Provincia di Latina Servizio di Protezione Civile Corso di Formazione specialistica (Rischio Idrogeologico e Idraulico) per Operatori e Volontari della.

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Transcript della presentazione:

Provincia di Latina Servizio di Protezione Civile Corso di Formazione specialistica (Rischio Idrogeologico e Idraulico) per Operatori e Volontari della Protezione Civile per Operatori e Volontari della Protezione Civile Sessione Coordinamento tecnico-amministrativo: dott. Carla Pasqualucci e Sig. Gaetano Greco ( Provincia di Latina ) Provincia di Latina A cura di : dott. Geol. Luca Burzi e dott. Geol. Sergio Cavelli ( Docente )

Quadro Normativo Regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi art. 133 Sono lavori, atti o fatti vietati in modo assoluto rispetto ai sopraindicati corsi d'acqua, strade, argini ed altre opere d'una bonificazione: a) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, e lo smovimento del terreno dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade, a distanza minore di metri 2 pei le piantagioni, di metri 1 a 2 per le siepi e smovimento del terreno, e di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l'importanza del corso d'acqua; 2

Quadro normativo R.D. 25 luglio 1904, n. 523 Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie Art. 96. Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti: Comma f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi; 3

Quadro normativo Regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n Vincolo Idrogeologico Art. 1. Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque. 4

Quadro normativo Regio decreto 16 maggio 1926, n (in Gazz. Uff., 6 luglio, n. 154) Approvazione del regolamento per l'applicazione del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. REGIO DECRETO 11 dicembre 1933, n Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici 5

Quadro normativo Legge 183 del 1989 L. 18 maggio 1989, n. 183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. L.R. 07 Ottobre 1996, n. 39 Disciplina Autorità dei bacini regionali 6

Riferimenti normativi Decreto Sarno: DECRETO-LEGGE 11 giugno 1998, n. 180 "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania." [Convertito e modificato dalla legge n. 267/98, modificata dal D.L. n. 132/99 convertito e modificato dalla legge 226/99 e successivamente modificato dal D.L. 279/00 convertito con modifiche dalla legge 365/00] modificata dal D.L. n. 132/99 convertito e modificato dalla legge 226/99 successivamente modificato dal D.L. 279/00 convertito con modifiche dalla legge 365/00 7

Riferimenti normativi Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale“ Istituzione dei Distretti idrografici in sostituzione delle Autorità di Bacino 8

Rischio e Protezione Civile In applicazione della 183/1989 sono stati istituiti le Autorità di Bacino come strumenti di pianificazione territoriale. Solo dopo l’applicazione del Decreto legge Sarno 180/1998 il territorio italiano è stato perimetrato in aree a rischio idrogeologico, costituito dal rischio idraulico e dal rischio geomorfologico, che porta alla redazione della carta del rischio idrogeologico, da parte delle Autorità dei Bacini. 9

Rischio e Protezione Civile Il concetto di rischio inteso come rischio totale è basato sulla combinazione di più fattori di natura tecnica (nel caso specifico idraulica e idrogeologica), ma anche socio-economica, tramite la nota espressione formale del rischio: R = P x E x V, dove: RISCHIO: indica i numeri attesi della perdita di vite umane, di feriti, di danni alle proprietà, di distruzione delle attività economiche o delle risorse naturali, dovuti ad un particolare evento dannoso. 10

11 RISCHIO E PROTEZIONE CIVILE P: pericolosità, intesa come la probabilità che si realizzino le condizioni di accadimento dell’evento calamitoso; E: valore degli elementi a rischio, intesi come persone e beni; V: vulnerabilità, intesa come la capacità degli elementi a rischio a resistere all’evento in considerazione. In pratica essa esprime il grado delle perdite di un dato elemento, o di una serie di elementi, che potrebbe verificarsi in seguito ad un fenomeno di una data intensità, riportato da zero (nessun danno) ad uno (distruzione totale).

12 RISCHIO E PROTEZIONE CIVILE In applicazione della legge 183 del 1989 è stato promulgato il D.P.C.M. 29 Settembre 1998 per la classificazione del RISCHIO avviene in base al, il cui scopo è quello di INDIVIDUARE E PERIMETRARE AREE A RISCHIO IDROGEOLOGICO. Ciò comporta l’articolazione in tre fasi principali: FASE UNO: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico, attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto;FASE UNO: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico, attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto; FASE DUE: perimetrazione, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle conseguenti misure di salvaguardia;FASE DUE: perimetrazione, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle conseguenti misure di salvaguardia; FASE TRE: programmazione della mitigazione del rischio.FASE TRE: programmazione della mitigazione del rischio. Sia che si tratti di AREE ARISCHIO IDRAULICO che a rischio FRANE E VALANGHE, le diverse situazioni sono state aggregate in quattro classi di rischio a gravosità crescente (1=moderato/a; 2=medio/a; 3=elevato/a; 4=molti elevato/a), alle quali sono attribuite le definizioniche seguono nella diapositiva successiva. Sia che si tratti di AREE ARISCHIO IDRAULICO che a rischio FRANE E VALANGHE, le diverse situazioni sono state aggregate in quattro classi di rischio a gravosità crescente (1=moderato/a; 2=medio/a; 3=elevato/a; 4=molti elevato/a), alle quali sono attribuite le definizioni che seguono nella diapositiva successiva.

13 RISCHIO E PROTEZIONE CIVILE MODERATO R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; MEDIO R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; ELEVATO R3: per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale; MOLTO ELEVATO R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socioeconomiche.

14 RISCHIO E PROTEZIONE CIVILE Come l’eruzione di un vulcano o le scosse di un terremoto rendono in parte manifesti i complessi fenomeni dinamici che si svolgono all’interno della terra, così la rapida caduta di un frana o lo straripamento di un fiume offrono immagini immediate dei molteplici processi evolutivi che si verificano immediatamente sulla superficie terrestre. Difatti i multiformi aspetti che caratterizzano i paesaggi terrestri sono il prodotto dell’azione combinata delle forze ENDOGENE (responsabili della formazione delle montagne) e di quelle ESOGENE, che operano il modellamento esterno dei rilievi e del paesaggio circostante (degradazione meteorica, alterazione chimica e fisica delle rocce, alterazione del vento, azione geomorfica delle acque di superficie e di quelle profonde, erosione, deposito, ecc.) A ciò si aggiunge l’uomo, che con la sua opera costruttiva o non di rado distruttiva, riesce a modificare, a volte anche profondamente, i paesaggi naturali: sbarra corsi d’acqua creando laghi artificiali, spiana o perfora rilievi per costruire strade e ferrovie, elimina o sostituisce la copertura vegetale naturale, influendo sulle condizioni climatiche e spesso provocando una intensificazione dell’erosione del suolo.

15 ELEMENTI DI GEOLOGIE E GEOMORFOLOGIA Verso la fine dell’800 nasce la moderna GEOMORFOLOGIA, la scienza che studia le forme del rilievo terrestre, siano esse subaree che subacquee. La GEOMORFOLOGIA si interessa quindi delle forme di dettaglio che si sono sviluppate su queste fattezze maggiori della superficie terrestre e che sono in continua ed incessante evoluzione nel tempo. Essa non si limita ad una pura e semplice descrizione, ma cerca piuttosto di interpretare le forme attuali del rilievo, di individuare i processi mediante i quali esse si sono originate e di prevedere anche, nei limiti del possibile, la futura evoluzione. Sebbene l’interesse della GEOMORFOLOGIA sia fondamentalmente diretto allo studio degli agenti esogeni, questa scienza non può svolgere completamente il suo compito interpretativo senza le conoscenze dei processi operati dagli agenti endogeni.

16 IL PAESAGGIO Il PAESAGGIO rappresenta il risultato della somma dei processi geologici, fisici, biologici e soprattutto antropici che concorrono a definire i tratti fisionomici. La conoscenza del territorio che costituisce la base della pianificazione sia degli interventi produttivi, sia del risanamento e della conservazione ambientale, si ottiene procedendo per diversi livelli di dettaglio. Diventano perciò fondamentali la visione di insieme o la conoscenza del territorio e, proseguendo attraverso vari livelli di scala, l’approfondimento delle situazioni locali di interesse. Dal punto di vista GEOLOGICO, l’analisi del paesaggio va eseguita usando una duplice chiave di lettura: le unità morfologiche fondamentali (formazioni geologiche, paesaggi geologici simili che reagiscono in maniera uguale alle sollecitazioni antropiche), e i processi geomorfologici che danno luogo alle forme terrestri o morfotipi. Un esempio molto semplice è la classificazione dei PAESAGGI GEOLOGICI ITALIANI fatti dalla SIGEA (1994) che individua fra i paesaggi italiani quelli seguenti: Il litorale e le dune costiere;Il litorale e le dune costiere; Le pianure alluvionali;Le pianure alluvionali; I rilievi collinari su argille;I rilievi collinari su argille; I rilievi vulcanici;I rilievi vulcanici; I rilievi carbonatici;I rilievi carbonatici; I graniti;I graniti; I flysch arenaceo-marnoso.I flysch arenaceo-marnoso.

17 IL PAESAGGIO DELLA PROVINCIA DI LATINA Nel Lazio Meridionale, la palude occupava una superficie assai vasta, estesa da Cisterna fino alle porte di Terracina. La prima opera di bonifica risale sicuramente all’epoca dei Volsci prima, e continuata da Romani poi, con la formazione di canali. Il primo ad essere scavato fu il Rio Martino, e da solo non poteva garantire il travaso necessario della grande massa d’acqua stagnante. Ciò anche in virtù del fatto che mancavano canalizzazioni ramificate. Altri lavori furono compiuti nel 312 a.C., dal Console Appio Claudio Cieco, grazie all’apertura della strada (Via Appia) che porta il suo nome. Nel 160 a.C., il Console Cornelio Cetego fece aprire un altro grosso canale, che garantì per un certo lasso di tempo una buona filtrazione dell’acqua. Successivamente ci provarono Teodorico, Leonardo da Vinci e Giuliano de’Medici Quest’ultimo, sotto la sua direzione di lavori dette il nome al Canale Giuliano. Comunque la palude regnò sovrana fino alle soglie degli anni VENTI. Nel 1918 il Genio Civile di Roma concluse gli studi per la bonifica idraulica integrale dell’Agro Pontino e della parte sommersa dell’Agro Romano. La bonifica fu affidata a due Consorzi: quello della Bonificazione Pontina e quello della Bonifica di littoria. A conclusione della Bonifica erano state utilizzate 18 grandi idrovore, costruiti o riattivati Km di canali, aperti Km di strade, edificate case coloniche e perforati pozzi freatici o artesiani: un lavoro ad oggi stimato in circa 30 miliardi di euro.

18 FATTORI PASSIVI DEL RILIEVO FATTORI GEOLOGICI: lo studio delle frane, data la loro stretta correlazione con la costituzione geologica di un versante, si traduce nella individuazione dei caratteri strutturali (faglie e fratturazioni), della giacitura degli strati rispetto alla superficie topografica, della degradazione fisica, dalle sollecitazioni indotte da eventi sismici e/o vulcanici.FATTORI GEOLOGICI: lo studio delle frane, data la loro stretta correlazione con la costituzione geologica di un versante, si traduce nella individuazione dei caratteri strutturali (faglie e fratturazioni), della giacitura degli strati rispetto alla superficie topografica, della degradazione fisica, dalle sollecitazioni indotte da eventi sismici e/o vulcanici. FATTORI MORFOLOGICI: sono legati ai precedenti per la correlazione esistente tra morfologia e litologia. Appare ovvio che più è inclinata la superficie topografica, tanto maggiore è la instabilità in quanto aumenta la sollecitazione al taglio applicata al versante. C’è da ricordare che gli incrementi di pendenza del versante, dovuti a cause naturali e/o a fattori antropici, influiscono in maniera determinante sulla stabilità.FATTORI MORFOLOGICI: sono legati ai precedenti per la correlazione esistente tra morfologia e litologia. Appare ovvio che più è inclinata la superficie topografica, tanto maggiore è la instabilità in quanto aumenta la sollecitazione al taglio applicata al versante. C’è da ricordare che gli incrementi di pendenza del versante, dovuti a cause naturali e/o a fattori antropici, influiscono in maniera determinante sulla stabilità. FATTORI IDROGEOLOGICI: le caratteristiche di permeabilità delle formazioni rocciose condizionano il tipo di circolazione idrica superficiale e sotterranea. Alla circolazione delle acque sotterranee è collegata l’entità e la distribuzione delle pressioni neutre, oltre alla capacità di solubilizzare le sostanze cementanti, portando ad un progressivo indebolimento dei legami intergranulari.FATTORI IDROGEOLOGICI: le caratteristiche di permeabilità delle formazioni rocciose condizionano il tipo di circolazione idrica superficiale e sotterranea. Alla circolazione delle acque sotterranee è collegata l’entità e la distribuzione delle pressioni neutre, oltre alla capacità di solubilizzare le sostanze cementanti, portando ad un progressivo indebolimento dei legami intergranulari.

19 FATTORI ATTIVI DEL RILIEVO FATTORI VEGETAZIONALI e CLIMATICI: i fattori climatici svolgono un ruolo determinante nell’innesco dei fenomeni franosi, soprattutto nei climi dove si alternano lunghe stagioni secche a periodi di intensa e/o prolungata piovosità. Per quanto concerne la vegetazione, una estesa copertura boschiva costituisce un naturale ostacolo all’azione degli agenti atmosferici e, più in generale, esogeni. I disboscamenti e gli incendi, con la eliminazione della naturale protezione dei versanti, hanno contribuito fortemente ad incrementare gli effetti erosionali ed i fenomeni franosi.FATTORI VEGETAZIONALI e CLIMATICI: i fattori climatici svolgono un ruolo determinante nell’innesco dei fenomeni franosi, soprattutto nei climi dove si alternano lunghe stagioni secche a periodi di intensa e/o prolungata piovosità. Per quanto concerne la vegetazione, una estesa copertura boschiva costituisce un naturale ostacolo all’azione degli agenti atmosferici e, più in generale, esogeni. I disboscamenti e gli incendi, con la eliminazione della naturale protezione dei versanti, hanno contribuito fortemente ad incrementare gli effetti erosionali ed i fenomeni franosi. FATTORI ANTROPICI: rivestono un ruolo fondamentale in non poche casi in quanto le esigenze antropiche impongono interventi in tempi estremamente brevi, provocando alterazioni improvvise delle situazioni naturali raggiunte in tempi molto lunghi. Le azioni antropiche (scavi, disboscamenti, appesantimento dei versanti, abbandono delle terre, mancato intervento gestionale) svolgono un ruolo di accelerazione dei processi morfogenetici, provocando reazioni fino alla rapida alterazione degli equilibri naturali.FATTORI ANTROPICI: rivestono un ruolo fondamentale in non poche casi in quanto le esigenze antropiche impongono interventi in tempi estremamente brevi, provocando alterazioni improvvise delle situazioni naturali raggiunte in tempi molto lunghi. Le azioni antropiche (scavi, disboscamenti, appesantimento dei versanti, abbandono delle terre, mancato intervento gestionale) svolgono un ruolo di accelerazione dei processi morfogenetici, provocando reazioni fino alla rapida alterazione degli equilibri naturali.

20 PIENE ED ALLUVIONI L’IDROLOGIA studia i processi fisici che riguardano l’acqua nei suoi stati (SOLIDO, LIQUIDO e VAPORE) non solo nell’atmosfera ma anche nel suolo e nelle rocce, e sulla superficie dei fiumi, dei laghi e dei ghiacciai. L’ACQUA degli oceani, dell’atmosfera e delle terre emerse si muove in un succedersi di scambi continui, sia di posizione geografica sia di stato fisico, noto come CICLO IDROLOGICO. Si può stabilire il BILANCIO IDRICO GLOBALE nel seguente modo: P = E + I + R P = precipitazioni E = evapotraspirazione I = infiltrazione R = ruscellamento superficiale.

Ciclo dell’acqua 21

Ciclo idrologico Cosa è il ciclo dell’acqua? Si può facilmente rispondere: "presente" dappertutto! Il ciclo dell’acqua, noto comunemente anche come ciclo idrologico, descrive l’esistenza ed il movimento dell’acqua sulla, nella e al di sopra della Terra. L’acqua della Terra è sempre in movimento e cambia stato continuamente, da liquido a vapore a ghiaccio, in tutti i modi possibili. Il ciclo dell’acqua lavora da miliardi anni e tutta la vita sulla Terra dipende da esso; senza di esso la Terra sarebbe un bel posto piatto e noioso dove vivere. 22

Provenienza dell’acqua Da dove viene tutta l’acqua della Terra? La Terra primordiale era un globo di magma, ma i magmi contengono una notevole quantità di acqua. L’acqua liberata dei magmi come vapore cominciò a raffreddare l’atmosfera e la superficie terrestre fino al punto di poter restare in superficie in forma liquida. L’attività vulcanica continuò e continua a liberare acqua nell’atmosfera, incrementando le masse d’acqua superficiali e profonde. Inoltre, ogni reazione chimica produce acqua. 23

Ciclo idrologico Il ciclo idrologico non ha un punto di partenza, ma un buon posto da dove cominciare è il mare. Il sole, che attiva il ciclo dell’acqua, riscalda l’acqua del mare. Parte di essa evapora nell’aria. L’evaporazione avviene anche dalle acque dolci dei laghi e dei fiumi. Sul continente, l’evapotraspirazione, che è l’acqua traspirata dagli esseri viventi (soprattutto dai vegetali; al confronto, la parte prodotta dagli animali è trascurabile) ed evaporata dal sole, apporta vapore all’aria... Le correnti d’aria ascensionali sollevano il vapore in alto nell’atmosfera dove la temperatura più bassa ne provoca la condensazione in goccioline microscopiche che formano le nuvole I venti trasportano le nubi per il mondo, e le particelle delle nubi collidono, si accrescono, e cadono dal cielo come precipitazione. 24

Ciclo idrologico Quando però, una molecola d'acqua che ha iniziato il suo ciclo ritorna in mare, in media ci mette 2000 anni ad evaporare e quindi ri-entrare nel ciclo dell'acqua. Non è detto, tuttavia, che l'acqua segua il ciclo nell'ordine: prima di raggiungere gli oceani l'acqua può evaporare, condensare, precipitare e scorrere molte volte. 25

Ciclo idrologico L'evaporazione è il trasferimento dell'acqua da corpi idrici superficiali nell'atmosfera. Questo trasferimento implica un passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore. Nell'evaporazione viene inclusa anche la traspirazione delle piante; in tal modo ci si riferisce a questo trasferimento come evapotraspirazione.traspirazione evapotraspirazione Il 99% dell'acqua atmosferica proviene dall'evaporazione, mentre il rimanente 1% dalla traspirazione. 26

Ciclo idrologico L'intercettazione è la precipitazione intrappolata dalla vegetazione che non cade direttamente al suolo. L'infiltrazione è la transizione dall'acqua dalla superficie alle acque sotterranee. L'aliquota di infiltrazione dipende dalla permeabilità del suolo o della rocciainfiltrazioneacque sotterranee permeabilità 27

Ciclo idrologico La precipitazione è costituita da vapore acqueo che si è prima condensato sotto forma di nuvole (cambio dalla fase gassosa alla fase liquida o solida) e che cade sulla superficie terrestre. Questo avviene soprattutto sotto forma di pioggia, ma anche di neve, grandine o nebbia.vapore acqueonuvolepioggianeve grandinenebbia Lo scorrimento include tutti i modi in cui l'acqua superficiale si muove in pendenza verso il mare. L'acqua che scorre nei torrenti e nei fiumi può stazionare nei laghi per un certo tempo. Non tutta l'acqua ritorna al mare per scorrimento; gran parte evapora prima di raggiungere il mare o un acquifero.maretorrentifiumi laghi 28

Ciclo dell’acqua Ruscellamento: Mentre una gran parte delle precipitazioni cade nei mari, una parte cade sulle terre emerse dove, a causa della gravità, fluisce come ruscellamento superficiale. Parte del ruscellamento superficiale raggiunge i fiumi e si muove come flusso incanalato verso il mare, mentre parte di esso si accumula come acqua dolce nei laghi e nei fiumi. Non tutto il ruscellamento scorre in corpi idrici superficiali. Infiltrazione: Parte dell’acqua si infiltra in profondità nel terreno ed alimenta gli acquiferi (rocce saturate con acqua mobile che affiora in sorgenti o estraibile con pozzi o gallerie) che immagazzinano enormi quantità di acqua dolce sotterranea per lunghi periodi di tempo. 29

Ciclo idrologico Quando la precipitazione s’infiltra nel suolo, forma una zona satura ed una zona non satura, sovrapposte, normalmente con la zona satura in basso. Nella zona non satura c’è dell’acqua presente nei pori della roccia e del suolo, ma non li riempie completamente 30

Ciclo idrologico La parte più alta della zona non satura è la zona del suolo, che presenta delle cavità intorno alle radici delle piante e delle fessure del terreno, lungo le quali si può facilmente infiltrare l’acqua piovana. L’acqua nella zona del suolo è utilizzata dalla vegetazione e da questa viene in parte trasformata in traspirazione. Nella zona satura, l’acqua occupa completamente gli spazi (pori e fratture) nella roccia e nel suolo. Da questa zona, che in pratica è un acquifero, l’acqua può essere estratta con i pozzi. 31

Ciclo idrologico 32

Ciclo idrologico Come mostrato, direzione e velocità dell’acqua sotterranea dipendono dalle varie caratteristiche dell’acquifero e dei livelli che lo delimitano (strati di roccia poco permeabile in cui l’acqua penetra con difficoltà). La mobilità dell’acqua sotterranea dipende dalla permeabilità (facilità con la quale un mezzo si fa attraversare da un fluido) e dalla porosità (volume di spazi comunicanti rispetto ad un volume di riferimento della roccia) dell’acquifero. In una roccia di elevata permeabilità, l’acqua può percorrere decine o centinaia di metri in qualche giorno. Se l’acqua raggiunge un acquifero profondo, può impiegare migliaia di anni per ritornare in superficie, o restare “confinata” a grandi profondità, come sotto il deserto del Sahara. 33

Ciclo idrologico Quando la superficie superiore della falda acquifera è libera, la falda è detta freatica. Una falda acquifera costituita da terreni permeabili limitati inferiormente e superiormente da terreni impermeabili viene definita falda in pressione o falda artesiana. 34

Ciclo idrologico Dappertutto nel mondo parte dell’acqua che precipita come pioggia o neve s’infiltra nel sottosuolo. L’entità di questa parte dipende da numerosi fattori. L’infiltrazione della precipitazione che cade sui ghiacci può essere molto piccola, mentre, ad es. in una grotta, in un solo punto la quantità di infiltrazione può essere elevatissima. Parte dell’acqua che s’infiltra rimane negli strati superficiali del suolo (deflusso ipodermico), da dove può filtrare verso un canale del sistema di drenaggio. Parte s’infiltra più profondamente (deflusso sotterraneo), ricaricando di acqua sotterranea gli acquiferi. Dagli acquiferi è possibile che l’acqua venga a giorno da sorgenti o che se ne possa estrarre scavando dei pozzi o delle gallerie. L’acqua può percorrere lunghe distanze o rimanere in un acquifero per lungo tempo prima di ritornare in superficie o filtrare verso un'altra massa d’acqua, come un fiume o il mare. 35

Ciclo idrologico Sorgente: luogo in cui l’acqua sotterranea defluisce in superficie Una sorgente si forma dove l’acqua sotterranea in movimento incrocia la superficie ed affiora. Le sorgenti possono variare molto in importanza, da piccole venute temporanee che si formano in seguito alle piogge, a sorgenti perenni che possono raggiungere portate di decine di metri cubi al secondo (centinaia di migliaia di metri cubi al giorno). 36

Ciclo idrologico Le sorgenti si possono trovare in ogni tipo di roccia, ma quelle più importanti si trova in genere nei calcari e nelle dolomite, che sono frequentemente fratturati. I calcari, inoltre, possono essere disciolti dall’acqua piovana che contiene sempre un po’ di anidride carbonica, ed in essi si formano spesso ampi sistemi di piccole e grandi cavità sotterranee dove possono scorrere veri fiumi sotterranei (sistemi carsici). Se il flusso dell’acqua è prevalentemente orizzontale, questa può venire a giorno in grandi sorgenti. 37

Ciclo idrologico Le sorgenti termali sono sorgenti ordinarie salvo per la temperature dell’acqua che, in alcuni casi, è bollente, come nelle sorgenti di fango bollente a Suio. Molte sorgenti termali si trovano in regioni con attività vulcanica recente dove l’acqua è riscaldata al contatto con le rocce calde in profondità. Ma anche lontano dai vulcani, la crosta diviene più calda con la profondità (circa 2,5 gradi centigradi ogni cento metri), e se l’acqua profonda raggiunge una frattura lungo la quale può risalire rapidamente, si può formare una sorgente termale. Infine, l’acqua calda può provenire direttamente dai magmi profondi in raffreddamento. 38

Ciclo idrologico Ciclo idrologico 39

Ciclo idrologico Durante il secolo scorso il ciclo dell'acqua è diventato più intenso con l'incremento dei tassi di evaporazione e precipitazione. Ciò è quanto gli scienziati si aspettano a causa del riscaldamento globale, dato che le temperature più alte aumentano il tasso dell'evaporazione.riscaldamento globale La ritirata dei ghiacciai è anch'essa un esempio del cambiamento in atto, dato che l'apporto d'acqua ai ghiacciai non è sufficiente a compensare la perdita per scioglimento e sublimazione. A partire dal 1850, anno in cui terminò la piccola era glaciale iniziata nel XIV secolo, il ritiro dei ghiacci è stato notevole.ritirata dei ghiacciaighiacciaisublimazione1850piccola era glacialeXIV secolo 40

Ciclo idrologico Anche le seguenti attività umane possono influire nell'alterare il ciclo idrologico. Agricoltura Alterazione della composizione chimica dell'atmosfera (inquinamento atmosferico)inquinamento atmosferico Costruzione di dighedighe Deforestazione e riforestazioneDeforestazioneriforestazione Estrazione dell'acqua dalla falda freatica mediante pozzifalda freaticapozzi Sottrazione d'acqua dai fiumi Urbanizzazione 41

Ciclo idrologico Ruscellamento superficiale: ruscellamento da precipitazione che si muove verso i fiumi sulla superficie terrestre. Molte persone probabilmente pensano che la precipitazione cade sulla terra, scorre in superficie (ruscellamento) e corre nei fiumi che quindi si riversano nei mari. In realtà è più complicato, perché anche i fiumi prendono e cedono acqua al terreno. Tuttavia, molta dell’acqua dei fiumi proviene direttamente dal ruscellamento da precipitazione, definito ruscellamento superficiale. 42

Ciclo idrologico Normalmente parte della pioggia che cade inzuppa il terreno, ma quando la pioggia colpisce un terreno saturo o impermeabile, come una strada pavimentata o un parcheggio, comincia a scorrere tutta verso valle come ruscellamento. L’acqua scorre prima come un velo continuo, ma presto si incanala nei solchi del suolo e da qui verso i fossi permanenti, i torrenti ed i fiumi. Come in tutte le parti del ciclo idrologico, l’interazione tra precipitazione e ruscellamento superficiale varia in base alla geografia e nel tempo. Temporali simili che avvengono sulla jungla amazzonica e sui calanchi della Calabria ionica produrranno differenti distribuzioni del ruscellamento. 43

Ciclo idrologico Il ruscellamento è infatti influenzato sia dai fattori meteorologici sia dalla geologia, topografia e copertura vegetale del terreno. Solo un terzo circa della precipitazione scorre in superficie verso i fiumi e ritorna la mare. Gli altri due terzi evaporano, sono traspirati, o s’infiltrano nel terreno. Il ruscellamento superficiale può essere utilizzato dall’uomo per i loro fini pratici. 44

Morfologia fluviale il termine "portata" per riferirsi alla quantità di acqua che attraversa una sezione di area A in un fiume, in un torrente o in un ruscello. nell’unità di tempo La portata cambia in continuazione, di giorno in giorno e anche di minuto in minuto. Naturalmente, la principale influenza sulla portata è esercitata dal ruscellamento da precipitazione nel bacino. La pioggia causa l’innalzamento del livello dei fiumi, ma ciò può avvenire solo se piove nella parte alta del bacino: ricordate che la maggior parte dell’acqua che cade in un bacino alla fine passerà dalla sezione di chiusura. 45

Morfologia fluviale Le dimensioni di un fiume dipendono dalle dimensioni del suo bacino: i grandi fiumi hanno grandi bacini, ed i piccoli fiumi hanno piccoli bacini. Analogamente, fiumi di diversa grandezza rispondono differentemente alle precipitazioni. I grandi fiumi si gonfiano e diminuiscono più lentamente di quelli piccoli. In un piccolo bacino, la portata del fiume crescerà o diminuirà nel giro di minuti o ore, mentre un grande fiume impiegherà giorni per crescere o diminuire di portata. 46

Morfologia fluviale: bacino idrografico 47

Morfologia fluviale Il bacino idrografico è l'area topografica (solitamente identificabile in una valle o una pianura) di raccolta delle acque che scorrono sulla superficie del suolo confluenti verso un determinato corpo idrico recettore che dà il nome al bacino stesso.area topograficavallepianurasuolo Ogni bacino idrografico è separato da quelli contigui dalla cosiddetta linea dello spartiacque. Questa è una linea chiusa, come solitamente nel caso di bacini montani o collinari, o aperta, nel caso di bacini scolanti direttamente in mare, lago o laguna ed il perimetro dello spartiacque termina contro la linea di costa.spartiacquelagolagunalinea di costa 48

Morfologia fluviale Nel primo caso, la linea di spartiacque interseca l'asta fluviale principale in un determinato punto. Detta intersezione prende il nome di sezione di chiusura del bacino stesso. Detta sezione è di fondamentale importanza in idraulica in quanto in corrispondenza di essa si viene a raccogliere la portata complessiva del bacino e quindi quella del relativo corso d'acqua. La maggior parte dei bacini idrografici principali è formata dall'unione di più sottobacini rappresentati dai bacini idrografici dei singoli affluenti del corso d'acqua principale.idraulicaportata 49

Morfologia fluviale Il bacino idrografico differisce dal bacino idrogeologico in quanto quest'ultimo non considera il solo deflusso di acque superficiali, ma anche il flusso quelle presenti nel sottosuolo.bacino idrogeologico Se le acque raccolte sono solo quelle dovute alle precipitazioni si parla di bacino imbrifero. bacino imbrifero 50

Morfologia fluviale Caratteristiche geometriche L'estensione superficiale è una caratteristica rilevante per capire come si comporta il bacino a seguito di piogge rilevanti Il tempo di corrivazione è il tempo che intercorre fra la caduta della precipitazione su di un bacino a monte e il passaggio di questa dalla sezione di uscita del bacino a valle. I tempi di percorrenza delle acque superficiali dipendono principalmente dalla lunghezza del percorso che l'acqua deve fare e dalla sua pendenza. precipitazionebacino valle 51

Morfologia fluviale A parità di pendenza, se il bacino è piccolo i tempi di percorrenza sono dell'ordine di ore (tipico caso di bacino vallivo montano), mentre per un bacino grande sono maggiori (valutabili anche in giorni come nel caso del bacino padano), con conseguente aumento anche dei tempi di formazione delle piene. Si chiama superficie di drenaggio la proiezione orizzontale della superficie di territorio delimitata dalla linea spartiacque, mentre la lunghezza della linea spartiacque è il perimetro (P) del bacino. 52

Morfologia fluviale La lunghezza L del bacino è definita in prima approssimazione come la lunghezza dell'asta fluviale principale, ossia del canale di raccolta dalla portata maggiore che corrisponde, nel caso di bacini in quota, al fondovalle. Dalla sorgente il fiume comincia la discesa verso valle con una pendenza variabile all'interno di uno spazio fisicamente delimitato da spartiacque (anch'esso variabile nel tempo) a percorso preferenziale, detto letto, che costituisce il fondo di una valle, che altro non è che il risultato del lavoro d’erosione compiuto dal fiume stesso nel corso di millenni.sorgentevalleerosione 53

Morfologia fluviale Il punto in cui il fiume nasce (dove l'acqua sgorga dal terreno) è la sorgente. Durante il suo percorso verso il basso, al fiume si possono unire altri corsi d'acqua, che costituiscono i suoi affluenti. Il fiume termina, eccetto rari casi, in un corpo idrico recettore, come un lago, un mare o un altro fiume. Il punto in cui il fiume sbocca nel corpo recettore è la sua foce. sorgenteaffluentilagomarefoce Il fiume di norma ha una pendenza maggiore nei primi tratti dopo sorgente, e man mano che si scende di quota la pendenza diminuisce, così come la velocità. Questo andamento longitudinale prende il nome di profilo del fiume. Esiste un profilo ideale, il profilo d'equilibrio, che rappresenta la situazione nella quale non c'è né erosione né sedimentazione per tutta la lunghezza del fiume. Se il profilo reale è diverso da quello d'equilibrio, nei tratti in cui il primo è più alto del secondo avviene erosione, viceversa avviene sedimentazione. erosionesedimentazione 54

Morfologia fluviale La forza delle acque è tale da erodere la roccia e trascinare con sé detriti di varie dimensioni :pietre, legna e altri residui vegetali, fango, sabbia. Dopo aver superato i pendii più ripidi, il fiume comincia a depositare detriti sempre più piccoli e, una volta arrivato in pianura, lascia solo sabbia, fango e materiale molto minuto. Difficilmente la portata del fiume è costante, nella maggior parte dei casi si possono distinguere tre situazioni: magra, nei periodi più secchi, quando nel fiume scorre poca acqua; morbida, nei periodi umidi, in cui nel fiume scorre abbondante acqua; piena, quando scorre una quantità eccezionale di acqua tale da inondare aree che normalmente sono asciutte. 55

Morfologia fluviale Considerando una sezione trasversale del fiume, è possibile individuare il letto del fiume, che è il terreno sul quale l'acqua scorre;letto l'alveo, è la parte della sezione trasversale occupata dal flusso dell'acqua (essendo la portata variabile, si potranno distinguere alveo di magra, alveo di morbida e alveo di piena);alveo gli argini, non sempre presenti, che sono due rilievi del terreno paralleli all'alveo, che lo delimitano; possono essere naturali (formati dalla deposizione ai lati del flusso del materiale trasportato) o artificiali, costruiti per contenere il flusso al loro interno ed evitare che inondi le zone circostanti;argini 56

Morfologia fluviale la valle o la pianura alluvionale, cioè il territorio nel quale il fiume scorre: nel primo caso è un'incisione a forma di V nel territorio circostante, generata dall'erosione del fiume e delle precipitazioni, per questo la pendenza dei versanti è maggiore quanto è maggiore la compattezza del terreno; nel secondo caso è una pianura formata dai sedimenti depositati gli uni sugli altri dalle piene del fiume.vallepianura alluvionale la riva destra e la riva sinistra: guardando nel senso della direzione di scorrimento. Un corso d'acqua quando subisce forti variazioni di portata, tali che in alcuni periodi dell'anno può rimanere asciutto, prende il nome di torrente. torrente 57

Morfologia fluviale L’alveo di scorrimento è la sede all'interno della quale si verifica lo scorrimento delle acque fluviali. È proprio l'azione erosiva esercitata dalle acque che, agendo sul substrato roccioso, ne determina la progressiva escavazione. Per ciascun corso d'acqua è possibile individuare, in sezione trasversale, tre distinti alvei: Letto ordinario (o alveo di piena): costituisce il canale di scorrimento del fiume nei periodi di piena ordinaria, che si ripetono in primavera ed autunno. È chiaramente delimitato lateralmente da sponde, o scarpate, sub-verticali, oltre le quali si individua il piano del letto maggiore, in posizione leggermente soprelevata. Nel letto ordinario sono contenuti materiali grossolani, depositati conseguentemente alle variazioni di corrente, responsabili anche del continuo rimaneggiamento (con conseguente irregolarità) dell'alveo di scorrimento. Risulta scarsa, in virtù dei fenomeni alluvionali di piena, la presenza di vegetazione arborea. 58

Morfologia fluviale Letto di inondazione (o alveo maggiore): è costituito dalla superficie massima inondabile dal fiume nel corso delle alluvioni, è sopraelevato e di dimensioni maggiori rispetto al letto di scorrimento ordinario. Paradossalmente, l'attività umana di prelievo (spesso indiscriminato) del sedimento fluviale, per la produzione di laterizi, può dal luogo ad un abbassamento del livello di scorrimento del letto di inondazione. In questo modo, anche in fase di piena, diviene più difficile per il fiume dar luogo a fenomeni alluvionali. Il letto di inondazione è caratterizzato dalla presenza di sedimenti e materiale grossolano, depositati dalle acque nelle fasi di esondazione. Letto di magra (o canale di scorrimento): rappresenta il canale in cui, nelle fasi di magra, si limitano a scorrere la blanda corrente fluviale. Rappresenta la fascia di maggior profondità, e non è costituito da argini sufficientemente definiti da permetterne immediatamente la distinzione dal canale ordinario, nel quale si forma. In generale, è costituito da un canale di scorrimento che, spesso, tende a dividersi e riunirsi senza soluzione di continuità, in base all'azione di escavazione dei sedimenti del letto ordinario, esercitata dalla corrente di magra. 59

60 PIENE ED ALLUVIONI La nostra società intensamente industrializzata richiede sempre maggiori quantità di acqua potabile per il suo sostentamento. Gli abitanti delle città consumano acqua nelle loro case ad un ritmo che spesso supera i 200 litri pro capite al giorno. Inoltre enormi quantità di acqua vengono utilizzate per scopi di raffreddamento negli impianti per la produzione di energia elettrica e in quelli dell’aria condizionata. Le risorse di acqua potabile disponibile vanno, nel tempo, scemando con l’aumento delle richieste. Ecco quindi che lo studio dei processi di scorrimento delle acque di superficie è di fondamentale importanza per capire come le attività umane possano interferire sui sistemi idrologici naturali. La conoscenza dei processi idrologici ci permette di valutare le RISORSE GLOBALI d’acqua e di pianificarne l’utilizzazione. Definiamo FALDA FREATICA quella parte di acqua sotterranea che satura completamente gli spazi porosi della roccia sana e di quella alterata, presentando superiormente una superficie libera, soggetta alla pressione atmosferica, il cui movimento è regolato dalla forza di gravità.

61 PIENE ED ALLUVIONI La fase subsuperficiale del CICLO IDROLOGICO termina quando l’acqua sotterranea emerge lungo linee o zone dove la superficie freatica interseca la linea del terreno. Un tipico esempio è costituito dagli alvei dei corsi d’acqua e le superfici pianeggianti delle paludi e dei laghi. L’acqua emerge per lenta filtrazione e per mezzo di sorgenti. Sia l’una che l’altra dipendono dagli afflussi che alimentano, per infiltrazione, la superficie della falda freatica.

62 PIENE ED ALLUVIONI Si chiamano SISTEMI IDROGRAFICI DI DRENAGGIO delle aree, a forma grosso modo ellittica, limitatamente agli spartiacque, in cui le pendenze del terreno e i rami del reticolo fluviale sono disposti in modo da ottenere un RUSCELLAMENTO il più efficace possibile, in grado di trascinare anche il suo contenuto di detriti. Nella figura sottostante è riportato un tipico reticolo fluviale. L’intera superficie all’interno dello spartiacque principale del bacino di drenaggio costituisce il BACINO IDROGRAFICO per lo scorrimento superficiale. Quindi un SISTEMA DI DRENAGGIO è un meccanismo convergente, con una forma ad imbuto, dove si vanno a convogliare le acque superficiali.

63ALLUVIONI I corsi d’acqua sono sistemi dinamici che tendono all’equilibrio tra la materia in entrata e quella in uscita. Le modificazioni cui è soggetto un corso d’acqua denotano questa caratteristica che consiste negli aggiustamenti del canale fluviale. Le INONDAZIONI (dette anche ALLUVIONI) sono l’esempio dell’incapacità di un fiume a smaltire un notevole e rapido incremento degli apporti di acqua e di sedimenti: in questo caso esso risponde INONDANDO e CREANDO nuove vie che gli permettano di smaltire le acque in eccesso. Quando le entrate diminuiscono fino a tornare normali, il fiume riprende la sua configurazione abituale. I corsi d’acqua rappresentano uno degli aspetti più importanti del rapporto uomo/natura. Spesso l’uomo è intervenuto (anche pesantemente) sia sulla geometria fluviale sia sulla regolazione delle portate. Da ciò si deduce come l’uomo abbia sempre cercato, costruendo gli argini e modificando la forma della rete idrografica, di proteggere i centri abitati ed i terreni agricoli, nonché di acquisirne di nuovi e rendere navigabili alcuni fiumi. Malgrado questi continui interventi (a volte anche per causa loro, le ALLUVIONI hanno accompagnato spesso la storia dei popoli.

64ALLUVIONI Effetto di una alluvione. Il fiume si trova alla sinistra della figura. Gli argini sono individuabili in quanto corrispondono ad una fila di alberi.

65ALLUVIONI L’inondazione di un territorio posto ai lati di un corso d’acqua comporta una serie di effetti (TEMPORANEI), generalmente classificati come segue: 1.Rottura o semplice indebolimento delle sponde che rendono problematico il contenimento delle piene successive; 2.Distruzione dei raccolti; 3.Distruzione delle infrastrutture (strade, ponti, ecc.); 4.Danni alle abitazioni ed agli insediamenti produttivi; 5.Modifica della natura del suolo per il deposito di materiale solido inizialmente trasportato dall’acqua. A ciò si aggiungono spesso altri effetti più DURATURI, come il cambiamento del tracciato del fiume per effetto dell’erosione. A questa situazione che caratterizza “nello spazio” tutti i corsi d’acqua, si somma una situazione “nel tempo” collegata alle alternanze del comportamento del corso d’acqua stesso. La portata nei fiumi è variabile, raggiungendo periodicamente valori massimi e minimi (MAGRE). Allo stesso modo varia anche la Velocità dell’acqua e tutti i fenomeni ad essa connessi. Ne consegue che, in ogni corso d’acqua, il trasporto solido non è costante nel tempo e assume i valori massimi nei momenti di piena. Con il decrescere della portata di piena, diminuisce anche la capacità di trasporto, perciò rimane sul fondo e sulle zone allagate una quantità notevole di materiale.

66ALLUVIONI Le conseguenze di tutti questi fenomeni si fanno evidenti su tutto il corso d’acqua, a partire sulle zone più a monte soggette ad una progressiva erosione, fino a quelle più a valle sottoposte ad un predominante interrimento. La situazione è più evidente in prossimità della foce, dove l’acqua, rallentata dal mare, rilascia buona parte del materiale solido che ancora possiede. Il progressivo interrimento comporta quindi l’innalzamento della quota del fondo. Questo fatto è la causa di una progressiva riduzione dello spazio che l’acqua potrebbe occupare. Perciò in un evento successivo la quantità di acqua in arrivo deve necessariamente trovare posto invadendo le campagne circostanti, oppure, se le arginature lo permettono, aumentando il livello dei liquidi.

67ALLUVIONI

68 LA PREVISIONE DELLE PIENE La previsione della inondazione di un determinato territorio dipende da molti fattori. Quando il fiume raggiunge lo stadio di massima piena, si crea la condizione in cui l’acqua colma interamente il canale fluviale fino al limite superiore delle sponde. Attualmente per gli eventi di piena dei corsi d’acqua è possibile effettuare soltanto la previsione basata essenzialmente sulla dinamica dei meccanismi di riempimento e di svuotamento dei terreni e sulla conseguente variazione dell’estensione della superficie satura del bacino. Senza voler approfondire la complessità dell’argomento si evince che il livello di previsione di piena è preceduto dal livello di previsione meteorologica. Operativamente parlando esiste la necessità di organizzare un sistema di monitoraggio, previsione e gestione di piena, organizzato in vari step: dal monitoraggio dei dati e dalla previsione meteorologica, alla previsione ed al preallarme delle situazioni di rischio, fino ad arrivare ad un’analisi dettagliata degli interventi e al supporto decisionale.

69 LA PREVISIONE DELLE PIENE Durante una EMERGENZA di PIENA converrebbe seguire uno schema di livelli di monitoraggio come indicato di seguito: 1.Acquisizione dei dati in tempo reale; 2.Analisi, verifica ed eventuale ricostruzione dei dati in tempo reale; 3.Effettuazione in automatico delle previsioni di pioggia a partire dalle ultime misure e dalle eventuali previsioni fornite dai “modelli ad area limitata”; 4.Effettuazione in automatico di previsioni di piena a partire dalle misure e dalle previsioni di pioggia mediante modelli continui di previsione in cui lo stato di saturazione del terreno sia continuamente aggiornato; 5.Effettuazione in automatico di previsioni e di propagazione di piena lungo le aste fluviali mediante modelli idraulici che consentano di individuare le zone a criticità maggiore; 6.Effettuazione di simulazione di ipotesi di intervento e di verifica dei loro effetti: questa ultima fase di analisi corrisponde a una situazione dichiarata di STATO DI EMERGENZA, mentre ciò che è compreso nei punti costituisce la fase di PREALLARME.

70 LA PREVISIONE DELLE INONDAZIONI Per quanto concerne lo scenario del RISCHIO di ALLUVIONE, occorre disporre degli strumenti seguenti: 1.Carte tematiche di base, con l’indicazione dei limiti dei bacini e dei confini amministrativi, l’ubicazione degli strumenti di misura, gli insediamenti civili ed industriali, del reticolo idrografico e delle opere idrauliche derivanti; 2.Carta delle aree inondabili, con le zone ad alta probabilità di inondazione, di quelle a media e bassa probabilità (in base al tempo di ritorno dell’evento), nonché delle aree a valle degli sbarramenti artificiali; 3.Carta del danno atteso e degli elementi a rischio, con l’indicazione degli insediamenti, dei beni ambientali e culturali e delle infrastrutture di trasporto, di servizio e di soccorso; 4.Mappe del rischio, ottenute mediante la sovrapposizione delle carte del danno atteso e delle carte delle aree inondabili.

71 LE FASCE DI PERTINENZA FLUVIALE Tra i mezzi di prevenzione delle catastrofi alluvionali si può includere l’adozione delle FASCE DI PERTINENZA FLUVIALE. In molti fiumi, specie quelle di grosse dimensioni come il PO’, è ormai pratica corrente l’individuazione delle FASCE DI PERTINENZA, ossia delle zone che potrebbero essere invase da una piena. Questo costituisce anche un adempimenti di legge 183/1987, articolo 17 comma 6- ter, che impone l’obbligo alle AUTORITÀ DI BACINO di identificare le zone attorno ai fiumi che sono soggette al rischio inondazione. In pratica i progetti e/o i piani da realizzare in queste fasce devono essere compatibili con i vincoli e l prescrizioni imposti dalla normativa sulle fasce di pertinenza. Questa regolamentazione e parte integrante del “PIANO STRALCIO DI BACINO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICI” (PAI), che le Autorità di Bacino devono predisporre ed adottare per il territorio di competenza. I PAI contengono in particolare “la individuazione e la perimetrazione delle aree a rischi idrogeologico”.

72 LE FASCE DI PERTINENZA FLUVIALE ESEMPIO Suddivisione prevista dall’Autorità di Bacino del Fiume Po con la quale sono individuate tre fasce, ognuna con particolari riferimenti alla situazione idrologica del fiume e all’uso del territorio. A.Fascia del deflusso della piena; B.Fascia di esondazione, C.Fascia di inondazione per piena catastrofica.

73 OPERE DI DIFESA DALLE ALLUVIONI Nella costruzione di opere idrauliche per difendersi dalle alluvioni vi è la realizzazione di grandi serbatoi per l’utilizzazione delle acque (a fini idroelettrici, irrigui e potabili), bisogna tenere conto di una certa capacità di immagazzinamento di una piena in arrivo secondo opportune valutazioni probabilistiche. Tali serbatoi, che possono rimanere inattivi anche per molti anni, devono essere mantenuti in piena efficienza; ciò comporta costi di costruzione e manutenzione elevati. Tali serbatoi per ridurre le portate di punta sono chiamati SERBATOI DI LAMINAZIONE. La loro efficacia può valere solamente a valle del tratto fluviale e per estensioni limitate dello stesso. Se si hanno fiumi molto lunghi si può intervenire mediante la realizzazione di conche o casse di espansione, ossia serbatoi ottenuti erigendo argini adeguati intorno alle aree destinate che possono così essere inondate e riempite in maniera controllata. Tipico esempio sono le GOLENE ALLAGABILI. Un altro criterio, del tutto diverso dai precedenti, è l’apertura di CANALI SCOLMATORI (allagabili) che contribuiscono ad scaricare cospicue portate di piena, riducendo la quantità di acqua che rimane negli alvei naturali. L’acqua così viene recapitata più a valle possibile. Un contributo a tali operazioni idrauliche può essere adottato organizzando un operazione di dragaggio in alveo di ghiaie, ciottoli e sabbie in quei punti ove è maggiore il fenomeno dell’interramento. Infine si ha la sopraelevazione delle sponde che prevede il contenimento della portata piena senza che essa esca dall’alveo ed inondi il terreno circostante.

74 IL RISCHIO NELLA PROVINCIA DI LATINA Il territorio della Provincia di Latina è esposto, per la sua particolare morfologia a diversi rischi: Sismico, Idrogeologico, Alluvionale, Mareggiate e Incendi Boschivi. La particolare conformazione ed posizione geografica del territorio provinciale, caratterizzata da tre massicci montuosi (LEPINI, AUSONI ed AURUNCI) comporta spesso situazioni di estrema criticità. Nel Sud Pontino la grande quantità di pioggia spesso crea problemi, sia dal punto di vista degli allagamenti, sia dal punto di vista di smottamenti e frane. Ciò per una conformazione prevalentemente scoscesa del territorio e per la quasi assenza di superfici interposte tra mari e monti. Allo stesso modo il Sud Pontino risulta essere poco interessato da fenomeni franosi e da smottamenti, e ciò sia per la natura delle rocce, molto più compatte di quelle che si trovano a Nord della provincia, sia per un limitato impatto antropico sull’equilibrio idrogeologico. A Nord della provincia la situazione si fa più complicata. Nella Piana di Fondi, di natura alluvionale, riesce a contenere il deflusso montano fino a fenomeni di media entità, e ciò grazie alla sua vicinanza col mare ed alla presenza del lago di Fondi che riesce a ricevere, da numerosi corsi d’acqua e da tutta la pina circostante, una soddisfacente quantità di acqua. La criticità si ha nel caso di abbondanti e prolungate precipitazioni che causano uno straripamento dei corsi d’acqua, un aumento del livello del lago, ed in casi eccezionali la sua esondazione.