CAP. II PIAGET LE CONDIZIONI ORGANICHE PRELIMINARI (BIOGENESI DELLE CONOSCENZE) di Francesca Cecchi e Emanuela Tardini.

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CAP. II PIAGET LE CONDIZIONI ORGANICHE PRELIMINARI (BIOGENESI DELLE CONOSCENZE) di Francesca Cecchi e Emanuela Tardini

Il problema epistemologico viene posto in termini biologici in base a tre interpretazioni possibili: 1. Accordo tra lo sviluppo delle operazioni logico-matematiche e quello dell’esperienza proviene dalle informazioni fornite dall’ambiente; 2. questa convergenza deriva da un origine comune che sarebbe ereditaria (apriorismo-genetica biologica); 3. le conoscenze logico-matematiche sono legate a meccanismi biologici derivanti da autoregolazioni più generali.

La prima delle tre soluzioni precedenti presenta un significato biologico evidente, gli psicologi e gli epistemologi non si curano delle incidenze biologiche che le loro posizioni comportano. Ammettono che la conoscenza (di natura fenotipica) non deriva da meccanismi biogenetici (riferito alle trasmissioni ereditarie). Oggi sappiamo che questa distinzione non ha nulla di assoluto per due motivi: 1. Il fenotipo è il prodotto di un’interazione continua tra l’attività del genoma e le influenze esterne, 2. per ogni influenza dell’ambiente possiamo individuare la “norma di reazione” che fornisce l’ampiezza delle variazioni individuali possibili.

L’idea che la conoscenza sia data solo dall’esperienza viene abbandonata perché tralascia un elemento essenziale per comprendere le relazioni tra organismo e ambiente, la dottrina lamrckiana della variazione e dell’evoluzione Lamarck vede nelle abitudini il fattore esplicativo fondamentale delle variazioni morfogenetiche dell’organismo e della formazione degli organi. Secondo lui queste differenze dipendono dal modo in cui gli esseri viventi ricevono le influenze dell’ambiente esterno (modificando le loro abitudini).

Lamarck considera un organismo che subisce l’impronta di un’azione esterna, invece dovrebbe considerare un potere di autoregolazione. L’organismo, in seguito ad uno squilibrio provocato da un cambiamento dell’ambiente, attraverso una soluzione originale sfocia in un nuovo equilibrio. Bisogna, quindi, reinterpretare lo schema del comportamentismo S R perché in questa prospettiva la risposta è una semplice replica dello stimolo e l’apprendimento una registrazione dei dati esteriori.

Passare ad uno schema S R, in cui all’inizio non c’è uno stimolo, ma una sensibilità allo stimolo che dipende dalla capacità di fornire risposte. In questo caso l’apprendimento dipende dall’evoluzione delle competenze (perché lo stimolo susciti una certa risposta è necessario che il soggetto e il suo organismo siano capaci di fornirla). Per molti il rifiuto dell’empirismo lamarckiano conduce all’innatismo, ma in realtà tra le due visioni ci possono essere interpretazioni basate sull’interazione.

Per Lorenz l’innatismo delle strutture conoscitive, viene visto secondo un’ottica kantiana come delle “categorie” del sapere biologicamente preformate come condizioni preliminari a qualunque esperienza (esempio degli zoccoli dei cavalli che si sviluppano in base ad una programmazione ereditaria prima che l’individuo ne possa fare uso). Per Lorenz queste condizioni preliminari sono ipotesi innate di lavoro.

Attualmente la nozione di fenotipo (individuo) è il prodotto di un’interazione indissociabile tra fattori ereditari e influenza dell’ambiente. Perciò è impossibile tracciare un limite stabile tra ciò che è innato e ciò che è acquisito. Tra questi due termini si trova la zona delle autoregolazioni proprie dello sviluppo. Costituiscono la condizione preliminare delle trasmissioni ereditarie.

Il lamarckismo vede gli istinti come un’ intelligenza che si sarebbe stabilizzata ereditariamente (l’eredità dell’acquisto). Gli altri autori, invece, hanno insistito sulle opposizioni di natura fra istinti e intelligenza. Gli istinti avrebbero un carattere cieco, rigido e infallibile; l’intelligenza sarebbe cosciente, duttile e fallibile. Se il ruolo delle trasmissioni ereditarie sembra limitato nello sviluppo delle funzioni conoscitive, allora bisogna mettere da parte gli istinti, che comportano una programmazione ereditaria. Bisogna, invece, comprendere il passaggio dall’istinto all’intelligenza, ovvero il processo di esplosione degli istinti.

E’ importante distinguere tre piani gerarchizzati per ogni condotta istintiva: 1. Il piano delle coordinazioni generali (ovvero l’ordine di concatenazione delle azioni, le loro corrispondenze, ecc.); 2. Il piano della programmazione ereditaria del contenuto delle condotte istintive; 3. Il piano degli adattamenti individuali alle varie circostanze, che si orientano verso un accomodamento all’ambiente o all’esperienza. Il piano della programmazione ereditaria (num. 2) è l’unico che si modifica o scompare nel passaggio dall’istinto all’intelligenza.

L’esplosione dell’istinto da vita a due movimenti correlati: 1. L’interiorizzazione (diretto al senso logico matematico); 2. L’esternalizzazione (diretto agli apprendimenti e alle condotte orientate verso l’esperienza). MA Il ricorso all’eredità non fa che spostare all’indietro i problemi di genesi, senza risolverli. Quindi, finché non si troveranno delle soluzioni adeguate, ai problemi di variazione ed evoluzione, ci troveremo ancora in piena crisi.

 Lamarck credeva all’eredità dell’acquisto e vedeva nell’azione dell’ambiente l’origine dei caratteri innati;  Il neodarwismo, invece, considerava che le variazioni ereditarie si producono senza alcuna relazione con l’ambiente, il quale fa solo una selezione delle cose più favorevoli alla sopravvivenza. Questo modello viene sostituito dai modelli circolari. I modelli circolari sono un insieme di circuiti fra le variazioni interne e l’ambiente. Vediamo quindi che, nel campo delle strutture cognitive, il ricorso all’eredità ci orienta sempre più verso le soluzioni d’interazione.

Le radici biologiche delle strutture cognitive non si devono ricercare né nell’azione dell’ambiente, né in quella innata (ereditaria), ma in quella delle autoregolazioni, che funzionano mediante circuiti e tendono intrinsecamente all’equilibrio. Vi sono due ragioni che giustificano questa tesi: 1. I sistemi di regolazione si trovano a tutti gli stadi, del funzionamento organico, e derivano dall’organizzazione vitale. Quindi, l’autoregolazione è uno dei caratteri più universali della vita e il meccanismo più generale delle reazioni organiche e cognitive. 2. L’autoregolazione consiste in un funzionamento costitutivo di strutture, e non di strutture già fatte.

Le regolazioni organiche ci forniscono una sorta di prefigurazione di ciò che osserviamo sul piano del comportamento, in cui si trova una successione di strutture animate da un funzionamento autoregolatore continuo. Diventa come una maglia ininterrotta di circuiti, della quale non si può definire un inizio, perché ritroviamo altri anelli a tutti gli stadi dell’organismo.

Resta il problema delle relazioni tra soggetto e oggetto, così come quello dell’accordo tra le operazioni logico – matematiche e l’esperienza della casualità fisica. Se l’organismo costituisce il punto di partenza del soggetto (con le sue operazioni costruttive), egli resta un oggetto fisico – chimico fra gli altri, che obbedisce alle loro leggi. E’ quindi, all’interno dell’organismo, non solo attraverso il canale delle esperienze, che si costruisce il collegamento fra le strutture del soggetto e quelle della realtà materiale.