Angelici Andrea Berton Ilaria Giangrossi Marzia Gramegna Andrea Scannelli Carmine Staiano Carolina
Indice Introduzione Europa vs Italia Europa vs Italia Analisi del settore Esportazioni Esportazioni Valore aggiunto Valore aggiunto Dimensione/Occupazione Dimensione/Occupazione Concentrazione Concentrazione Analisi di Regressione Analisi di Regressione Barriere all’entrata Barriere all’entrata Conclusioni 2
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La produzione europea è pari a 165 milioni di ettolitri. La Francia con 47.4 milioni di ettolitri previsti nel 2015 è praticamente stabile sul 2014, mentre la Spagna ha avuto una produzione in calo del 4% rispetto al 2014 a 36.6 milioni di ettolitri. Negli altri paesi europei, in calo la Germania con -4%, mentre recupera il Portogallo, +8%. Il primo produttore è l’Italia, con circa 49 milioni di ettolitri, il 18% della produzione mondiale. 4
La produzione italiana nel 2015 è cresciuta di circa il 10% rispetto al 2014, superando così la produzione francese. L’Italia è diventata il primo produttore al mondo di vino. Fonte: Organizzazione Internazionale della vigna e del vino 5
Le azienda italiane imbottigliatrici Le azienda italiane imbottigliatrici Le aziende italiane produttrici di uva Le aziende italiane produttrici di uva La produzione in milioni di ettolitri Gli ettari complessivi in Italia Il valore medio di un vigneto in Italia Il valore medio di un vigneto in Italia 48,9 milioni hl €
Le esportazioni italiane, seppure a livelli elevati, sono penalizzate dal fenomeno dell’Italian Souding. Sono necessari maggiori investimenti per sviluppare i brand a livello internazionale. In questo ambito molte industrie vinicole Italiane sono limitate a causa delle loro dimensioni, tipicamente piccole rispetto ai competitor internazionali. Negli ultimi anni circa il 50% del vino italiano prodotto è stato esportato. I mercati principali per l'esportazione sono gli Stati Uniti la Germania e il Regno Unito, anche se Cina e Australia dimostrano grande potenziale. La produzione sarà sempre più focalizzata sulla qualità, la caratteristica di maggior importanza per l’acquisizione di market share nei mercati esteri. 7
Fonte: Global Agricultural Information Network 8
ITALIAN SOUNDING L’Italian Sounding indica l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro Paese. Esso rappresenta la forma più eclatante di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori, soprattutto nel settore agroalimentare. A livello mondiale, il giro d’affari annuo dell’Italian Sounding è stimato in circa 54 miliardi di euro l’anno, oltre il doppio dell’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23 miliardi di euro). Quindi, almeno due prodotti su tre commercializzati all’estero non sono attribuibili al Made in Italy. Se l’Italia riuscisse a combattere più efficacemente questo fenomeno, le esportazioni ne beneficerebbero in maniera sostanziale. 9
Il fine ultimo di calcolare il tasso di crescita del valore aggiunto è quello di verificare se negli anni presi in esame l’industria vinicola è stata interessata o meno dalla recessione. La recessione si palesa nel caso in cui il tasso di crescita assuma un valore negativo. Come si può notare dal grafico che segue l’unico anno in cui si è riscontrata recessione è stato il 2008, in quanto il tasso di crescita del valore aggiunto ha riscontrato un valore negativo. Tuttavia si osserva come già a partire dall’anno successivo il settore vinicolo abbia fatto segnare un tasso di crescita del valore aggiunto positivo, il che è sintomatico di un’industria in ottima salute, in controtendenza con i dati fatti registrare da buona parte della manifattura italiana, che a tutt’oggi fatica a riprendersi dalla Grande Recessione. 10
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Dall’analisi sul valore aggiunto si evince che questo settore, basandosi sulle esportazioni, non ha risentito particolarmente della crisi economica italiana. Come possiamo notare dal grafico infatti, nel corso del 2008 c’è stata una diminuzione nelle importazioni da parte degli USA, tra i principali importatori del prodotto. Per questo motivo la variazione di valore aggiunto nel 2008 è negativa. Fonte: 12
Classificando la dimensione delle imprese in base ai dipendenti, abbiamo osservato che la maggior parte di esse sono micro imprese (500 su 781, 64%). Fonte: AIDA 13 IMPRESE PER DIPENDENTIVinoBevande Micro (1-9) Small (10-49) Medium (50-249)4078 Large (+250)213 TOTALE
Si nota che la maggioranza dei lavoratori è occupata nelle piccole e medie imprese, contribuendo in questo modo attivamente alla creazione di lavoro. Come abbiamo visto nella slide precedente, gran parte delle imprese sono micro (500 su 781), ma contribuiscono in minima parte (17,761%) all’occupazione totale in questo settore. OCCUPATI NEL SETTORE Micro (1-9)189917,761% Small (10-49)479844,875% Medium (50-249)332331,079% Large (+250)6726,285% TOTALE10692 Fonte: AIDA 14
OBIETTIVO Verificare la distribuzione occupazionale in rapporto alla dimensione delle imprese.DATI Dati a livello d’impresa microaggregati sulle dinamiche occupazionali per: 1 Paese (Italia) 1 industria: produzione di vino da uve 6 classi dimensionali (1-9 lavoratori, micro; lavoratori, piccole; lavoratori, medie; 250+ lavoratori, grandi) Un anno: 2014RISULTATO Attraverso un’analisi dei dati della dimensione delle imprese calcolata sulla base del numero di dipendenti, si evince come la maggior parte dell’occupazione nell’industria del vino si concentri tra le classi dimensionali small e medie. 15
Il 20% delle quote di mercato del settore vinicolo è rappresentato dalle prime otto imprese per dimensione. Il restante 80% è ripartito tra micro, piccole e medie imprese. Considerando che nel settore la prima impresa per quota ha il 6% del mercato e che le altre imprese di rilevante importanza hanno tra il 2% e l’1% del mercato, il settore è poco concentrato. Fonte: AIDA 16
HHI=0, L’indice di Herfindal-Hirschman è il più usato tra gli indici di concentrazione. La sua peculiarità è quella di proporre una ponderazione proporzionale alla quota di mercato detenuta dalla singola impresa. Utilizza, quindi, pesi crescenti rispetto alla dimensione dell’impresa e considera tutte le N imprese del settore. Per converso il valore dell’indice risente poco della presenza di imprese di piccolissime dimensioni. Poiché il settore del vino è caratterizzato dalla presenza di tantissime micro imprese (64%), il valore dell’indice è molto piccolo. Fonte: AIDA 17
Dall’analisi condotta attraverso i due indici di concentrazione risulta un’ evidenza. Sia secondo l’indice C 8 che secondo l’indice HHI il settore risulta poco concentrato. Dato che l’indice HHI è una misura assoluta, il basso livello di concentrazione del settore è ancora più evidente. Questi indici evidenziano il fatto che quest’industria del vino sia caratterizzato dalla presenza di tante micro imprese. 18
OBIETTIVO: DATI: Verificare la relazione tra investimenti R&S e totale del valore della produzione. DATI: Database AIDA contente tutte le imprese italiane del settore vinicolo con valore della produzione > Nel database sono contenuti: -anno Investimenti R&S (x= variabile indipendente) -Totale valore della produzione (y= variabile dipendente) RISULTATI: Non c’è una forte correlazione tra gli investimenti in R&S e valore della produzione; infatti, non si ha la certezza che il l’investimento in R&S influenzi il valore della produzione. 19 Coefficienti bIntercetta15544,45 a Variabile X 126,22342
RIFLESSIONI Essendo le imprese del settore vinicolo per la maggior parte di piccole dimensioni, l’investimento in R&S non è un fattore critico di successo per il valore della produzione. Dalla regressione precedente si nota che non c’è relazione tra le due variabili. Come illustra il modello di Klepper, la forza che guida gli investimenti in R&S di processo è la dimensione dell’impresa, poiché le imprese più grandi beneficiano di una riduzione di costo su un volume di output maggiore. Dato che nel settore sono presenti poche grandi imprese, gli investimenti in R&S di processo sono limitati. In generale le imprese si basano su un know-how accumulato nel corso del tempo tramite un processo di learning by doing. Questo scarso investimento in R&S è indice di una difficoltà ad innovare all’interno di questo settore, ovvero le condizioni di opportunità, secondo l’analisi schumpeteriana, sono minori. 20
OBIETTIVO: Verificare la relazione tra i costi della proprietà intellettuale e il valore della produzione totale.DATI: Database AIDA contente tutte le imprese italiane del settore vinicolo con valore della produzione > Nel database sono contenuti: -anno Costi delle proprietà intellettuali (x= variabile indipendente) -Valore totale della produzione (y= variabile dipendente)RISULTATI: L’ammontare degli investimenti in proprietà intellettuali non influenza il valore totale della produzione: alle imprese che hanno maggiori oneri in questo ambito, non corrisponde un valore della produzione elevato (risultati coerenti con l’analisi di regressione precedente). 21 Coefficienti Intercetta56736,49379 Variabile X 1-17,
Fonte: Le norme in auge riguardano principalmente certificati di provenienza geografica e garanzie di livello qualitativo: dalla Legge n°164 del 10/2/1992, ‘Nuova disciplina delle denominazioni di origine’, si è passati nel 2009 alla definizione del marchio DOP ( denominazione di origine protetta ) e IGP (indicazione geografica protetta). La regolamentazione del settore si può definire piuttosto flessibile. In accordo con la teoria di Ardagna e Lusardi, la probabilità di iniziare un’attività in questa industria aumenta. ( non vi è diritto esclusivo a questa attività ) GLi investimenti iniziali da sostenere variano a seconda di quale attività lungo la filiera produttività si sceglie. Il costo medio di ristrutturazione di un ettaro di terreno è pari a euro (1 euro al m2). Le spese per le attrezzature di base come un trattore da vigneto possono raggiungere i euro. Se si considera l’acquisto di una cantina e degli ulteriori impianti e macchinari ausiliari, il livello di investimento diventa ingente. A colmare una necessità di capitali considerevole vi sono agevolazione a finanziamenti di natura comunitaria e nazionale (perlopiù per i giovani). Il potere di mercato degli incumbents non è alto se si considera l’analisi condotta tramite gli indici di concentrazione C8 e HHI. Non vi è maggiore efficienza dell’operare di una singola impresa rispetto a più imprese. Il vino non è una risorsa chiave in mano ad una singola impresa tuttavia si tratta di una «tacit knowledge» che consente agli incumbents di avere un vantaggio competitivo rispetto ai new entries. Considerati i precedenti fattori, le barriere all’entrata in questo settore possono essere definite di medio-basse. Per la determinazione delle barriere all’entrata, si analizzano un gran numero di fattori. Alcuni tra i più rilevanti nel settore in questione sono: la regolamentazione, il livello di investimenti iniziali, la struttura dell’offerta, la tipologia di prodotto, le caratteristiche morfologiche e climatiche del territorio 22
Nel 2015 l’Italia è diventata leader mondiale nella produzione di vino. Il territorio, essendo piuttosto circoscritto, rappresenta un limite per le dimensioni delle imprese. Un contributo fondamentale è dato dall’export, che rappresenta la forza motrice dello sviluppo del settore vinicolo italiano. Infatti, segna un risultato record con un fatturato di quasi 9,5 miliardi. L’analisi del valore aggiunto sottolinea l’importanza che il settore vinicolo ha nell’economia italiana, confermandosi un’industria sana e dinamica anche in periodi di recessione. Il settore vinicolo è caratterizzato da moltissime imprese di piccola dimensione; il livello di concentrazione è piuttosto basso. Le barriere all’entrata e all’uscita sono medio-basse. Gli investimenti per le innovazioni di processo sono piuttosto bassi perché la maggior parte delle imprese è di piccole dimensioni. Per quanto riguarda gli investimenti per innovazioni di prodotto, anch’essi sono bassi poiché le condizioni di opportunità sono scarse. 23
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25 «Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere» Charles Baudelaire