio”. La città che dà i natali al futuro condottiero dei Siculi, guida di un vero e proprio movimento indipendentista, è Menai, identificata con l’attuale Mineo. In realtà Menai non è che il centro indigeno sul quale nascerà la Menaion che le fonti testimoniano come fondazione di Ducezio. Procediamo con ordine: Ducezio nasce tra il 490 e il 488 a.C. da una nobile famiglia della città di Menai, in territorio calcidese, ovvero sotto il recente controllo della vicina Siracusa. Ne deriva perciò che egli è sì un siculo, ma ormai completamente ellenizzato. Come suggerisce l’Adamesteanu “la figura di Ducezio merita di essere particolarmente studiata non solo perché è in se stessa la dimostrazione della più profonda forma di ellenizzazione di un indigeno, ma anche, e soprattutto, per le sue intuizioni politiche, strategiche e religiose”. Nonostante il nostro condottiero sia quasi un greco, egli non rinuncia alla possibilità di guidare i siculi nella riconquista della loro indipendenza. La sua grecità diventa piuttosto uno strumento che gli permetterà di combattere ad armi pari con i suoi avversari. Questi non sono altro che i siracusani, i quali nel momento in cui la figura di Ducezio compare, stanno vivendo un momento molto difficile, legato al passaggio da una forma di governo ad un’altra. Egli sa bene approfittare del momento e, con l’appoggio dei calcidesi e di quasi tutti i siculi, intraprende la sua azione di riconquista. Azione politica, militare e religiosa. La prima realizzata tramite la creazione di una vera e propria lega, una synteleia di città sicule, nel 453 a.C. When the Greeks reached Sicily, towards the half of the VIII century b.C., in part found new and healthy cities, from the other, often, they occupied Sicilian population, in the east part of the island, and the cities in where were settled Sicana and Elima population, in the western part of the same one. The cohabitation between Greeks and Sicilians maintained peace for about three centuries, as from the VIII to the V century, until Sicilians, realised the danger of a total the occupation of Sicily, they try to re-conquest those territories occupied by Grekks in Syracuse area. The “moment of Ducezio” is therefore this. The birth city of Sicilian leader of a freedom movement, is Menai, identified with Mineo. Actually Menai is not the centre on which Ducezio would found Menai. We proceed with order: Ducezio was born between 490 and 488 b.C from a noble family of Menai, in calcidese territory, under the control of Syracuse. So, he is a Sicilian for his origins, and a Greek for his custums. As the Adamesteanu suggests “the figure of Ducezio have to study specially not only because he shows as a Sicilian can became a Greek, but also for his political, strategic and religious intuitions”. Although our leader is a Greek, he lead the Sicilians in the re-conquered their independence. His costumes becomes rather an instrument that allow him to fight to equal crews with his Syracuses enemies, which in the moment in which Ducezio appears, they are living a difficult moment, because of the passage from a form of government to an other. He can use the moment and, with the support of calcidesi and Sicilians ones, starts his action of reconquer. Political, military and religious action. Politically, realizing a synteleia of Sicilian cities, in the 453 b.C. Continua ...

54 La seconda con la costruzione, nell’attuale sito di Rocchicella, del “santuario nazionale” dei fratelli Palici, demoni sotterranei, il cui culto era già proprio del popolo siculo. La terza tramite la conquista di alcune città, prima tra tutte Aitna, e la fondazione di altre, come la già citata Menaion, e Palikè, accanto al santuario dei Palici, che diventerà il centro non solo religioso, ma anche militare della synteleia sicula. L’area sulla quale agisce Ducezio dunque è quella del Simeto, all’interno della quale Palikè occupa appunto una posizione strategica. L’azione del condottiero non si ferma però all’allargamento verso nord-est, né egli può pensare di avanzare a sud in pieno territorio siracusano. Per questo si dirige verso l’interno a occidente: prossimo obiettivo diventa infatti la conquista di Morgantina. Anche uno degli ultimi siti siculi di occupazione siracusana quindi entra a far parte della lega. Le conquiste di Ducezio non possono dirsi però ancora concluse, dato che egli conquista Motyon (forse identificata con Vassallaggi), in territorio agrigentino. La conquista di Motyon segnerà tuttavia la fine della prima fase dell’azione di Ducezio: sconfitto dai siracusani alleatisi con gli agrigentini, sarà costretto all’esilio a Corinto. Il suo ritorno sarà però segnato dalla fondazione di una nuova città, Kaleakte, sulla costa settentrionale della Sicilia. Da lì partirà la seconda fase della sua azione: egli sceglierà infatti di abbandonare lo scontro con Siracusa e di impedire una sua espansione verso nord, cercando invece di unificare quella zone che era rimasta indipendente. Ma anche questo tentativo porterà la situazione degenerare in uno scontro tra agrigentini e siracusani nel 446 a.C., presso il fiume Imera (l’attuale Salso). La battaglia si concluse nella sanguinosa sconfitta di Agrigento, costretta ad un trattato di pace con il quale rinunciava a tutti i territori perduti. È a questo punto che Ducezio esce, per così dire, di scena per lasciare la guerra alle due città rivali, per dedicarsi nuovamente all’attività di riconquista del territorio siculo. Progetto che rimarrà un sogno, a causa della sua improvvisa e prematura morte nell’anno 440 a.C. proprio nella città che avrebbe dovuto dar vita all’ultima gloriosa riconquista di Ducezio: Kalacte. Religious, with the construction, in Rocchicella, of “national sanctuary” of the brothers Palici, whose cult was already own of the Sicilian people. Military, through the conquest of some cities, as Aitna, and the foundation of others ones, like Menaion, Palikè, beside the sanctuary of the Palici, that become the not only a religious centre, but also a support of the Sicilian synteleia. The area on which Ducezio acts is the Simeto area, inside of which Palikè occupies a strategic position exactly. The action of the leader was increased towards the northeast, because of can’t go to south, as Syracuse territory. For this reason he moved to the West: next aim is the conquest of Morgantina. Also one of the last Sicilian sites of Syracuse occupation therefore take part of the synteleia. The conquests of Ducezio wasn’y stop, since he conquested Motyon (perhaps identified with Vassallaggi), in argentine territory. The conquest of Motyon represents the end of the first phase of the action of Ducezio: defeated from the Syracuses with the Argentines, he was forced to exile to Corinth. When he returns, he founds a new city, Kaleakte, on the northern coast of the Sicily. From here, began the second phase of his action: he chooses, in fact, to abandon the crash with Syracuse and to prevent a its expansion towards north, trying to unifying the areas remained independent. But, this trying carry the situation to degenerate in a crash between argentines and Syracuses in the 446 b.C., near the Imera river (actually Salso). The battle concluded in the bloody defeat of Agrigento, forced to a treaty peace by which it renounced to all the lost territories. At this point Ducezio leave the war to the two enemies cities, in order to dedicate himself to the activity of reconquere of the Sicilian territory. The plan remains a dream, because of his unexpected and premature death in 440 year b.C in the city that would be the centre of his last action: Kalacte city.

55 MINEO Stemma / Coat of arms Lo stemma della città di Mineo è su uno scudo gotico antico, sormontato da una corona delle città imperiali ed è adornato dalle parole “Urbs Menarum Vetustissima et Jucundissima”. È divisa in due da un palo. A sinistra spicca l’immagine di S. Agrippina, patrona della città, emergente dal castello, come quando apparve nei giorni in cui Mineo stava per essere saccheggiata dai Saraceni. A destra è l’aquila imperiale, anch’essa coronata, che mostra tutt’intera stilizzata, la sua parte anteriore con le ali spiegate, con il becco rivolto verso destra e le zampe aperte ai lati verso l’esterno. The coat of arms of Mineo is on an ancient gothic shield, covered from a crown of the imperial cities and it’s adorned from the words “Urbs Menarum Vetustissima et Jucundissima”. It is uniform in two from a pole. On the left it detaches the image of S. Agrippina, saint of the city, emerged from the castle, like when she appeared in the days in which Mineo it was in order to be plundered from the Saraceni. To right it is the imperial Aquila, crowned, that shows its frontal part with explained tows, with the spout turned towards right and the legs towards the outside. Continua ...

56 Cenni storici / Historic notices [1]
Gli innumerevoli ritrovamenti archeologici nel territorio di Mineo fanno pensare che il primo insediamento nel luogo si debba far risalire al paleolitico superiore, in contrada Rocchicella, e al neolitico. Si può parlare però di un vero e proprio centro urbano solo a partire dall’VIII sec a.C., quando il popolo Siculo, per difendersi dalle continue invasioni greche, cominciò a rifugiarsi nelle roccaforti naturali dell’isola. Secondo lo storico Diodoro Siculo, Mineo sarebbe da identificare con Menai, città natale del condottiero siculo Ducezio, il quale negli anni della sua guerra contro Siracusa e Agrigento, fortificò la città, costruì una roccaforte sull’acropoli e fondò un tempio dedicato ai fratelli Palici nei pressi di Palikè, una delle antiche Mene. Durante il periodo greco, primo di una lunga serie di dominazioni, fu costruito un tempio dedicato al dio Sole, sul luogo su cui si suppone sia stata edificata la Chiesa di S. Maria Maggiore. Nel lungo periodo romano Mineo fu città di notevole importanza strategica e centro produttore di grano. Nell’828 viene conquistata dagli Arabi, cambiando il suo nome da Menae in Qal’at Minau. Gli Arabi, esperti agricoltori, introdussero la coltura degli agrumi e arricchirono la zona collinare che circonda il paese con alberi di oliva, peri, vigne e altra frutta ancora oggi esistente nella pianura come riserva per gli agrumeti. I Normanni forse arrivarono nella città quando il Conte Ruggero cominciò ad occupare, per motivi strategici, i luoghi fortificati della Sicilia. Durante questo periodo venne fatto costruire il castello, formato da dodici torri merlate disposte intorno ad un triplice atrio con torre maestra ottagonale al centro. Ai Normanni seguirono gli Svevi che governarono fino al Federico II confermò tutti gli antichi privilegi di cui aveva goduto Mineo durante la dominazione normanna, fece restaurare il castello da architetti francesi, tanto da trasformarlo in uno dei più belli dell’isola. The many archaeological discoveries in on Mineo’s territory make to think that the first settlement in the area must be made to go back to the advanced Palaeolithic, in Contrada Rocchicella, and to the Neolithic one. About VIII sec the area has been occupied as a city, when the Sicilian people, in order to defend themselves from the continuous Greek invasions, began to settle themselves on the natural height of the island. According to historian Diodoro, Mineo would be identified with Menai, birth city Ducezio, who in the years of his war against Syracuse and Agrigento, fortified the city, built a fortress on the acropolis and founded a temple dedicated to the Palici brothers near Palikè, one of ancient the Mene. During the Greek period, first of a long series of dominations, was built a temple dedicated to the God Sun, on the place on which perhaps was built up the Church of S. Greater Maria. During the long roman period Mineo it was city of remarkable strategic importance and a good producer grain centre. In the 828 it comes conquered from the Arabs, changing its name from Menae in Qualat Minan. The Arabs, experts farmers, introduced the cultivation of citrus fruits and start to plant trees of olive, pear trees, vines and other fruit still today existing area. Perhaps the Normanni arrived in the city when the Conte Ruggero began to occupy, for strategic reasons, the fortified places of the Sicily. During this period had been constructed the castle, composed by twelve embattled towers around to a triple hall with tower octagonal master in the centre. Following Normans, Svevi governed until Federico II confirmed all the ancient privileges that Mineo had enjoyed during the previous domination, he made to restore the castle from French architects. Continua ... [1] Bibliografia. Conoscere Mineo, Storia Arte Cultura Folklore, ED INSIEME, 2002

57 Nel 1266 Mineo passò alla dominazione angioina
Nel 1266 Mineo passò alla dominazione angioina. Con il monarca Carlo D’Angiò la città perse molti privilegi patendo ingiustizie e mal governo, ai quali però si ribellò, come tutto il resto dell’isola, partecipando ai Vespri siciliani del 1282 di cui fu animatore Adinolfo, personaggio menenino che si distinse per il coraggio e a cui il paese ha dedicato la vecchia “porta del mercato”, ora Porta Adinolfo. Aiutati nell’impresa dagli Aragonesi ai quali avevano offerto la corona, i siciliani conobbero un’altra lunga e travagliata dominazione. Nel 1360 Costanza D’Aragona e Federico III celebrarono le loro nozze nel castello di Mineo, con la partecipazione delle più alte cariche del regno. Il matrimonio fu ufficializzato successivamente a Catania. Col regime vicereale dei Casigliani, succeduti nel 1537, Mineo rischiò di essere venduta per rimpinguare le casse del regno a causa delle guerre intraprese da Calo V, ma grazie ad una delibera del consiglio fu richiesto e ottenuto, previo pagamento della somma di ducati, di non procedere alla vendita e di continuare a godere degli antichi privilegi. Il castellano Giovanni Antonio Buglio rappresentò la città, per la quale ottenne il “mero e misto impero”, ovvero la piena potestà giudiziaria. In margine al documento Carlo V aggiunse per Mineo l’appellativo di “giocondissima”, onore concesso solo alle città più importanti. Nei secoli XVI e XVII Mineo vide fiorire arte e cultura, divenne centro di studi, a cui diedero il valido contributo le innumerevoli comunità religiose: 14 monasteri e conventi, 48 chiese fra grandi e piccole. Tra il 1522 e il 1542 Mineo fu sconvolta da disastri naturali quali peste, carestia e furiosi terremoti. Ancora carestie nel 1672, le invasioni delle cavallette del 1658 e infine il più grave e devastante terremoto del 1693, che danneggiò e distrusse moltissime chiese, palazzi e perfino il castello Ducezio, che non fu più ricostruito. Con il trattato di Vienna del 1783 la Sicilia passava all’ultima dominazione: quella dei Borboni, costituendo insieme al regno di Napoli il regno delle due Sicilie. Fu cos’ fino al 1860, anno in cui l’Italia fu unificata e tutta l’isola si liberò dal giogo straniero. Il resto è storia recente. In the 1266 Mineo passed to the domination angioina. With Carl D' Angiò the city lost many privileges suffering injustices and badly government, until Sicilian Vesper of 1282 Mineo took part lead by Adinolfo, who distinguished himself for courage and for this reason the country has dedicated to him the old “door of the market” now “Adinolfo Door”. Helped by the Aragonesi to which they had offered the crown, the sicialian knew an other long domination. In the 1360 Costanza Of Aragon and Federico II celebrated their wedding in the castle of Mineo, with the participation of the highest dignitary of the reign. The wedding was made official successively in Catania. During Castilians reign, succeeded in 1537, Mineo risked to being sold because of the wars lead by Carlo V, but thanks to a deliberation of the council were demanded and obtained to don’t proceed to the sale and to continue to enjoy the ancient privileges, by a payment of a sums of ducat. Giovanni Antonio Buglio represented the city, for which he obtained the “mere and mixed empire”, that is the full judicial power. In addict to this in the document Carl V added for Mineo the name of “giocondissima”, title given only to very important cities. During XVI and XVII centuries, Mineo became a centre of studies, to which gave valid contributions the religious communities: 14 convents, 48 large and small churches. During the year Mineo was upset from natural disasters, scarcity and furious earthquakes. Still scarcities in 1672, the invasions of locusts of 1658 and at last the most serious and devastating earthquake of 1693, that destroyed very many churches, palaces and even the Ducezio castle, than were not more rebuilt. With the treaty of Vienna of the 1783 Sicily it passed to the last domination: that of the Borboni, making up with to the reign of Naples the reign of the two Sicilies, until 1860, year in which Italy it was unified and the island was independent. Moreover, it is recent history.

58 Personaggi / Personages
SALVATORE GRECO Il Marchese di Valdina, Salvatore Greco nacque a Mineo dalla nobile famiglia dei Chiaramonte. Fu luogotenente di stato maggiore di Garibaldi e con lui, nel 1860 indossò la camicia rossa da garibaldino a Messina, capeggiando i volontari nella rivolta della Sicilia orientale contro i Borboni. Al fianco di Garibaldi combatté in Aspromonte. Sulla via di Trento fu ferito mortalmente ma ricombatté negli anni successivi a Monterotondo, a Mentana e a Digione per l’indipendenza della Francia. Condusse infine una spedizione di volontari siciliani per la liberazione del Montenegro al comando del principe Nicola, che lo aveva amichevolmente chiamato contro i Turchi. Per le sue eroiche imprese fu chiamato il Garibaldi della Sicilia. Morì a Roma nel 1910. The Marquis of Valdina, Salvatore Greco was born in Mineo from the noble family of Chiaramonte. He was deputy of General Staff of Garibaldi and with him, in 1860 he wore the Garibaldi's redshirt in Messina, leading the volunteers in the revolt of the eastern Sicily against the Borboni. With Garibaldi he fights also in Aspromonte. On the way of Trento he was hurt mortally but he fights in the successive years in Monterotondo, in Mentana and in Digione for independence of France. At last he lead a shipment of Sicilian volunteers for the liberation of the Montenegro, called friendly by Turk price Nicholas, against the Turks. For his heroic actions he was called the Sicilian Garibaldi. He died in Rome in 1910.

59 Personaggi / Personages
LUIGI CAPUANA Luigi Capuana nacque a Mineo il 28 maggio Studente di Legge a Catania dal 1857, cominciò ben presto ad interessarsi alla letteratura e in special modo alla poesia popolare, seguendo la sensibilità romantica, allora dominante. Nel '63 tornò a Mineo, dove compose dei drammi, sempre d'ispirazione romantica, poi rappresentati da una compagnia d'attori filodrammatici. L'anno seguente si stabilì a Firenze che, in quanto capitale d'Italia, accoglieva l'élite culturale del paese: qui il Capuana conobbe il Prati, l'Aleardi e cominciò ad interessarsi all'opera di Balzac e di altri romanzieri francesi. Proprio a Firenze iniziò la carriera di critico scrivendo recensioni teatrali per La Nazione, grazie alle quali si fece notare per l'acutezza e la spregiudicatezza dei giudizi. Fu in questo periodo, inoltre, che s'avvicinò al pensiero di Hegel e studiò le opere del De Sanctis, cominciando così a definire quelle che in seguito sarebbero state le basi teoriche del Verismo. Tornato a Mineo nel 1869 in qualità di ispettore scolastico, ne divenne sindaco e vi intrecciò una relazione con una popolana, dalla quale ebbe dei figli in seguito abbandonati. Nel 1885 lo ritroviamo per la seconda volta sindaco di Mineo e nello stesso tempo consigliere provinciale, finché il Ministro della Pubblica Istruzione lo chiama alla cattedra di letteratura italiana al Magistero femminile di Roma. È qui che il Capuana collabora con giornali e riviste, nonché si inserisce nel cenacolo letterario del Fanfulla. Nel '77 si trasferì a Milano e qui, nel '79, diede alle stampe il primo romanzo verista, Giacinta, che all'uscita scatenò una ridda di polemiche e di attacchi di ordine sia morale, sia stilistico. Molto successo ebbero invece le varie raccolte di fiabe per bambini, nelle quali trovava posto il suo vivissimo interesse per il folklore, incoraggiato anche dall'incontro col grande demologo Pitré, più volte introdotto nei racconti sotto le spoglie del Mago Tre Pi. Nell'80-82 uscirono i suoi Studi sulla letteratura contemporanea e, all'incirca nello stesso periodo, mise in atto, nel romanzo Scurpiddu, il criterio verista dell'attenta descrizione psicologica dei personaggi in relazione all'ambiente. Nell'85, a Milano, uscì la seconda edizione di Giacinta e la sua fama di teorico e critico cominciò ad allargarsi tanto che, nel 1902, gli fu assegnata la cattedra di Lessicografia e di Stilistica all'Università di Catania. Di questi anni sono i volumi di critica Per l'arte, Libri e teatro, Gli ismi contemporanei e i romanzi Profumo, La sfinge, Il marchese di Roccaverdina. Morì nel 1915. Luigi Capuana was born in Mineo on 28 May Student of Law in Catania from 1857, very soon began to be interested in the literature and specially in popular poetry, following the Romantic sensibility. In the ' 63 he returned to Mineo, where he composed dramas, in Romantic style, then represented by a drama company. Next year he settled down to Florence that, as capital city of Italy, received the cultural élite of the country: here Capuana knew Prati, Aleardi and began to be interested in Balzac and other French novelists. In Florence he began the critic career writing drama books’ reviews for the Nation, thanks to which he attract attention for his sharpness and his judgments. In this period, moreover, he interested in Hegel and De Sanctis, beginning to define the theoretical bases of Realism. Returned to Mineo in 1869 as scholastic inspector, he became Mayor and he fall in love with a woman, from which he had sons, later abandoned. In 1885 he was again Mayor of Mineo and provincial councilman, until the Minister of Public education calls him to the chair of Italian literature at feminine Mastery of Rome. Here Capuana collaborates with newspapers and reviews, and he becomes part into literary group of Fanfulla. In the ' 77 he moved to Milan and, in the ' 79, he print the first realism novel, Giacinta, that caused moral and stylistic controversies. the several collections of fairy-tale had instead success; in them came to the surface his interest for folk-lore, encouraged also thanks the met with Pitré, many times introduced his works under the empty name Mago Tre Pi. In he published Studies on the contemporary literature and, in the same period, in the novel Scurpiddu, he applied the realism rule through the psychological description of the characters in relation to the set. In 1885 in Milan was printed the second edition of Giacinta and his reputation of theorist and critic began to increase a lot that, in 1902, when was assigned to him the chair of Lexicography and Style at University of Catania. During these years he published critic works For art, Books and theatre, contemporary Ismi and the novels Scent, The sphinx, The marquis of Roccaverdina. He died in 1915.

60 Personaggi / Personages
PADRE LUDOVICO BUGLIO Ludovico Buglio nasce a Mineo il 26 gennaio 1606 da Don Mario Buglio, Barone del Burgio, Bifara e Favarotta, e da donna Atonia Gravina Corilles, figlia del Marchese di Francofonte. Pronipote del diplomatico della Sede Apostolica Giovanni Antonio Buglio, già a quattro anni era a Palermo e a sei iscritto all’ordine dei Cavalieri di Malta. Compiuti i primi studi, entra giovanissimo nella Compagnia di Gesù, nel noviziato di Palermo. Nel 1626 è a Roma, studente di filosofia. Negli anni è maestro di retorica nei collegi di Ancona e Fermo, e nel 1632 è di nuovo a Roma per essere ordinato sacerdote. Concessagli la missione della Cina, dopo un lungo viaggio giunge nel 1637 a Macao, dove il suo primo lavoro fu quello di conoscere i costumi e di studiare la lingua locali. In poco tempo non solo riuscì a parlare e scrivere il cinese, ma iniziò un’opera di evangelizzazione e di conversione che gli guadagnò la stima e la simpatia di molti. Nel 1640, infatti, uno dei quattro Consiglieri di Stato del regno, gli concesse un’abitazione ed una Chiesa. Tuttavia la sua opera di evangelizzazione non era gradita ai mandarini del luogo, tanto che Padre Buglio, insieme al suo confratello Padre Gabriele Magalhaes dovettero affrontare le accuse di parecchi bonzi, i quali intendevano vendicarsi del gesuita, in quanto aveva loro negato il battesimo per non aver rinunciato alla poligamia. Superato questo primo ostacolo ne subentrò un altro, non meno grave del primo. Infatti, il tiranno Ciang-Scien-Ciong, aveva invaso la provincia dove i gesuiti operavano, portandovi disastri e stermini in massa. Dapprima, Padre Buglio e il confratello si rifugiarono sulle montagne, ma in seguito furono chiamati alla corte del tiranno, il quale, dopo averli nominati mandarini e aver promesso loro la ricostruzione della Chiesa distrutta, li trattenne alla sua corte, in attesa di essere rimandati a Macao, come i gesuiti avevano chiesto al fine di non assistere alle malefatte del tiranno, e poi li imprigionò. Ludovico Buglio was born in Mineo on 26 January 1606 from Sir Mario Buglio, Baron of Burgio, Bifara and Favarotta, and from Atonia Gravina Corilles, Marquis of Francofontedaughter. Great-grandson of Giovanni Antonio Buglio diplomatic of the Apostolic Center, four years old he was in Palermo and six years old he was in the order of the Knights of Malta. Completed the first studies, he enters young in the Company of Jesus, in the novitiate of Palermo. In 1626 he is in Rome, philosophy student. In years he is master of rhetorical in the colleges of Ancona and Fermo, and in 1632 he is in Rome for being clergyman. Obtained the mission of China, after a long travel reaches Macao in 1637, where he interested in known of local customs and in study the language. In a short time he succeeded in speak and write the Chinese, and he began to evangelize and by which he had sympathy of many. In 1640, in fact, one of the four Councilmen of State of the reign, granted to him a room and a Church. However its work of evangelization wasn’t appreciated by local Mandarins, so that Father Buglio, with the friars Father Gabriel Magalhaes had to stand the accuse of several bonzes, who revenged of the Jesuit, as they denied to them the baptism in order to their polygamy. After this first obstacle, the tyrant Ciang-Scien-Ciong, as he has invaded the province where the Jesuits operated, causing disasters and exterminations in mass. At first, Father Buglio and the other friar sheltered themselves on mountains. Later they were calls at the court of the tyrant, who named them Mandarin and promised them to rebuild the destroyed Church, but kept them at his court, waiting to be sent back to Macao, as the Jesuits had asked with the aim to not assist to the crimes of the tyrant, and he imprisoned then them. Continua ...

61 I missionari aspettavano da un momento all’altro di essere trucidati; tuttavia, un evento improvviso, ovvero l’uccisione del tiranno per mano di cavalieri tartari, provocò tanto scompiglio alla sua corte così da permettere ai gesuitici fuggire e rifugiarsi sui monti, ma riconosciti da alcuni soldati tartari furono condotti alla presenza del loro Capo. Questi, fratello del nuovo imperatore e amico di un loro confratello, li affidò a persone di sua fiducia. Se Padre Magalhaes fu trattato con rispetto, la stessa cosa non può dirsi di Padre Buglio, che dovette patire sofferenze e fame. Finita la guerra Padre Buglio e il confratello giunsero a Pechino dove, a causa dell’ostilità verso il cattolicesimo dei precettori del giovanissimo imperatore, poterono risiedere per poco: tutti i mandarini furono decapitati, mentre i Padri furono esiliati in Tartaria. Dopo poco tempo però, a causa di catastrofici eventi considerati dalla corte imperiali segni di collera dal cielo, i Padri furono richiamati dalla Tartaria e fu loro concesso di tornare nell’abitazione di Padre Buglio a Macao. Solo quando l’imperatore, nel 1671, grande abbastanza da far prevalere le sue decisioni su quelle dei precettori, emise un decreto con il quale dava libertà alla religione cristiana, Padre Buglio poté riprendere la sua opera di evangelizzazione. Durante gli ultimi anni della sua vita – morì infatti nel 1682 – si dedicò alla composizione di opere in lingua cinese nonché a traduzioni nella stessa lingua di messali, rituali, breviario romano e altre opere liturgiche. The missionaries were waiting to be kill; however, an unexpected event, the killing of the tyrant by the hands of tartar knights, provoked so much confusion to its court thus to allow to friars to escape and to shelter themselves on mounts, but they were recognized by some tartar knights and they were lead to the presence of their Head. These, brother of the new emperor and friend of Father Magalhaes, entrusted them to people of his confidence. If Father Magalhaes was dealt with respect, wasn’t the same for Father Buglio, who suffered hunger. Ended the war Father Buglio and friar Magalhaes reached Beijing where, because of the hostility towards the Catholicism, couldn’t stay here: all the Mandarin were beheaded, while the Fathers were espelled in Tartaria. But after little time, because of catastrophic events considered signs of sky’s temper, the Fathers were recalled from the Tartaria and were granted them to return in the Father Buglio’s house in Macao. Only when the emperor, in the 1671, was enough adult in order to decide alone, he emitted a decree with which gave freedom to the Christian religion, thanks to which Father Buglio could resume its work of evangelization. During the last years of his life - he died in he had interesting to the composition of works in Chinese language and to translations in the same language of liturgical works.

62 Cenni storici/ Historic notices
“LA ROTTA DEL CONTE” Nella Sala del Consiglio Comunale attirano l’occhio del visitatore dei pregevoli pannelli in ceramica, opera del Prof.Luigi Gismondo della Scuola d’Arte di Grammichele. Commissionati dal Dott.Francesco Emmi nella sua gestione commissariale al Comune negli anni , raffigurano alcuni personaggi illustri della città: Ducezio, ultimo re dei Siculi; Ludovico Buglio, gesuita missionario; Salvatore Greco, eroe garibaldino; Luigi Capuana, novelliere e scrittore verista; i senatori Cirmeni e Albertini. Ad occupare un’intera parete è un pannello che ricorda una pagina gloriosa della storia della città: “la rotta del conte”. Siamo agli inizi del 1600, quando vigeva il sistema feudale e i Comuni erano in parte demaniali, ovvero di proprietà del Re o della Regina, e in parte vassallaggi, ovvero di proprietà di feudatari o baroni. In quegli anni la città vantava quattro grandi feudi (Impiso, Burgo, Castelluzzo, Montagna) e ancora feudi di proprietà del Comune e altri di proprietà di baroni. Pur facendo parte della Camera reginale, la città era alle prese con parecchi baroni, proprietari di alcuni feudi del suo territorio. Tra questi il Conte di Buscemi, barone del feudo di Barchino in territorio di Mineo. Il conte, Don Antonio Requesens, mal tollerava che i meneni, grazie a diritti acquisiti nel tempo, esercitassero nei suoi territori gli usi civici di cacciare, pascolare e far legna e, a qualunque costo, voleva toglierli. Fu così che, assoldati alcuni uomini di Occhiolà, vassalli del principe Branciforte, suo parente, prese ad intimare alla gente della città a non esercitare gli usi civici sulle sue terre. Essendosi moltiplicati gli abusi e le azioni violente da parte degli uomini del Conte, i Magistrati ed i Primati di Mineo nominaro cinque meneni nelle persone del giurato Don Alvaro Romano, del sindaco dei nobili Don Paolo Portaro, l’esattore delle regie imposte Don Orazio Xirotta e altri due gentiluomini per fermare i soprusi perpetrati da Don Requesens. Nonostante la minoranza numerica i cinque cavalieri riuscirono, durante uno scontro nelle terre del Conte, a mettere in fuga i suoi uomini. In the Communal Council Hall seven ceramics panels attract the eye of the tourist, work of the Prof. Luigi Gismondo of the School of Art of Grammichele. Ordered by the Doct. Francesco Emmi as Commissar for Municipality of Mineo in years , they show famous personages of the city: Ducezio, last king of the Sicilian people; Ludovico Buglio, Jesuit missionary; Salvatore Greco, hero of Garibaldi; Luigi Capuana, novelist and realist writer; the senators Cirmeni and Albertini. On one wall, there is a panel that remembers a glorious page of the history of the city: “la rota del conte”. We are on the beginnings of 1600, when there was the feudal system and the Common ones were partially state property, as property of the King or the Queen, and partially vassalage, a property of feudal overlord or barons. In those years the city own four large fief (Impiso, Burgo, Castelluzzo, Mountain) and others propriety of the Council and others property of barons. Also making part of the Queen’s Room, the city was in trouble with several barons, owners of some lands in its territory. Among these the Earl of Buscemi, baron of Barchino in Mineo’s territory. The Earl, Sir Antonio Requesens, badly tolerated that the citizens, thanks to acquired rights in the time, exercised in his territories the civic uses to hunt, to graze and to make firewood and, at all costs, wanted to remove them. So, calling some man of Occhiolà, vassals of prince Branciforte, his relative, he threaten people of the city to not exercise the civic uses on his lands. When Earl’s man have so threatened the citizens, the Magistrates and the Supremacies of Mineo called five persons: Sir Alvaro Romano, jurist; the mayor of noble Sir Paolo Portaro, the tax-collector Sir Orazio Xirotta and others two gentle man in order to stop the soprusi perpetrated from Sir Requesens. In spite of the numerical minority the five knights succeeded in put in escape the Earl’s mans, during a crash in lands of the Earl. Continua ...

63 Tuttavia gli uomini di Occhiolà dichiararono banditi i cinque cavalieri meneni con l’appoggio del principe di Butera, il quale comunicò il bando al vicerè dell’isola che diede ordine al capitano d’armi della Val di Noto di arrestare i cavalieri. E così fu fatto. I cittadini, dolenti per l’arresto dei cavalieri, si accanirono non tanto con il princpe di Butera, quanto con il Conte Don Requesens, causa dei loro guai. Dopo aver ottenuto la liberazione dei cavalieri meneni, e dopo un breve periodo di tregua, i cittadini di Mineo si trovarono costretti ad intervenire nuovamente con la forza per rispondere alla violenza del Conte. A seguito di un altro sopruso nei confronti di un cacciatore del paese, l’Assemblea cittadina decise di portare guerra al Conte di Buscemi. In un solo giorno i meneni diedero alle fiamme il castello e costrinsero Don Requesens alla resa, conducendolo a Mineo come prigioniero. Il vicerè, venuto a sapere di quanto accaduto, si irritò tanto, quasi da decretare la distruzione della città. Soltanto l’intervento del Conte Ruggero de Settimo riuscì ad evitare il peggio alla città: il Conte venne rilasciato con le dovute scuse e i cittadini di Mineo matennero gli usi civici sul feudo Barchino fino all’epoca dello sciglimento degli stessi, nel 1827. However the men of Occhiolà declared banished the five knights with the support of the prince of Butera, who communicated the ban to the viceroy of the island who gave order to the captain of the Val di Noto to arrest the knights. And thus it was made. The citizens, annoyed for the arrest of the knights, raged themselves not as well as with the prince of Butera, how much with the Cont Sir Requesens, cause of their troubles. After to have obtained the liberation of the knights, and after a short period of truce, the citizens of Mineo have to fight in order to replace to the violence of the Cont. As a result of another violence, regarding a hunter of the country, the city Assembly decided to carry war to the Cont of Buscemi. In a single day the citizens put on fire the castle and forced Sir Requesens to the peace, leading him to Mineo like prisoner. The viceroy, known what’s happened, he was irritated so much, so he decreed the destruction of the city. Thanks to Cont Ruggero de Settimo the city wasn’t destructed: the Cont came released with the due excuses of the citizens and they preserve the civic uses on the lands of the Cont until the age of the broken of the same ones, in 1827.

64 Caratteristiche tecniche / Architectural characteristic
PANNELLI AULA CONSILIARE / PANELS OF COMUNAL COUNCIL HALL Nella Sala del Consiglio Comunale attirano l’occhio del visitatore dei pregevoli pannelli in ceramica, opera del Prof. Luigi Gismondo della Scuola d’Arte di Grammichele. Commissionati dal Dott. Francesco Emmi nella sua gestione commissariale al Comune negli anni , raffigurano alcuni personaggi illustri della città: Ducezio, ultimo re dei Siculi; Ludovico Buglio, gesuita missionario; Salvatore Greco, eroe garibaldino; Luigi Capuana, novelliere e scrittore verista; i senatori Cirmeni e Albertini. Ad occupare un’intera parete è un pannello che ricorda una pagina gloriosa della storia della città: la “rotta del conte”. In the Communal Council Hall seven ceramics panels attract the eye of the tourist, work of the Prof. Luigi Gismondo of the School of Art of Grammichele. Ordered by the Doct. Francesco Emmi as Commissar for Municipality of Mineo in years , they show famous personages of the city: Ducezio, last king of the Sicilian people; Ludovico Buglio, Jesuit missionary; Salvatore Greco, hero of Garibaldi; Luigi Capuana, novelist and realist writer; the senators Cirmeni and Albertini. On one wall, there is a panel that remembers a glorious page of the history of the city: “la rotta del Conte”.

65 Cenni storici / Historic notices
FESTA DI PASQUA - INCHINATA / EASTER - INCHINATA L’inchinata rappresenta la manifestazione conclusiva della festività di Pasqua. Queste hanno inizio la Domenica delle Palme, che in tempi passati aveva inizio già il sabato precedente, con l’esposizione delle “palme”, ovvero strutture di legno e fiori, realizzate dalle tre Chiese collegiate, e poi portate in processione e benedette sull’altare in pietra della Chiesa di S. Maria Maggiore, la Domenica stessa. Attualmente, le tre Chiese collegiate, svolgono indipendenti la festività delle Palme, portando in processione palme e rami d’ulivo, benedetti prima della celebrazione della Domenica. L’intera settimana è poi preparata non solo dall’ascolto quotidiano della parola di Dio, ma da una serie di celebrazioni che organizza la Chiesa parrocchiale di S. Pietro e Paolo. Dal Mercoledì Santo, con la celebrazione e la processione del Cristo alla Colonna – la cui statua in legno policromo è custodita nella Chiesa di S. Pietro -; al Giovedì Santo, con la celebrazione della “Lavanda dei Piedi”, durante la quale il sacerdote lava simbolicamente i piedi a dodici giovani della parrocchia, ripetendo il gesto di Cristo durante l’ultima Cena; e infine la rappresentazione sacra del Venerdì Santo, durante la quale si fanno rivivere le meste scene di Gesù in croce, drammatizzate nell’oratorio Sacro per la morte di Gesù in croce, scritto e diretto dal M° Padre Antonio Novità e che si conclude con la sentita e commovente processione con il Cristo deposto portato a spalla dai giovani della parrocchia. Il tutto concluso dalla Inchinata, manifestazione in cui convergono religiosità e folklore. La Madonna, velata di nero, e il Cristo Risorto nel suo manto dorato trionfante, stanno ai capi opposti della Piazza principale, e solo dopo essere stata sollecitata per tre volte da una simbolica campanella, la Vergine viene spogliata del velo nero e accorre, portata in spalla, incontro al Cristo Risorto. The inchinata is the conclusive manifestation of the Easter. This starts on the Palms Sunday’s, that ancient began the Saturday before thought the expositions of the palms, as wood and flowers structure realized by the three Church of Mineo and than was brought in procession and blessed on Sunday in S. Greater Virgin Mary Church. Actually, the three Church organize the festivity alone, bringing in procession palms and olive, blessed before the Celebration. All the week is full of prayers and of a series of Celebrations directed by S. Peter and Paul Church. From the Hole Wednesday, during which is celebrated the “Jesus on the Column” - which statue is preserved in the Church too - ; on Hole Thursday, with the celebration of the “Clean of Foot”, by which the Presbyter clean symbolically the foot to twelve youth to remember the action of Jesus during the Last Dinner; and, finally, the Hole Drama on the Hole Friday, during which is remembered the Crucifixion of Jesus, by a drama directed by the M° Antonio Novità, that have its and in the procession of the Died Jesus, brought on shoulder by the Church’s youths. All concluded by the inchinata, religious and folkloristic event. The Virgin Mary, wearing a black veil, and the Jesus in his gold mantle, are opposite in the Public Square, and only after the Virgin Mary, called for three times by a bell, remove the black veil and meet Jesus in the centre of the Square.

66 MONUMENTO A LUIGI CAPUANA/MONUMENT DEDICATED TO LUIGI CAPUANA
Caratteristiche tecnico-artistiche/ Architectural and architectonic characteristics MONUMENTO A LUIGI CAPUANA/MONUMENT DEDICATED TO LUIGI CAPUANA Il monumento, realizzato da Vincenzo Torre Nicolosi e inaugurato nel 1936, si trova al centro della piazza. La statua e i pannelli sono in bronzo su una base di travertino. Nei pannelli si possono ammirare dei bassorilievi con scene che ricordano alcune opere dell’illustre verista menenino, che per la sua poliedrica attività artistica diretta alla narrativa, poesia, saggistica e teatrale, ha occupato tra l’800 ed il primo ‘900 letterario un posto di rilevante importanza nella storia letteraria italiana. Guardando il monumento di fronte, il pannello rappresenta “Giacinta”, a destra un’allegoria di fiabe, a sinistra “Bona Genti”, dietro il “Marchese di Roccaverdina”. The monument, realized by Vincenzo Torre Nicolosi and inaugurated in 1936, is placed in the center of the public square. The statue and the panels are in bronze on a base of travertine. In the panels are placed bass-relief with scenes that remember some works of the famous realist writer, who for his versatile artistic activity directed to novelistic, poetry, essay and theatrical, he has occupied between the ‘800 and first ‘900 an importance place in the Italian literary history. Watching the monument on forehead, the panel represent “Giacinta”, on the right fairy-tales, on the left “Bona Genti”, behind the “Marchese di Roccaverdina”.

67 CASA NATALE DI LUIGI CAPUANA
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics CASA NATALE DI LUIGI CAPUANA Tipico palazzetto nobiliare ottocentesco con uno sviluppo planimetrico adattato alla forma trapezoidale dell'isolato, la sua immagine urbana è quella tipica dell'architettura neoclassica siciliana, caratterizzata da una assoluta sobrietà di linee e di elementi architettonici. Particolare è la monumentale parasta in pietra, che risolve con eleganza il difficile raccordo tra le due facciate di Via Romano e di Via Capuana con il cornicione di chiusura. L'edificio ha una superficie di circa 220 metri quadrati, un'altezza media di circa tredici metri e si articola su tre livelli: piano terra, primo e secondo piano. Prospetta per tre lati su aree pubbliche in forte pendenza e la necessità di colmare tali dislivelli conferisce al fabbricato un aspetto slanciato da un lato e moderato dall’altro. Il prospetto principale è composto da tre ordini ripartiti in cinque file verticali di aperture. Al piano terra rilevante è il portale d’ingresso principale con arco a tutto sesto e affiancato da lesene poggiate su basamento. Monumentale è l'ingresso e la scala in marmo di Carrara. Nel piano terra, una volta adibito a stalle e magazzini per i prodotti agricoli provenienti dai fondi di proprietà della famiglia Capuana, si conservano gli originali vani segnati da possenti archi ed alcuni elementi tipici della vita contadina di un tempo. Gli ordini superiori comprendono le aperture degli ambienti di abitazione e sono composti da aperture architravate con ballatoi. Al centro del secondo ordine il balcone ha il timpano triangolare chiuso. Una slanciata parasta angolare chiude la parte destra della facciata, contrastata a sinistra da un’altra di maggiori dimensioni. Sui fronti laterali, la disposizione delle aperture è invece più casuale e non vi sono elementi di particolare pregio. Nel Palazzo sono presenti tracce del periodo giovanile dello scrittore, specie al secondo piano, dove due stanze, l'alcova e lo studiolo, testimoniano la personalità vivace e creativa dello scrittore. La prima è caratterizzata da pitture murali a tempera, a trompe l'oeil, raffiguranti drappeggi di un baldacchino e la seconda tappezzata da ritagli di giornali, riviste, stampe e fotografie risalenti al periodo della giovinezza dello scrittore e che ci danno un'idea di quanto il contatto con i fatti quotidiani sia stato al centro dei suoi interessi culturali e artistici. Attualmente il Palazzo Capuana, di proprietà del Comune, è sede di istituzioni culturali quali Fondo Capuana, Casa-Museo Capuana, Biblioteca Comunale, Fondo Pietro Rizzo, Biblioteca ex Convento dei Cappuccini. Typical nineteenth-century noble palace with a plan development suited for the trapezoidal form of the place, its urban image is that typical of the Sicilian neoclassic architecture, characterized by an absolute sobriety of lines and architectural elements. Detail is the monumental pilaster in stone, that resolves with elegance the difficulty link among its two prospect of Street Romano and of Street Capuana with the moulding cornice. The building has a surface of around 220 square meters, a height of around thirteen meters and it articulates on three levels: plain earth, first and second floor. It looks out upon for three sides on public areas in strong inclination and the necessity to fill such gradients confers to the building an aspect by a side and moderate by the other. The principal prospect is composed by three level divided in five vertical files of openings. To the ground floor it is the portal of income and placed side by side from support on plinth lean of it. Monumental it is the entry and the staircase in marble of Carrara. In the ground floor, once turned to stalls and stores for the agricultural products coming from the own lands of the family Capuana, the original rooms are preserved marked by mighty arcs and some elements of the typical country life. The superior level include the openings of the environments of residence and are composed from lintel openings with galleries. At the centre of the second level the balcony has a closed, triangular tympana. A slender angular pilaster closes the right part of the prospect, opposed to the left by another one of great dimensions. On the side fronts, the disposition of the openings is more casual and there is no elements of particular value. In the Building are present traces of the youth period of the writer, at the second floor, where two rooms, the alcove and the studios, testify the vivacious and creative personality of the writer. The first one is characterized by mural paintings to temper, to trompe oeil, representing draperies of a canopy and the second carpeted by clippings of newspapers, presses and photos going up again to the period of the youth of the writer and that gives us an idea than the contact with the daily facts has been to the centre of its cultural and artistic affairs. Currently the Building Capuana, own of the Municipal, it is centre of cultural institutions as Fund Capuana, House-museum Capuana, Library, Fund Pietro Rizzo, Library ex Convent of the Capuchins.

68 CIRCOLO DI CULTURA “LUIGI CAPUANA” / CIRCLE OF CULTURE “LUIGI CAPUANA”
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics CIRCOLO DI CULTURA “LUIGI CAPUANA” / CIRCLE OF CULTURE “LUIGI CAPUANA” L’edificio si erge sul lato opposto della Piazza Buglio, posto su un alto basamento in pietra calcarea al quale si accede a mezzo di una piccola scalinata a gradoni di dimensioni degradanti, dall’alto verso il basso, e circondato da una ringhiera. Il prospetto principale, che si affaccia sulla Piazza, nonché l’intero edificio, sembra il risultato di una rielaborazione, dopo il sisma del 1693, del loggiato a due piani sovrapposti preesistente, di cui si conserva solamente il portale d’ingresso seicentesco. Esso presenta un unico registro delimitato da due paraste angolari raccordate da una fascia in pietra calcarea recante sei calchi in pietra, raffiguranti monete coniate dalla città, murati nella stessa, al di sopra del quale è posto un cornicione aggettante. Ad affiancare il portale centrale seicentesco sono due portali di dimensioni minori. Il primo di fattura più complessa e probabilmente legato all’antica struttura. È costituito da un arco a tutto sesto in pietra calcarea, delimitato da due lesene con capitello corinzio, fregio e architrave con cornicione aggettante. I portali minori, sempre architravati, presentano una struttura rettangolare delimitata da lesene e fregio, con cornicione aggettante. Il coronamento dell’edificio è costituito da un ampia fascia, anch’essa in pietra calcarea, sormontata da un piccolo cornicione. L’edificio ha pianta trapezoidale, suddivisa all’interno in due vani di maggiori dimensioni, affiancati da altri più piccoli. Il salone principale è a pianta rettangolare suddivisa in tre ambienti comunicanti, il centrale dei quali è delimitato da quattro colonne e sovrastato da una volta a padiglione lunettata con decorazioni a stucco. L’arredamento del salone ottocentesco è in stile liberty siciliano. The building rise on the opposite side of the Buglio Public square, place on a high base in limestone stone with a small flight of steps of degrading dimensions, from above towards the low, and encircled from a railing. The main prospect, shown on the Public square, is a rebuilding of the pre-existent structure on two level, after the seism of 1963, about it was kept only the seventeenth-century door. It shows an only registry delimited from two parasta joined together from one fascia in limestone stone bringing six copy in stone of Mineo’s coin, on which a jutting out cornice is placed. Placed side by side the seventeenth-century door, there are two smaller doors. The first one is probably linked to the ancient structure. It is constituted from an arc in limestone stone, delimited from two pilaster with Corinthian capitals, ornament and architrave with jutting out cornice. The smaller portals with architrave, introduce a rectangular structure with pilaster and ornament, with jutting out cornice. The upper part of the building is constituted from a wide ornament in limestone stone, on which is placed a small cornice. The building has trapezoid plant, subdivided in two big rooms, placed side by side from other more little ones. The main hall has a rectangular plant and it is subdivided in three communicating rooms, among which the centre one is delimited from four columns and vault with plaster-works. The nineteenth-century hall is furnished in Sicilian liberty style.

69 Cenni storici / Historic notices
CIRCOLO DI CULTURA “LUIGI CAPUANA” / CIRCLE OF CULTURE “LUIGI CAPUANA” Costruzione risalente con molta probabilità alla metà del Seicento, era stata fino al la cosiddetta “Loggia”, ovvero il palazzo comunale. L’origine a Circolo di cultura risale al 1841, data nella quale l’Amministrazione comunale allora presieduta dal Sindaco A. Bellone, concesse l’edifico in affitto come “casa pubblica di conversazione”, ovvero sala di conversazione dei nobili della città (da qui la denominazione Circolo dei Cavallacci), così da “bandire la civile discordia, coltivare le amicizie, tenere in pregio il buon costume, favorire lo scambio dei lumi ed educare, col buon esempio dei più sennati, i cuori della gioventù alla tempera della civiltà e dell’onore”, come indicato nella delibera comunale relativa alla concessione. Il 31 dicembre 1908 l’edificio venne infine concesso in enfiteusi con contratto legale. Attualmente intitolato a “Luigi Capuana” è in uso quale luogo di incontro. Built probably about half of the 1600's, until had called Loggia, that is the Communal Palace. The origin of Circle of Culture had been searched 1841, date in which the Communal Administration, presided by Mayor A. Bellone, put in rent like “public house of conversation”, as house of conversation of noble of the city (from here the denomination the Circle of the “Cavallacci”), thus “to announce civil discord, to cultivate the friendships, to preserve the good customs, to improve the cultural exchange and the education, with the good example of educated people, the hearts of the youth to civilization and honour”, like call the communal decree relative to the concession. On 31 December 1908 the building put in rent with a contract. Currently the building is intituled to “Luigi Capuana” and it is in use as meeting place.

70 STRADALUNGA – BOTTEGA DEL SARTO / STRADALUNGA – SHOP OF TAILOR
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics STRADALUNGA – BOTTEGA DEL SARTO / STRADALUNGA – SHOP OF TAILOR L’unico ambiente a pianterreno è inglobato in un edificio a due piani. Il prospetto principale si affaccia su Via Ducezio, la Stradalunga, ed è composto da una porta d’ingresso e una piccola finestra alla destra della stessa. L’interno, molto semplice, consta di un unico ambiente illuminato dall’unica finestra. Ex proprietà del padre dello scrittore, Settimo Emanuele Bonaviri, successivamente venduta al fratello Pino, è attualmente proprietà degli eredi di quest’ultimo. The only room at ground floor is part of a two storey building. The main prospect shows oneself on Via Ducezio, the Stradalunga, and is composed by a door of income and a small window on the right of the same one. The inner ambient is composed by an only room, illuminated from the only window. Own of the father of the writer, Settimo Emanuele Bonaviri, after sold to the brother Pino, is currently own of the heirs of this last one.

71 CASA NATALE – IL VICOLO BLU
Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics CASA NATALE – IL VICOLO BLU L’edificio si inserisce all’interno di un piccolo vicolo cui si accede dalla Via Ducezio – la Stradalunga – e il cui prospetto consiste in una porta d’ingresso, un balcone alla sinistra della stessa e di un piccolo ambiente adiacente a pianterreno. La casa, su un unico piano, consta di quattro camere poste l’una di seguito all’altra, e di un terrazzo che dà su Via Millicucco. The building is inside a small alley to which is entered from the Street Ducezio - the Stradalunga - and whose prospect consists in a door of entry, a balcony to the left of the same one and a small environment adjacent at ground floor. The house, on an only plan, consists in four set rooms and of a balcony that gives on Street Millicucco.

72 CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / SAINT GREATER MARIA CHURCH
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / SAINT GREATER MARIA CHURCH L'esterno del maestoso monumento ha il prospetto di vari stili con rilievi ornamentali classici. E' composto da tre ordini architettonici. Il primo ordine, molto semplice, è diviso in tre scomparti da quattro lesene con robusti zoccoli alle basi e capitelli dorici in alto che sostengono il robusto cornicione sovrastante. Negli scomparti stanno i tre portali d'ingresso. Mentre quello centrale, che si apre ad arco a tutto sesto tra due paraste con capitelli e architrave, è sovrastato da un timpano semiaperto contenente una lapide marmorea, sui due laterali, di dimensioni minori, pur esibendo la stessa struttura, si aprono altrettante finestre, che danno luce alle rispettive navate esterne. Il secondo ordine è composto dalla scomparto centrale rettangolare e da altri due minori ad esso affiancati delimitati da paraste terminanti con capitelli ionici e raccordati al registro inferiore con volute. Nello scomparto centrale si apre, tra le due lesene, che richiamano quelle sovrastanti e che terminano con capitelli ionici, un’ampia finestra in stile rinascimentale siciliano sulla quale con intagli a rilievo si eleva una cornice in cui si trovano uno scudo schiacciato, due cordoni floreali e una conchiglia. Accanto alla finestra due nicchie riprendono il motivo della cornice con conchiglia della finestra centrale. Il terzo ordine, composto dalle tre celle campanarie con finestre ad arco, separato da otto lesene allineate con capitelli corinzi, è chiuso dalla balaustra che corre per tutta la base e sopra il cornicione. Alle fiancate si aprono ancora due celle campanarie del tutto simili alle precedenti, mentre nella parte opposta al prospetto principale se ne aprono altre tre. A coronamento del prospetto è posta una cuspide triangolare un po’ schiacciata al vertice con al centro un medaglione e quattro anse semiovali ai lati che la chiudono. L’edificio ha pianta a croce latina a tre navate e transetto. Su venti grosse colonne con capitelli dorici poggiano dieci arcate che sostengono la trabeazione, sulla quale poggia la sopraelevazione con altrettante finestre e le volte delle navate. All’incrocio tra navata centrale e transetto quattro pilastri sostengono la cupola, nonché le testate del presbiterio. Il tamburo della cupola è diviso in otto scomparti da lesene con capitello ionico, con quattro finestre in posizione alternata. Sul tamburo si innalza la calotta divisa in otto scomparti che salgono verso il cupolino a forma di tempietto circolare. The prospect of the great monument is composed by several architectonic style with classic ornaments. It is composed by three architectonic orders. The first level, the most simple one, is divided in three partitions from four pilaster with bases and capitals that support the sturdy cornice. In the partitions there are the three door of income. The central one, that is opened to arc between two pilaster with capitals and architrave, is surpassed by a half-open tympana having a marble memorial plaque; on the two lateral ones, of smaller dimensions, having the same structure, there are opened many windows, that gives light to the respective aisle. The advanced level is composed by the central rectangular partition and by others two partitions placed side by side and bordered by lateral pilaster and Ionic capitals and joined together to the lower level with volute. In the central compartment it opens, between two pilaster, that finish with Ionic capitals, an ample window in Sicilian Renaissance style on which, with embossed carvings, raises a frame in which a crushed shield, two floral cords and a shell are found. Close to the window two niches take back the motive for the frame with shell of the central window. The third level, composed by the three bell cells with windows to arc, separated by eight pilaster with Corinthian capitals, it is closed from the baluster that it races for the whole base and above the cornice. To side still two bell cells open, similar to the preceding ones, while in the opposite part to the principal prospect they open other three. At the top of the prospect it is set a triangulate tympana some crushed to the vertex with a medallion in the centre and four handles semicircular to the sides that close it. The building has Latin cross plan with three aisles and transept. On twenty big columns with Doric capitals gild ten arcades that sustain the trabeation, on which leans the raising with as many windows and the vault of the aisles. To the intersection between central aisle and the transept four pillars sustain the dome, as well as the headings of the presbytery. The drum of the dome is separated in eight compartments from pilasters with Ionic capitals, with four windows in alternate position. On the drum raises the cap separated in eight compartments that climb toward the dome to form of circular temple.

73 La volta del presbiterio è abbellita con un affresco che vede raffigurata l'Ascesa al cielo della Madonna circondata dagli angeli. Sulle volte e sui muri pregevoli stucchi decorano gli interni, mentre sulle pareti perimetrali si aprono tredici altari con rispettivi paliotti di marmo policromo e pale ad olio su tela. La Chiesa custodisce infine la veneratissima statua quattrocentesca della Regina degli Angeli in alabastro dipinto, che la tradizione vuole donata dal Conte Ruggero il Normanno. Da notare, infine, a fianco dell’ingresso dalla parte interna vi è un antico portale quattrocentesco, forse parte del castello o di una delle porte della città. The vault of the presbytery is embellished with a fresco that represented the ascent to the Madonna's sky surrounded by the angels. On the vault and on the walls some plasters decorate the insides, while on the lateral walls thirteen altars with respective frontal of in marble and painted altarpieces to oil on cloth are opening. The Church finally guards the fifteenth-century statue of the Regina of the Angels in painted alabaster, that the tradition wants given by the Count Roger the Norman. Finally, beside the entry from the inside part, there is an ancient fifteenth-century portal, perhaps part of the castle or one of the doors of the city.

74 Cenni storico-artistici / Historic and artistic notices
CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / CHIRCH S. GREATER MARIA Su uno dei due colli su cui è ubicato il paese di Mineo, sorge la maestosa chiesa di S. Maria Maggiore. Le sue origini risalgono agli inizi della cristianizzazione della Sicilia, precisamente verso la metà del 3° secolo d.C. La chiesa, inizialmente dedicata al dio Sole, fu in seguito trasformata in un tempio cristiano dedicato alla Vergine SS. La primitiva chiesa di S. Maria Maggiore dovette avere dimensioni più piccole e un suolo più basso di quello attuale. Lo dimostra il fatto che durante l'opera di sterramento per rimodernare il pavimento si sono trovate antichissime pareti e alcune colonne. Probabilmente l’edificio fu distrutto una prima volta quando vi fu l'occupazione del paese da parte dei saraceni. Non siamo certi che i musulmani distrussero le chiese di Mineo, ma è molto probabile. Passato il periodo sanguinoso delle conquiste è certo che la religione non fu disturbata, neanche nei luoghi di culto. In seguito, nel 1137, la Chiesa fu danneggiata per cause non conosciute e il 4 febbraio 1169 a causa di un terremoto. Sempre per cause sismiche, nel 1542, fu completamente rasa al suolo insieme alla città. Restaurata dalla famiglia Buglio, subì altri danni nel I lavori di restauro furono affidati all'Architetto Antonio De Marco e il 22 settembre 1644 fu elevata all'onore di collegiata da Monsignor Capoblanco. La chiesa subì altri danni nella seconda metà del 1600 e fu rasa quasi completamente al suolo a causa del terremoto del I lavori di restauro furono affidati all'Architetto Antonio Caruso. Fu danneggiata ancora una volta nel 1908; fu riaperta al culto nel 1913, dopo alcuni lavori di consolidamento. Anche il terremoto del 1969 le recò seri danni alle volte e alla cupola e per alcuni anni fu chiusa a causa dei lavori di restauro e riaperta alcuni anni dopo. Mal ridotta a causa di infiltrazioni di acqua piovana e bisognosa di consistenti interventi nella parte esterna, venne interamente riparata nel Fu nuovamente chiusa al culto dopo il terremoto del 1990 e sottoposta ai lavori più urgenti grazie alle offerte dei fedeli. Nel tempo la chiesa ha assunto vari nomi: il primo fu S. Maria de Stellis, poi venne chiamata S. Maria de Graecis ed infine con l'attuale nome S. Maria Maggiore. La Chiesa custodisce la veneratissima statua quattrocentesca della Regina degli Angeli in alabastro dipinto, che la tradizione vuole donata dal Conte Ruggero il Normanno. La sua festa fu detta reale, perché voluta dal re Filippo IV nel 1643. Attualmente è in fase di restauro. On one of the two hills on which the country of Mineo is located, rises the church of S. Greater Maria. Its origins go back to the beginnings of the Christianization of the Sicily, just towards the half III century a.C. The church, initially dedicated to the God Sun, later was transformed in a Christian temple dedicated to Maria. The first church of S. Greater Maria must have smaller dimensions and a ground lower than the one. Show it the fact that during the restructured works in order to modernize the flat, ancient walls and some columns have been found. Probably the building was destroyed one time when Saracens occupied the country. We are not sure that the Muslims destroyed the churches of Mineo, but it’s probable. Passed the bloody period of the conquests it is sure that the religion was not disturbed, not even in the cult places. Later, in 1137, the Church was damaged for unknown causes on February 1169 because of an earthquake. Always for earthquake, in 1542, it was completely razed to the ground with the city. Restored from the Buglio family, it endured other damages in The restored activities were entrusted by Architect Antonio De Marco and on 22 September 1644 was consecrated by Monsignor Capoblanco. The church endured other damages in the second half of 1600 and was razed completely to the ground because of the earthquake of The restored intense activities were entrusted by Architect Antonio Caruso. It was damaged once again in 1908; it was reopened in 1913, after some intense activities of consolidation. Also the earthquake of 1969 caused serious damages to the times and to the cupola and for some years it was closed because of the intense activities of restoration and reopened some years after. Badly reduced because of water infiltration, it was restored in the external part in It was newly closed after the earthquake of the 1990 and subordinate to the intense activities thanks to the money offered by faithfuls. During the years the church has assumed several names: the first one was S. Maria de Stellis, then Maria de Graecis and at last was called S. Greater Maria. The Church keep a fifteen-century statue of the Queen of the Angels, made in painted alabaster, that the tradition want donated to the Church by the Cont Ruggero the Normans. Her festivity was called royal, as wanted by the King Philip IV in 1643. Currently it is in phase of restoration.

75 Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics
CASA DELLA MADRE – VIA ROMA-LARGO S. MARIA MAGGIORE – THE MOTHER’S HOUSE Posto tra Via Roma e Largo S. Maria Maggiore, l’edificio in pietra calcarea fu probabilmente costruito dopo il sisma del 1963 con materiale di risulta proveniente dal castello. Il prospetto frontale, che si affaccia su Via Roma, è delimitato da due paraste su basamento con capitello, sulle quali scorre il cornicione con gocciolatoio e architrave. I due registri sovrapposti sono divisi da un ballatoio che corre lungo tutto il prospetto frontale e laterale sorretto da mensole intagliate. Sul primo registro, sopraelevato dal piano di posa da un alto gradino, si apre, tra due paraste con capitello dorico, architrave e cornicione sporgente, un arco a tutto sesto con modanature strombate con funzione di portone d’ingresso. In corrispondenza dello stesso, sul registro superiore, si apre un balcone a struttura architravata con modanature tra paraste con capitelli dorici e cornicione sporgente. Il prospetto laterale, che si affaccia su Largo S. Maria Maggiore, segue quello frontale data la presenza dell’unico ballatoio sorretto da mensole. Sul registro superiore si aprono tre balconi del tutto eguali a quello posto in corrispondenza del portone d’ingresso. Sul registro inferiore si osservano una serie di aperture, una delle quali murata. Prima dei lavori di ristrutturazione, entrando dal portone d’ingresso si accede ad un vano nel quale, a partire dal pianerottolo della porta d’ingresso, accanto alla quale era posta una lapide commemorativa dedicata a Giuseppina Casaccio e Settimo Emanuele Bonaviri, si dipartono due rampe di scale diramanti in direzione opposta l’una all’altra con struttura a loggia coperta da crociere e sostenuta da colonne circolari e piedritti con capitello. Secondo notizie fornite dall’Ingegnere Marco Romano, che ha curato e diretto i lavori di ristrutturazione, il vano scala non ha perso la sua struttura originaria nonostante abbia subito evidenti modifiche; le colonne, in gesso e non portanti, sono state eliminate, mantenendo solamente la copertura a volte a crociera; infine, la lapide commemorativa posta accanto alla porta d’ingresso del primo pianerottolo, è stata rimossa. Place between Via Rome and Wide S. Greater Maria, the building in limestone stone probably was constructed after the earthquake of 1963 with material coming from the castle. The frontal prospect, than shows oneself on Via Rome, is delimited by two paraste on bases with capitals, on which is place the cornice with drip flap and architrave. The two overlapping registries are broken from a balcony that runs along all the frontal and lateral prospect supported by carving corbels. On the first level, risen from the plan of rests from a high step, between two pilaster with Doric capitals, architrave and cornice, is opened an arc to all sixth with embrasure moldings with function of door of income. In correspondence of the same one, on the advanced registry, a lintel structure balcony with moldings adorned with Doric capitals and cornice is opened. The lateral prospect, than shows oneself on S. Greater Maria square, follows the frontal one, because of the only balcony supported from corbels. On the advanced level are opened three balconies like the one on the frontal prospect. On the subordinate registry a series of openings, one of which walled up. Before the restoration, going into, there is a space in which from a floor, close was placed a memorial plaque dedicated to Giuseppina Casaccio e to Settimo Emanuele Bonaviri, are beginning two opposite staircases with loggia structure covered from cross vaults and supported by circular columns with capitals. According to the news given from the engineer Marco Romano, who has directed the restore activities, the staircase hasn’t lost its original structure although it has obvious changed; the columns, in chalk, have been eliminated, served only the vaults; so, the memorial plaque has been taken from.

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77 Cenni storici / Historic notices
MONASTERO DI S. MARIA DEGLI ANGELI / CONVENT OF S. MARIA OF ANGELS Il monastero di S. Maria degli Angeli fu fondato dalla Badessa del Convento di S. Benedetto, Suor Eleonora Buccheri nel 1556, allorché il vecchio monastero non fu più sufficiente ad accogliere le numerose religiose. In un atto stipulato presso il notaio Stefano Muratori, che porta la data del 18 Dicembre di quell’anno, si legge che “per maggior comodo del venerabile monastero sotto il titolo di S. Benedetto di questa città[…] fu determinato di fondarsi un nuovo monastero sotto il titolo di S. Maria degli Angeli e con la regola di S. Benedetto per ivi trasportarvi alcune delle religiose di S. Benedetto che furono prescelte in numero di 15…” All’erezione di questo monastero contribuì molto il barone Montesano e i coniugi Gian Battista Ialuna e Donna Doralice Xirotta, genitori di Suor Tecla, che viveva nel vecchio monastero. Costoro, oltre a dotarlo di proprietà terriere, donarono allo stesso i loro palazzi, che esistevano sull’area dove esso ebbe origine. La chiesa annessa fu il risultato dell’unione delle chiese già esistenti e poco distanti di S. Maria degli Angeli e S. Giovanni Battista. Quest’ultima, fino alla sua donazione al monastero benedettino, era di proprietà dei cavalieri di Malta; per questo motivo, lo stesso ordine di Malta, volle che nella nuova chiesa, interamente dedicata a S. Maria degli Angeli, fosse eretto un altare dedicato a S. Giovanni nel luogo ove sorgeva la precedente chiesa. Sia il monastero che la Chiesa, restaurati dopo il terremoto del 1693, erano interamente ornati di stucchi indorati con oro zecchino, opera dell’artista Vincenzo Sesta da Polizzi. Il monastero rimase aperto fino al , ovvero fino alla soppressione degli ordini, e l’ultima badessa fu Suor Colomba Messina. La Chiesa rimase ancora aperta per qualche anno finché venne abbattuta nel 1926 per farvi sorgere le case popolari che ancora oggi esistono nell’isolato tra Via Luigi Capuana e Via Sotto Tenente Sorrentino. Mentre la chiesa scomparve del tutto, del monastero rimasero pochi ruderi, tra cui il salone con i due portali cinquecenteschi, che serviva da parlatoio, dove le suore di clausura potevano parlare con i familiari attraverso sei piccoli finestrini. Attualmente il monastero è stato restaurato e, oltre ad essere regolarmente aperto al pubblico, ospita mostre di Arte Sacra. The convent of S. Maria of the Angels was founded from the Abbess of the Convent of S. Benedict, Sister Eleonora Buccheri in 1556, when the old convent wasn’t sufficient to receive the numerous religious ones. In an document stipulated to the notary Stefano Muratori, than have the date of 18 December of that year, it have to red that “for comfortable of the convent under the title of S. Benedict of this city […] was founded the convent of S. Maria of the Angels and with the rule of S. Benedict in order to move some religious of S. Benedict convent in number of 15…” On the building of the convent gave their contribution Baron Montesano and the spouses Gian Battista Ialuna and Lady Doralice Xirotta, parents of Suor Tecla, who lived in the old convent. Besides to equip it of land properties, they donated to it their palaces, that existed on the area where it was built. The annexed church was the result of the union of the already existing and near churches of S. Maria of the Angels and S. Giovanni Batiste. This last one, until its donation to the Benedictine convent, was own by knights of Malta; for this reason, the same order of Malta, wanted that in the new church, dedicated to S. Maria of the Angels, was erected an altar to S. Giovanni Battista, where rose the church. The convent and the Church, restored after the earthquake of 1963, were adorned of putties with gold, work of the Vincenzo artist Sixth from Policies. The convent remained opened until , date of abolition of the orders, and the last Abbess was Sister Colomba Messina. The Church still remained opened for some year until came pulled down in 1926 to build the popular houses, rising the area between Luigi Capuana Road and Sottotenente Sorrentino Street. While the church didn’t rebuilt, in relation to the convent remain the hall with the two sixteenth century portals, used by strict enclosure Sisters in order to meet their relatives with they could speak through six little ones windows. Currently the convent has been restored and, beyond to being regularly open to the public, it accommodates expositions of Sacred Art. Continua ...

78 La Chiesa di S. Maria degli Angeli, da una foto scattata prima della demolizione, era costituita da due ordini sovrapposti e poggianti su due lesene poste alle due fiancate unite semplicemente da un architrave. Il primo ordine, secondo le fonti, era costituito da un polittico di portici, pensili, a cinque finestre ad archi trilobati, collegate ad un'unica balconata, che conteneva in corrispondenza di ognuna un ornato a conchiglia schiacciata. Il secondo ordine era composto da tre celle campanarie con finestre ad archi a tutto sesto e relativa balaustra. Le fiancate curve reggevano la cuspide triangolare con i lati incavati, che racchiudeva un rosone cavo ad aveva alle basi degli spigoli del parapetto due plinti con raggi di Mosè. The Church of S. Maria of the Angels, from a photo taken before the demolition, was constituted from two placed overlapping orders and placed on two pilasters placed on the two flanks connected by a lintel. The first order, as the document said, was constituted from a sequence of five arch windows, connected to a balcony, that it contained in correspondence of each a shell decoration. The second one was composed by three bell cells with windows to arches and balustrade. The flanks curves supports the triangular structure with grooved sides, that contained a cable rose-window with had on the bases of the of parapet two plinth with beams of Moses.

79 Cenni tecnico-artistici / Architectural and artistic notices
STATUA DELL’IMMACOLATA/ STATUE OF BLESSED VIRGIN Il monumento settecentesco in pietra con la statua dell’Immacolata in marmo è posto nella piazzetta di S. Francesco. La statua, prima del 1913, era rivolta verso la parte opposta e dominava sulla Piazza Buglio, non essendo ancora costruite le sopraelevazione delle case adiacenti. La statua è stata danneggiata due volte da scosse telluriche. Una prima volta nel terremoto del 1818 che l’atterrò, e una seconda volta in quello recente del 1975 che la decapitò. Venne restaurata nel 1980, e posta rivolta verso Via Roma. La base della statua reca una targa con sopra scritto: “Inauguratosi questo monumento a 27 Novembre 1914 rivoltando la statua di fronte alla Chiesa mentre prima guardava la piazza ad istanza del Can. Agrippino Damigella rettore di S. Francesco e illustrissimo e reverendissimo Monsignor Damaso[…]de-Bono con sua venerata lettera del 4 Gennaio 1914 d[…]gnossi concedere l’indulgenza di 50 giorni a chi passando davanti a questo simulacro dell’Immacolata reciterà devotamente un’Ave Maria.” The eighteen-century monument in stone with the statue of the Blessed Virgin in marble is placed in the S. Francisco square. The statue, before 1913, was turned towards the opposite part and it dominated on the Buglio Public square, not being still built the near houses. The statue has been damaged two times from earthquakes. Before in the earthquake of 1818, that razed it to the ground, and a second time in 1975, that beheaded it. It came restored in the 1980, and placed turned towards Via Rome. The base of the statue brings a written plate: "The monument, inaugurated on 27 November 1914 turning the statue in front of the Church while before it was looking at the public square to appeal of Agrippino Damigella rector of S. Francis and Monsignor Damaso […] de-Bono with his letter of 4 January 1914 d[…]gnossi to grant the indulgence of 50 days to whom devotedly passing in front of this statue of the Virgin an Ave Maria will recite."

80 VIA LUIGI CAPUANA – CASA DELLO ZIO MICHELE RIZZO / UNCLE RIZZO’S HOUSE
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics VIA LUIGI CAPUANA – CASA DELLO ZIO MICHELE RIZZO / UNCLE RIZZO’S HOUSE Il prospetto dell’edificio, che si affaccia su Via Luigi Capuana, si articola in due registri architettonici sovrapposti. Su quello inferioire, a destra, tra due paraste su piccolo basamento, sormontate da un fregio e un cornicione, si apre il portone d’ingresso. Al di sopra del cornicione, incorniciata da modanature aggettanti, una finestra lunettatta. Sempre sul registro inferiore, a sinistra rispetto al portone d’ingresso, si aprono tre grandi finestre, tutte delle stesse dimensioni, incorniciate da paraste con modanature, fregio e cornicione, che richiama la struttura del portone. In corrispondenza delle stesse, in basso, si aprono altre tre piccole finestre lunettate. Sul registro superiore si aprono, tra due paraste con modanature, architrave, fregio e cornicione, in corrispondenza alle tre finestre sottostanti, tre balconi architravati con ballatoi sorretti da mensole. A coronamento dello struttura è una fascia in pietra con cornicione composto da cimasa e gocciolatoio. L’abitazione dello zio Michele Rizzo si riduce al solo secondo piano dell’edificio, a cui si accedeva dallo stesso portone che permetteva l’accesso anche al piano inferiore. The prospect of the building, shown on Via Luigi Capuana, is articulated in two architectonic level. On the lower one, to right, between two pilaster on small base and under a ornament and a cornice, opens the door of income. Over the cornice there is a window, among moldings. On the same level, on the left, is opened three great windows, all of the same dimensions and between pilaster, with moldings, ornament and cornice. Close the same ones, low, are opened others three small windows. On advanced level is opened, between two pilasters with moldings, architrave, ornament and cornice, in correspondence to the three below windows, there are three balconies supported by corbels. The top of the structure is a ornament in stone with cornice composed by cimasa and drip flap. The home of the uncle Michele Rizzo consist in the advanced level of the building, into which it was come in from the same one door that allowed the access into the lower one.

81 Cenni storico-artistici / Historic and artistic notices
CONVENTO DEI FRATI CAPPUCCINI E CHIEDA DI S. VITO / CAPUCHINS CONVENT AND CHURCH OF S. VITO I frati cappuccini si stabilirono a Mineo a partire dal Inizialmente si stabilirono nell’eremitaggio di S. Antonio abate, di cui ancora oggi si scorgono le mura perimetrali nella zona Acquanuova, con annessa chiesetta. Tuttavia i cappuccini abbandonarono questa prima sede per trasferirsi in una nuova di cui la prima pietra fu posta nel I lavori furono ultimati solo nel 1620, data nella quale i cappuccini si trasferirono nel nuovo convento sorto nella località sotto il Rabato, ove esisteva già una piccola chiesetta dedicata a S. Vito. In questo convento i cappuccini vissero circa 250 anni, fino circa al L’abbandono del convento fu solo temporaneo in quanto, nel 1885 la cittadinanza, con l’appoggio delle autorità locali, iniziò la pratica per far tornare i cappuccini, che fu conclusa nel 1902 permettendo ai cappuccini di tornare al loro convento nel Negli stessi anni venne affidata ai religiosi la custodia del cimitero che era sorto nei pressi del convento. Da allora il convento e l’annessa chiesa funzionarono in piena regola francescana e la presenza dei frati cappuccini fu continuata per circa 80 anni, fin quando l’ultimo monaco di origine menena fu trasferito fuori diocesi. Da allora fino ad oggi convento e chiesa sono stati chiusi. I locali del convento hanno perso la loro funzionalità e, insieme alla chiesa, hanno subito diversi furti a causa dei quali sono stati trafugati opere d’arte in essi contenuti e libri di pregevole valore. Parte del patrimonio librario che custodiva il convento fu trasferito nel convento dei cappuccini di Siracusa, e successivamente restituito in parte, è attualmente conservato in una sezione della Biblioteca Comunale - Casa Museo L. Capuana. The friars Capuchins settled down in Mineo from Initially they settled down in the hermitage of S. Antonio Abbot, of which today we can see only the external walls in the Acquanuova zone, with close church. However the friars abandoned this first centre in order to move themselves in a new place of which the first stone he was placed in The intense activities were completed alone in 1620, date in which the friars moved to the new convent risen in the area under the “Rabato”, where’s a small church dedicated to S. Vito. In this monastery the friars lived about 250 years, until They left the convent only a small time, as in the 1885 Mineo’s citizens, with the support of the local authorities, get to return the Capuchins, and in 1902 the friars have the allow to return to their convent in In the same yeas they had the guard of the grave yard that was risen near the monastery. Moreover the monastery and the near church worked in order to Franciscan rule and the friars were in the place for 80 years, when the last friar was transferred outside. From then until now, monastery and church have been closed. The monastery have lost its functionality and with the church, they have various thefts because of which have lost books served in it. Part of that was transferred to the convent of Syracuse, while a good part of the library currently is conserved in a section of the Communal Library - House Museum L. Capuana.

82 VIA MILLICUCCO Strada che anticamente circondava il paese, essendo la più esterna allo stesso, la Via Millicucco parte dalla Via Porta Jacò, così chiamata in quanto nei pressi della stessa era posta una delle porte di accesso alla città. Porta Jacò, inglobata nel sistema di mura cittadine, proteggeva l’accesso alla parte più alta della città. Attualmente Via Millicucco si trova in una zona inglobata nel centro storico cittadino. Road that anciently encircled the city, being most external to the same one, Millicucco Street start from the Porta Jacò Street, thus called as becouse of the doors of access to the city placed there. Jacò Door, placed into the system of fortifications, defending the access to the higher part of the city. Currently Milicucco Street is in the city historical center.

83 Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics
CASA ZIO MICHELE RIZZO – CONTRADA NUNZIATA / RIZZO UNCLE’S HOUSE AT NUNZIATA Casa di campagna, ex proprietà Michele Rizzo, attualmente di proprietà Emanuele Bonaviri. sita in contrada Nunziata, risulta non utilizzata, in quanto in stato di abbandono e degrado. Country house, ex ownership Michele Rizzo, currently of ownership Emanuele Bonaviri. Placed in Nunziata district, results not used, as in state of abandonment and degrade.

84 Cenni storici / Historic and artistic notices
CONTRADA NUNZIATA – MONTE CARRATABIA / NUNZIATA DISTRICT – CARRATABIA MOUNT Sul fianco meridionale del Monte Carratabia, a circa km. 3 a sud-est del paese, lungo la strada provinciale che unisce il paese stesso alla stazione ferroviaria, il complesso rupestre, composto da una coppia di camere scavate nella roccia calcarea decorate sulle pareti da graffiti con figure di animali e cavalieri, va interpretato come sepoltura monumentale, probabilmente destinata a personaggi indigeni (siculi) di alto rango o comunque "santuario gentilizio destinato alla frequentazione rituale". La camera di sinistra, più profonda dell’altra, e con sezione verticale di forma approssimativamente trapezoidale, presenta un primo ambiente a pianta rettangolare (circa m. 7,50 x m. 4,20) dal quale si accede ad un più piccolo vano all’incirca quadrato (m. 2,80 x m. 2,15), comunemente interpretato come cella funeraria. Sulle pareti dell’ambiente maggiore, nei punti meglio conservati (soprattutto sulla parete di fondo) sono graffiti, ad un’altezza compresa tra m. 0,85 e 2,20 dal piano di calpestio, diciannove cavalli, alcuni montati da cavalieri, disposti in gruppo su una o due file sovrapposte. I cavalli, resi in forme stilizzate e con zampe lunghe e sottili, sono rappresentati in movimento verso destra, "col collo eretto e col petto e le zampe anteriori rialzati come se gli animali fossero impennati o precedessero in salita" (A. Messina). La parte migliore del fregio appare sulla parete di fondo, a destra dell’ingresso alla piccola cella, dove spicca la figura di un cavallo isolato, un cane che insegue un cinghiale, ed un gruppo di quattro cavalli, due montati da cavalieri e preceduti da una piccola figura umana a piedi che tiene uno scudo. Oltre agli animali sono graffiti sulle pareti anche alcuni segni geometrici, in particolare tre cerchi concentrici, per i quali non è chiara la relazione con il fregio zoomorfo. Più piccola (m. 6,70 x m. 4,25) ma ugualmente a pianta rettangolare è la camera di destra. In questo caso non vi è alcuna cella, ma addossato alla parete di destra si nota un pozzetto di forma rettangolare che sul fondo presenta una cavità circolare ed un piccolo plinto di forma quadrata. La funzione di questo pozzetto non è chiara; anzi è stato ipotizzato che si tratti di un’aggiunta posteriore. Meno rilevanti in questo ambiente sono le decorazioni graffite alle pareti. Da ricordare in particolare è una coppia di cervi, in fuga verso destra, mentre alcuni tratti geometrici ed altri segni risultano di incerta lettura. Altre sepolture scavate nella roccia sono visibili in tutta l'area di Monte Carratabia. On southern flank of the Carratabia Mount, to approximately km. 3 to south-east of the country, along the provincial road that joins the same country to the railway station, the prehistoric complex, composed by two rooms dug in the limestone cliff decorated on the walls from graffiti with figures of animals and knights, goes interpreted like monumental tomb, probably destined to noble aboriginal personages (Sicilians) or however " sanctuary destined to ritual frequentation ". The room of left, deeper of the other, and with vertical section of approximately trapezoidal form, introduces a first atmosphere to rectangular plant (approximately m. 7,50 x m. 4,20) from which it is approached to a smaller space approximately squared (m. 2,80 x m. 2,15), commonly interpreted like the tomb. On the walls of the greater atmosphere, in the points better conserved (above all on the bottom wall) they are graffiti, to a height comprised between m. 0,85 and 2,20 from the plan of stamping, nineteen horses, some mounted from knights, arranged in group on or two overlapping rows. The horses, rendered in stylized forms and with long and thin legs, are represented in motion towards right, " with the neck erected and the chest and front legs raised as if the animals were pulled up or were risen" (Aldo Messina). The better part of the decoration appears on the bottom wall, to right of the income to the small hall, there are the figure of an isolated horse, a dog that chases a wild boar, and a group of four horses, two mounted from knights and preceded from a small human figure on foot among one holds a shield. Besides the animals some geometric signs are graffiti on the walls also, in particular three circle, for which the relation with the zoomorphic decoration is not clear. More small (m. 6,70 x m. 4,25) but equally rectangular plant is the right room. In this case there isn’t a tomb site, but near the right wall there is a trap of rectangular form that on the bottom introduces a circular cavity and a little one of square form. The function of this trap is not clear; indeed it has been assumed that features of a posterior addition. Less important in this atmosphere they are the decorations graphite to the walls. In particular, two red deers, in escape towards right, while some geometric features and other signs turn out of uncertain reading. Other interments dug in the cliff are visible in all area of Carratabia Mount.

85 Cenni e curiosità FIUMECALDO La vallata di Fiumecaldo, a sud-ovest dell’abitato, consiste in un profondo canyon nel letto del quale scorreva un corso d’acqua al quale si recavano le lavandaie a lavare i panni prima che la città fosse fornita dell’acqua corrente nelle case. Il corso d’acqua che vi scorreva era interessato da significative variazioni di temperatura legate all’alternanza delle stagioni e ad eventi sismici. Nel luogo, Corrado Guzzanti, sismologo menenino, il quale si interessò allo studio delle correnti d’acqua termale, fece costruire un padiglione, facendovi istallare un sensibile termografo a bulbo metallico. The valley of Fiumecaldo, in the southwest of the area, consists in a canyon in the bed of which a course of water flowed and to which the laundresses went to wash the cloths before the city was furnished water in the houses. The course of water was interested from variations of temperature tied to the alternation of the seasons and to seismic events. In the place, Corrado Guzzanti, seismologist from Mineo, who was interested in the study of the tides of thermal water, made to build a block in which made to install a sensitive bulb metallic thermograph.

86 Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics
CASA CASACCIO BONAVIRI – CONTRADA CAMUTI / BONAVIRI-CASACCIO HOUSE – CAMUTI Casa di campagna, ex proprietà Casaccio-Bonaviri, attualmente non utilizzata, in quanto in stato di abbandono e di degrado. Country house, ex owner Casaccio-Bonaviri, currently not used, as in state of abandonment and degrade.

87 Cenni storici / Historic notices
ALTOPIANO DI CAMUTI / PLATEAU OF CAMUTI Tra i villaggi di età preistorica, databili intono all’età del bronzo antico, ubicati sulle alture del territorio di Mineo, si inserisce quello di Contrada Camuti - Piano Vattana. Il sito è stato identificato con la città di Trinacia, una delle antiche Mene, insieme a Erice e Palica. Questa doveva certamente essere la più antica e la più famosa. Non conosciamo bene la sua origine, ma potrebbe essere identificata con la Trinakie di Diodoro Siculo, una delle più prestigiose città fondate dai Siculi e rimasta celebre per la resistenza nella sua distruzione nel V sec. in occasione della disfatta di Ducezio. Era l’anno 400 a.C. I siracusani fecero pochi prigionieri, rasero al suolo la città e inviarono al tempio di Apollo in Delfo le spoglie più preziose della stessa. Dell’antica Trinacia non rimase traccia tanto che, per molto tempo, tra gli studiosi sorsero dubbi su dove ubicare la città, fino ad identificarla con l’abitato di Contrada Camuti - Piano Vattana. Il sito sembra essere stato abitato dall’età preistorica a quella medioevale. Ultimo tra i ritrovamenti di insediamenti sul pianoro, quello risalente al 1989 (saggi e scavi eseguiti dalla Sopraintendenza di Catania sotto la direzione della Dott.ssa Tomasello) che portò alla luce un villaggio preistorico di tipo capannicolo risalente (forse) alla fine del III o agli inizi del II millennio a.C. Among the villages of prehistoric age datable about ancient bronze age, there is the site of Contrada Camuti - Piano Vattana, sited on the heights Mineo’s territory. The site has been identified with the city of Trinacia, one of ancient Mene, with Erice and Palica. This had to be sure the most ancient and most famous among them. We don’t know its origin well, but it could be identified with the Trinakie mentioned by Diodoro, as one of the most prestigious cities founded from the Sicilian and remained famous for the resistance in its destruction in the V sec. in occasion of the defeated of Ducezio in 400 b.C. Syracuse people take not many prisoners, they razed the city and sent to Apollo temple in Delfo the wealths of the city. Of the ancient Trinacia didn’t remain trace and, in order much time, among the archaeologist rose doubts on where to locate the city, until to identify it with the village of Contrada Camuti Piano Vattana. The site was lived from the prehistoric age to medieval one. Among the last discoveries there is a prehistoric village composed by hut to date back to the and of III or the beginnings of II millennium b.C., discovered in 1989 during escavation directed by Dct.a Tomasello and promoted by Superintendence of Catania.

88 Cenni storici / Historic notices PIETRA DELLA POESIA / STON OF POETRY
All’altipiano di Camuti è legata una storia impreziosita da varianti leggendarie. Si racconta, infatti, che in agosto, secondo un calendario ben preciso, ogni anno, i poeti provenienti da ogni parte della Sicilia, venivano a Mineo per riunirsi alla "pietra della Poesia". In questo luogo, come ci fa sapere il Vigo, Paolo Maura, poeta vissuto nel '600, si era fatto costruire una piccola dimora. Alla "pietra della poesia" si recavano poeti illetterati e colti, e persino le donne gravide, perché, si diceva che bastasse sedersi lì sopra per avere la certezza d'un figlio poeta. A Mineo lo erano tutti, verseggiatori incolti, usi a mettere in versi ogni cosa. Si racconta, a tal proposito, che intorno alla fine del Settecento, il famoso improvvisatore Pietro Fullone volle partecipare ad una delle periodiche riunioni dei poeti. La sua presenza presso la “pietra della poesia” era giustificata dalla curiosità di conoscere il paese e le capacità compositive dei meneni. Giunto nei pressi dell’abitato, chiese con fare ironico ad un contadino se veramente quello fosse il “paese della poesia”, e il contadino, offeso, improvvisò un risposta in versi, che dimostrò l’innata vocazione degli abitanti di Mineo. Che Mineo fosse il paese della poesia lo conferma anche il Pitrè, che nei suoi Studi di poesia popolare scrive: «Si sa che Mineo è, per antica tradizione volgare, la terra della poesia. Quivi convenivano una volta da ogni più riposto luogo della Sicilia i poeti più valenti a sfidarsi l’un l’altro sotto l’ispirazione presso la Pietra della Poesia, l’Elicona dei rustici poeti dell’isola». To the Camuti’s plateau is tied a history connected to some legends. It is told, in fact, that in August, in order to a very definite calendar, every year, the poets coming from every part of the Sicily, came to Mineo in order to gather to the " stone of the poetry" In this place, as Vigo narred, Paolo Maura, poet lived in ‘600, he had to built a house here. To the " stone of the poetry" came the uneducated and precious poets, and the pregnant women, as it’s said that it was enough to set on the stone to having the certainty of a son poet. In Mineo they were all, were used to put in verse every thing. It is told, in fact, than around the end of the 1700's, the famous improvisator Pietro Fullone wanted to participate to one of the periodic meeting of the poets. Its presence near the “stone of the poetry” was justified by the curiosity to know the country and the poetry abilities to the citizens of Mineo. Reached in the living area, he asked with making ironic to a peasant if that one were the “country of the poetry”, and the peasant, annoyed, improvised an answer in verse, so that that peasant demonstrated to him the vocation of the inhabitants of Mineo. Also Pitrè, in his Studies on popolar poetry, write: «It knouwn that Mineo is, for ancient tradition, the copuntry of poetry. Here came from evry country of Sicily, the most poets in order to have a competition at the Stone of Petry, the Elicona Mount of the rustic poets of the island».

89 Cenni storico-artistici / Historic and artistic notices
CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / CHIRCH S. GREATER MARIA Su uno dei due colli su cui è ubicato il paese di Mineo, sorge la maestosa chiesa di S. Maria Maggiore. Le sue origini risalgono agli inizi della cristianizzazione della Sicilia, precisamente verso la metà del 3° secolo d.C. La chiesa, inizialmente dedicata al dio Sole, fu in seguito trasformata in un tempio cristiano dedicato alla Vergine SS. La primitiva chiesa di S. Maria Maggiore dovette avere dimensioni più piccole e un suolo più basso di quello attuale. Lo dimostra il fatto che durante l'opera di sterramento per rimodernare il pavimento si sono trovate antichissime pareti e alcune colonne. Probabilmente l’edificio fu distrutto una prima volta quando vi fu l'occupazione del paese da parte dei saraceni. Non siamo certi che i musulmani distrussero le chiese di Mineo, ma è molto probabile. Passato il periodo sanguinoso delle conquiste è certo che la religione non fu disturbata, neanche nei luoghi di culto. In seguito, nel 1137, la Chiesa fu danneggiata per cause non conosciute e il 4 febbraio 1169 a causa di un terremoto. Sempre per cause sismiche, nel 1542, fu completamente rasa al suolo insieme alla città. Restaurata dalla famiglia Buglio, subì altri danni nel I lavori di restauro furono affidati all'Architetto Antonio De Marco e il 22 settembre 1644 fu elevata all'onore di collegiata da Monsignor Capoblanco. La chiesa subì altri danni nella seconda metà del 1600 e fu rasa quasi completamente al suolo a causa del terremoto del I lavori di restauro furono affidati all'Architetto Antonio Caruso. Fu danneggiata ancora una volta nel 1908; fu riaperta al culto nel 1913, dopo alcuni lavori di consolidamento. Anche il terremoto del 1969 le recò seri danni alle volte e alla cupola e per alcuni anni fu chiusa a causa dei lavori di restauro e riaperta alcuni anni dopo. Mal ridotta a causa di infiltrazioni di acqua piovana e bisognosa di consistenti interventi nella parte esterna, venne interamente riparata nel Fu nuovamente chiusa al culto dopo il terremoto del 1990 e sottoposta ai lavori più urgenti grazie alle offerte dei fedeli. Nel tempo la chiesa ha assunto vari nomi: il primo fu S. Maria de Stellis, poi venne chiamata S. Maria de Graecis ed infine con l'attuale nome S. Maria Maggiore. La Chiesa custodisce la veneratissima statua quattrocentesca della Regina degli Angeli in alabastro dipinto, che la tradizione vuole donata dal Conte Ruggero il Normanno. La sua festa fu detta reale, perché voluta dal re Filippo IV nel 1643. Attualmente è in fase di restauro. On one of the two hills on which the country of Mineo is located, rises the church of S. Greater Maria. Its origins go back to the beginnings of the Christianization of the Sicily, just towards the half III century a.C. The church, initially dedicated to the God Sun, later was transformed in a Christian temple dedicated to Maria. The first church of S. Greater Maria must have smaller dimensions and a ground lower than the one. Show it the fact that during the restructured works in order to modernize the flat, ancient walls and some columns have been found. Probably the building was destroyed one time when Saracens occupied the country. We are not sure that the Muslims destroyed the churches of Mineo, but it’s probable. Passed the bloody period of the conquests it is sure that the religion was not disturbed, not even in the cult places. Later, in 1137, the Church was damaged for unknown causes on February 1169 because of an earthquake. Always for earthquake, in 1542, it was completely razed to the ground with the city. Restored from the Buglio family, it endured other damages in The restored activities were entrusted by Architect Antonio De Marco and on 22 September 1644 was consecrated by Monsignor Capoblanco. The church endured other damages in the second half of 1600 and was razed completely to the ground because of the earthquake of The restored intense activities were entrusted by Architect Antonio Caruso. It was damaged once again in 1908; it was reopened in 1913, after some intense activities of consolidation. Also the earthquake of 1969 caused serious damages to the times and to the cupola and for some years it was closed because of the intense activities of restoration and reopened some years after. Badly reduced because of water infiltration, it was restored in the external part in It was newly closed after the earthquake of the 1990 and subordinate to the intense activities thanks to the money offered by faithfuls. During the years the church has assumed several names: the first one was S. Maria de Stellis, then Maria de Graecis and at last was called S. Greater Maria. The Church keep a fifteen-century statue of the Queen of the Angels, made in painted alabaster, that the tradition want donated to the Church by the Cont Ruggero the Normans. Her festivity was called royal, as wanted by the King Philip IV in 1643. Currently it is in phase of restoration.

90 CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / SAINT GREATER MARIA CHURCH
Caratteristiche tecnico-architettoniche/ Architectural and architectonic characteristics CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE / SAINT GREATER MARIA CHURCH L'esterno del maestoso monumento ha il prospetto di vari stili con rilievi ornamentali classici. E' composto da tre ordini architettonici. Il primo ordine, molto semplice, è diviso in tre scomparti da quattro lesene con robusti zoccoli alle basi e capitelli dorici in alto che sostengono il robusto cornicione sovrastante. Negli scomparti stanno i tre portali d'ingresso. Mentre quello centrale, che si apre ad arco a tutto sesto tra due paraste con capitelli e architrave, è sovrastato da un timpano semiaperto contenente una lapide marmorea, sui due laterali, di dimensioni minori, pur esibendo la stessa struttura, si aprono altrettante finestre, che danno luce alle rispettive navate esterne. Il secondo ordine è composto dalla scomparto centrale rettangolare e da altri due minori ad esso affiancati delimitati da paraste terminanti con capitelli ionici e raccordati al registro inferiore con volute. Nello scomparto centrale si apre, tra le due lesene, che richiamano quelle sovrastanti e che terminano con capitelli ionici, un’ampia finestra in stile rinascimentale siciliano sulla quale con intagli a rilievo si eleva una cornice in cui si trovano uno scudo schiacciato, due cordoni floreali e una conchiglia. Accanto alla finestra due nicchie riprendono il motivo della cornice con conchiglia della finestra centrale. Il terzo ordine, composto dalle tre celle campanarie con finestre ad arco, separato da otto lesene allineate con capitelli corinzi, è chiuso dalla balaustra che corre per tutta la base e sopra il cornicione. Alle fiancate si aprono ancora due celle campanarie del tutto simili alle precedenti, mentre nella parte opposta al prospetto principale se ne aprono altre tre. A coronamento del prospetto è posta una cuspide triangolare un po’ schiacciata al vertice con al centro un medaglione e quattro anse semiovali ai lati che la chiudono. L’edificio ha pianta a croce latina a tre navate e transetto. Su venti grosse colonne con capitelli dorici poggiano dieci arcate che sostengono la trabeazione, sulla quale poggia la sopraelevazione con altrettante finestre e le volte delle navate. All’incrocio tra navata centrale e transetto quattro pilastri sostengono la cupola, nonché le testate del presbiterio. Il tamburo della cupola è diviso in otto scomparti da lesene con capitello ionico, con quattro finestre in posizione alternata. Sul tamburo si innalza la calotta divisa in otto scomparti che salgono verso il cupolino a forma di tempietto circolare. The prospect of the great monument is composed by several architectonic style with classic ornaments. It is composed by three architectonic orders. The first level, the most simple one, is divided in three partitions from four pilaster with bases and capitals that support the sturdy cornice. In the partitions there are the three door of income. The central one, that is opened to arc between two pilaster with capitals and architrave, is surpassed by a half-open tympana having a marble memorial plaque; on the two lateral ones, of smaller dimensions, having the same structure, there are opened many windows, that gives light to the respective aisle. The advanced level is composed by the central rectangular partition and by others two partitions placed side by side and bordered by lateral pilaster and Ionic capitals and joined together to the lower level with volute. In the central compartment it opens, between two pilaster, that finish with Ionic capitals, an ample window in Sicilian Renaissance style on which, with embossed carvings, raises a frame in which a crushed shield, two floral cords and a shell are found. Close to the window two niches take back the motive for the frame with shell of the central window. The third level, composed by the three bell cells with windows to arc, separated by eight pilaster with Corinthian capitals, it is closed from the baluster that it races for the whole base and above the cornice. To side still two bell cells open, similar to the preceding ones, while in the opposite part to the principal prospect they open other three. At the top of the prospect it is set a triangulate tympana some crushed to the vertex with a medallion in the centre and four handles semicircular to the sides that close it. The building has Latin cross plan with three aisles and transept. On twenty big columns with Doric capitals gild ten arcades that sustain the trabeation, on which leans the raising with as many windows and the vault of the aisles. To the intersection between central aisle and the transept four pillars sustain the dome, as well as the headings of the presbytery. The drum of the dome is separated in eight compartments from pilasters with Ionic capitals, with four windows in alternate position. On the drum raises the cap separated in eight compartments that climb toward the dome to form of circular temple.

91 La volta del presbiterio è abbellita con un affresco che vede raffigurata l'Ascesa al cielo della Madonna circondata dagli angeli. Sulle volte e sui muri pregevoli stucchi decorano gli interni, mentre sulle pareti perimetrali si aprono tredici altari con rispettivi paliotti di marmo policromo e pale ad olio su tela. La Chiesa custodisce infine la veneratissima statua quattrocentesca della Regina degli Angeli in alabastro dipinto, che la tradizione vuole donata dal Conte Ruggero il Normanno. Da notare, infine, a fianco dell’ingresso dalla parte interna vi è un antico portale quattrocentesco, forse parte del castello o di una delle porte della città. The vault of the presbytery is embellished with a fresco that represented the ascent to the Madonna's sky surrounded by the angels. On the vault and on the walls some plasters decorate the insides, while on the lateral walls thirteen altars with respective frontal of in marble and painted altarpieces to oil on cloth are opening. The Church finally guards the fifteenth-century statue of the Regina of the Angels in painted alabaster, that the tradition wants given by the Count Roger the Norman. Finally, beside the entry from the inside part, there is an ancient fifteenth-century portal, perhaps part of the castle or one of the doors of the city.

92 Cenni storici / Historic notices
CHIESA S. PIETRO E PAOLO / CHURCH OF S. PETER AND PAUL La Chiesa dei santi apostoli Pietro e Paolo sorge su un declivio a metà del colle sul quale si erge la chiesa di S. Maria Maggiore. Di origini antiche, quasi quanto le altre due chiese di Mineo, sembra sia stata la terza ad essere stata edificata. Menzionata sin dal Medioevo, ha subito nel tempo aggiunte, modifiche e ristrutturazioni, specialmente dopo i terremoti del 1542 e del Danneggiata in modo molto grave da quest’ultimo, i lavori di ristrutturazione si prolungarono per decenni fino al 1770. La chiesa ha un prospetto barocco con tre ordini architettonici. Il primo ordine è diviso in tre scomparti, adornati dai tre portali d’ingresso, finestre e colonne. Nello scomparto centrale domina il portone principale con un ricco fregio sull’architrave e timpano a triangolo aperto. Ai lati del portale stanno quattro colonne con alti basamenti e capitelli dorici in alto su cui poggia la massiccia trabeazione. Nei due scomparti laterali invece, che sono meno ampi, si aprono i portali più piccoli, che immettono nelle rispettive navate laterali della chiesa e sostengono le finestre a loggette pensili, ricamate a traforo. Anche questi portali e finestre sono incorniciate da altre sei colonnine che richiamano quelle del portale centrale. Il secondo ordine ha un solo scomparto centrale con linee architettoniche uguali a quello sottostante. Lo adornano sei colonne con capitelli ionici e un’ampia finestra con festone floreale al centro. Ai fianchi stanno due piccole anse chiuse da quattro basamenti dove dominano le statue di S. Pietro e Paolo e le due lanterne con fiamme apicali. Il terzo ordine, infine, ricostruito nel 1928, è molto semplice e segue l’andamento del secondo. Non sono presenti motivi ornamentali o colonne. Spezzano la parete soltanto le tre celle campanarie sopra le quali poggia la terza trabeazione. Completa il prospetto una sopraelevazione sulla cella campanaria centrale con la parete terminale semicircolare e due volute pure semicircolari, che inquadrano al centro la cornice dell’orologio. Nelle pareti perimetrali esterne sono da notare due portali in pietra arenaria restaurati l’uno nel 1954 e l’altro nel Nel primo si trova incorniciata una nicchia con una Madonnina, in ricordo della festa centenaria del dogma dell’Immacolata concezione; nel secondo sta un pannello in ceramica dipinta raffigurante la consegna del mandato a S. Pietro (titolare della chiesa insieme a S. Paolo), opera di Nino Ragona da Caltagirone. The Church of the Saint apostles Peter and Paul rises on the hill on which rise the church of S. Greater Virgin Mary. The Church seems the third to be build in Mineo, among the others. Mentioned until the Middle Ages, it has in the time modifications and restructures, especially after the earthquakes of 1542 and Damaged seriously during this last one, the restructure intense activities lasted until 1770. The church has a baroque prospect in three architectonic levels. The first level is divided in three partitions, adorned from the three portals of income, windows and columns. In the central partition is placed the main door of income with an ornament on the architrave and a triangular tympana. Side by side the portal they are four columns with high bases and Doric capitals under which is placed trabeation. In the two lateral partition instead, that are less wide, are opened portals that introduce in the lateral aisle and supports the windows, frettworked. Also these portals and windows are framed by six columns. The second level has a single central partition with equal architectonic lines to that one below. It’s adorned with six Ionic columns with capitals and a wide window with festoon in the centre. To the sides two small handles are closed from four plinths where dominate the statues of S. Peter and Paul and the two lanterns with flames The third level, reconstructed finally in 1928, it is very simple and follows the course of the second one. Ornamental motives or columns are not present. Break the wall only the three bell cells above which it leans the third trabeation. Completes the prospect a raising on the central bell cell with the terminal semicircular wall and two semicircular volutes, that frames the clock. In the external walls are two portals in stone sandstone restored the one in 1954 and the other in 1966. In the first one it is framed a niche with a Virgin Mary, in memory of the centennial festivity of the dogma of the Immaculate conception; in the second a panel in painted ceramics is representing the delivery of the order to S. Pietro (titular of the church together with S. Paul), work of Nino Ragona from Caltagirone.

93 La pianta dell’edificio è a croce latina a tre navate e transetto
La pianta dell’edificio è a croce latina a tre navate e transetto. All’incrocio tra navata centrale e transetto, su quattro pilastri, si alza la cupola. Il tamburo della cupola è adornato da quattro finestre intercalate da quattro bassorilievi in stucco (questi ultimi sono stati messi a nuovo durante i restauri della cupola nel ). Otto arcate, sostenute da altri dieci pilastri, separano la navata centrale da quelle laterali, coperte da crociere. Sotto le arcate, addossate ai pilastri stanno delle colonne abbinate con capitelli corinzi che insieme a quelle delle pareti perimetrali sostengono le calotte circolari. Sulla trabeazione si alza una sopraelevazione sulla quale si aprono diciotto finestre intercalate dai rispettivi piastrini che richiamano quelli sottostanti e che sostengono le volte principali, tutte ricche di stucchi. Sulle pareti perimetrali si aprono, invece, tredici altari con rispettive pale d’altare dipinte ad olio su tela, restaurate per lo zelo del Parroco Antonio Novità nel 2000. Degni di nota risultano essere la Flagellazione di Cristo, pala di ignoto dei primi del ‘600, nella cappella presbiterale destra, dietro la quale si conserva la pregevole e venerata statua settecentesca in legno policromo del Cristo alla Colonna, circondata dalla raflaga d’argento del ‘700. E ancora l’organo attribuito a Donato del Piano, riccamente decorato, in legno intagliato e dorato. Infine pregevole è la statua in legno e oro raffigurante S. Lucia, che sta fuori dalla cappella del Santissimo Sacramento. The plant of the building is to Latin cross to three aisles and transept. To the intersection between central nave and transept, on four pillars, it gets up the dome. The drum of the dome is decorated by four windows intercalated by four bas-reliefs in plaster (these last ones are restored with the dome in ). Eight arcades, sustained by other ten pillars, they separate the central nave from the aisles, covered by cruises. Under the arcades, leaned to the pillars are some columns combined with Corinthian capitals that, with the walls ,sustain the circular caps. On the trabeation gets up a raising on which eighteen windows intercalated by the respective pillars are opened, recalling the below ones and that sustained the cups, rich of plasters. On the lateral walls thirteen altars are opened with respective painted altarpieces to oil on cloth, restore instead, for Priest Antonio Novelty's zeal in the 2000. Worthy of note result to be the Scourging of Christ, altarpieces of unknown artist that goes to back to the first of '600, in the right presbyteral chapel, behind which it’s preserved the valuable and revered eighteenth-century statue in wood of the Christ at the Column, surrounded by the silver raflaga of the '700. And still the organ attributed to Donato del Piano, richly decorated, in carved wood and gilded. Finally valuable it is the statue in wood and gold representing S. Lucia, outside the chapel of SS. Sacrament.

94 Cenni storici / Historic notices
CHIESA S. AGRIPPINA / CHURCH OF SAINT AGRIPPINA La Chiesa colleggiata e parrocchiale, dedicata alla santa patrona della città, S. Agrippina, sembra essere stata edificata sui ruderi dell’oratorio privato che S. Eupresia fece costruire nel 263 vicino alla sua casa. L’oratorio, che ricevette le spoglie mortali della martire Agrippina al suo arrivo da Roma, doveva apparire come una piccola chiesetta che alcuni storiografi definiscono “modicae molis”. Quando la chiesetta divenne troppo piccola per accogliere i fedeli fu ingrandita dalla stessa S. Eupresia e trasformata in una magnifica basilica, consacrata il 19 giugno 312 da S. Severino, vescovo di Catania. Sconosciamo le vicende che coinvolsero la Chiesa nei secoli successivi, ma è credibile che abbia subito danni e rovine, insieme all’intera città, a causa di movimenti sismici e invasioni di popoli stranieri. Durante la conquista araba subì gravi danni e pare che fosse stata trasformata in una moschea con un piccolo minareto vicino. Del periodo normanno e di tutto il medioevo non abbiamo notizie, ma certamente dovette essere danneggiata dal terremoto nel Nel XIV sec., dopo aver subito altri danni, venne completamente ricostruita; ne è prova la cripta o meglio la cappella sotterrata. La nuova costruzione, certamente quattrocentesca dati alcuni particolari architettonici quali i torrioni merlati nella parte absidale esterna, i plinti ornamentali in alto ai fianchi della navata centrale e il ricco fregio intagliato in stile gotico sulla parete esterna della cappella santa, fu quasi completamente distrutta dal terremoto del 1693. Del monumentale tempio restano, inglobati nella costruzione settecentesca, la parte absidale e il prospetto frontale, incompleto. La chiesa ha subito di recente interventi di modifica. Oltre alla nuova pavimentazione in marmo, certamente l’intervento di maggior spicco risulta essere l’inserimento nel prospetto frontale di un monumentale portone in bronzo con sopra raffigurate le storie della Santa patrona Agrippina, donazione di privati. The Church dedicated to the Saint Agrippina, was built up on the private oratory that S. Eupresia made to built in the 263 near her house. The oratory, that it received the empty body died of martyr Agrippina at her arrive from Rome, had to appear like a small church, so that some historian define “modicae molis”. When became too smaller in order to receive the faithful, the church was transformed in a Basilica by S. Eupresia and it was consecrated on 19 June 312 from S. Severino, bishop of Catania. We don’t know what happened during the next centuries, but is credible that it was damaged and ruin quickly, with all city, because of eathquake and foreign people invasions. During the Arabic conquest it endured serious damages and it had been transformed in a mosque with a little minaret close. During Norman period and Middle Age we don’t have news about church, but sure it had to be damaged from the earthquake in In the XIV century, after to have other damages quickly, it came completely reconstructed; show it the underground crypt that is an underground chapel. The new construction goes back to XIII century, for some architectonic details as the embattled towers in the external part, the ornaments of nave and the rich decoration in gothic style on the external wall of the Saint chapel. It was completely destroyed from the earthquake of About monumental temple remain, into the construction, the apsidal part and the frontal prospect. The church has modified recently. Besides the new flat in marble, the greater modify is the bronze door on the fontal prospect, representing the history of the Saint Agrippina, donation of private.

95 CHIESA S. AGRIPPINA / CHURCH OF SAINT AGRIPPINA
Caratteristiche tecnico-architettoniche / Architectural and architectonic characteristics CHIESA S. AGRIPPINA / CHURCH OF SAINT AGRIPPINA La Chiesa ha il prospetto principale con due ordini architettonici, pianta a croce greca a tre navate e dimensioni di lunghezza uguale a quella anteriore al terremoto del 1693, di cui rimangono solamente la parte absidale e quella frontale. Non conosciamo la struttura architettonica esterna ed interna della precedente struttura, ma dalla cripta, si può dedurre che fosse a pianta quadrata. L’edificio, dotato di due canoniche (una d’epoca, l’altra del 1958), si trova isolato dalle altre costruzioni e sorge nello spiazzo omonimo. Nel 1946, furono eseguiti gli affreschi delle navate laterali, ad opera di Giuseppe Barone di Militello V.C., che rifece a nuovo anche quelli della cupola, ispirandosi ai già esistenti. Nel 1975, circa venne ripristinata la copertura e la cupola. La navata centrale è divisa dalle laterali da sedici colonne binate con capitelli ionici, mentre altre sedici colonne stanno addossate alle parte perimetrali. Le derivanti campate presentano copertura a cupola e accolgono gli altari laterali. Sopra la trabeazione insistono le pareti della navata centrale e quelle traversali della crociera che sostengono le quattro volte principali del tempio. Al centro della crociera, su tre giganteschi pilastri, domina la cupola dal cui tamburo quattro finestre danno luce nell’interno. Abbelliscono i pennacchi, i costoloni e la volta della cupola, come pure le quattro volte principali, parecchi affreschi raffiguranti Storie di Santa Agrippina, opera di Sebastiano Monaco, ad eccezione dei restauri opera, come già detto di Giuseppe Barone da Militello. La chiesa, oltre ai sopra citati, conserva un antichissimo affresco nella cripta sulla parete frontale che “gode fama di stile bizantino o per lo meno bizantineggiante. In esso si intravede la Vergine con il bambino circondata dagli apostoli e dagli angeli. Le figure sono stilizzate ed i colori molto vivaci ed arieggianti appunto a tale stile” ; il capo degli angeli è circondato dal nimbo con il nome di ognuno. Nella crociera sia del braccio destro che sinistro si trovano altre opere di rilievo. The Church has the principal prospectus with two architectural levels, plan Greek cross with three aisles and equal dimensions to that anterior to the 1693 earthquake, of which only remain the apse part and frontal one. We don't know the external and inside architectural structure of the preceding structure, but from the crypt, we can be deduce that it was square plan. The building, with two presbytery (one ancient, the other goes back to 1985), is isolated by the other constructions and it rises in the homonym square. In 1946, the frescos of the aisles were performed, to work of Joseph Barone of Militello V.C., who repainted also those of the dome, already inspiring them to the existing. In 1975 the coverage and the dome were restored. The nave is separated from the aisles from sixteen binate columns with Ionic capitals, while other sixteen columns are lean against the wall. The consequential span introduce dome coverage and welcome the side altars. Above the trabeation the walls of the central nave and those ones that sustain the four principal vault of the temple insist. At the centre of the cruise vault, on three big pillars, the dome dominates from whose drum four windows give light in the inside. Embellish the plumes, the groins and the vault of the dome, as also the four principal vaults, quite a lot frescos representing Histories of Saint Agrippina, work of Sebastiano Monaco, to exception of the restored ones, work of Joseph Barone from Militello. The church, among the others, preserve an ancient fresco in the crypt on the frontal wall that "it enjoys fame of Byzantine style. In it the Virgin Mary is glimpse with her Child surrounded by the apostles and by the angels. The figures are stylized and the colours very vivacious and aerating note to such style"; the head of the angels is surrounded by the halo with the name of each. In the cruise vault, on right side and on the left side, other works are found.

96 In quello di destra si ammira il monumentale altare in marmo policromo, opera della ditta Alberghino di Caltagirone. L’altare è impreziosito dal paliotto marmoreo barocco con intarsi e dal presepe soprastante con statue settecentesche in legno di angeli fissati nella parete, porti in pose svolazzanti attorno alla grotta. Oltre che le tre tipiche statue della Madonna, di Giuseppe e del bambin Gesù, vi stanno pure quelle dell’Eterno Padre in alto, dello Spirito Santo in forma di colomba sopra la grotta e quelle simboliche della fede e della carità. Nel braccio sinistro sta pure un antico altare in marmo con paliotto identico a quello del braccio destro. Vi domina sopra una pala d’altare proveniente dalla Chiesa locale di S. Benedetto. A sinistra è un sarcofago che conteneva le spoglie di Angela de Guerriero, sposa di Gian Vincenzo lo Castello e figlia di Gian Tommaso de Guerriero. Questo sarcofago, sovrastato dal un cavaliere in ginocchio in veste cinquecentesca, è ornato da due stemmi. Nel piano superiore si notano varie decorazioni scolpite di scudi, elmi, corazze e maschere; nel secondo fregi floreali e l’iscrizione: “Angela in terra fui tal sono in cielo del Biscaro signora or fredda pietra serra il mio corporeo velo”. Tra le numerose opere di pregevole valore conservate nella chiesa, primeggia il simulacro di S. Agrippina; opera cinquecentesca di Vincenzo Archifer scolpita nel 1518 o qualche anno più tardi, raffigura la giovane patrona della città, di origine romana e traslata a Mineo dopo il suo martirio sotto l’impero di Valeriano e del fratello Gallieno. In the right one, the monumental altar in marble is admired, work of firm Alberghina of Caltagirone. The altar is embellished by the Baroque marmoreal frontal with inlays and by the crib with eighteenth-century statues in wood of angels fixed in the wall, fluttering around the cave. Over that the three typical statues of the Madonna, Joseph and of the Child Jesus, are also those of the eternity Father, of the Spirit Saint in form of dove above the cave and those symbolic of the faith and of the charity. In the left one, an ancient altar is also in marble with identical frontal to that of the right side. It dominates above an altarpiece coming from the local Church of S. Benedict. To the left of it , there is a sarcophagus that contained the bare ones of Angela de Guerriero, wife of Gian Vincenzo Lo Castello and daughter of Gian Tommaso de Guerriero. This sarcophagus, overhung by one knelt knight wore sixteenth-century dress, it is adorned by two coats of arms. In the superior level various carved decorations of shields, helmets, caresses and masks are noticed; in the second one, floral ornaments and the inscription : "Angela in earth I was such I’m in sky of the Biscaro lady, now cold stone it shuts my bodily veil." Among the numerous works of valuable value preserved in the Church, the simulacrum of Saint Agrippina excels; sixteenth-century work of Vincent Archifer carved in 1518 or a few years later, it represents the young saint of the city, came from Roman and bring in Mineo after her martyrdom under the empire of Valeriano and his brother Gallieno.

97 Breve percorso tra le vie del paese / Running through Mineo
Sulle colline che coronano il versante sud della Piana dei Margi, a 545 mt sul livello del mare, sorge Mineo, un piccolo centro il cui territorio si estende circa per ettari. Si entra dalla città da porta Adinolfo, arco settecentesco unito al complesso dei padri Gesuiti, giungendo alla Piazza L. Buglio. Su di essa si affaccia il Collegio dei Gesuiti, col bel chiostro, oggi Palazzo Comunale. Fiancheggia il Collegio la Chiesa dedicata a S. Tommaso, a croce latina con alta torre campanaria. Di fronte al collegio gesuitico è l’antica Loggia Comunale, oggi sede del Circolo di Cultura intitolato a Luigi Capuana . Dalla piazza, imboccando Via Umberto I, a sinistra le scuole comunali, costruite su progetto dell’architetto Francesco Fichera; più oltre, notevole è il Palazzo Colonna-Magrì (che la tradizione vuole sia stata la dimora di S. Eupresia, nobildonna per volere della quale furono traslate a Mineo le spoglie della Santa Patrona Agrippina), che presenta elementi quattrocenteschi e cinquecenteschi. Si giunge infine allo spiazzale su cui si afaccia il prospetto della Chiesa collegiale e patronale dedicata a S. Agrippina. Nei pressi del quartiere si trovano alcuni interessanti palazzi nobiliari, quali quelli delle famiglie Catalano, Tamburino-Martino e Maura. Ritornati in Piazza Buglio, imboccando la Via Erice, intitolata insieme alle due adiacenti alle antiche Menae( Erice, Trinacia e Palica), si giunge alla chiesa di S. Pietro, ricostruita dopo il terremoto del 1693, ma già esistente nel XII sec. Passati dietro la chiesa parrocchiale e procedendo verso destra ci si trova su Via Luigi Capuana. Imboccando poi a sinistra, e passando di fronte al monastero di S. Maria degli Angeli, si incontra subito la Chiesa di S. Francesco, sul cui prospetto laterale che si affaccia su Via Roma sono evidenti i resti di un ricco portale rinascimentale, ora murato. Percorrendo ancora Via Roma, e oltrepassato Palazzo Pitari, si giunge al largo S. Maria Maggiore, dalla Chiesa omonima, su cui si affacciano, oltre che lo stesso prospetto monumentale del tempio dedicato alla Vergine, il Palazzo Morgana, proprietà Buglio nel Medioevo, i Palazzi Simili e Ballarò. Sempre procedendo dallo spiazzo, si giunge al Castello, di cui resta una parte del “mastio” a base ottagona, parte del castello di età svevo-normanna, cui erano collegate le fortificazioni cittadine. Parte di queste ultime sono visibili, in un muretto attualmente alto solo pochi metri, nel luogo denominato Tomba Gallica. Ivi venne data sepoltura ai francesi morti duranti i Vespri Siciliani e a cui ricordo è posta una lapide. Nella periferia della città si segnala il Convento dei PP. Cappuccini, nei pressi del cimitero, con annessa Chiesa dedicata a S. Vito. On the hills of south of Margi’s Flat , on 545 mt above sea level, rises Mineo, a small centre whose territory is extended approximately for 24,500 hectares. Entering into the city from Adinolfo door, a septecentesc arc joined to the complex of the Jesuit fathers, reaching the Public square L. Buglio. On it, the College of the Jesuits shows oneself, with the beautiful cloister, today Communal Palace. Near, the Church dedicated to S. Tomas, latin cross plant with high bell tower flanks the College. Forehead the Jesuitical convent it is the ancient Communal “Loggia”, today Circle of Culture meeting centre entitled to Luigi Capuana. From the public square, through Via Umberto I, on the left the communal schools, constructed on the architect Francisco Fichera’s project; more beyond, remarkable it is the Colonna-Magrì Palace (that the tradition it wants be the dwelling of S. Eupresia, lady who want to bring in Mineo Saint Agrippina, dead). It is reached the square on which prospect of Church dedicated to S. Agrippina shows itself. Near the district we can found interesting noble palaces, of the families Catalan, Tamburino-Martino and Maura. Returned in Buglio Public square, feeding the Via Erice, entitled with to the two adjacent ones to the ancient Menae (Erice, Trinacia and Palica), reaches the Church of S. Peter, reconstructed after the earthquake of the 1693, but existing since XII sec. Walking behind the Church and towards on the right, we finds in Via Luigi Capuana. Feeding then on the left, and crossing the convent of S. Maria of the Angioli (period which laughed them), quickly meets the Church of S. Francisco, on whose lateral prospect that shows oneself on Via Rome is obvious the rests of a rich Renaissance portal, now walled up. Still covering Via Rome, and after Pitari Palace, there is a little square on which shows its prospect S. Greater Maria Church, and beyond that the same monumental prospect of the temple dedicated to the Vergine, the Morgana Palace, property Buglio in the Middle Ages; Simili Palace and Ballarò Palace. Always cross the square, the Castle, of which we have only the master octagonal tower, part of the aged Svevo-Norman castle, with which were connected city’s fortifications. Part of these are visible, in a small wall (only little meters high) , in the so-called place Gaulish Tomba. There, Mineo’s citizens buried the dead French after Sicilian Vespri and in memory of which a inscription is placed. In the border of the city, the Convent of the Cappuccini friars, with the annexed graveyard and Church dedicated to S. Vito.

98 BONAVIRI E MINEO: RAGIONI DI UNA VERIFICA
L’alveo entro cui scorre e verso cui confluisce l’intera opera bonaviriana si può indicare come vistoso segno geografico che conduce in direzione di Mineo, e ciò non solo attraverso il ricorrente impiego ambientale e toponomastico e le sottili modulazioni che esprimono nell’opera bonaviriana quello che dice e quello che tace una ricca interiorità etnica, ma specialmente attraverso l’incentivo di vibratilità che egli ne riceve. Personaggi e contrade dalla pacifica e usuale connotazione trapassano, come per magia, in ambiti narrativi e poetici di sapore mitico, camminando perciò verso altra meta. Mineo sembra costituire l’epicentro della geografia spirituale da cui si diramano gli impervi sentieri della ricerca dl Giuseppe Bonaviri. Lì egli opera inaudite alchimie: dalle trame scontate dl ragazzotti e contadini si aprono inattesi varchi in direzione del mito che offre la sua sconfinata ampiezza agli inquieti fantasmi che lo assillano. Accade così che il collinare presepe balconata sulla valle di Caltagirone con i suoi viottoli, l’odore del timo e le fantasie naturistiche della sua gente vengano a congiungersi con la volta stellare e si scoprono segrete parentele il cui epos appunto è raccontato dalla finissima pagina bonaviriana. Dello scrittore è in verità la sorgente primaria che invade il paesaggio, la poesia e il dramma, anche se Bonaviri stesso è solito far derivare la sua vena dal fertile humus mitopoetico di Mineo. In una pagina conclusiva delle Novelle saracene Bonaviri dice che... «il novellare (e noi possiamo intendere l’intera produzione dello scrittore e poeta) è un perpetuo inseguimento del desiderio». E dove rinvenire meglio che nel favoloso e nel mitico delle proprie radici la sostanza chimerica del «Desiderio» e del disagio di esistere? E perciò il suo collocarsi dentro una mitopoiesi così consone e duttile gli fa percepire la sua terra come «sacrale e smarrente involucro, quasi una placenta dentro cui si finisce per ritrovarsi». Questo involucro e questa placenta sono quasi vestibolo di spazio cosmico da cui si parte per quella che in Bonaviri mi sembra essere l’odissea dell’inquietudine.. Egli vi fa spesso riferimento e si trasferisce idealmente «nel suo ampio ambito di terre rupestri e vallate, nella sua tradizione, sebbene collettivamente contadina, di proliferare mitopoiesi». Ma, indicato il sottile incastro nel quale si stende il racconto bonaviriano nella sua gran parte, va altresì specificato il taglio e il cesello riduttivo che lo scrittore apporta alla stessa sociologia e all’etos di Mineo. Si potrebbe dire — e non per gusto dl stupire — che la Mineo di Bonaviri, così rifatta non è mai esistita e non sfugge a nessuno che i suoi mali reali, i suoi crucci e le sue banalità ne fanno un anonimo saggio del malessere del Sud d’Italia. Bonaviri l’ha riletto, scandagliando lontane e suggestive profondità, scrostando interi e talora spessi strati di «civiltà» allo scopo di configurare la «cultura ». Operazione invero audace, se vista con l’occhio incline alla verità pragmatica; sconcertante e prossima all’accusa per chi ama leggere Bonaviri in tutte lettere o vuole trovargli parentele veriste. La vicinanza di Capuana è stata ed è ancora molto spesso fonte di equivoco. Come dar conto altrimenti per esempio della sparizione della religiosità o dell’etica cristiano-cattolica con le sue diffuse connotazioni gianseniste e trovarne solo pezzi triturati, in brandelli di interiorità dei personaggi e in cromatismo narrativo? Ma lo strato sottostante, quello che lega in vita i Mineoli bonaviriani alla terra e ai cicli della natura, al rapporto umano con la sua intensità e i suoi pudori, e al suo doloroso impatto (per la scarsa dote di umorismo) con le cose, quello strato c’è ed è seriamente considerato. Anzi, a partire da questo residuo, una certa colorazione selettiva dell’incontro della cultura menenina con la natura circostante realizza il grottesco di Bonaviri, dove Mineo e le sue cose rivivono come moderna «opera dei pupi» in cui i personaggi tolti dalle strade e quelli inventati recitano lo stesso dramma. Il cicoriaro Aniuzzo, Telefo inghiottitore di spade, Ops sonatore di violino, zio Michele, Don Nanè e Atman, Alqama e padre Onorio sono tutti cittadini di una Mineo le cui contrade preludono a vicende di risonanze cosmiche. Il contesto della mitopoiesi bonaviriana, oscillante e variegata per contenuti e allusioni da libro a libro, non è artificio o irrisione del vero (ché Bonaviri è l’immagine della dolcezza e del rispetto, vero Dolcissimo che conosce e distingue i profumi di tutte le erbe), tuttavia è lettura alterata della realtà.

99 Nelle sue pagine all’ambiguo impianto narrativo con nomi e luoghi sottentra l’immaginario che muta l’aspetto dell’ovvio e del vissuto di esperienza, piegandolo ad altra destinazione. Per tale ragione insorge l’equivoco del reale e del simbolico sottesi da unico mezzo espressivo che ammette due diverse e compresenti chiavi di lettura, delicatamente realistica l’una, dove si riverbera la squisita tradizione poetica di Mineo; complessa, inquietante e protesa verso l’inconscio l’altra, che ha assorbito i tanti echi della cultura, della scienza e dello smarrimento dell’uomo di oggi. Non v’è dubbio comunque che l’ossigenante orografia di Mineo e le escursioni che vi si svolgono ospitano il personale dramma di Bonaviri e forse di un’intera generazione che s’è lasciata dietro certezze religiose e disillusa fede nella ragione e nel progresso, per interrogare l’Orfismo, Einstein, Empedocle e la magia, alla ricerca di un «Escaton» configurabile attraverso la funzione poetica. Ma tutto ciò non appartiene a Mineo che casualmente é pérciò discutibile ci apparé la. persuasione che Gaetano Trombatore espresse nel lontanò 1955 a proposito del Sarto della strada lunga, dove affermava: «Più che con Capuana, è appunto ora col Bonaviri che Mineo fa il suo ingresso nella letteratura...» accreditando discutibilmente — sia detto con la modestia del caso — una lettura del Sarto come esordio di originale realismo. E Bonaviri, lo si è visto con i libri del «dopo», realista non è, e le cose che gli premono dentro sono troppo universali per essere interiorità di un paese. Quale allora il rapporto tra Bonaviri e il suo paese? Se per un verso la sua opera non coincide con i contorni spirituali di Mineo, sarebbe ugualmente errato assegnare alla realtà dl Mineo un ruolo di pretesto, sia pure sentito sino allo spasimo e attento a ogni frammento, per intessere racconti dl tutt’altra natura. Ci sembra invece che tutta la Mineo di Bonaviri sia vera nell’anima, ma non tutta la Mineo vera entri nell’opera bonaviriana e la ragione poetica e creativa delle preferenze che lo scrittore ha accordato a talune delle sue caratteristiche sono da ricondurre alla coesione e connaturalità tra il senso della morte e del cosmo che Bonaviri si porta dentro e gli indizi dispersi del medesimo problema nell’etos e nel mito che il paese custodisce. Poi le strade si divaricano: vi è quella terrestre e ctonia di Bonaviri e vi è quella solare e storica che ha pure le sue non ancora esplorate ricchezze e attende forse la mente e la penna che unisca all’amore l’ingegno e l’arte. Déterrninare l’incerto e frastagliato rapporto fra l’opera dl Bonaviri e questo nutrimento placentario, come si esprimerebbe Bonaviri stesso, non è agevole e gli accenni fatti, in fondo, non sono che il frutto di una onesta e appassionata lettura che mentre cerca dl capire, vuole rendere chiaro a se stessa cosa vada dicendo l’amico Bonaviri e come risulti al suo specchio la cara e profonda immagine della comune nostra terra dl origine. Agrippino Pietrasanta Da Tabella di marcia, Atti del Convegno Nazionale dedicato a G. Bonaviri (Mineo, Catania, Messina, il Novembre 1981) raccolti da Anna De Stefano n. 4 Maggio 1983

100 BONAVIRI E MINEO C’è nella Sicilia orientale, nell’estremo corno del sud, una piccola capitale della cultura isolana: è Mineo, una cittadina in provincia di Catania, abbarbicata, a cinquecento metri di altezza, su un monte solitario ed assolato. A Mineo, a metà del secolo scorso, nacque Luigi Capuana; a Mineo nel 1924 è nato anche Giuseppe Bonaviri, uno degli scrittori più singolari e dotati della nostra letteratura contemporanea. Tradotto in Francia ed in Svezia, apprezzato dal segretario generale del premio Nobel, Bonaviri vive appartato dai giochi letterari nostrani, e non ha collezionato perciò premi di rilievo: nel 1978 mise in difficoltà la giuria del Campiello, perché non si presentò neppure a ritirare il premio. Il primo suo libro, Il sarto della stradalunga, glielo pubblicò Vittorini nei “Gettoni” di Einaudi; il suo secondo romanzo, Il fiume di pietra, ebbe un altro “padrino” illustre in Italo Calvino: poi a Bonaviri toccarono apprezzamenti entusiasti di critici illustri, da Salvatore Battaglia a Gaetano Trombatore. Con Bonaviri visitiamo dunque questa piccola capitale della cultura della Sicilia orientale. “Sono nato qui - dice Bonaviri - in luglio, nel 1924, un mese in cui il cantare delle cicale è al sommo: quasi una predestinzione- poetica. Oggi quasi tutto è andato distrutto, per l’abbandono della campagna, per la trascuratezza, per gli incendi; ma solo qualche decina d’anni fa questo colle su cui si abbarbica Mineo era ricco di piante di mandorli e di ulivi. Un crogiolo di profumi. E poi, ma queste son rimaste, ci sono le prospettive ampie del paesaggio. Dal microcosmo di Mineo ho assorbito alcuni miti che sono stati determinanti per me; ai miei occhi di ragazzo infatti, quel microcosmo appariva popolato di uomini e deità naturali come il vento, il sole e la pioggia. Il vento soprattutto che è facile sentire in questo paese alto: un vento che non ha mai soltanto una voce, perché il suo lamento o fruscio, il suo gran piangere notturno, insieme ai suoi odori, cambiano da stagione a stagione, persino da giorno a giorno. Quando ero ragazzo a Mineo, era facile vedere in alto sulle colline brulle, gli sparvieri lenti, dalle larghe ali, dominatori degli spazi, che davano un gran desiderio di uscire fuori dal mondo. E poi c’era quella gran cupola stellata del cielo, che io, sull’altura del paese, guardavo stupito come una gran promessa divina, ascoltando il gran silenzio fitto della campagna, respirando gli odori intensi delle erbe. Lo scrivere per me oggi è diventato un modo per proseguire quella grande esplorazione del mondo, che facevo a Mineo da ragazzo con i compagni di gioco per le campagne gialle e per i burroni pieni dell’ombre degli ulivi.’’ Colori, odori, prospettive, rumori e canti della natura: qui si ascolta davvero un brano solenne di sinfonia siciliana. C’è una circonvallazione di Mineo, che è anche una strada panoramica: offre a chi la percorre prospettive di paesaggi infiniti, che variano di ora in ora, a seconda del gioco delle luci, di stagione in stagione: con Bonaviri abbiamo passeggiato su quella strada anche in una rara giornata piovosa, ed il “grigio” non appare monotone né triste, è un grigio insieme solenne e protettivo. “Ma quando c’è il sole - dice Bonaviri - non può che esserci che incanto. Diversa invece è la realtà, dentro il paese, fra le stradine che si diramano dalla stradalunga.” Ma, per ora, rimaniamo ancora fuori del cerchio delle mura. Non ci sono più i mandorli in fiore, pochi sono in realtà gli ulivi: intenso comunque rimane il gioco dei colori, religioso il paesaggio. Questa è davvero una terra per poeti. “Certo qui è nato Capuana; ma soprattutto qui hanno vissuto o sono venuti in gran numero poeti vernacoli, che per via orale, visto che si trattava di artigiani e di contadini analfabeti, componevano o si trasmettevano poemi, poesie, canti didascalici, e anche satire e rampogne politiche contro gli usurpatori d’ogni tempo. Tra di essi basterebe ricordare, il più colto, il grande Paolo Maura, morto nel 1711, la cui storia personale è anche un’emblematica storia siciliana. Si era innamorato di una ricca ragazza di Mineo, e contrastato in questo amore dai genitori della giovane, fu rinchiuso nella nota tenebrosa bolgia carcerarìa di Palermo (La Vicaria). Li, tra l’altro, scrisse un poemetto in terzine: La pigghiata, che significa ’la cattura,’ in cui descriveva il terrore che ispiravano le nere celle del carcere della Vicarìa. piene di pidocchi, di cimici, di sorci. Dopo la liberazione, Paolo Maura tornò a Mineo, continuaiido a poetare in modo così alto, da essere considerato assieme al palermitano Giovanni Meli, tra i maggiori poeti in Sicilia.” Ma accanto a quello di Maura, Bonaviri ricorda tanti altri nomi sconosciuti, le cui poesie, trasmesse oralmente, furono poi raccolte in volume da Luigi Capuana. Si leggono in questa antologia versi intensissinii, come questo, clic Bonaviri traduce, di un certo Limòli, poeta contadino mineolo, morto per malaria alla fine del secolo scorso: “Io poveretto buttato nella solitudine / considerate quante pene ho patito, / buttato li per ferro vecchio, scacciato, / nessun amico mi dà un saluto, / i miei fratellini sono stati gli alberi, / e per sorelle i fiori ho avuto, / con I’ erba della terra mi son cibato, / solo la terra mi ha sostenuto.” Bonaviri precisa subito che, nella traduzione, “l’onda della bellezza lirica si smorza, perché il dialetto siciliano, come ogni dialetto, è una lingua con strutture e ritmi propri.” Ma ugualmente si avverte il senso, in questi versi, della liberazione della poesia, dell’ affrancamento attraverso essa dalla miseria e dalla persecuzione.

101 “La poesia è stata sempre nella zona della Sicilia orientale una forma di rivalsa. Siamo profondamente diversi dai siciliani occidentali, che sono più cupi, più ragionatori. Da noi, nelle nostre terre, un Pirandello non sarebbe mai nato. Noi siamo tragicamente più lieti e più semplici. Giuseppe Pitrè, il medico palerimitano, noto studioso del folklore siciliano, diceva: ‘Miniuoli testi foddi / e cori moddi,’ cioè ‘mineoli teste folli / e cuori molli’: vale soprattutto per noi, ma vale in genere per tutti i siciliani orientali. Abbiamo. detto di Capuana, a pochi chilometri da qua, da una parte c’è anche Aci Trezza. il paese dei Malavoglia, dall’altra c’è Vizzini, il paese di Mastro don Gesualdo: anche Giovanni Verga è dei nostri.” Verga. Capuana, il loro mondo siciliano, la loro esperienza culturale germogliano da una realtù culturale che è popolare. E ritorniamo di nuovo a Mineo, ai suoi poeti spontanei: “Mineo - dice Boiiaviri - era come un polo d’attrazione per i poeti popolani siciliani: questi, fino alla fine del secolo scorso, convenivano nel mio paese per farvi incontri e consessi di poesia. Cose serie, nulla a che vedere con l’inutile mondanità degli incontri e dei premi cosiddetti letterari di oggi. Si incontravano per scambiarsi le proprie esperienze, i loro dolori, le loro speranze; ed erano ascoltati poi nelle strade del paese, dalla gente umile, come compagni sapienti di sventura, con fiducia, come se fossero portatori di una speranza. Secondo la leggenda, nel vicino altipiano di Camuti, c’è una grossa pietra che ispirava i poeti: questa pietra aveva davvero il valore di un oracolo, come quello di Delfi, in Grecia.” Bonaviri racconta la sua storia personale, che è pure una storia simbolica di un popolo. “Mia madre, ventiquattresima ed ultima figlia di un panettiere, nel 1923, appena sposa di mio padre, sarto, comprò su quell’altopiano pieno di grilli e di sole, un piccolo pezzo di terra, dando fondo a quei risparmi che aveva accumulato a New York, dov’era stata, con i fratelli e le sorelle, per lavorarvi molto giovane, in una camiceria. Quella pietra era non lontano dal fondo e qualche contadina incinta, se voleva un figlio poeta, vi si andava a sedere. E pensare, una contadina, dico allora! a quel tempo di fame, desiderare un figlio poeta! Anche questo è la mia Sicilia: una capacità di sognare, che è tutt’altro, a ben guardare, che incoscienza: è insieme il desiderio di sapere, e non tanto lo sterile sapere dell’oggi, il sapere millenario. Perché c’è una cultura fredda e calcolatrice che si lega via via grettamente ai problemi dell’oggi, e c’è una cultura più generosa, gratuita, che ha soltanto il potere di rincuorare. A questa cultura possono partecipare tutti; e bisogna dire che nel rinverdire e nel far diffondere questa cultura orale, le donne siciliane hanno sempre avuto una grande importanza. Mia madre, per esempio, sapeva da ragazza cento fiabe, a lei narrate, a sua volta, da due vecchie sorelle. Queste fiabe sono come sedimentate in me, hanno alimentato i miei libri dalla Divina foresta a Dolcissimo. La nuova civiltà rischia di cancellare, per sempre, questo patrimonio: per questo ha trascritto e pubblicato queste favole in un volume Novelle saracene. E’stata come una restituzione dovuta a mia madre, ai miei avi, alla loro saggezza e alla loro gioia di vivere, che si va perdendo. Quella cultura aveva anche un suo peso concreto, del resto. Racconto soltanto un episodio. Per la povertà direi congenita a Mineo, e per la timidità di mio padre sarto, che ora mal pagato, o non pagato affatto, mentre al contrario era vessato di tasse, ci capitava di mangiare pane ed altri pezzettini di pane: e questi ultimi, secondo il dire immaginoso di mia madre, dovevamo far finta fossero pezzi di formaggio squisito. Non sarà una consolazione sociale: ma di fatto riuscivamo a credere, grazie a mia madre, che quelli fossero davvero pezzettini di formaggio.” “Io - continua Bonavirj - sono vissuto nell’infanzia, e nella adolescenza, dentro questo clima magico e stregato, dove, per i contadini, anche un soffio di vento aveva importanza e voce, e senso, come pure il passaggio delle nuvole, che mutavano d’aspetto e colore a seconda della stagione. E da bambino poetavo anch’io, in dialetto, per via orale, senza scrivere niente, fino a quando, a quattordici anni, scrissi i primi abbozzi di tre romanzi sul retro dei fogli di un calendario, che ancora conservo. Sapevo del resto che anche mio padre scriveva poesie. Era un uomo molto mite e timido, che si macerava nel lavoro per dar da mangiare alla sua famiglia: eppure se incontrava dei contadini a cui aveva fatto dei vestiti, e che non lo potevano, o non lo volevano pagare, lui per non imbarazzarli cambiava vicolo, perché a Mineo abbondano più i vicoli delle strade. Ebbene quest’uomo che io vedevo poco in casa, e che andavo a trovare nella bottega, quest’uomo che per far studiare noi figli, emigrò in Abissinia, scriveva poesie, rubando ore al sonno, poesie che poi raccoglieva arrotolate in un tovagliolo insieme alle cartelle delle tasse quasi per unire insieme le sue speranze e le sue preoccupazioni. A mio padre ho dedicato il mio primo romanzo, Il sarto della stradalunga e di lui ho raccolto anche le poesie in un volumetto, che ho intitolato L’arcano, a significare il rapporto misterioso che lega padre a figlio. Non sono poesie soltanto di evasione, non c’è in esse soltanto la celebrazione di una natura madre, ci sono anche scatti di ribellione contro i ricchi sfruttatori. La poesia, da noi, ‘e si consolazione, ma è anche coscienza; è speranza, ma anche conoscenza.”

102 Con Bonaviri andremo poi ad Aci Trezza, visiteremo il porto dei Malavoglia, con i faraglioni celebrati dal romanzo. C’è, in questa cittadina, qualche albergo, qualche nuova casa; ma il disegno del paese, nella sua parte a mare, conserva ancora le tracce ottocentesche. Nel porto ci sono forse più barche a vela, che barconi di pescatori: su di esse spiccano magari nomi esotici, come “Moby Dick” o “Deborah,” non si trova una “Provvidenza.” C’è una “Trattoria dei Malavoglia,” ma l’insegna è tanto discreta da non attirare subito lo sguardo. Il romanzo famoso non ha creato certo, qui, un commercio redditizio di figurine o di statuine: ed è il segno più sicuro che è invece radicato nella coscienza popolare, che non ne è ancora estraneo. Cosi a Mineo c’è una Biblioteca dedicata a Luigi Capuana, dove sono raccolti i manoscritti dello scrittore, i suoi carteggi con gli uomini più importanti della cultura del tempo; e fanno spicco in questa biblioteca le fotografie ‘siciliane’ dello stesso Capuana, scattate nel secolo scorso: fotografie che testimoniano, insieme ai libri dello scrittore, l’attaccamento alla sua terra. Questa, d’altra parte, è una terra ricca di storia: una storia che testimonia della volontà di questa terra di conservare una propria autonomia di fronte a qualsiasi infiltrazione di altre civiltà. Bonaviri racconta di Ducezio, re dei siculi che quattrocento anni avanti Cristo fece guerra ai greci. i quali erano arrivati nell’entroterra siciliano. Proprio Mineo, durante l’occupazione ellenica, ottenne una certa autonomia, tanto è vero che il paese fu autorizzato a batter moneta, come dimostrano alcuni reperti archeologici. E questa volontà d’autonomia si rafforzò nel tempo. “Infatti a Mjneo - dice Bonaviri - al posto del tempio dedicato al Dio sole, che sorgeva verso la parte più alta del paese, fu edificata una chiesa, oggi detta di Santa Maria Maggiore, sul cui sagrato da bambino ebbi a giocare spesso, assieme ai miei amichetti, alla ‘guerra francese’ che rispecchiava la cacciata fatta, dai mineoli, dei francesi durante i famosi Vespri siciliani, nel 1282.” A Mineo erano passati i saraceni che importarono gli agrumi, e che stabilirono usanze comunitarie, come “gli usi civici con cui certe zone di territori ricchi in alberi o erbe poterono essere adibite a pascolo, a raccolta di legna da parte di tutti i cittadini, contadini, caprai, ecc.” E infine arrivarono i normani e ancora in seguito gli spagnoli, malvisti, più che in altre zone meridionali. nella Sicilia orientale. “Filippo IV re di Spagna - continua Boiiaviri - in virtù di una particolare legge, decise di vendere Mineo ai genovesi, che ne presero possesso nel Si scatenò allora la passionalità politica e civica dei mineoli! Bisognava pagare una somma ingente per il riscatto, dodicimila ottocento once, ed il paese si autotassò, riuscendo in questo modo a riacquistare privilegi e diritti perduti.” La storia delle cittadine e dei paesi della Sicilia orientale è densa di questi scatti di orgoglio, di questa gelosia d’autonomia, di organizzazione civica: segni di una civiltà superiore estranei invece -ad altre zone meridionali. Ma “autonomia - spiega Bonaviri - non significa chiusura. Mineo non viveva solo nella cinta delle proprie mura: da ogni parte, non solo della Sicilia, venivano giovani a studiare nel collegio gestito dai gesuiti. ed i mineoli stessi amarono girare per il inondo. Uno di essi, un missionario colto a cui oggi è dedicata la piazza principale del paese, Ludovico Buglio, arrivò in Cina, nel secolo XVII e vi rimase per circa quarant’anni: tradusse in cinese tutta la Somma teologica di San Tommaso d’Aquino.” Invano tento di indurre Bonaviri a portarmi demìtro le mura di Mineo, fra i vicoli. “La storia della miseria è uguale da per tutto nel meridione: forse qui è più decorosa che altrove, ma non ‘e questa la storia di Mineo. Ciò che contraddistingue queste terre è altro. In un paese come Mineo che è certamente povero e in cui - ancora oggi - esiste il problema dell’emigrazione. ci sono pure i circa seimila volumi del Convento dei Cappuccini, riordinati con amore dai pochi monaci rimasti: sono libri di storia ecclesiastica, di filosofia, di storia; ci sono anche degli incunaboli.” Né è solo questa la cultura di Minèo. “La cultura non è soltanto quella degli uomini illustri, o letterati, o studiosi del pensiero umano, ma anche quella degli artigiani e dci contadini. A Mineo è esistita una fabbrica molto nota di brocche, di vasi e di altri oggetti di ceramica. Una ancora, e molto prospera, ne esiste a Caltagirone. E poi in queste contrade c’erano ebanisti, muratori, scalpellini, fabbricatori di statuine di gesso; e ancora sarti, vinai e donne ottime filatrici, tanto da ricordare l’onirica Penelope. Persino i panettieri diventano in queste contrade artisti: ricordo certe fogge straordinarie di pani inventate da mio nonno, mastro Turi Casaccio, fornaio in Mineo. La civiltà di un popolo è caratterizzata anche dagli usi alimentari e dalle invenzioni della cucina. Le suore che nei paesi andavano e venivano da tutto il mondo cattolico, portavano tradizioni di cibi. e soprattutto di dolci, che erano - e rimangono - ricchi di sapienza e di pensiero, di miele, di figurazioni strane e fantastiche. E alla cultura di questo popolo non poco hanno contribuito i tanti carretticri che univano, nel loro girovagare per l’isola, punti lontani importando ed esportando insieme a frutte e verdure ed olio, anche leggende, consuetudini, usi e costumi.”

103 “Tutti questi umori - continua Bonaviri - tutte queste vene sotterranee di visioni, di desideri, di invenzioni, spesso escogitate per sopravvivere, o per reagire in qualche modo alla miseria, queste segrete stratificazioni di storia e di storie venivano trasformate in poesia dialettale e orale dai poeti contadini e artigiani al mio paese. E su questa poesia, ovviamnente, ha influito il paesaggio. Dall’altura di Mineo si vede un’immensa cerchia di monti, di valli, e giù nella Piana, c’è il verde degli aranceti e dei limoneti. Il vento poi, è sempre presente, differente in odori e suoni, a seconda delle stagioni; e lo stesso si dica per il canto dei grilli, e degli uccelli notturni che, in estate, sale dalle valli.” Questa Mineo non è un po’ mitica? come è in realtà la Mineo di oggi? “Purtroppo esiste anora . dice Bonaviri - il dissanguamento dell’emigrazione. Molti giovani partono ancora per la Svizzera, per le Americhe, per La Francia, per la Germania, e vi lavorano con serietà ed impegno, e, quando possono, mandano risparmi a quelli che restano. Ecco perché il paese- risorge per certi aspetti. Le stradette sono ripavimentate, le case si abbelliscono, lo stesso cimitero ha un altro aspetto. Mineo non è ancora stata contaminata dal turismo. Forse non lo sarà mai. Quindi, il paese ‘e puro, ancora fresco di idee, di case anche secolari, di precise e non corrotte abitudini. Certo basterebbe per un turista intelligente osservare dall’altura del paese. dove esistono i resti ammucchiati del castello normanno, i tramonti immensi, meglio visibili in primavera ed estate, quando pare che tutto il mondo sia un manto di sole che non finisce mai, per innamorarsene.” GIORGIO DE RIENZO Da La Fusta Special Issue on Giuseppe Bonaviri , Department of Italian Rutgers University New Brunswick, Sping-Fall 81 Vol. VI

104 Cenni storici – artistici / Historic anche artistic notices
CASTELLO DUCEZIO / DUCEZIO CASTLE Comunemente si crede che la fortezza risalga ai tempi di Ducezio, di cui porta il nome; tuttavia i materiali da costruzione portano all’età normanna, se si esclude un breve tratto di muro a secco del VI sec. a.C. Ciò nonostante è probabile che Ducezio fece costruire nello stesso punto, il più alto dell’altura su cui si erge la città, un fortilizio che prima Arabi e poi Normanni trasformano in castello. È certo comunque che la città aveva una fortezza ben munita già al tempo dei Bizantini e dei Romani. L’impianto del castello sembra risalire ad un periodo che va dal 1060 al 1181. Quando Federico II divenne re di Sicilia fece restaurare, ampliare ed abbellire, secondo le esigenze del tempo, il castello di Mineo da architetti francesi attraverso l’opera del suo sopraintendente Riccardo da Lentini. Come riferiscono le fonti il castello era formato da dodici torri merlate disposte intorno ad un triplice atrio con una torre maestra al centro, di forma ottagonale e costruita con blocchi squadrati. Nei piani superiori il castello racchiudeva vani di grande magnificenza e grandi appartamenti. All’esterno aveva palchi ferrati e camminamenti sotterranei. Il tutto costruito in blocchi squadrati connessi con malta dura. Il castello fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1542, ma presto ristrutturato. Tuttavia già nel XVII secolo la fortezza pese la sua importanza strategica e nel 1629 venne venduta ai Morgana e trasformata in carcere. Dopo il terremoto del 1693, che lo rase al suolo, non rimase che parte delle antiche mura e della torre centrale. Il materiale di risulta fu dunque usato per la costruzione del Palazzo Morgana, mentre una delle porte della città, incorporata nelle mura del castello, venne recuperata e murata nel prospetto della confraternita del SS. Sacramento, contigua alla collegiata di S. Maria Maggiore. Oggi si possono ammirare solo i resti della torre maestra, di cui si può vedere la pianta ottagonale. Commonly is believed that the fortress goes back to the times of Ducezio, by who it tooks its name; however the construction materials carry to the Norman age, thus part of wall goes back to VI century b.C. Although is probable that Ducezio made to build in the same point, the highest of the area on which city rise, a fortress that first Arabs and then Normans transform in castle. It is sure, however, that the city had a fortress very fortified at Byzantine and Roman times. The castle seems to go back about When Federico II became king of Sicily made restores, widen and adorn it by French architects through the work of its supervisor Riccardo from Lentini, in accord to the requirements of the time. As the document report,the castle was composed by twelve embattled towers around to a triple hall with master octagonal tower in the centre, built by squared blocks. In the advanced plans the castle enclosed spaces of great beauty and great apartments. Outside it had iron plans and underground galleries. All building was constructed one in squared blocks connected with mortar. The castle was seriously damaged from the earthquake of 1542, but soon restructured. However in XVII century the fortress lost its strategic importance and in 1629 came sold to Morgana family and transformed in jail. After the earthquake of 1693, that razed it to the ground, remain only the ancient walls and the master tower. The material of the castle were therefore used for the built of the Morgana Palace, while one of the city’s door, incorporated in walls of the castle, came recovered and walled up in the prospect of the chapel of the SS. Sacramento, near S. Greater Maria Church. Today the rests of the octagonal master tower can be only seen.


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