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SOSTANZE ESPLOSIVE ED OSSIDANTI

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Presentazione sul tema: "SOSTANZE ESPLOSIVE ED OSSIDANTI"— Transcript della presentazione:

1 SOSTANZE ESPLOSIVE ED OSSIDANTI
Precauzioni da adottare uso di piccole quantità Evitare i surriscaldamenti, la vicinanza di fiamme, gli urti. Il contatto con i materiali metallici Disporre schermi di protezione attorno alle apparecchiature Quando vengono usate indossare robuste protezioni degli occhi e della faccia Al momento dello smaltimento queste sostanze vanno trattate come residui particolari senza mescolarle con altre sostanze SOSTANZE CORROSIVE ED IRRITANTI Acidi forti e basi forti, agenti disidratanti (H2SO4 conc., P2O5, NaOH2, CaO), provocano ustioni sulla pelle e gravi lesioni agli occhi, i vapori inalati provocano irritazione alle vie respiratorie. L’acido nitrico è un forte ossidante, ad esempio, in contatto col rame, sviluppa biossido di azoto, gas velenoso già in dosi di 0.5 gr. e letale a 4 – 5 gr. Del contatto con questa sostanza ci si accorge subito poiché la pelle diventa gialla Precauzioni da adottare: per preparare soluzioni diluite aggiungere l’acido o la base all’acqua in piccole dosi (reazioni fortemente esotermiche) Prelevare e manipolare sotto cappa Usare occhiali e guanti protettivi durante l’uso di acidi e basi concentrate Conservare i recipienti di vetro, contenenti gli acidi, in appositi armadi muniti di vaschette antisversamento, comunque riponendoli in basso questo perché, in caso di rottura del contenitore, l’acido vada sul pavimento e non addosso all’operatore In caso di sversamenti, neutralizzare gli acidi con bicarbonato di sodio, le soluzioni di soda caustica con soluzioni di acido cloridrico Non provocare il vomito in caso di ingestione accidentale

2 - usare dei sistemi di aspirazione
SOLVENTI Precauzioni da usare -         usare dei sistemi di aspirazione -         usare dei dispositivi di protezione individuale (dpi) -         tenere chiusi il più possibile i recipienti che li contengono -         usare sostanze a bassa tossicità (così come indicato dalla Dlgs 626/94) -         fare dei controlli medici periodici molto accurati Una regola generale, la migliore prevenzione consiste nel sopprimere l’uso dei solventi più pericolosi e sostituirli con composti aventi proprietà simili, ma meno nocivi. ETERI Precauzioni da adottare Date le caratteristiche di volatilità e lipofilia, queste sostanze hanno un elevato assorbimento sia per via inalatoria che per rapida diffusione attraverso le membrane cellulari. I principali bersagli sono il SN, il fegato, i reni. Possono essere colpiti anche l’apparato respiratorio, il sangue provocando anemie e turbe dell’omeostasi e della coagulazione, la pelle provocando dermatiti da contatto. Alla luce di quanto detto bisogna quindi: §       operare sotto cappa §       evitare le fiamme libere o resistenze elettriche scoperte §       in caso di sversamento spegnere le fiamme o gli apparecchi produttori di scintille §       detenere quantità minime di queste sostanze ed in armadi ventilati §       se i contenitori sono conservati in presenza di altre sostanze od in frigo tapparli bene

3 GAS Precauzioni da adottare se non è possibile posizionare la bombola fuori dall’edificio, in appositi depositi, scegliere bombole di dimensioni ridotte, assicurarle alla parete mediante catena metallica e riportarle al deposito dopo l’uso non posizionare le bombole vicino a sorgenti di calore usare i riduttori adatti per ogni tipo di gas. Esistono filettature che variano sia nel diametro che nel senso di rotazione: orario o antiorario. In genere quelle che si avvitano in senso orario vengono usate per gas non combustibili, quelle antiorarie per gas combustibili non usare mai olio o grasso, silicone o miscele a base di grafite sulla filettatura del regolatore soprattutto nel caso di bombole di ossigeno aprire lentamente e non del tutto i regolatori di pressione per evidenziare le perdite usare acqua e sapone non svuotare del tutto le bombole poiché il contenuto residuo può subire contaminazione se la valvola resta aperta, lasciare almeno una pressione di 1,7 atm usare tubi, valvole e collegamenti in acciaio inossidabile per l’acetilene e l’ammoniaca non tenere nello stesso locale bombole contenenti gas incompatibili: O2 ed H2, O2 ed NH3, Cl2, e NH3, Cl2 e H2 quando si usa l’ossigeno bisogna chiudere bene le valvole poiché questo gas per espansione, tende a rilasciare calore e quindi, in caso di perdita continua e consistente potrebbe fondere le guarnizioni.

4 Strategie di intervento nei confronti del cancro in rapporto al processo multistadi della
Trasformazione cellulare ed alle modalità di crescita della massa neoplastica (tradotta da De Flora, 1988)

5 APPLICAZIONE DEL DLGS 626 E SUCCESSIVE MODIFICHE, ALLA PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI
TITOLO VII CAPO I DISPOSIZIONI GNERALI ARTICOLO 60 (Campo di applicazione) Afferma che le disposizioni si applicano a tutte le attività in cui i lavoratori possono essere esposti. ARTICOLO 61 (Definizioni) Si intende per agente cancerogeno una sostanza con la scritta R45: “Può provocare il cancro” oppure con la scritta R49: “Può provocare il cancro per inalazione”. Similmente si intende per cancerogeno un preparato con le medesime scritture R45 ed R49. Si intende per cancerogena una sostanza che proviene da processi previsti nell’allegato VIII: 1)      Produzione di auramina col metodo Michler 2)      Lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone 3)      Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate 4)      Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico

6 OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
ARTICOLO 62 (sostituzione e riduzione) 1.    Il datore di lavoro cerca di ridurre il più possibile l’utilizzo del cancerogeno sostituendolo con un preparato più innocuo 2.    Se la sostituzione non si può fare si confina spazialmente il processo nei limiti del possibile 3.    Se le azioni sopra elencate non sono possibili si provvede al minimo utilizzo opportuno ARTICOLO 63 (valutazione del rischio) Il datore di lavoro fa la valutazione di cui all’articolo 4, comma 2. La valutazione tiene conto delle caratteristiche del processo, della durata, della frequenza, del quantitativo di agente usato e delle sue caratteristiche di penetrazione nell’organismo, forma fisica. Il datore di lavoro da quanto sopra adotta misure opportune di protezione. Il documento di valutazione è integrato da: a)      le attività dell’allegato VIII che richiedono l’uso di cancerogeni b)      i quantitativi presenti ed usati c)      il numero dei lavoratori esposti d)      il grado di esposizione Il datore di lavoro effettua la nuova valutazione alla modifica del ciclo produttivo e non oltre 3 anni Il Rls ha accesso ai dati di cui al comma 4 (Valutazione dei rischi)

7 Valutazione, scelta delle procedure
IN LABORATORIO Tappe della gestione dei rifiuti chimici Valutazione, scelta delle procedure Rifiuti Distruzione chimica neutralizzazione Riduzione del volume Condizionamento Stoccaggio Eliminazione scorie

8 OPERAZIONI SPECIFICHE E CONSIGLIABILI
Raccolta e trasporto Trattamento Distruzione Incenerimento Chimica Valorizzazione Riciclaggio Sotterramento

9 SCHEDE DI SICUREZZA Le schede di sicurezza sono una fonte di informazione preziosa e sono spedite dalle case Fornitrici dei prodotti e devono essere inviate gratuitamente. Una scheda di sicurezza consiste di 16 punti: Identificazione del preparato e della società Composizione e informazione sugli ingredienti Identificazione dei percorsi Misure di primo soccorso Misure antincendio Misure in caso di fuoriuscita accidentale Manipolazione e stoccaggio Controllo dell’esposizione e protezione individuale Proprietà fisiche e chimiche Stabilità e reattività Informazioni tossicologiche Informazioni ecologiche Considerazioni sullo smaltimento Informazioni sul trasporto Informazioni sulla regolamentazione Altre informazioni

10 DEFINIZIONE DI AGENTE BIOLOGICO
Un agente biologico è definibile come qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano, che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. Per microrganismo, poi, si intende qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico e per coltura cellulare il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA’ DELL’AGENTE BIOLOGICO Il D.Lgs. 626 così definisce le caratteristiche di pericolosità: infettività: capacità di un microrganismo di resistere alle difese dell’ospite e di replicarsi in esso; patogenicità: capacità di produrre malattia a seguito di infezione; trasmissibilità: capacità di un microrganismo di essere trasmesso da un soggetto portatore ad un soggetto non infetto; neutralizzabilità: disponibilità di efficaci misure profilattiche per prevenire la malattia o terapeutiche per la cura. CLASSIFICAZIONE DEGLI AGENTI BIOLOGICI Gruppo 1: microrganismi scarsamente patogeni; Gruppo 2: microrganismi che possono causare malattia, ma con rischio limitato di diffusione in comunità; sono disponibili misure profilattiche e terapeutiche (per es. HAV, B. pertussis, C. albicans, Cl. tetani, L. pneumophila, S. aureus, V. cholerae) ; Gruppo 3 : microrganismi altamente patogeni, che costituiscono un serio rischio per i lavoratori e possono propagarsi nella comunità ; sono disponibili misure profilattiche e terapeutiche (es. Brucelle, M. tubercolosis, HBV, HCV, HIV); Gruppo 4: microrganismi altamente patogeni ed infettanti, che costituiscono un serio rischio per i lavoratori e hanno un elevato rischio di propagazione in comunità . Non sono disponibili misure profilattiche e terapeutiche (es. Virus Ebola, Virus Lassa, Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo). L’allegato XI del Decreto Legislativo, oltre a classificare la maggior parte degli agenti biologici nei diversi gruppi, fornisce alcune indicazioni supplementari indicate nella tabella con le lettere : A= possibili effetti allergici, D= conservazione del registro degli esposti per almeno 10 anni, T= produzione di tossine, V= vaccino disponibile.

11 RISCHIO BIOLOGICO - 1885: primi casi di contaminazione in laboratorio da Salmonella Typhi in Germania. -         Negli stessi anni in Francia un caso di tetano. -         1929: 59 casi di salmonellosi in Germania. -        : 4079 infezioni in laboratorio nel mondo di cui 41% batteriche (brucellosi, salmonellosi, tifo, tubercolosi, tularemie, streptococcosi, leptospirosi), 14,7% rickettsiosi (febbre Q, tifo, febbre delle montagne rocciose). -    1955: contaminazione di 17 studenti con Histoplasma capsulatum. -     Seconda metà del XX secolo: aumento delle infezioni di origine virale soprattutto epatiti. -    1931: primo caso di Epatite B in laboratorio. -     1974: scoperta del ruolo del sangue nell’origine di tali infezioni virali8 (incidenza della malattia 7 volte più elevata nei laboratori di biochimica clinica che nella popolazione generale). -  Oggi: diminuzione dei casi di epatite B di origine professionale per la vaccinazione obbligatoria. -  Anni ’80: limitati casi di infezione di origine professionale di HIV - 1991: studio giapponese su 10 anni: 175 casi di contaminazione professionale (77 casi di tubercolosi, 59 di epatite B, 5 di epatite A, 24 di epatite non A non B, 6 di rosolia, 2 di pneumopatie da micoplasmi, 1 di enterite da Campilobacter , 1 di paratifo e uno di vaiolo aviario. - 1992: pubblicazione dei risultati di uno studio intrapreso nel 1983 sull’AIDS sul personale di laboratorio: 95 casi di infezione da HIV, per 29 dei quali è stata confermata l’origine professionale. -  Oggi: trasmissione iatrogena di prioni (malattia di Creutzfeldt-jakob) e alcuni casi di sospetta infezione di origine professionale.

12 TRASMISSIONE EMATICA NOSOCOMIALE DI PATOGENI CHE NON SIANO HIV O VIRUS DELL’EPATITE
Agenti causa di infezioni occupazionali in operatori sanitari attraverso l’esposizione percutanea o mucosa con il sangue HTLV-1; Treponema pallidum; Plasmodium (malaria); Borrelia; Rickettsia rickettsii (Rocky Mountain spotted fever); Mycobacterium leprae (leprosi); Virus della febbre emorragica: Lassa, Marburg, Ebola, Crimean-Congo Agenti causa di infezioni a trasmissione nosocomiale attraverso trasfusioni di sangue o tatuaggi (potenziali rischi occupazionali) Treponema pallidum; Plasmodium sp.; Babesia microti; Brucella; Virus della febbre da zecca del Colorado; Cytomegalovirus; Trypanosoma brucei gambiense (African trypanosomiasis); Trypanosoma cruzi (malattia di Chagas); Leishmania sp.; Mycobacterium leprae (leprosy); Parvovirus Agenti ematici associati ad infezioni da laboratorio per via di alte concentrazioni di materiale infetto od animali Plasmodium sp., Leptospira sp. (leptospirosi), Arboviruses; Virus della febbre da zecca del Colorado; Virus Ebola; Trypanosoma cruzi; Leishmania sp.; Toxoplasma gondii; Rickettsia risckettsii (Rocky Mountain spotted fever); Parvovirus; Brucella; Treponema pallidum (Syphilis); Virus della febbre Lassa; Trypanosoma brucei gambiense (African trypanosomiasis); Borrelia sp.

13 Operatori Pazienti LABORATORIO DIAGNOSTICO Popolazione generale
CONTATTO ACCIDENTALE MATERIALI PATOLOGICI (sangue, feci,ecc.) MANIPOLAZIONE AEROSOL SUPERFICI

14 Popolazione generale Operatori Animali
LABORATORIO DI ANALISI AMBIENTALI O ALIMENTARI Pazienti Popolazione generale Operatori Animali LIQUAMI, ACQUE, SUOLO, ecc. CONTATTO ACCIDENTALE MANIPOLAZIONE AEROSOL SUPERFICI

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16 Encefalite venezuelana
DOSE INFETTANTE PER L’UOMO Malattia o agente Dosea Via di inoculazione Tifo 3 Intradermica Febbre Q 10 Inalazione Tularemia Malaria Venosa Sifilide 57 Febbre tifoide Ingestione Colera Escherichia coli Shigella Morbillo 0.2b Encefalite venezuelana 1c Subcutanea Poliovirus 1 2d Coxsackie A21 18 Influenza A2 790 a: Dose in numero di organismi b: Dose media di infezione nei bambini c: Dose infettiva nel maiale della Guinea d: Dose infettiva media

17 QUANTITA’ DI SANGUE R ESIDUO NELLE SIRINGHE VALUTATA CON
ANALISI COMPARATIVA DEL RISCHIO OCCUPAZIONALE DA HIV, HCV E DA HBV HBV HCV HIV Esposizione Prevenibile Infezione ? Concentrazione virale/ml Rischio sieroconversione dopo esposizione 3 – 30% 3% 0,3% Letalità 1% 90% QUANTITA’ DI SANGUE R ESIDUO NELLE SIRINGHE VALUTATA CON MODELLO SPERIMENTALE (Hoffman, 1988 e 1989) Quantità media di sangue trasferita nella simulazione di puntura accidentale: 0.034 microlitri (range – 0.26) Quantità media di sangue trasferita nella simulazione di scambio di siringhe: 34 microlitri (range 18 – 67) Quantità media di sangue contenuta nelle siringhe utilizzate dai tossicodipendenti: 33 microlitri (range 1.2 – 260)

18 Agente casuale (batteri, funghi, micoplasmi, virus)
FATTORI DI RISCHIO PER PRODOTTI DERIVATI DA COLTURE CELLULARI Fattore di rischio Fonti Cellule intere Cellule Agente casuale (batteri, funghi, micoplasmi, virus) Cellule, materiali grezzi Retrovirus endogeni Acidi nucleici cellulari residui Proteine cellulari residue Altre proteine estranee Materiali grezzi, anticorpi usati per purificazione Contaminanti microbici Endotossine Proteine Processi chimici Materiali grezzi Antibiotici Solventi Composti di lavaggio Induttori Nutrienti

19 CONCENTRAZIONE E DIMENSIONE DI PARTICELLE DI AEROSOL PRODOTTE
DURANTE TECNICHE DI LABORATORIO RAPPRESENTATIVE Operazione N° colonie vitali* Dimensione della particella (µm)** Mescolamento colture con: Pipette Vortex Miscelatori 6.0 0.0 9.4 3.5 4.8 Uso di omogeneizzatori: Con il tappo Senza tappo Uso di sonificatore 119.0 1500.0 1.9 1.7 Colture liofilizzate: Aperte attentamente Gocciolanti e rotte 134.0 4838.0 10.0 *: Numero medio di colonie vitali per piede cubico di aria aspirata **: Diametro medio della particella

20 IL BIOAEROSOL COME FATTORE DI RISCHIO
Il bioaerosol che si forma durante le comuni operazioni condotte in laboratorio rappresenta una delle cause più frequenti di contaminazione ambientale nei laboratori e di rischio per il personale che opera all’interno dei laboratori, soprattutto laddove si lavora con agenti biologici che si diffondono facilmente attraverso la via aerea. Quasi tutte le procedure di routine nel laboratorio biologico sono in grado di produrre aerosol; questo si può formare durante: §        l’apertura di contenitori (provette, scatole petri, fiale, beute, etc) §        nell’impiego di agitatori, scuotitori, frantumatori di cellule, centrifughe e ultracentrifughe, liofilizzatori, sonicatori, pipette, siringhe §        durante la flambatura di anse o aghi che può causare la occasionale proiezione a distanza di germi ancora viventi §        durante manipolazioni di colture batteriche davanti a una finestra, in quanto le correnti d’aria favoriscono la dispersione locale dei microrganismi Anche quando si usino attrezzature di sicurezza, quando è possibile è meglio svolgere queste attività in cappe di sicurezza biologiche Cenni sulla prevenzione della dispersione di aerosol: §        le particelle di aerosol infettanti che si producono nelle comuni operazioni di laboratorio, vengono immediatamente inalate e quindi rappresentano un pericolo per il personale esposto per cui le operazioni con materiali infetti o potenzialmente tali che possono generare aerosol vanno svolte in cabina di biosicurezza §        quando si lavora sotto cappa di sicurezza con strumenti (centrifughe, sonicatori, etc.) verificare che siano posizionati sul retro per evitare che particelle di aerosol fuoriescano dalla cappa e per alterare il meno possibile il funzionamento della stessa §        usare provette e bottiglie dotate di tappo a vite e contenitori a chiusura ermetica §        utilizzare omogenizzatori e miscelatori progettati in modo da evitare perdite e attendere alcuni minuti prima di aprirli in modo da permettere agli aerosol di depositarsi §        evitare di far gorgogliare i liquidi durante le operazioni di pipettatura, trasportare i campioni di materiali in appositi contenitori a chiusura ermetica §        decontaminare i piani di lavoro alla fine delle operazioni e in caso di sversamenti accidentali, chiudere i contenitori per rifiuti §         non lasciare aperti i sacchetti contenenti materiali da sterilizzare e autoclavare quanto prima (entro pochi giorni)

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22 Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento
ALLEGATO XII Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento Misure di contenimento Livello di contenimento 2 3 4 La zona di lavoro deve essere separata da qualsiasi atra attività nello stesso edificio No Raccomandato Si L’aria immessa nella zona di lavoro e l’aria estratta devono essere filtrate attraverso un ultrafiltro (Hepa) o un filtro simile Si, sull’aria estratta Si, sull’aria immessa e estratta L’accesso deve essere limitato alle persone autorizzate Si attraverso camera si compensazione La zona di lavoro deve essere chiusa e tenuta per consentire la disinfezione Specifiche procedure di disinfezione La zona di lavoro va mantenuta a una pressione negativa rispetto a quella atmosferica Controllo efficace dei vettori, per esempio roditori e insetti Superfici idrorepellenti e di facile pulitura Si per il banco di lavoro Si per il banco di lavoro, l’arredo e il pavimento Si per il banco di lavoro, i muri il pavimento e il soffitto Deposito sicuro per agenti biologici Finestra d’ispezione o altro dispositivo che permetta di vederne gli occupanti I laboratori devono contenere l’attrezzatura la loro necessaria I materiali infetti, compresi gli animali, devono essere manipolati in cabine di sicurezza, isolatori o altri adeguati contenitori Ove opportuno Si, quando l’infezione è veicolata dall’aria Inceneritori per l’eliminazione delle carcasse di animali Si (disponibile) Si sul posto Mezzi e procedure per il trattamento dei rifiuti Si con sterilizzazione Trattamento delle acque reflue Facoltativo

23 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Mascherine Cuffia Visiera Guanti
                   Visiera Guanti Occhiali

24                                                                                                                                                                                                                                                                                     


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