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CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC)

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Presentazione sul tema: "CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC)"— Transcript della presentazione:

1 CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC)
L.S. in Scienze e tecnologie alimentari Anno Accademico 2008/2009 Corso integrato: Controllo delle modificazioni chimiche negli alimenti (7 CFU) Modulo di: Chimica analitica strumentale (4 CFU) Giorgio Bonaga CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC) (CAS-4c) Giorgio Bonaga

2 AUTODISSOCIAZIONE DELL’ACQUA
RICHIAMO DI CHIMICA AUTODISSOCIAZIONE DELL’ACQUA H3O+ -OH ? H2O H2O Giorgio Bonaga 2

3 [H2O] iniz = = = = 55,55 mol/litro
Nell’acqua pura è molto piccola la percentuale di molecole dissociate in ioni ossonio e ioni ossidrile, secondo l’equilibrio: H2O + H2O H3O OH A 25°C, la costante di equilibrio è espressa dalla: Kdis = = 1, Il valore della costante di equilibrio conferma che l’equilibrio è decisamente spostato verso sinistra, tanto che il termine relativo alla concentrazione dell’acqua all’equilibrio ([H2O] eq), - pari alla concentrazione iniziale dell’acqua ([H2O] iniz) meno la frazione x di molecole d’acqua che si dissociano ([H2O] iniz – x) - in realtà si può equiparare alla concentrazione iniziale dell’acqua ([H2O] eq = [H2O] iniz), perché l’approssimazione è ininfluente. Tenendo conto che la concentrazione iniziale di 1 litro di acqua pura è, a temperatura costante, una costante: [H2O] iniz = = = = 55,55 mol/litro [H3O+] . [-OH] [H2O] iniz peso acqua mol wt. 1 litro 1000 g numero moli 18 volume 1 l Giorgio Bonaga

4 La Kdis può essere espressa da una nuova costante, detta prodotto ionico dell’acqua:
KW = = Kdis = 1, ,55 = 10-14 In considerazione del fatto che da ogni molecola d’acqua dissociata si produce uno ione ossonio e uno ione ossidrile, è ovvio che la concentrazione di queste due specie ioniche è la medesima: Si può scrivere che: = KW = grammo-ioni/l A 25°C, in un litro d’acqua pura (volume costante) sono presenti 10-7 (1/ ) grammo-ioni (grammo-moli) ossonio e (1/ ) grammo-ioni (grammo-moli) ossidrile soluzione neutra soluzione acida soluzione basica Essendo una reazione endotermica la dissociazione dell’acqua - nel rispetto del principio di Le Chatelier - aumenta all’aumentare della temperatura e pertanto la neutralità, a temperature superiori a 25°C, si raggiunge con concentrazioni degli ioni ossonio e ossidrile leggermente superiori a grammo-moli/litro. [H3O+] . [-OH] . [H2O]iniz [H3O+] = [-OH] [H3O+] = [-OH] [H3O+] = [-OH] [H3O+] > [-OH] [H3O+] < [-OH] Giorgio Bonaga

5 pH e pOH (pH = pondus hydrogenii = potenziale dell’idrogeno)
(pOH = pondus oxidrilii = potenziale dell’ossidrile) L’ordine di grandezza estremamente piccolo delle concentrazioni degli ioni ossonio ed ossidrile suggerisce l’introduzione di un operatore matematico che consenta una percezione immediata del carattere neutro, acido e basico delle soluzioni ed anche un calcolo più rapido nelle applicazioni quantitative di questi concetti. Questo operatore è il logaritmo negativo in base dieci (- log) che, come tutti i logaritmi, esprime “l’esponente da dare alla base per ottenere il numero”. Concettualmente l’introduzione del logaritmo capovolge l’obiettivo del calcolo matematico delle concentrazioni delle soluzioni. Infatti, se la simbologia [H3O+] = 10-6 indica che sono presento 10-6 grammo-ioni H3O+ in 1 litro di soluzione, il –log [H3O+] = pH = - log 10-6 = 6 individua invece l’esponente che bisogna dare alla base 10 per ottenere in quanti litri di soluzione è presente 1 grammo-ione H3O+, ovvero 106 litri. Il pH, pertanto, non definisce la concentrazione degli ioni ossonio della soluzione, ma invece la diluizione di una soluzione che contiene 1 grammo-ione di H3O+. Il discorso è del tutto analogo per il pOH. Giorgio Bonaga

6 - log 10-7 (CONCENTRAZIONE) (DILUIZIONE)
Il cologaritmo in base dieci (-log) converte la concentrazione (volume costante e soluto variabile) in diluizione (soluto costante e volume variabile), ovvero esprime in quanti litri (diluizione) di acqua pura è presente 1 grammo-ione ossonio (o ossidrile) anziché quanti grammo-ioni di ossonio (o di ossidrile) sono presenti in 1 litro d’acqua pura (concentrazione) . 1/ (10-7) grammo-ioni H3O+ in 100 litri d’acqua pura (CONCENTRAZIONE) 100 grammo-ione H3O+ in (107) litri d’acqua pura (DILUIZIONE) - log 10-7 Giorgio Bonaga

7 107 106 105 104 103 102 101 100 Giorgio Bonaga

8 Dal momento che nell’acqua pura [H3O+] = [-OH] = 10-7
è intuitivo che nell’acqua pura: pH = pOH = 7 ed anche che: pH + pOH = 14 da cui: pOH = 14 – pH e pH = 14 - pOH Dal concetto stesso di pH si può dedurre che esso varia nell’intervallo 0-14 per soluzioni 1N, ma anche che il pH può assumere valori inferiori a 0 e superiori a 14 in soluzioni di concentrazione > 1N ESEMPIO Qual è il pH di una soluzione 10 N di HCl ? Essendo l’HCl un acido forte completamente dissociato, la N della soluzione fornisce direttamente la concentrazione di ioni ossonio: [H3O+] = 10 = 101 pH = - log 101 = -1 (è presente un grammo-ione H3O+ in 10-1 litro = 1/10 litro = 100 ml) Giorgio Bonaga 8

9 [H3O+] pH [-OH] pOH 10-15 15 101 -1 10-14 14 100 10-13 13 10-1 1 10-12
10-13 13 10-1 1 10-12 12 10-2 2 10-11 11 10-3 3 10-10 10 10-4 4 10-9 9 10-5 5 10-8 8 10-6 6 10-7 7 Giorgio Bonaga 9

10 pka e pkb Per il calcolo del pH di soluzioni di acidi e basi deboli non è sufficiente conoscere la loro concentrazione iniziale, in quanto non sono completamente dissociati in soluzione acquosa. Per determinare quale concentrazione assumeranno gli ioni H3O+ (o -OH) è quindi necessario conoscere anche la loro costante di dissociazione. 1) Per un generico acido monoprotico HA, l'equilibrio di dissociazione è: HA + H2O H3O+ + A- La costante di equilibrio, detta costante di dissociazione acida (o kappa acida), è: ka = Analogamente al pH, anche la costante di dissociazione acida può essere convertita nella diluizione di ioni ossonio in soluzione, utilizzando il logaritmo negativo in base 10 della ka: pka = – log ka Più elevato è il valore del pka maggiore è la diluizione degli ioni ossonio, ovvero più elevato è il pka minore è la forza dell’acido. Giorgio Bonaga [H3O+] . [A-] [HA] 10

11 H2SO3 + H2O H3O+ + HSO3- kaI = = 1,54 . 10-2
Per gli acidi deboli poliprotici ci sono tante costanti di dissociazione quanti sono gli atomi di idrogeno dissociabili: costante di prima dissociazione (kaI), costante di seconda dissociazione (kaII) , ecc., dalle quali si possono calcolare le corrispondenti pkaI, pkaII, ecc. H2SO3 + H2O H3O+ + HSO kaI = = 1, HSO3- + H2O H3O+ + SO kaII = = 1, Naturalmente l'acido cede più facilmente il primo protone H+, mentre il secondo protone H+, che deve staccarsi da uno ione negativo, è trattenuto con maggiore forza. Il primo equilibrio di dissociazione è quindi più spostato verso destra del secondo. È questo un comportamento generale: tutti gli acidi deboli poliprotici mostrano valori decrescenti delle ka successive alla prima e pertanto anche valori crescenti dei pka. [H3O+] . [HSO3-] [H2SO3] [H3O+] . [SO3--] [HSO3-] Giorgio Bonaga 11

12 2) Per una generica base monossidrilica BOH, l'equilibrio di dissociazione è:
BOH B+ + - OH La costante di equilibrio, detta costante di dissociazione basica (o kappa basica), è: kb = Anche la costante di dissociazione basica può essere convertita nella diluizione di ioni ossidrile in soluzione, utilizzando il logaritmo negativo in base 10 della kb: pkb = – log kb Più elevato è il valore del pkb maggiore è la diluizione degli ioni ossidrile, ovvero più elevato è il pkb minore è la forza della base. [B+] . [-OH] [BOH] Per le basi deboli poliossidriliche ci sono tante costanti di dissociazione quanti sono gli ossidrili dissociabili: costante di prima dissociazione (kbI), costante di seconda dissociazione (kbII) , ecc., dalle quali si possono calcolare le corrispondenti pkbI, pkbII, ecc. Naturalmente la base cede più facilmente il primo ossidrile -OH, mentre il secondo ossidrile -OH, che deve staccarsi da uno ione positivo, è trattenuto con maggiore forza. È questo un comportamento generale: tutti le basi deboli poliossidriliche mostrano valori decrescenti delle kb successive alla prima e pertanto anche valori crescenti dei pkb. Giorgio Bonaga 12

13 C) CROMATOGRAFIA IONICA 1) CROMATOGRAFIA DI SCAMBIO IONICO
(Ion Exchange Chromatography = IEC) 1. GENERALITA’ È idonea alla separazione di composti ionici o ionizzabili (acidi e basi organiche) che possono interagire con gruppi ionici. FASE STAZIONARIA: polimeri o silice funzionalizzata a cui sono legati gruppi carichi: anioni sulfonil- (-SO3-) o carbossil- (–COO-) come scambiatori di cationi; cationi dialchilammino- (-NHR2+) o trialchilammino- (-NR3+) come scambiatori di anioni. FASE MOBILE: contiene un controione di carica opposta al gruppo ionico della superficie, in uno stato di equilibrio per effetto della formazione di una coppia ionica. Lo scambio dipende dal pH della fase mobile, dalla forza ionica (selettività) degli ioni fissati sulla fase stazionaria e dalla forza ionica dello ione della fase mobile che con essi si scambia, dall’attività (concentrazione) dello ione della fase mobile, dalla temperatura. Giorgio Bonaga

14 SCAMBIATORE CATIONICO: anioni sulfonil-
H+ K+ Li+ Rb+ Na+ Giorgio Bonaga

15 CROMATOGRAFIA LIQUIDA DI SCAMBIO IONICO
Scambio cationico +Cs fase mobile (ionica) +Cs O S O- +K Si + O S O- Si Si O S O- +Na fase stazionaria silice scambiatrice (anionica) Giorgio Bonaga 15

16 SCAMBIATORE ANIONICO: cationi trimetilammino-
HO- Cl- Giorgio Bonaga

17 CROMATOGRAFIA LIQUIDA DI SCAMBIO IONICO
Scambio anionico -CN fase mobile (ionica) -CN + R N+ Si -Cl Si R N+ Si R N+ -OH fase stazionaria silice scambiatrice (cationica) Giorgio Bonaga 17

18 EQUILIBRI IONICI NELLA IEC
scambio cationico X+(sol) + Y+ -O3S-FS X+ -O3S-FS + Y+(sol) Kd = = k’ [X+ -O3S-FS] VM [Y+(sol)] [X+(sol)] [Y+ -O3S-FS] VS scambio anionico X-(sol) + Y- +NR3-FS X- +NR3-FS + Y-(sol) Kd = = k’ [X- +NR3-FS] [Y-(sol)] VM [X-(sol)] [Y- +NR3-FS] VS La costante di equilibrio di distribuzione Kd (o coefficiente di distribuzione) determina il valore del fattore di capacità k’ di uno ione e quindi il suo tR. Giorgio Bonaga 18

19 ORDINE DI SELETTIVITA’
La Kd è condizionata dal tipo di scambiatore e dall’attitudine dei due ioni a scambiarsi. Per un particolare scambiatore entrano in gioco due fattori: lo ione che viene fissato il controione che viene spostato L’attitudine dei cationi e degli anioni ad essere fissati sui gruppi carichi della fase stazionaria è direttamente proporzionale al valore della loro Kd . Per i cationi e gli anioni si può indicare il rispettivo ordini di selettività: scambio cationico: Ba++>Ca++>Ni++>Cu++>Mg++>Ag+>Rb+>Cs+>K+>NH4+>Na+>H+>Li+ E’ facile comprendere che Na+ sposta Li+ dalla fase stazionaria, ma non viceversa. O meglio, affinchè Li+ sposti Na+ in modo significativo occorre aumentare l’attività (cioè la concentrazione ionica) di Li+ nella soluzione, in modo che l’equilibrio, per mantenere costante il valore della Kd, si sposti verso destra. scambio anionico: HSO4->ClO3->NO3->ClO2->ClO->Br->CN->HSO3->NO2->Cl->HCO3-> HCOO->RCOO->HO->F- Giorgio Bonaga 19

20 I fattori che intervengono nello scambio ionico sono:
la posizione nell’ordine di selettività dello ione da fissare nella fase stazionaria; la posizione nell’ordine di selettività degli ioni da spostare nella fase mobile; le attività (concentrazioni ioniche) dello ione da fissare e degli ioni da spostare; lo ione della fase mobile deve occupare una posizione nell’ordine di selettività non troppo lontano da quelle degli ioni da spostare. Dopo aver fissato sullo scambiatore Na+ e K+ si può eluire con una soluzione di Li+Cl- ad opportuna concentrazione. Avviene lo scambio ionico e i due ioni da separare eluiscono con tR differenti: tRK+ > tRNa+ (in base alla loro posizione nella scala di selettività). Dopo aver fissato sullo scambiatore Ni++ e Ba++, l’eluizione con una soluzione di Li+Cl- non riuscirebbe a separare i due ioni, perché sono troppo lontani da Li+ nella scala della selettività (bisognerebbe eluire con un grande volume di fase mobile e per un tempo lungo). In questo caso si deve usare una fase mobile dotata di maggiore capacità eluente, ad esempio MgCl2. Giorgio Bonaga 20

21 2. FASE STAZIONARIA Vi sono vari tipi di fasi stazionarie: a) POLIMERI
Sono resine ottenute da copolimeri reticolati di stirene-divinilbenzene (8%) sulle quali vengono fissati i gruppi ionogeni positivi e negativi. La reticolazione ha lo scopo di rendere il polimero insolubile nei solventi e di conferirgli una stabilità strutturale alle pressioni di esercizio della colonna, in modo da non restringere troppo la dimensione dei pori. Il diametro delle particelle non deve essere superiore a 10 mm per ottimizzare il diametro dei pori. b) SILICE Viene utilizzata silice porosa e silice pellicolare. b1) Silice porosa Costituita da particelle sferiche o irregolari, viene funzionalizzata per silanizzazione allo scopo di fissare le catene ionogene sui gruppi silanolici e sulla superficie dei pori. -CH2-CH2-COO carbossietil- (debolmente acido) -CH2-CH2-SO sulfoniletil- (fortemente acido) Giorgio Bonaga scambio cationico 21

22 -CH2-CH2-NH3 + amminoetil- (debolmente basico)
-CH2-CH2-N(CH3) trimetilamminoetil- (fortemente basico) scambio anionico b2) Silice pellicolare Costituita da particelle sferiche più grandi, viene funzionalizzata solo sulla superficie esterna allo scopo di fissare le catene ionogene soltanto sui gruppi silanolici. PROPRIETA’ SILICE POROSA SILICE PELLICOLARE RESINA S-DVB diametro (mm) 5-10 30-40 7-10 capacita di scambio (meq/g) 0,5-2,0 0,01-0,1 3-5 rigidità strutturale molto buona eccellente scarsa forma delle particelle sferica o irregolare sferica pressione di esercizio molto alta bassa alta efficienza modesta tecnica di impaccamento slurry a secco intervallo di pH 2-8 0-14 velocità di rigenerazione media Giorgio Bonaga 22

23 ha una buona capacità di scambio;
La silice porosa è il materiale che consente le migliori separazioni perché riassume una serie di proprietà idonee a questo tipo di cromatografia: ha una buona capacità di scambio; è resistente alle elevate pressioni di esercizio; ha elevata efficienza; ha una buona capacità di rigenerazione; ha però un limitato intervallo di pH di esercizio (2-8); ha anche un costo elevato, sebbene inferiore a quello dei polimeri. In ogni caso la porosità ideale è quella che non ritarda troppo lo scambio tra la fase stazionaria e la fase mobile all’interno dei pori, porosità che richiede particelle con un diametro non superiore a 10 mm. poro piccolo poro grande + d = 10 mm + + + + Giorgio Bonaga 23

24 3. FASE MOBILE Le principali caratteristiche della fase mobile sono:
a) EFFETTO TAMPONE Le specie ioniche che stanno alla base dello scambio ionico possono derivare da elettroliti forti (sostanze inorganiche) e da elettroliti deboli (sostanze organiche). L’acido acetico e l’acido formico, ad esempio, possono essere dissociati o no in funzione del pH. Proprio per garantire che i soluti siano nella forma ionica, la fase mobile deve contenere un componente con capacità tamponante. Naturalmente per lo scambio anionico la fase mobile deve avere valori elevati di pH, mentre per lo scambio cationico deve avere valori sufficientemente bassi di pH. In pratica, la fase mobile deve avere un pH di almeno una unità superiore al pka del soluto nello scambio anionico e di almeno una unità inferiore al pka del soluto nello scambio cationico. ESEMPIO acido acetico: pka = 4,75 la fase mobile deve avere pH = 5,75 ione ammonio: pka = 9,0 la fase mobile deve avere pH = 8,0 Giorgio Bonaga 24

25 Si immagini di dover separare il sistema CH3COOH/CH3COO- (pka=4,75) e HCOOH/HCOO- (pka=3,5) con uno scambiatore anionico. a 4,75 < pH > 3,5 l’acido formico si dissocia e lo ione formiato viene trattenuto, mentre l’acido acetico, non dissociato, eluisce. a pH > 7,0 entrambi gli acidi sono dissociati e vengono trattenuti in modo differente dalla fase stazionaria (l’acido formico è più trattenuto, in base alla scala di selettività) . l’aumento di pH della fase mobile fa aumentare la dissociazione dei soluti nello scambio anionico, pertanto aumentano i loro tempi di ritenzione; la diminuzione di pH della fase mobile produce l’effetto contrario la diminuzione di pH della fase mobile fa aumentare la dissociazione dei soluti nello scambio cationico, pertanto aumentano i loro tempi di ritenzione; l’aumento di pH della fase mobile produce l’effetto contrario I tempi di ritenzione dei soluti sono inversamente proporzionali alla concentrazione della soluzione tampone perché se è vero che i soluti del tampone mantengono costante il pH della fase mobile, è anche vero che essi stessi sono degli ioni che entrano in competizione con i soluti nello scambio ionico. Nello scambio anionico è la concentrazione dell’anione del tampone ad essere competitivo, nello scambio cationico è competitivo il catione del tampone. Giorgio Bonaga 25

26 Quando il pH della fase mobile è minore di 2 o maggiore di 8, la silice non è più utilizzabile e bisogna ricorrere a fasi stazionarie costituite da polimeri. Il pH della fase mobile incide anche sulla scelta delle catene ionogene: mentre i gruppi sulfonile (-SO3-) possono dare scambio cationico anche a pH nettamente acido perché hanno scarsa attitudine a protonarsi, i gruppi carbossile (-COO-) danno scambio cationico soltanto a pH neutro o basico, proprio per la loro facilità a protonarsi. TAMPONE pka pH fosfato pka(I) pka(II) pka(III) 2,1 7,2 12,3 1,1 – 3,1 6,2 – 8,2 11,3 – 13,3 citrato 3,1 4,7 5,4 3,1 – 4,1 3,7 – 5,7 4,4 – 6,4 formiato 3,8 2,8 – 4,8 acetato 4,8 3,8 – 5,8 tris(idrossimetil)-amminometano 8,3 7,3 – 9,3 borato 9,2 8,2 – 10,2 dietilammina 10,5 9,5 – 11,5 Giorgio Bonaga 26

27 CLASSI SEPARABILI PER IEC
CLASSE pka ammidi 0-1 pirroli 0,3 solfossidi alifatici 1,5 tiazoli 1-3 ammine aromatiche 4-7 amminoacidi (-COOH) 2-4 amminoacidi (-NH2) 6-12 acidi carbossilici 4-5 tioli aromatici 6,5 tioli alchilici 10,5 fenoli 10-12 ammine alifatiche 9-11 carbazoli 12 Giorgio Bonaga 27

28 ammide pirrolo solfossido alifatico tiazolo ammina aromatica
amminoacido acido carbossilico tiolo aromatico tiolo alifatico fenolo ammina alifatica carbazolo Giorgio Bonaga 28

29 b) EFFETTO DELLA CONCENTRAZIONE SALINA
Per modificare i tR dei soluti, senza modificare il pH della fase mobile, si può aggiungere un sale (es.: NaNO3). La concentrazione di questo sale, per effetto dell’azione competitiva degli ioni di cui è formato sullo scambio ionico, è un’altra variabile che agisce sui tR dei soluti. l’aumento della concentrazione salina, a parità di pH, determina la diminuzione della capacità della fase stazionaria di trattenere i soluti, pertanto si ha una riduzione dei loro tR; la diminuzione della concentrazione salina, a parità di pH, determina un aumento della capacità della fase stazionaria di trattenere i soluti, pertanto si ha una aumento dei loro tR. 20 10 Ritenzione relativa 5 0,1 0,5 1,0 NaNO3 (molarità) Giorgio Bonaga 29

30 Si Si a) EFFETTO DEI SOLVENTI ORGANICI NELLA FASE MOBILE
L’aggiunta di solventi organici alla fase mobile non ha alcun effetto sui tR di cationi metallici e anioni inorganici, ma modifica sensibilmente i tR di cationi e anioni organici perché influenza le interazioni tra i soluti e la fase stazionaria e tra i soluti e la fase mobile. Uno scambiatore a base di silice funzionalizzata con tetralchilammonio, ad esempio, può dare sia scambio anionico che adsorbimento di molecole o ioni organici contenenti gruppi alchilici, per interazione idrofobica tra le catene alchiliche. Aggiungendo alla fase mobile un solvente organico le interazioni idrofobiche che stanno alla base dell’assorbimento vengono inibite. Si R N+ adsorbimento scambio anionico Si Giorgio Bonaga 30

31 4. DETECTOR NELLA IEC a) RIVELATORI ELETTROCHIMICI
Poiché lo scopo della cromatografia ionica è la separazione e la determinazione di specie ioniche, il rivelatore più idoneo è quello conduttometrico, che misura la conduttanza della soluzione effluente. Le più moderne celle conduttometriche, con acquisizione digitale, permettono un ampio intervallo operativo senza necessità di variare manualmente il range di lavoro, entro un intervallo dinamico di rivelazione conduttimetrica molto esteso (da 0,1 nanosecondi a 15 millisecondi). Il trattamento del segnale digitale, comandato da microprocessore, rileva automaticamente le concentrazioni alte e basse dei soluti nel corso dell'esecuzione della medesima serie. Un aspetto importante è l'accuratezza del controllo della temperatura, che si realizza con sistemi di controllo integrati della colonna e del rivelatore. La cella può essere riscaldata in modo indipendente dagli altri componenti del cromatografo tra 35° e 55°C, per assicurare la massima accuratezza nel controllo di temperatura, eliminando in questo modo qualunque deriva dovuta a variazioni ambientali di temperatura. In altri casi, per assicurare una temperatura omogenea durante l'intero corso dell'analisi, il rivelatore viene inserito nel vano portacolonna, termostatato da 30° a 60°C. Giorgio Bonaga 31

32 b) RIVELATORI SPETTROFOTOMETRICI
In genere i cromatografi ionici possono essere configurati con un qualsiasi rivelatore ottico tra quelli messi a disposizione dal mercato. Ad esempio, uno spettrofotometro a diode array (DAD) a matrice di 1024 fotodiodi ad alta risoluzione, caratterizzato da basso rumore di fondo e bassa deriva oppure un rivelatore UV-VIS con lampade al deuterio e al tungsteno per operare nel range nm. L'uso di questi rivelatori è utile nella rivelazione di specie con cromoforo nell'UV, come ad esempio il nitrato, ma soprattutto trovano applicazioni in metodi, anche ufficiali, che prevedono la derivatizzazione post-colonna. c) RIVELATORI MS Lo spettrometro di massa con ionizzazione a pressione atmosferica (Atmospheric Pressure Ionization = API) si è rivelato un insostituibile rivelatore per la cromatografia liquida in generale e per la cromatografia ionica in particolare, grazie alla capacità di risolvere problemi analitici non superabili con le tecniche di rivelazione elettrochimica o spettrofotometrica. Sono disponibili sul mercato sistemi dedicati IC-MS, gestiti con un unico software. L'uso della soppressione a membrana prima dell'interfaccia API permette di modificare il pH della soluzione da analizzare ottimizzando così la fase di ionizzazione per elettrospray. Giorgio Bonaga 32

33 il potenziale della sorgente.
La scelta dello spettrometro di massa come rivelatore per IC si basa sul principio di mettere a disposizione un rivelatore affidabile, robusto e di facile utilizzazione, anche per operatori non esperti. Per ottimizzare la sensibilità strumentale l’operatore deve agire solo su due parametri: la temperatura del probe dell’elettrospray, in funzione del flusso e della composizione dell'eluente, ; il potenziale della sorgente. Un aumento del potenziale della sorgente produce una maggiore frammentazione delle molecole per effetto di collisioni indotte, generando frammenti diagnostici che aumentano la specificità dell'analisi e possono dare informazioni strutturali aggiuntive per l’identificazione dei soluti. Dal punto di vista spettrometrico la caratteristica più importante è la possibilità di ottimizzare la risposta dell'analizzatore nell'intervallo di masse basse, tipiche degli ioni inorganici. Questa tecnica detta ELMO (Enhanced Low Mass Option) permette di estendere il “mass range” al di sotto di m/z 19, con un aumento della sensibilità di 350 volte per lo ione m/z 18 e con una limitata perdita di risposta alle masse più alte. Questa opzione si ottiene mediante una modifica dell'hardware, ovvero con l'introduzione di una lente RF esapolare da 5 mm e di due generatori di radiofrequenza separati. Giorgio Bonaga 33

34 IEC di un vino bianco (solfiti)
, , , ,0 min IEC di un vino bianco (solfiti) Colonna analitica: 200 mm x 4 mm i.d., IonPac AS12A Precolonna: 50 mm x 4 mm i.d., IonPac AG12A Elettrolita di trasporto: NaOH 0,1 M Flusso: 1,0 ml/min Sample Loop: 20 ml. Giorgio Bonaga

35 IEC di un farmaco (analgesico, antinfiammatorio)
fenacetina caffeina acetanilide , min IEC di un farmaco (analgesico, antinfiammatorio) Colonna analitica: scambiatore anionico Fase mobile: acquosa a pH 5,5 Rivelatore: UV a 254 nm Giorgio Bonaga

36 2) CROMATOGRAFIA IONICA CON SOPPRESSIONE
(Suppressed Ion Chromatography = SIC) 1. SOPPRESSIONE A COLONNA La colonna analitica viene collegata ad una seconda colonna (colonna di soppressione) che elimina il contributo alla conducibilità dovuto alla fase mobile (solventi, tampone, sali), così che la conducibilità sia soltanto quella dei soluti che sono stati separati, anche se presenti in piccole concentrazioni. SOPPRESSIONE DI ANIONI Se la fase mobile fosse costituita da NaOH (o NaHCO3), la fase stazionaria da una resina a scambio anionico e il campione da separare contenesse NaF, NaCl e NaBr, quali sarebbero i passaggi logici nella colonna analitica ? 1. la colonna viene saturata con gli anioni –OH (o HCO3-) della fase mobile; caricando il campione la resina scambia gli –OH con gli ioni F-, Cl- e Br-; al passaggio della fase mobile (eluizione) gli ioni F-, Cl- e Br- si scambiano nuovamente con gli ioni –OH della fase mobile ed eluiscono in questo ordine, nel rispetto della scala di selettività; all’uscita dalla colonna si ha la seguente composizione: fase mobile: NaOH (o NaHCO3) soluti separati: NaF, NaCl, NaBr Giorgio Bonaga

37 fase mobile: H2O (o H2O + CO2) soluti separati: HF, HCl, HBr
La composizione dell’eluato richiede alcune considerazioni: la concentrazione e la conducibilità della fase mobile (NaOH o NaHCO3) è molto elevata mentre le concentrazioni e le conducibilità dei soluti sono talmente basse che non produrrebbero variazioni significative dei segnali del detector, con enorme riduzione della sensibilità strumentale. Questo limite può essere superato collocando tra la colonna analitica e il detector una colonna a scambio cationico saturata di ioni H+ (HCl). Gli ioni H+ vengono scambiati con gli ioni Na+ sia perché sono meno trattenuti dalla fase stazionaria (in accordo con la scala di selettività), sia perché reagiscono con gli ioni –OH (o HCO3-) con formazione di H2O (o H2CO3 = H2O+CO2). All’uscita dalla colonna di soppressione si ha la seguente composizione: fase mobile: H2O (o H2O + CO2) soluti separati: HF, HCl, HBr Il risultato netto è che le nuove specie della fase mobile hanno una conducibilità minima, mentre le nuove specie dei soluti sono acidi con valori di “ka” che producono una conducibilità elevata. Naturalmente la colonna di soppressione si esaurisce e va rigenerata con una soluzione di HCl prima di essere reimpiegata. Giorgio Bonaga

38 b) SOPPRESSIONE DI CATIONI
Se la fase mobile fosse costituita da HCl (o H2SO4), la fase stazionaria da una resina a scambio cationico e il campione da separare contenesse LiCl, NaCl e KCl, quali sarebbero i passaggi logici nella colonna analitica ? 1. la colonna viene saturata con gli anioni H + della fase mobile; caricando il campione la resina scambia gli H+ con gli ioni Li+, Na-+e K+; al passaggio della fase mobile (eluizione) gli ioni Li+, Na-+e K+ si scambiano nuovamente con gli ioni H+ della fase mobile ed eluiscono in questo ordine, nel rispetto della scala di selettività; all’uscita dalla colonna si ha la seguente composizione: fase mobile: HCl (o H2SO4) soluti separati: LiCl, NaCl, KCl La composizione dell’eluato richiede alcune considerazioni: la concentrazione e la conducibilità della fase mobile (HCl o H2SO4) è molto elevata mentre le concentrazioni e le conducibilità dei soluti sono talmente basse che non produrrebbero variazioni significative dei segnali del detector, con enorme riduzione della sensibilità strumentale. Giorgio Bonaga

39 soluti separati: LiOH, NaOH, KOH
Questo limite può essere superato collocando tra la colonna analitica e il detector una colonna a scambio anionico saturata di ioni –OH (NaOH). Gli ioni -OH vengono scambiati con gli ioni Cl- perché sono meno trattenuti dalla fase stazionaria (in accordo con la scala di selettività), sia perché reagiscono con gli ioni H+ con formazione di H2O. All’uscita dalla colonna di soppressione si ha la seguente composizione: fase mobile: H2O soluti separati: LiOH, NaOH, KOH Il risultato netto è che le nuove specie della fase mobile hanno una conducibilità minima, mentre le nuove specie dei soluti sono basi con valori di “kb” che producono una conducibilità elevata. Naturalmente la colonna di soppressione si esaurisce e va rigenerata con una soluzione di NaOH prima di essere reimpiegata. Nel caso della cromatografia ionica di metalli di transizione la soppressione produce degli idrossidi non dissociati o insolubili [Ni(OH)2, Cu(OH)2, ecc.] e pertanto anziché un detector conduttometrico si utilizza un rivelatore spettrofotometrico, previo trattamento della soluzione del campione - prima dell’eluizione in colonna analitica - con un indicatore metallocromico [ad es.: sale monosodico del 4-(2-piridilazo) resorcinolo o PAR] in grado di formare i cromofori necessari alla rivelazione UV-VIS. PAR Giorgio Bonaga

40 colonna di soppressione
SOPPRESSORE A COLONNA fase mobile campione pompa colonna analitica colonna di soppressione cella conducimetrica Giorgio Bonaga

41 2. SOPPRESSIONE A FIBRA CAVA
Il limite della colonna di soppressione è che si esaurisce e la sua rigenerazione non consente un processo in continuo. Un’alternativa è la soppressione a fibra cava, cioè una fibra cilindrica nel cui canale interno passa la soluzione eluente proveniente dalla colonna analitica e all’esterno, in controcorrente, viene fatta fluire la soluzione che deve provvedere alla soppressione degli ioni della fase mobile. a) SOPPRESSIONE DI ANIONI La fibra è permeabile ai cationi Na+ (in uscita) della fase mobile NaOH e H+ (in entrata) della soluzione di soppressione di HCl. Il risultato netto è la conversione degli ioni –OH della fase mobile in H2O e dei soluti NaF, NaCl e NaBr nei corrispondenti acidi HF, HCl e HBr. b) SOPPRESSIONE DI CATIONI La fibra è permeabile agli anioni Cl- (in uscita) della fase mobile HCl e -OH (in entrata) della soluzione di soppressione di NaOH. Il risultato netto è la conversione degli ioni +H della fase mobile in H2O e dei soluti LiCl, NaCl e KCl nei corrispondenti idrossidi LiOH, NaOH e KOH. Il limite della fibra cava è la limitata superficie della fibra, dovuta al fatto che per evitare l’allargamento dei picchi il diametro del canale interno dev’essere ridotto. Giorgio Bonaga

42 canale interno della fibra
FIBRA CAVA eluente canale interno della fibra fibra permeabile a cationi o anioni scambio cationico o scambio anionico scambio cationico o scambio anionico soluzione di soppressione soluzione di soppressione Giorgio Bonaga

43 SOPPRESSORE A FIBRA - ANIONI
NaBr NaCl NaOH NaF Na+ Cl - Na+ Cl - NaOH NaOH Cl – NaOH NaOH Cl – Na+ Na+ Na+ Na+ Na+ Na+ H+ H+ H+ H+ H+ H+ -OH -OH -OH -OH H2O H2O Cl - H+ H2O H2O Cl - H+ H+ Cl - HBr HCl H2O HF H+ Cl - F - Cl - Br - Giorgio Bonaga 43

44 SOPPRESSORE A FIBRA - CATIONI
KCl NaCl HCl LiCl Na+ Cl - Na+ Cl - HCl HCl Na+ HCl HCl Na+ Cl - Cl - Cl - Cl - Cl - Cl - -OH -OH -OH -OH -OH -OH H+ H+ H+ H+ H2O H2O -OH Na+ H2O H2O -OH Na+ Na+ -OH KOH NaOH H2O LiOH Na+ -OH Li+ Na+ K+ Giorgio Bonaga 44

45 c) SOPPRESSIONE A MEMBRANA
È una soppressione che opera secondo gli stessi principi del soppressore a fibra cava, ma la permeabilità ai cationi o agli anioni è dovuta ad una membrana semipermeabile. Il soppressore a membrana è costituito da una camera laminare con tre schermi metallici scambiatori alternati con due membrane di scambio (struttura a “sandwich”). Il soppressore a membrana non soltanto consente di operare in continuo, ma la maggiore superficie di contatto tra la soluzione di soppressione e la soluzione eluente, consente una soppressione più completa. schermo scambiatore membrana di scambio ionico Giorgio Bonaga

46 SOPPRESSORE A MEMBRANA
HCl Na+Cl - flusso eluente HBr HCl H2O HF NaBr NaCl NaOH NaF DETECTOR COLONNA Na+ H+ H+ Na+ ELETTRODO Giorgio Bonaga 46

47 SIC di acidi organici liberi
SO4- - formico lattico acetico malonico maleico propionico min SIC di acidi organici liberi Giorgio Bonaga

48 SIC di amminoacidi liberi di un mangime
Ala Val Leu Thr Ser Phe Glu Asp Arg Met Ile Gly Lys Tyr His Cys min SIC di amminoacidi liberi di un mangime Giorgio Bonaga 48

49 3) CROMATOGRAFIA DI COPPIA IONICA (Ion Pair Chromatography = IPC)
Giorgio Bonaga 3) CROMATOGRAFIA DI COPPIA IONICA (Ion Pair Chromatography = IPC) È una tecnica cromatografica nella quale viene soppressa la ionizzazione di soluti ionizzabili e le specie che si ottengono, dotate di carattere lipofilo, vengono separate su fase inversa. 1. PREMESSA Se un soluto con proprietà ioniche (elettrolita debole) viene eluito con una opportuna fase mobile, produce un picco cromatografico caratteristico, in funzione del pH della fase mobile, come risultato del suo equilibrio di protonazione. La prima frazione del soluto che eluisce è quella ionizzata, dunque poco trattenuta dalla fase inversa (non polare), mentre la seconda frazione è quella indissociata, affine alla fase inversa. Nel caso di un acido carbossilico: R-COOH R-COO- + H+ a pH basico: prevale R-COO - il picco ha un tR molto basso a pH acido (< pka): prevale R-COOH il picco ha un tR più alto pH basico pH acido

50 Il risultato netto è un picco molto allargato e non risolto
Il risultato netto è un picco molto allargato e non risolto. Per evitare la formazione di specie indesiderate nella separazione di elettroliti deboli si può utilizzare un tampone che stabilizza il pH di esercizio. Naturalmente nel caso di elettroliti forti non soltanto il tampone non funziona, ma non si può neppure abbassare o alzare il pH della fase mobile fuori dall’intervallo di pH (2-8) entro il quale la silice funzionalizzata è stabile. 2. TECNICA IPC Il problema si può risolvere aggiungendo alla fase mobile un elettrolita costituito da uno ione (accoppiatore ionico) di dimensioni sufficientemente grandi e con carica opposta allo ione che si vuole “sopprimere”. Dal momento che il solvente organico della fase mobile produce un abbassamento della costante dielettrica, ci sono le condizioni affinché si formi una coppia ionica che, in un certo senso, si comporta come un soluto indissociato. R-COO- R-COOH tR Giorgio Bonaga

51 ACCOPPIATORI PER CATIONI
PER ANIONI ANIONI ione perclorato tutti ione tetrabutilammonio (TBA) dodecilsolfato di sodio (SDS) ammine protonate tetrafenilborato di sodio (STPB) Giorgio Bonaga

52 O R C O- N+ O R C H Gli accoppiatori ionici del tipo SDS, che sono costituiti da una catena alchilica media, interagiscono con le catene alchiliche della silice funzionalizzata con C18 e la fase inversa diviene così uno scambiatore ionico per la presenza del gruppo –O-SO3-. - Si Si Si Giorgio Bonaga

53 D) CROMATOGRAFIA DI ESCLUSIONE DIMENSIONALE
(Size Exclusion Chromatography) Utilizzando colonne impaccate con fase stazionaria costituita da materiale poroso a dimensione controllata dei pori, i soluti si possono separare in base alla loro dimensioni molecolari. fase mobile fase stazionaria porosa Giorgio Bonaga 53

54 1. TEORIA GENERALE DELLA ESCLUSIONE DIMENSIONALE
Il volume interno di una colonna di esclusione si può così suddividere: mm Vp mg mp Vst 1. volume della fase mobile che non occupa i pori (V0) 2. volume della fase stazionaria a) volume strutturale non disponibile per i soluti (Vst) b) volume totale dei pori occupati dalla fase mobile (Vp) Giorgio Bonaga

55 mm = V0 + Vp/x (Vp/x = parte di Vp) mg = V0
Le 3 molecole: piccola dimensione (mp), media dimensione (mm) e grande dimensione (mg) hanno destini diversi. La mp penetra completamente i pori, la mm li penetra parzialmente e la mg ne viene esclusa. La domanda è: qual è il volume a disposizione dei soluti che attraversano la colonna ? È intuitivo che il volume è diverso in funzione della dimensione della molecola: mp = V0 + Vp mm = V0 + Vp/x (Vp/x = parte di Vp) mg = V0 È possibile definire un coefficiente di distribuzione K che rappresenta la frazione di volume dei pori disponibile per le molecole di un determinato soluto A: K = (da cui VA = K . Vp) dove VA = volume dei pori accessibile alle molecole del soluto A Possiamo stabilire il valore di K in funzione della dimensione molecolare dei soluti: VA Vp Giorgio Bonaga 55

56 per: K = 0 VR = V0 esclusione totale
mp K = 1 mg K = 0 mm 0 < K < 1 Il volume totale a disposizione delle molecole dei soluti, corrispondente al volume di ritenzione VR, sarà: VR = V0 + VA ovvero : VR = V0 + K . Vp per: K = 0 VR = V0 esclusione totale K = 1 VR = V0 + Vp permeazione totale 0 > K > 1 V0 < VR < V0 + Vp permeazione parziale Si può anche affermare che l’intervallo di volume necessario per eluire tutti i soluti è compreso tra V0 e V0 + Vp (corrispondente all’intervallo del coefficiente di distribuzione K compreso tra 0 e 1) ed è pertanto necessario che la colonna sia molto efficiente. In conclusione, maggiore è il valore di K maggiore è la penetrazione e la permanenza delle molecole di soluto nei pori e, dunque, più elevato è il suo tR. Giorgio Bonaga 56

57 Possiamo diagrammare i pesi molecolari dei soluti in funzione del volume di ritenzione VR, ovvero tracciare una curva di taratura (o di calibrazione): Riportando su un cromatogramma teorico una miscela di soluti con valori differenti di K si può concludere che il soluto con K = 1 è escluso, il soluto con K = 1 è permeato totalmente e il soluto con K = 0,5 è permeato al 50%. mol wt 107 esclusione totale: K=0 106 permeazione selettiva: 0<K<1 105 intervallo operativo di mol wt 104 103 V0 Vp permeazione totale: K=1 102 V0 + Vp 101 Giorgio Bonaga 57

58 QUAL’E’ IL VALORE DI K ? mol wt 107 esclusione totale: K=0 106
permeazione selettiva: 0<K<1 105 intervallo operativo di mol wt 104 103 V0 Vp permeazione totale: K=1 102 101 QUAL’E’ IL VALORE DI K ? K=0 K=0,5 K=1 V0 V0+1/2Vp V0+Vp Giorgio Bonaga 58

59 a) Lunghezza della colonna
I due asintoti della curva di taratura corrispondono a due limiti: quello della permeazione nulla (o esclusione totale) corrispondente a K = 0 e quello della permeazione totale (o esclusione nulla) corrispondente a K = 1. È ovvio che il tratto analiticamente utile della curva di taratura (intervallo operativo dei pesi molecolari dei soluti) è quello lineare, cioè quello compreso tra K = 0 e K = 1. I solventi utilizzati come fase mobile nella cromatografia di esclusione sono costituiti da molecole a basso peso molecolare, con K = 1, cioè con il più elevato tR. Essi, pertanto, eluiscono quando sono già eluiti tutti i soluti. Questa è la principale differenza tra la SEC e le altre tecniche di separazione cromatografica. Il compito del solvente è esclusivamente quello di essere un buon solvente dei soluti che devono essere separati, oltre ad essere inerte verso la fase stazionaria. L’efficienza di una colonna per cromatografia di esclusione dimensionale dipende da: a) Lunghezza della colonna È evidente che l’allungamento della colonna produce un aumento della sua efficienza, ma nel caso della SEC è più efficace connettere 2 colonne differenti (cromatografia bimodale) piuttosto che 1 colonna più lunga. Giorgio Bonaga 59

60 b) Struttura della fase stazionaria
Se la fase stazionaria è costituita da materiale con diametro piccolo dei pori il tratto lineare della curva di taratura si sposta verso il basso e interesserà soluti di piccole dimensioni. Se la fase stazionaria è costituita da materiale con diametro grande dei pori il tratto lineare si sposta verso l’alto e interesserà i soluti di grandi dimensioni. mol wt 107 106 105 A 104 103 B 102 101 VR (ml) A: pori più grandi (intervallo operativo per mol wt elevati) B: pori più piccoli (intervallo operativo per mol wt meno elevati) Giorgio Bonaga 60

61 Alla maggiore o minore omogeneità della dimensione dei pori, invece, è correlata la pendenza della curva di taratura: l’angolo del tratto lineare è proporzionale alla disomogeneità dei pori. È ovvio che minore è la pendenza del tratto lineare e maggiore è l’efficienza e la selettività della colonna, naturalmente se i soluti hanno dimensioni comprese nel tratto lineare. mol wt 107 106 105 104 A B 103 102 101 VR (ml) A: pori omogenei (alta selettività) B: pori disomogenei (bassa selettività) Giorgio Bonaga 61

62 Se prendiamo in considerazione le curve di taratura di fasi stazionarie diverse si può notare che, seppure con andamenti diversi, l’incremento della dimensione dei pori sposta il tratto lineare delle curve di taratura verso l’alto (cioè verso pesi molecolari maggiori), sia con materiale polimerico sia con gel si silice. 700 Å 600 Å 500 Å 107 400 Å 106 300 Å 105 200 Å 104 100 Å 103 102 101 VR (ml) CURVE DI TARATURA DI POLIMERI Giorgio Bonaga 62

63 300 Å 1000 Å 107 125 Å 500 Å 106 105 104 103 102 101 VR (ml) 1, , , , ,2 CURVE DI TARATURA DI GEL DI SILICE Un problema concreto è quello della scelta della porosità più idonea alla separazione di due soluti di peso molecolare diverso. Tracciamo le curve di taratura di tre impaccamenti A, B e C di porosità diversa e individuiamo qual è quello più idoneo a separare il soluto 1 (~ 104) e il soluto 2 (~ 103). Giorgio Bonaga 63

64 mol wt 107 C 106 B 105 A soluto 1 104 103 DVA DVB DVC soluto 2 102 101 Vp V0 VR Mentre con gli impaccamenti A e C i pesi molecolari sono fuori dal tatto lineare della curva, con l’impaccamento B sono compresi. Inoltre, la differenza dei volumi di ritenzione dell’impaccamento B (DVB) è maggiore di quella A (DVA) e di quella C (DVC) e pertanto la separazione sarà migliore. Giorgio Bonaga 64

65 Dal punto di vista pratico conviene fare una cromatografia di “screening” con una colonna che ha una curva di taratura a pendenza elevata, cioè una curva il cui tratto lineare comprende un intervallo ampio di pesi molecolari. Individuato l’intervallo reale in cui rientrano i pesi molecolari dei soluti da nalizzare si potrà procedere utilizzando una colonna più selettiva, cioè con una curva di taratura a bassa pendenza del tratto lineare. Giorgio Bonaga 65

66 2. CROMATOGRAFIA DI ESCLUSIONE BIMODALE
Collegando due colonne impaccate con materiale a differente dimensione dei pori si amplia l’intervallo di pesi molecolari che rientrano nel tratto lineare della curva di taratura. colonna 2 pori piccoli colonna 1 pori grandi Giorgio Bonaga

67 Ognuna delle due colonne esercita la sua funzione in un proprio intervallo di pesi molecolari e l’attraversamento dei soluti in una colonna non ha alcuna influenza sull’altra, perché i diversi soluti subiranno esclusione totale o permeazione totale. Normalmente la prima colonna è quella meno selettiva, cioè impaccata con materiale a dimensione dei pori maggiore. È evidente che se ogni singola colonna consente la separazione di 2 ordini di grandezza di pesi molecolari, l’accoppiamento di due colonne consentirà la separazione di 4 ordini di grandezza di pesi molecolari. mol wt 107 106 105 A 104 103 B A 102 101 B VR (ml) Giorgio Bonaga 67

68 1 1 min min 7 7 3 5 3 5 4 6 6 4 2 2 CROMATOGRAFIA CON 1 COLONNA CON DIAMETRO DEI PORI = 60 Å CROMATOGRAFIA CON 2 COLONNE CON DIAMETRO DEI PORI = 60 Å 1 = polistirene 2 = polistirene 3 = diottilftalato 4 = dibutilftalato 5 = dietilftalato 6 = dimetilftalato 7 = benzene (solvente) Giorgio Bonaga 68

69 3. FASE STAZIONARIA Le fasi stazionarie nella cromatografia di esclusione dimensionale possono essere costituite da: Materiali rigidi, materiali semirigidi, materiali “soft”. 3.1. MATERIALI RIGIDI Viene utilizzata gel di silice o silice vetrosa in granuli, con diametro compreso tra 5-10 mm e diametro dei pori compreso tra Å. La silice ha le seguenti proprietà: sopporta alte pressioni senza variare di volume; è compatibile con fasi mobili acquose e organiche; è compatibile con una temperatura di esercizio di 60-80°C; è idonea alla separazione di soluti polari; è instabile a pH > 8 perché si scioglie nella fase mobile; può dare interazioni (adsorbimento e scambio ionico) con i soluti. Per eliminare i fenomeni di adsorbimento si può funzionalizzare la silice con TMCS (trimeticlorosilano), ovvero si convertono i gruppi silanolici nei loro trimetilsiliderivati. Per eliminare lo scambio ionico dovuto all’acidità dei gruppi silanolici (pH ≈ 9) si può aggiungere alla fase mobile una sale donatore di anioni e cationi ai siti attivi della silice (ad es. una soluzione 0,1-0,01 M di tetrabutilammoniodiidrogenofosfato). 69

70 3.2. MATERIALI SEMIRIGIDI Vengono utilizzati copolimeri stirene/divinilbenzene (PS-DVB), ma questi materiali variano il loro volume in funzione della pressione a cui sono sottoposti. La loro porosità può essere modulata variando l’entità della reticolazione, che è direttamente proporzionale alla percentuale di divinilbenzene (dal 2 al 12%, comunemente 8%). Non essendo bagnabile il copolimero non può consentire la Gel Permeation Chromatography, la tecnica che utilizza una fase mobile acquosa. I solventi più utilizzati in associazione con questi materiali sono: THF, toluene, cloroformio e decaidronaftalene. 3.3. MATERIALI “SOFT” Vengono utilizzati polisaccaridi (amido, poliagarosio, ecc.) che però hanno l’inconveniente di subire una notevole riduzione di volume a pressioni elevate. Il loro utilizzo comporta una pressione di esercizio non superiore a 10 atmosfere, ottenuta con pompe peristaltiche. 70

71 La fase mobile deve possedere alcuni requisiti:
buon solvente dei soluti da nalizzare; compatibilità con la fase stazionaria (bagnabilità) inerzia verso la fase stazionaria I “buoni” solventi di una fase mobile impiegata nella SEC devono solvatare fortemente i soluti, in modo da ridurre al massimo il VR. In base al tipo di fase stazionaria e di fase mobile la SEC può essere così classificata: d+ d- TIPO DI SEC FASE STAZIONARIA FASE MOBILE Gel Permeation Chromatography (GPC) silice copolimeri organica Gel Filtration Chromatography (GFC) acquosa 71

72 5. TEMPERATURA La separazione dei soluti ad alto peso molecolare, cioè ad elevata viscosità, richiede un incremento di temperatura proprio per ridurre l’eccessiva viscosità della miscela da analizzare. Nella SEC si opera alla temperatura di 60-80°C, compatibilmente con il solvente utilizzato come fase mobile, perché comunque bisogna operare ad una temperatura inferiore di 30-40°C a quella di ebollizione del solvente. Il materiale di riempimento più idoneo è la silice, anche perché l’aumento della sua solubilità nella fase mobile all’aumentare della temperatura può essere ovviato predisponendo una precolonna di silice mantenuta alla stessa temperatura d’esercizio. In questo modo la fase mobile si satura di silice nella precolonna, garantendo l’inalterabilità della silice della colonna analitica. precolonna silice, 60-80°C colonna silice, 60-80°C 72

73 6. IMPIEGHI DELLA SEC Le sostanze che possono essere separate con la SEC e i relativi intervalli di peso molecolare sono indicati nello schema. composti organici additivi per polimeri plasticizzanti resine epossidiche resine epossidiche resine fenoliche peptidi proteine globulari enzimi 101 102 103 104 105 106 107 mol wt Giorgio Bonaga 73

74 Separazione di proteine del plasma umano.
ESEMPIO Separazione di proteine del plasma umano. 3 fibrinogeno immunoglobulina albunina 2 1 Giorgio Bonaga 74

75 Separazione di alchilbenzeni.
ESEMPIO Separazione di alchilbenzeni. 5 7 n-dodecilbenzene 218 n-ottilbenzene 190 n-esilbenzene 162 n-butilbenzene 134 n-propilbenezene 120 etilbenzene 106 toluene 92 benzene (solvente) 78 1 3 6 4 2 8 min Colonna: copolimero S/DVB, pori 60 Å Fase mobile: THF Flusso: 1 ml/min Giorgio Bonaga 75

76 ALTRE COMATOGRAFIE E) CROMATOGRAFIA DI AFFINITA’
(Affinity Chromatography = AC) È utilizzata per isolare composti biologicamente e/o chimicamente nobili, di costo elevato, il cui recupero è economicamente vantaggioso. È una tecnica cromatografica molto utilizzata nella separazione degli enzimi, perché sfrutta la specificità delle interazioni enzima/substrato. La colonna viene preparata con materiale fisicamente e chimicamente inerte (matrix), attivato con degli spaziatori flessibili (spacer arm), sui quali vengono immobilizzati dei ligandi (ligand), cioè dei siti attivi verso un enzima. Gli spaziatori hanno la funzione di evitare l’impedimento sterico tra i siti attivi e le molecole di enzima. ligand matrix (agarosio) spacer arm (Br-CN) Giorgio Bonaga

77 Facendo eluire una miscela di enzimi, soltanto quello in grado di interagire (affinità) con i ligandi viene trattenuto, mentre gli altri eluiscono molto rapidamente. In un secondo tempo si fa fluire una fase mobile in grado di dissociare il complesso enzima/substrato, in genere variando il pH o la forza ionica della fase mobile. A+B C C AFFINITA’ A B Giorgio Bonaga 77

78 F) CROMATOGRAFIA LIQUIDA CHIRALE (Chiral Liquid Chromatography = CLC)
Ha lo scopo di separare le miscele di enantiomeri (R e S), cioè isomeri che hanno le stesse proprietà chimiche e fisiche, ma diversa attività ottica (antipodi ottici). La cromatografia liquida chirale si può realizzare in due modi: 1. FASE STAZIONARIA CHIRALE La fase stazionaria di silice viene funzionalizzata con gruppi contenenti centri chirali che determinano una enantioselettività dovuta alla formazione di addotti diasteroisomerici non permanenti. L’enantoseparazione avviene se i due enantiomeri differiscono nel numero di punti di attacco al centro chirale. Le interazioni temporanee sono: legami a idrogeno; interazioni dipolo-dipolo; interazioni di orbitali (p-p o d-metalli). Giorgio Bonaga 78

79 Le tre interazioni che governano la stereoselettività sono note come “regola dei tre punti di Dalgliesh”. Si ottiene la separazione se uno dei due enantiomeri è ritenuto dalle tre interazioni e l’altro soltanto da due. ESEMPIO Per ottenere la separazione di una miscela di enantiomeri R e S di alcuni amminoacidi (valina, alanina, treonina) si funzionalizza una fase stazionaria di silice con: (S)-N-(1-feniletil)-urea Giorgio Bonaga 79

80 Gli enantiomeri R eluiscono prima perché formano soltanto 2 interazioni temporanee con i centri chirali S, mentre gli enantiomeri S ne realizzano 3. alanina R S valina R S treonina R S min Giorgio Bonaga 80

81 2. FASE MOBILE CHIRALE Alla fase mobile viene aggiunto un componente chirale, in grado di interagire (per complessazione, addizione, condensazione) in modo diverso con i due enantiomeri. In questo caso l’enantiomero affine al componente chirale della fase mobile eluisce per primo. Questo secondo tipo di cromatografia liquida chirale è poco diffuso. Giorgio Bonaga 81

82 G) CROMATOGRAFIA CON SCAMBIO DI LEGANTE
(Ligand Exchange Chromatography = LEC) È una cromatografia di scambio cationico che utilizza un copolimero (comunemente stirene/divinilbenzene) funzionalizzato con gruppi –SO3-, ma in più la fase stazionaria viene caricata con un controione metallico (ad es. Fe+++) capace di formare complessi con le sostanze da separare. Lo ione metallico non deve saturare tutti i siti attivi del copolimero, ma maggiore è il numero dei siti caricati con il controione maggiore è la capacità della colonna. È anche opportuno che la concentrazione dei soluti da separare non sia tanto elevata da determinare la rimozione del controione dal silicone. Il soluto è trattenuto tanto più a lungo dalla fase stazionaria quanto maggiore è la stabilità del complesso ione/soluto (con un conseguente aumento del suo tR), secondo l’equilibrio: Copolimero-SO3- Fe HO-R Copolimero-SO3- Fe+++ -O-R + H+ Dopo la formazione dei complessi Fe+++/soluti, si impiega con una soluzione tampone a pH decrescente per avere l’eluizione selettiva dei soluti, secondo un ordine che dipende dalla stabilità del complesso ione /soluto e dalla basicità del soluto. Giorgio Bonaga 82

83 a) A PARITA’ DI STABILITA’ DEI COMPLESSI IONE/SOLUTO: viene eluito prima il soluto più basico;
b) A PARITA’ DI BASICITA’ DEI SOLUTI: viene eluito prima il soluto che forma il complesso ione/soluto meno stabile. ESEMPIO Separazione di fenoli monosostituiti. volume fase mobile pH fase mobile Giorgio Bonaga 83

84 H) CROMATOGRAFIA A FLUIDO SUPERCRITICO
(Supercritical Fluid Chromatography = SFC) Rispetto le altre LC, la cromatografia a fluido supercritico è più versatile, economicamente più vantaggiosa, di facile esecuzione, con una risoluzione migliore, non impiega solventi organici, comporta tempi di analisi più rapidi. 1. TEORIA GENERALE DELLA SFC Un fluido supercritico può essere definito dal diagramma di fase di una sostanza pura, in cui sono indicate le regioni corrispondenti allo stato solido, liquido e gassoso. regione del fluido supercritico SOLIDO LIQUIDO pressione critica punto triplo . VAPORE temperatura critica Giorgio Bonaga 84

85 Una sostanza può esistere in fase solida, liquida e gassosa in diverse combinazioni di temperatura e pressione. Per ogni sostanza, però, c’è una temperatura (temperatura critica) al di sopra della quale essa non può esistere allo stato liquido, indipendentemente dalla pressione a cui è sottoposta e c’è una pressione (pressione critica) al di sopra della quale essa non può esistere allo stato gassoso, indipendentemente dalla temperatura a cui è sottoposta. A questo punto il liquido e il vapore hanno la stessa densità e il fluido non può essere liquefatto per incremento della pressione. Sopra questo punto non avviene più nessun cambiamento di fase e la sostanza è un fluido supercritico. FLUIDO temperatura critica (°C) pressione critica (bar) anidride carbonica 31.0 73,8 etilene 9,2 50,4 propilene 91,8 46,0 triclorometano 198,0 44,1 ammoniaca 132,3 113,5 acqua 374,1 221,2 cicloesano 280,3 40,7 toluene 318,6 41,0 Giorgio Bonaga 85

86 La SFC è una tecnica cromatografica intermedia tra la GC e la LC nella quale la fase mobile è un fluido ottenuto per riscaldamento al di sopra della sua temperatura critica e compresso al di sopra della sua pressione critica. C’è una transizione continua da liquido a fluido supercritico per incremento della temperatura a pressione costante o da gas a fluido supercritico per incremento della pressione a temperatura costante. I fluidi supercritici hanno proprietà, intermedie tra quelle dello stato gassoso e dello stato liquido, proprietà che sono particolarmente utili nella cromatografica. Per la loro densità elevata sono in grado di dissolvere molecole ad alto peso molecolare, non volatili, termolabili, ma hanno anche un grande potere solvatante. Per il loro coefficiente di diffusione elevato consentono di usare colonne lunghe e di ridurre i tempi di analisi. Per la loro viscosità bassa riducono i fenomeni di caduta di pressione in colonna. PROPRIETA’ gas fluido supercritico liquido densità (g/cm) 0,6-2,0 x 10-3 0,2-0,5 0,6-2,0 coefficiente di diffusione (cm/s) 1,0-4,0 x 10-1 0,2-2,0 x 10-5 viscosità (g/cm . s) 1,0-4,0 x 10-4 0,2-3,0 x 10-2 Giorgio Bonaga 86

87 2. FASE MOBILE Nonostante siano disponibili numerosi fluidi, la SFC utilizza comunemente l’anidride carbonica e, a volte, l’acqua. a) CO2 Non è infiammabile, non è tossica, è ecocompatibile, ha una temperatura critica bassa e una pressione critica modesta, è miscibile con molti solventi organici e facilmente recuperabile alla fine del processo. Le molecole di CO2, piccole e lineari, diffondono velocemente. b) H2O Ha temperatura critica e pressione critica elevate a causa della sua notevole polarità. In condizioni supercritiche l’acqua cambia, da solvente di sole specie ioniche a solvente di paraffine, sostanze aromatiche, sali. 3. PRESSIONE Il potere solvatante di un fluido supercritico è proporzionale alla sua densità e la densità aumenta all’aumentare della pressione. La programmazione della pressione nella SFC corrisponde alla programmazione della temperatura nella GC e alla eluizione a gradiente nella HPLC. Giorgio Bonaga 87

88 4. STRUMENTAZIONE SFC È molto simile a quella HPLC, perché le temperature e le pressioni richieste per produrre il fluido supercritico si ottengono anche con uno strumento HPLC. Ci sono due differenze sostanziali: 1) forno termostatato 2) restrittore a) POMPE colonne impaccate: pompe reciprocanti colonne capillari: pompe a siringa b) INIETTORI colonne impaccate: tradizionali valvole di iniezione HPLC per grandi volumi colonne capillari: valvole pneumatiche per piccoli volumi c) FORNO È necessario un forno termostatato con controllo accurato delle temperature, molto simile a quello della GC. d) COLONNE Nella SFC il notevole potere solvatante della fase mobile rende importante e delicata la scelta della fase stazionaria. colonne impaccate: acciaio inox (3-25 cm) di allumina, silice, polistirene e altre fasi insolubili nel fluido supercritico (diametro: 3-10 mm), anche legate (silice-C18, ecc.) colonne capillari: silice fusa (1-35 m), tipo WCOT (f.t.: 0,1-3,0 mm) Giorgio Bonaga 88

89 e) RESTRITTORE (back-pressure device)
È un dispositivo, collocato tra l’estremità finale della colonna e il detector, che serve a mantenere la pressione desiderata nella colonna, mediante un diagramma di pressione variabile. f) DETECTOR La SFC è compatibile sia con i detector della HPLC e della GC (RI, PD, UV-VIS, LSD, FID, MS). La scelta del detector dipende da: composizione della fase mobile, velocità di flusso della fase mobile, tipo di colonna, abilità del detector di garantire le alte pressioni necessarie nella SFC. g) FLUIDI MODIFICATORI La CO2 non è un ottimo solvente per soluti ad alto peso molecolare, polari o ionici. Questo limite può essere superato per aggiunta di piccole quantità di un secondo fluido, completamente miscibile con la CO2 (alcol, eteri ciclici, acetonitrile, acqua, ecc), detto fluido modificatore. La sua funzione è di innalzare il potere solvatante della CO2, ma anche di incrementare la selettività (a) e la efficienza (HETP) della separazione attraverso la neutralizzazione di parte dei siti attivi della fase stazionaria. Giorgio Bonaga 89

90 GC SFC 0 10 20 30 40 50 min 80 temperatura (°C) 250
Giorgio Bonaga min GC temperatura (°C) min SFC 0, densità (g/ml) ,70 90

91 LIQUID CHROMATOGRAPHY (UPLC)
ULTRA PERFORMANCE LIQUID CHROMATOGRAPHY (UPLC) È basata su una nuova fase stazionaria, con particelle di diametro inferiore a 2 mm, che garantisce efficienza, risoluzione e sensibilità analitica oltre ad una riduzione dei tempi di analisi di quasi un fattore 10. La fase stazionaria è costituita da particelle, a fase inversa da 1,7 mm di tetraetossisilossano (TEOS) successivamente polimerizzato e derivatizzato con C18 (ottadecilsilil-), resistenti alle elevate pressioni di esercizio (15000 psi, pari a oltre 1000 atm). Le caratteristiche di questa fase consentono un ottimale interfacciamento della UPLC con la MS. Giorgio Bonaga 91

92 HPLC TRADIZIONALE, FAST HPLC, UPLC
10 mm (1970) 30 5 mm (1980) 25 HPLC 20 15 3 mm (2000) HETP (mm) FAST HPLC 10 1,7 mm (2004) 5 UPLC v (mm/sec) Giorgio Bonaga 92

93 EFFETTI DELL’HETP SULL’EFFICIENZA E SUL TEMPO
HPLC flusso: 1,0 ml/min colonna: 4,6 mm I.D. x 150 mm fase stazionaria: C18 (5,0 mm) fase mobile: H2O/CH3CN (50/50) lunghezza d’onda: 254 nm campione (20 ml): 1. uracile 2. alcol benzilico 3. benzene 4. toluene 5. alcol etilico mV 300 200 100 rrr 1 18 minuti 2 3 4 5 t (min) UPLC flusso: 0,6 ml/min colonna: 2,1 mm I.D. x 50 mm fase stazionaria: C18 (1,8 mm) fase mobile: H2O/CH3CN (50/50) lunghezza d’onda: 254 nm campione (1 ml): 1. uracile 2. alcol benzilico 3. benzene 4. toluene 5. alcol etilico mV 1 300 200 100 rrr 2 1,8 minuti 3 4 5 t (min) Giorgio Bonaga 93

94 bis (trietossisililetano)
C O H . tetraetossisilano (TEOS) bis (trietossisililetano) (BTEE) polietossisilano (BPEOS) Giorgio Bonaga

95 particelle capello umano particelle
da 5 mm mm da 1,7 mm Giorgio Bonaga

96 N a k’ STRATEGIA HPLC CAMPIONAMENTO SCELTA DEL METODO CROMATOGRAFICO
1. LSC 2. LLC 3. IEC 4. SEC RFC NPC IEC SIC GFC GPC CAMPIONAMENTO SCELTA DEL METODO CROMATOGRAFICO lunghezza colonna tipo di fase stazionaria dimensione delle particelle diametro dei pori SCELTA DELLA COLONNA N a composizione fase mobile forza dell’eluente indice di polarità eluente viscosità fase mobile SCELTA DELLA FASE MOBILE k’ pressione temperatura eluizione isocratica o a gradiente column switching SCELTA DELLE CONDIZIONI Giorgio Bonaga 96

97 COLUMN SWITCHING detector
È un sistema costituito da due colonne di lunghezza diversa, ma riempite con lo stesso materiale d’impaccamento, collegate tra loro con una valvola a 3 vie. Agendo sulla valvola si può fare in modo che una parte della miscela eluisca in entrambe le colonne (la parte i cui soluti hanno tR non elevati) e una parte eluisca soltanto nella prima colonna (quella i cui soluti hanno tR molto elevati) perché “deviata” dalla valvola direttamente sul detector. valvola a 3 vie colonna corta colonna lunga detector Giorgio Bonaga 97

98 Un’alternativa è l’impiego di due colonne di lunghezza uguale, ma a diverso grado di funzionalizzazione della silice con catene C18 (RPC). La colonna meno funzionalizzata trattiene meno i soluti a tR elevati, che verranno deviati dalla valvola prima di entrare nella seconda colonna direttamente sul detector. valvola a 3 vie colonna a bassa capacità colonna ad elevata capacità detector Giorgio Bonaga 98

99 colonna 1: 5,0 cm colonna 2: 15,0 cm colonna 1 + colonna 2
6 7 8 5 colonna 1: 5,0 cm 1 min 2 3 colonna 2: 15,0 cm 4 5 8 6 7 6 7 8 5 4 3 2 1 colonna 1 + colonna 2 column switching Giorgio Bonaga 99

100 DERIVATIZZAZIONI IN LC
Il limite di rilevabilità di alcuni soluti può essere abbassato con reazioni di derivatizzazione che vanno scelte in relazione alla natura dei soluti e al tipo di rivelatore che è più opportuno utilizzare. Le reazioni possono essere fatte in due momenti diversi del processo cromatografico: a) POST-COLUMN Tra la colonna e il detector si inserisce un tubo immerso in un bagno termostatico ed una pompa peristaltica che miscela i soluti già separati dalla colonna analitica con i reagenti necessari alla derivatizzazione. VANTAGGI il campione non richiede preparazione e manipolazioni; la reazione può essere automatizzata a vantaggio della riproducibilità; non si formano artefatti perché i reagenti non attraversano la colonna analitica. SVANTAGGI è richiesta una apparecchiatura supplementare (bagno termostatico, pompa, ecc.); è compatibile soltanto con reazioni molto veloci (circa 30-40”) perché tempi maggiori produrrebbero un allargamento dei picchi; il solvente di reazione deve essere compatibile con la fase mobile; un eccesso di derivatizzazione produrre un background che disturba la misura dei segnali dei soluti. Giorgio Bonaga 100

101 b) PRE-COLUMN Prima dell’iniezione nella colonna analitica la miscela da separare viene sottoposta alla reazione di derivatizzazione. VANTAGGI non ci sono incompatibilità tra solvente di reazione e fase mobile; la velocità di reazione non è un fattore limitante; è richiesto il “clean up” (filtrazione, estrazione, precipitazione) del campione per evitare la formazione di artefatti, pertanto la separazione viene fatta su un campione obbligatoriamente “pulito”; non è richiesta una apparecchiatura supplementare, dal momento che è sufficiente una provetta con tappo a tenuta in un termostato; SVANTAGGI il campione reale che viene iniettato nella colonna analitica può essere complesso per la presenza di solventi di reazione (ad esempio l’acetone, che assorbe nell’UV), catalizzatori, tamponi, ecc.; è necessario l’uso di uno standard interno quando la reazione di derivatizzazione non è quantitativa; la resa della reazione di derivatizzazione è spesso variabile, a spese della riproducibilità; molte volte i composti prodotti dalla derivatizzazione sono più difficili da separare dei loro precursori, per effetto di una riduzione delle differenze dei valori dei k’ di derivati che hanno nella molecola lo stesso gruppo funzionale introdotto. Giorgio Bonaga 101

102 Le principali reazioni di derivatizzazione riguardano: ACIDI AMMINE
In generale nella LC si usa prevalentemente la derivatizzazione pre-column, più raramente quella post-comumn (come nel caso dell’indicatore metallocromico nella IEC), abitualmente per rendere i soluti da separare capaci di assorbire nell’UV-VIS o di emettere radiazioni di fluorescenza. Le principali reazioni di derivatizzazione riguardano: ACIDI AMMINE COMPOSTI CARBONILICI ZUCCHERI Giorgio Bonaga 102

103 1. DERIVATIZZAZIONE DI ACIDI
DERIVATIZZANTE SISTEMA DI REAZIONE DETECTOR 1. bromuro di fenacile acetone, KHCO3, 18-crown-6 UV (254 nm) 2. bromometil-metossicumarina acetone bollente FD (ecc.: 330 nm, emis.: 380 nm) 3. metil-metossicumarina acetone bollente K+ 18-crown-6 Giorgio Bonaga 103

104 Cromatogramma di acidi carbossilici di un vino “Dolcetto”
acetone bromuro di fenacile acido tartarico acido malico acido lattico acido gliossilico acido succinico acido acetico acido citrico min Cromatogramma di acidi carbossilici di un vino “Dolcetto” derivatizzati con bromuro di fenacile Giorgio Bonaga 104

105 2. DERIVATIZZAZIONE DI AMMINE
DERIVATIZZANTE AMMINE DETECTOR 1. cloruro di 2,4-dinitrobenzoile RNH2, R2NH UV (254 nm) 2. cloruro di dansile FD (ecc.: 330 nm, emis.: 540 nm) 3. o-ftalaldeide RNH2 FD (ecc.: 390 nm, emis.: 450 nm) 4. fluram 5. cloruro di nitrobenzoossadiazolo FD (ecc.: 480 nm, emis.: 650 nm) Giorgio Bonaga 105

106 Cromatogramma di dansil-derivati di ammine alifatiche
CH3CN (75%) CH3CN (40%) min Cromatogramma di dansil-derivati di ammine alifatiche FASE STAZIONARIA: silice-C18 (porosa) 10 mm FASE MOBILE: H2O/CH3CN con eluizione a gradiente da 40% a 75% Giorgio Bonaga 106

107 3. DERVATIZZAZIONE DI COMPOSTI CARBONILICI E ZUCCHERI
DERIVATIZZANTE AMMINE DETECTOR 1. 2,4- dinitrofenilidrazina aldeidi, chetoni VISIBILE 2. dansil-idrazina aldeidi zuccheri FD (ecc.: 350 nm, emis.: 500 nm) RID Negli zuccheri la danisil-idrazina produce un aumento della sensibilità del RID di un fattore 102, inoltre la minor polarità dei dansil-derivati consente la cromatografia a fase inversa. Giorgio Bonaga 107

108 eccitazione emissione
min 80 eccitazione emissione 60 40 20 Cromatogramma di dansil-idrazoni di steroidi Spettri di eccitazione e di emissione di fluorescenza dei dansil-derivati Giorgio Bonaga 108


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